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Autore: Tefnuth    21/12/2016    0 recensioni
Hayden è solo. E' l'unico figlio di genitori divorziati, e fin da piccolo nonostante la presenza dei nonni ha dovuto imparare a fare tutto da solo. Nonostante la sua vita possa dirsi felice c'è qualcosa che gli manca: un fratello. Un sogno irrealizzabile, quando entrambi i genitori non hanno alcuna intenzione di intraprendere una nuova relazione. Un'occasione per realizzare il suo desiderio gli verrà data da un regalo di compleanno, molto speciale, che gli riserverà un triste destino.
Genere: Drammatico, Fantasy, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando aveva lasciato la camera per andare in cucina, da dove la madre lo aveva chiamato, Hayden si aspettava di dover svolgere uni dei tanti lavoretti domestici. Invece, contro ogni sua aspettativa, aveva trovato i suoi vicini di casa intenti a prendere un assaggio di torta.
“Tanti auguri!” intonarono in tono i due fratelli, con le forchette in alto.

Sul tavolino, c’era il regalo che gli avevano portato, racchiuso in un’elegante scatola quadrata ricoperta di carta blu.
“Grazie mille ragazzi” ringraziò Hayden mentre, sorridente, prendeva il dono dal tavolino.

“Se volete, potete anche andare in camera: per parlare in privato” suggerì Inyra, un consiglio che i ragazzi accettarono di buon grado.

“E’ un regalo insolito, ma è molto bello” commentò Axel (il maggiore dei due fratelli amici di Hayden) mentre osservava da vicino il nuovo elemento nella stanza del festeggiato. Magnus invece era rimasto in silenzio, anche se dalla sua espressione si poteva facilmente intuire che approvava le parole del fratello maggiore, un ragazzone con i capelli ricci. Sul pavimento, accanto al letto, c’era la carta che avvolgeva la scatola del regalo che gli avevano fatto insieme i due ragazzi: un bellissimo paio di jeans color grigio e una maglia con logo, né troppo larga né troppo stretta come piaceva a lui. A corona di tutto, un cappello con visiera e scritta serigrafata. Hayden decise, ancor prima di riporre il tutto con cura nel cassetto, che avrebbe indossato il tutto il primo giorno di scuola.
Nei giorni che intercorsero prima dell’inizio del nuovo anno scolastico, ossia poco meno di due settimane, lo specchio divenne l’oggetto preferito del ragazzo. Nel tempo libero, si divertiva non solo a provare nuove combinazioni di abbigliamento, ma anche a pensare che il suo riflesso fosse una persona reale, con una propria personalità. Non c’era niente di sbagliato, in quello che faceva, anche se il suo nuovo hobby destò le critiche di Magnus e Axel i quali, informati della cosa, gli dissero apertamente che avrebbero preferito che Hayden rivolgesse le proprie attenzioni a persone in carne e ossa.

“Invece di fare prove di oratoria con uno specchio, dovresti provare ad interagire con i tuoi compagni di scuola” gli aveva suggerito Axel durante una loro chiacchierata in camera di Hayden, in una piovosa giornata di Settembre.

“I miei compagni sono tutti noiosi: non c’è nessuno che abbia qualche hobby interessante. E non hanno molta voglia di parlare con me” aveva risposto Hayden.

“Forse sei tu, a doverti aprire di più con loro” aveva aggiunto Magnus.

“Ci proverò, ma dubito che tra loro ci sia qualcuno che mi capisce come voi”.

La mattina del giorno del rientro a scuola la sveglia del cellulare, posto sul comodino accanto al letto, faticò a destare il ragazzo dal suo sonno. Ci volle l’intervento di Inyra per convincerlo ad alzarsi.

 “Forza Hayden, non puoi fare tardi proprio oggi” lo rimproverò lei, forse ingiustamente dato che non erano neppure le 7.00, ma alla fine il ragazzo si arrese alla dura realtà e uscì da sotto le calde coperte primaverili. In verità a Hayden piaceva andare a scuola, non era un secchione ma aveva superato il primo anno del gymnasium senza problemi e aveva potuto godersi le vacanze estive in pieno relax; ciò che trovava noioso era la routine scolastica, perché non era uno cui piaceva fare sempre le stesse cose, e probabilmente perché non aveva ancora instaurato dei veri rapporti di amicizia con i compagni di classe.
Si fece la doccia in tutta fretta così da poter consumare con più calma la propria colazione, dopodiché tornò nella sua camera per vestirsi. Sapeva bene cosa avrebbe indossato quel giorno (aveva già preparato tutto la sera prima) tuttavia quando si vide vestito con i jeans grigi e la maglia rossa decorata con la scritta bianca si accorse che non aveva preso il cappello da abbinarci. Aprì il cassetto dove teneva la sua piccola collezione di cappelli, ne aveva di tutti i colori, ma la decisione che aveva preso giorni prima venne meno, quando si vide tutti i modelli davanti agli occhi.

 “Dovresti mettere quello rosso con la visiera nera” gli disse una voce, ma non era la madre e in camera non c’era nessuno.

 “Tu dici?” domandò il ragazzo scrutando qua e là alla ricerca di strane creature, poi vide la bocca del suo riflesso muoversi senza che lui lo facesse.
 “Riprende il colore della maglia” l’immagine nello specchio stava sorridendo e aveva inclinato la testa verso la spalla sinistra.

Hayden non riusciva a credere ai propri occhi, la propria immagine gli stava parlando e si muoveva mentre lui era immobile, sbigottito dalla scena.
 “Stai pensando che è impossibile, vero?” domandò il riflesso appoggiandosi con la spalla alla cornice.

 “Ma chi sei tu?” chiese il ragazzo avvicinandosi, il riflesso stava per dare la sua risposta quando Inyra chiamò il figlio a gran voce.
 “E’ ora di andare” aveva una gran fretta.

 “Sarà meglio che tu vada. Se vuoi possiamo riparlarne più tardi” suggerì il riflesso, e Hayden gli obbedì.

Per tutto il viaggio in auto fino a scuola, e anche durante le ore di lezione, il ragazzo non fece altro che pensare a quello che gli era appena accaduto: forse era solo il frutto della sua immaginazione o uno spirito era entrato nello specchio e gli aveva parlato attraverso la sua immagine

 “E’ impossibile” si convinse.

Se i professori non si fossero limitati a presentare il programma del nuovo anno ed a correggere a voce i compiti assegnati per le vacanze, quella sarebbe stata sicuramente una giornata disastrosa per Hayden, tanto era confuso e disattento a quello che usciva dalla bocca degli insegnanti.
Quando uscì da scuola aveva paura di quello che avrebbe trovato in camera sua. Pranzò il più lentamente possibile, anche se il suo stomaco brontolava già prima di mettersi a tavola, e rientrò nella stanza solo dopo che la madre era uscita per ritornare al lavoro. Per sicurezza non chiuse la porta della camera a chiave, come invece faceva tutte le volte per non essere disturbato, tuttavia nella stanza non trovò nulla di insolito e anche lo specchio sembrava normale. Sembrava.
La voce del riflesso lo colse di nuovo alle spalle, il ragazzo evitò di gridare anche se in casa non c’era nessuno.

 “Ti piace così tanto prendere la gente alle spalle?” lo rimproverò Hayden anche se era una situazione alquanto insolita

 “Volevo solo salutarti. Com’è andata la scuola?” gli domandò il riflesso, sul viso aveva ancora il sorriso innocente della mattina.

 “Bene, ma tu chi sei?” ripeté il ragazzo.

 “Non ho un nome, sono solo l’abitante dello specchio” fu la risposta ma Hayden non ne era convinto. Nella sua testa gironzolava ancora il pensiero che fosse tutto frutto della sua immaginazione.

 “E perché non hai un nome?”

 “Perché sono l’unico qua dentro. A che serve un nome se nessuno lo può usare?” c’era un tono di sufficienza nella sua voce.

 “Ci può stare ma perché sei uguale a me, se stai lì dentro da sempre?”

“Ovvio sono il tuo riflesso, sarebbe strano se avessi l’aspetto di tua madre” non aveva tutti i torti.

“Anche così però è strano” gli fece osservare Hayden, che intanto aveva deciso di sedersi sul pavimento a gambe incrociate.

 “Sei molto sospettoso, eppure mi sembrava che ti piacesse quando facevi finta che io fossi il tuo fratello gemello. Non è forse il tuo desiderio più grande avere qualcuno che riempia il vuoto che hai dentro?”.

Aveva colto nel segno e Hayden si domandò se l’altro avesse tirato ad indovinare o se gli avesse letto nel pensiero

 “Il tuo silenzio mi dà ragione. Già che ci sei perché non provi a darmi un nome?” fu la proposta del riflesso.

 “Sarebbe più giusto se te lo scegliessi da solo, potrei anche farti delle proposte che non ti piacciono”

 “Non sono mai uscito da qui, non conosco nessun altro nome oltre al tuo” aveva assunto uno sguardo triste

 “Va bene ci proverò, ma naturalmente non posso darti il mio stesso nome. Ci vuole qualcosa che tu riesca a ricordare facilmente, un nome figo – rifletté qualche istante, finché non gli venne l’illuminazione - . Che ne dici di Rei? E’ corto e credo che ti si addica” gli piaceva quel nome, perché era quello di un personaggio di un vecchio cartone animato; per non parlare del fatto che era uno dei possibili nomi che la madre avrebbe scelto per lui da mettere come secondo nome.

 “Rei… sì, mi piace”.
  
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