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Autore: Lilith_and_Adam    21/12/2016    1 recensioni
Naruto è un ragazzo normale ossessionato dalla morte dei genitori e Sasuke è normale ragazzo invischiato nella Yakuza per colpa della sua famiglia. In una città che risucchia l'anima da ogni suo abitante si intrecceranno le storie di questi due ragazzi alle prese con una vita che non lascia spazio alla felicità.
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Hinata Hyuuga, Karin, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha, Suigetsu | Coppie: Hinata/Naruto, Karin/Suigetsu, Naruto/Sasuke
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Nessun contesto
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Capitolo 7: La felicità è come una lastra di vetro: non la vedi finché non ci sbatti contro e va in frantumi troppo in fretta.
 


«Ok. Fin’ora sembra essere tutto uguale a quello che ha detto mio zio... è un po’ sconfortante... chissà che speravo di trovare.»
«Aspetta, guarda qui.» Sasuke gli passò un paio di fogli davvero sottili.
«Questa roba non dovrebbe trovarsi alla polizia o qualcosa del genere?»
«Non lo so, ma...» glielo strappò dalla mano «...non credo ti farebbe bene guardarli.» Alzò il documento sopra la sua testa mentre Naruto cercava di afferrarlo.
«Non sono affari tuoi! Da’ qua!» Sasuke si alzò per evitarlo dirigendosi verso la cucina. «Si invece! Hai chiesto tu il mio aiuto!»
«Non era quello a cui mi riferivo!» Il biondo lo placcò facendo finire entrambi a terra.
«Levati!» Sasuke non riusciva ad alzarsi con lui sulla schiena ma, l’occhio di Naruto finì sui fogli.
«Qui dice che hanno... sparato a entrambi prima di far esplodere la caserma.» Era pericolosamente vicino al suo orecchio, lo sentì sussurrare: «Bastardo... mi ha mentito ancora...» Il biondo si alzò strappando i fogli da terra.
«Non puoi saperlo...» Sasuke si mise seduto guardandogli le spalle. «Voglio dire... quei documenti sembrano originali... probabilmente nemmeno lui lo sapeva.» “Cosa credi farà quando lo vedrà?”Che Yahiko si riferisse a questo?
«Tu credi?»
Sasuke si alzò e andò a fissare quel macabro documento da dietro di lui, poteva vedere quel viso segnato dalla confusione, in poche ore i tratti semplici che ammirava erano diventati fin troppo simili ai suoi. Una pallottola alla tempia e una al petto, poi carbonizzati; per lui era l’omicidio perfetto, lo diceva sempre. Come poteva dire a Naruto che l’uomo che gli aveva portato via i genitori era suo padre? Come poteva dirgli di avere lo stesso sangue di colui che probabilmente stava imparando ad odiare?
Naruto ormai stava capendo di essersi messo in mezzo a qualcosa di troppo grande, ma non sapeva come uscirne. Se davvero suo zio non sapeva nulla si domandava il perché gli era stato tenuto nascosto, il perché quei documenti erano in mano a quello che doveva essere il suo migliore amico e perché non c’era nessuna traccia di quell’uomo. Pensò solo che l’unica persona che potesse sapere qualcosa e che poteva aiutarlo era alle sue spalle, ma perché aveva voluto aiutarlo? Non voleva girarsi, quegli occhi gli ricordavano quelli dello zio, così profondi eppure senz’anima, capaci di scrutarti nel profondo e distruggerti, semplicemente inquietanti. Eppure aveva ammirato quel ragazzo arrabbiato fin dall’inizio, così menefreghista della vita e di chi aveva intorno, capace solo di pensare a cos’era meglio per sé. No, non era del tutto vero, perché aveva deciso di aiutarlo. Così tante domande e nessuna risposta lo facevano precipitare nell’ansia.
Le teste dei due ragazzi scattarono verso la finestra quando l’auto si fermò. Naruto raccattò tutto e andò a lanciare la busta sul suo letto, poi prese un paio di quaderni e li mise alla rinfusa sul divano, in seguito fece scattare la chiave.
«Cosa sei una specie di genio del male?» ridacchiò Sasuke.
«Sta’ un po’ zitto!»
Nagato entrò stropicciandosi gli occhi con il braccio. «Sono a casa.»
«Bentornato.»
«Buonasera.» Sasuke si sentì stranamente rigido.
«Ah, Sasuke-kun. Come mai qui?»
«Mi stava aiutando con i compiti.» rispose prontamente Naruto, si vedeva che non era la prima volta che gli mentiva, alla fine si sentiva sempre un po’ ipocrita.
Nagato rise. «Povero Sasuke, allora!»
«Scemo!»
Sasuke rise un po’ imbarazzato mentre si inchinava educatamente. «Ora però stavo andando via.»
«Salutami Itachi allora.» Nagato lo salutò con la mano mentre si dirigeva verso il frigorifero.
«Certo.»
Nagato scrutava il frigo godendosi l’aria fresca. «Sono contento che andiate d’accordo. Sasuke non credo sia il tipo di ragazzo capace di avvicinare gli altri, forse la tua compagnia lo aiuterà.»
«Alla fine non è una brutta persona.» Naruto fissò la finestra guardandolo entrare in casa. «Anche se continua a chiamarmi idiota.»
«È perché lo sei!» La risata di Nagato fu quasi contagiosa.
 
L’estate stava procedendo stranamente bene, il caldo e le vacanze avevano impigrito un po’ tutti, perfino l’iperattivo Naruto.
Se ne stava seduto alla sua scrivania a fissarne l’ultimo cassetto, doveva fare di tutto per non far diventare quella faccenda una specie di ossessione, ma non era semplice. Per giorni era stato tentato di riaprire quella busta e cercare di scoprire qualcosa in più, ma l’unica cosa che riusciva a fare ogni volta era fissare quella fotografia, sembravano tutti così felici insieme, era inquietante pensare che la vita li aveva messi uno contro l’altro.
Alla fine cedette e aprì quel cassetto, ma il telefono in salotto squillò, che fosse un segno dell’universo?
# Nagato? # La voce all’altro capo era profonda e calma, nonostante il chiasso in sottofondo. # Sono Itachi. #
«Mi spiace, mio zio non è in casa.»
# Ah, Naruto-kun. Mi spiace disturbarti ma Sasuke ha chiamato dicendo di non sentirsi bene, potresti andare a controllare? #
«Va bene...» Naruto sbuffò leggermente, ma almeno così si sarebbe distratto.
Suonò più volte il campanello senza ricevere risposta. Stava per rinunciare, infondo se aveva detto di non sentirsi bene era probabile che stesse riposando, tuttavia Sasuke aprì la porta poco dopo.
«Sei seccante lo sai?»
In viso aveva un ghigno seccato un po’ diverso dal solito e anche un grosso livido al lato dell’occhio. Non voleva che qualcuno lo vedesse così, forse perché sminuiva quella sua aria stoica o forse semplicemente perché non voleva sembrare indifeso, soprattutto non voleva che fosse lui a vederlo così.
«Chiudi la bocca o ti entreranno le mosche.» Sasuke si girò rientrando in casa e facendogli segno di entrare.
«Scusa è che non pensavo che anche tu potessi prenderle.» Naruto ridacchiò d’istinto.
«Non le ho “prese”!» Sasuke si girò con un’occhiataccia ma, guardando l’altro con gli occhi strizzati e il sorriso a trentadue denti, non potè fare a meno di distogliere lo sguardo arrossendo leggermente. Si scosse i pensieri dalla testa e riprese la bustina di ghiaccio che già iniziava a gocciolare dal mobiletto.
«Comunque, visto che sono qui, devo farti vedere una cosa.» Naruto prese la fotografia dalla tasca di dietro dei pantaloni. Sul retro, tempo prima, era stato scritto qualcosa, probabilmente a matita perché, adesso, ne rimaneva solo la traccia sulla carta liscia e lucida; Naruto aveva colorato i contorni riportando la scritta alla luce. «Credo sia un indirizzo, o qualcosa del genere.»
Sasuke gliela strappò dalle mani. «Non ti fa bene. - lanciò un’occhiata alla finestra - Questa cosa ti sta facendo impazzire. Non avevi una ragazza una volta?» puntò fuori dalla finestra abbozzando un sorriso. Hinata stava aspettando fuori di fronte la casa di Naruto guardandosi i piedi.
Sasuke lo vide correre verso la ragazza, sorridergli, inchinarsi più volte in modo goffo per scusarsi, baciarla...
 
Si era sempre chiesto come fosse suo padre prima di quello, sembrava sorridente, fiero della sua vita, se non lo conoscesse avrebbe detto che fosse perfino felice. Felice come suo fratello, probabilmente a quei tempi era il suo grande eroe, come ogni figlio dovrebbe vedere il proprio padre. L’altra cosa incredibile era la grande somiglianza tra Nagato e Naruto, erano due gocce d’acqua, ma il sorriso, quello, era di Kushina.
Mise la foto dentro il libro sul suo comodino e scese le scale.
Itachi era come ogni sera libera seduto al tavolo della cucina a studiare. A Sasuke era sempre piaciuto vederlo con il naso sui libri e ancora non aveva capito perchè preferisse studiare da casa invece di seguire le lezioni, o semplicemente non voleva ammettere che forse era per colpa sua.
Si soffermò un po’ sulla porta ad ammirarlo prima di aprire bocca. «Nii-san...»
Itachi gli rispose con un lieve suono della gola.
«Hai più avuto sue notizie?»
Itachi si tolse gli occhiali appoggiandoli sul quaderno, poi si stropicciò un po’ gli occhi sospirando.
«Lascia perdere.» Sasuke si arrese alquanto subito.
Itachi lo fermò mentre stava per andarsene. «Perché ora?»
«Già... perché...» Sospirò alzando lo sguardo al soffitto. «Ancora non mi hai detto perché sei andato via quelle due settimane.»
Itachi non rispose.
«È qui vero?»
Itachi annuì, anche se entrambi si stavano dando le spalle, in qualche modo, Sasuke lo percepì e abbozzò uno strano sorriso all’angolo della bocca. «Lui... la rivedrà presto...»
Sasuke si appoggiò alla porta con la mano. «Peccato... avrei preferito farlo con le mie mani.»
«Non dire questo genere di cose.» Itachi si girò a fissare la schiena del fratello. «Tu non sei come lui.»
Sasuke ritornò in camera sua senza mai girarsi.
Tu non sei come lui... C’è stato un momento in cui avrebbe dato di tutto per essere come suo padre.
Quella persona tornò a spezzare i suoi pensieri.
«Portami a quell’indirizzo.» Naruto se ne stava di fronte a quella porta con un’aria euforica e disperata allo stesso tempo, tuttavia non riusciva a guardare il moro negli occhi, aveva sempre la sensazione che per qualche motivo c’entrasse anche lui in quella storia assurda, o forse lo credeva solo per scacciare via il pensiero di averlo trascinato a forza.
«Perché io?» Sasuke stava lì a fissarlo in modo serio, aveva un po’ paura della sua risposta.
«Bhè, tu hai una moto e poi ti sei preso la mia foto prima...» A volte è difficile ammettere qualcosa perfino a sé stessi, ecco perché si finge, solo che Naruto non ne era mai stato capace.
«Naruto, perché io
Abbassò lo sguardo ancora di più. «Credo... che tu sia... l’unica persona di cui posso fidarmi...» Prese un grosso respiro pensando al fatto che ci fosse la possibilità che suo zio gli avesse tenuto nascosto qualcosa di più grande.
Per Sasuke fu come una pugnalata in pieno petto. «Va bene, ma domani, ora è troppo tardi.» Con gli occhi tristi e un po’ arrabbiati lo vide riprendere il suo solito volto sereno. Era come un bambino, non riusciva a nascondere nessuna emozione, forse era quella la cosa che gli piaceva di più in lui.
La mattina seguente, Naruto uscì preso di casa, lo aveva aspettato seduto sul gradino di casa sua per quasi due ore, quando Sasuke uscì lo trovò con la testa appoggiata allo stipite della porta mezzo addormentato. Lo scosse leggermente sulla spalla e il biondo scattò in piedi un po’ spaventato gridando «Sono sveglio!», Sasuke ridacchiando gli rispose «Se lo dici tu!»
Prima di uscire aveva impostato l’indirizzo sul cellulare, era un po’ fuori mano, verso le campagne, ma non troppo lontano dalla città.
Naruto prese al volo il fastidioso casco rosa, rigirandolo tra le mani notò scritto Karin in rosso ad una angolo della visiera. «Allora hai una ragazza...» ridacchiò un po’.
«Che?» Sasuke si girò confuso e lui gli mostrò la scritta. «Ah, lei.» si rigirò verso la moto «Siamo stati insieme per un po’, ma non ha funzionato.»
«Però per tenere ancora qualcosa di suo devi provare ancora qualcosa...»
«Siamo cresciuti insieme, è come una sorella, se non avesse insistito tanto non mi sarei mai messo con lei.»
Il moro gli sembrò pensieroso mentre ne parlava ma Naruto si mise a ridere all’improvviso.
«Che hai?!»
«Niente!» aveva quasi le lacrime agli occhi «È che mi sono immaginato te e la tua ragazza che passeggiate, lei che parla sempre e tu con la solita aria annoiata e le mani in tasca che nemmeno la ascolti.»
Sasuke sentì come una freccia attraversagli il petto: ci aveva preso in pieno! Probabilmente Naruto si accorse che era arrossito un po’ e aveva assunto un’aria semi-sconvolta perché iniziò a ridere più forte. «Smetti di ridere e sali! Scemo!»
 
Dopo un quarto d’ora si erano lasciati alle spalle le caotiche e affollate strade cittadine, iniziavano a sfrecciare gli alberi e le pittoresche risaie, sembrava che avessero cambiato epoca. Non si sentivano più i ruggiti dalla giungla di ferro e vetro.
La strada finiva di fronte la lunga scalinata di un vecchio tempio, Naruto non diede nemmeno il tempo a Sasuke di spegnere il motore che lui era già a metà della scalinata. Quando Sasuke lo raggiunse, era in piedi alla fine delle scale un po’ impietrito, in viso aveva un’espressione mista tra la determinazione e il terrore, entrambi infondo sapevano cosa aspettarsi.
«Nagato non mi ha mai detto dove fossero... so che li andava a trovare spesso ma non so il perché non abbia mai voluto che li vedessi.»
Parlava dei suoi genitori come se fossero semplicemente in una casa lontano da lui, essere lì concretizzava il fatto che non li avrebbe mai incontrati. Sasuke gli mise una mano sulla spalla. «Forse dovresti tornare qui con lui.»
«No, è una cosa fra me e ... loro ...»
«Allora, dovresti andare.»
Mentre Sasuke stava abbassando la mano, Naruto gli afferrò il polso, lo stringeva come se fosse il suo unico appiglio. «V-vieni con me.» parlava con un nodo in gola. Sasuke annuì prendendo un gran respiro per entrambi.
Erano lì, sotto le fronde di un grande pesco; Sasuke lo aspettava poco più distante.
Naruto si inginocchiò lentamente, era lì ma non sapeva cosa fare o dire, ripensò alle parole di poco prima.
«Che dovrei fare?»
«Non lo so, parla con loro... magari salutali, puoi fare quello che vuoi... puoi anche solo stare lì...» Le parole stranamente gentili di Sasuke gli diedero la decisione per andare avanti.
Naruto iniziò a fissare la foto di sua madre, era stata scattata mentre si stava girando, il vento le agitava i capelli rosso fuoco, gli piaceva pensare che dietro la camera ci fosse stato suo padre, Kushina sorrideva in modo caloroso e sincero. La accarezzò delicatamente con un dito. Minato, invece, sorrideva in modo serio con addosso l’uniforme, gli occhi però sembravano guardare oltre quel momento.
Non fece nulla e alla fine non riuscì nemmeno a pensare a niente da dire, ma era felice che quel luogo fosse pieno di pace, lontano da tutto quello che sarebbe potuto accadere in futuro.
Quando si alzò indugiò ancora un po’ guardando l’incenso che aveva acceso fumare, poi, girandosi, notò Sasuke appoggiato in piedi ad un albero a braccia incrociate, era davvero stato lì ad aspettarlo. Aveva sempre pensato che ci fosse di più oltre il suo sguardo annoiato e serio e, il fatto che guardasse quel luogo come se ne fosse abituato, gli faceva pensare che anche nel suo armadio ci fossero degli scheletri.
 
Ultima sera d’estate, ultimo momento di libertà prima di tornare alla normale routine.
Appena uscì di casa vide il ragazzo alto alzare il mento del moro, abbassarsi leggermente e lasciargli un bacio sulle labbra, andò via senza parlare.
Quando i loro due sguardi si incrociarono entrambi salutarono con la mano, si incrociarono al centro della strada e iniziarono ad avviarsi insieme.
«Non è un po’ troppo grande per te?»
Sasuke camminava con le mani in tasca e in silenzio a testa un po’ bassa. «Perché non hai reagito?»
«In che senso?»
Sasuke alzò le spalle. «Di solito quando lo scoprono, le persone, tendono a fare una faccia strana, anche se dicono che va bene rimangono comunque imbarazzati senza sapere che dire.» Naruto aveva reagito quasi come suo fratello tempo prima.
Passò un po’ prima che uno dei due ricominciasse a parlare, si iniziavano già a sentire le voci della festa.
«Uscivo con un ragazzo nella mia vecchia scuola.» Parlò velocemente come se volesse cacciare via quelle parole e per un secondo gli ritornarono in mente i suoi capelli rossi.
Sasuke si fermò all’improvviso lasciandolo camminare ancora un po’, aveva lo sguardo basso e un sorriso nell’animo incapace da percepire. «Quello era... un bacio di addio... lo stavo lasciando.»
Naruto si girò guardandolo con un sorriso gentile ad occhi strizzati ma lo sguardo di Sasuke che fissava le sue spalle lo fece voltare. Hinata lo salutò da poco più lontano con la mano, il kimono blu acceso e i capelli tirati su la facevano sembrare più grande. Naruto lasciò cadere le braccia e in viso aveva un’espressione accigliata e confusa, solo non ne sapeva il perché, o forse la sua mente lo stava rifiutando; andare avanti o tornare indietro? Era una domanda fin troppo frequente. Si girò in cerca di Sasuke ma non lo trovò, si era dileguato come un fantasma... ma si era voltato, contava solo questo, giusto?
 
Le voci e gli schiamazzi della festa cessarono all’improvviso quando il primo sparo annunciò lo spettacolo pirotecnico. I due alzarono gli occhi al cielo a guardare i colori scoppiare sopra la luna, ma Naruto sembrava guardare oltre quel cielo nero.
«Naruto-kun?» Hinata lo chiamò più volte, il ragazzo sembrò come essersi isolato, si girò quasi scosso da quel ritorno alla realtà. «Tutto bene? Sembri distratto.»
«Stavo solo... pensando.»
«Puoi dirmelo se ti preoccupa qualcosa.»
Stava sinceramente iniziando ad odiare quel sorriso. «Hinata...» la abbracciò dalla spalle «...non credo sia giusto...»
«Cosa?» Riusciva a sentire il suo tono leggero nell’orecchio.
Iniziò a guardarla negli occhi. «Credo che mi piaccia un’altra persona...» fu più brusco che schietto «... e non credo sia giusto nei tuoi confronti continuare a pensarci mentre sto con te...»
Non lo fece finire, gli accarezzò leggermente la guancia quasi come una madre e gli sorrise per l’ultima volta. «Va tutto bene, ho capito.»
Lui bloccò quella mano gentile afferrandola per il polso. «Sei... sicura?»
Annuì. «È da un po’ che i tuoi occhi sono cambiati...» Forse non riusciva a spiegarsi bene ma quelle erano le sue impressioni, quando lo aveva conosciuto quegli occhi erano calmi come il cielo, ora erano diventati impetuosi come il mare. Se fosse a opera di quella persona di cui lui parlava Hinata non lo sapeva, sperava solo che potesse dargli più conforto di quanto potesse dargliene lei. Gli sorrise davvero per l’ultima volta, gli disse: «Sii felice, Naruto-kun.», lo baciò castamente sulla guancia e si girò.
 
Stava camminando lungo la strada che costeggiava il fiume, da lì, per tornare a casa, si allungava un po’, ma quel fiume gli dava una sensazione di calma. La figura nera seduta sul pontile attrasse la sua attenzione.
«Ehi, “mister depresso”!»
Quando Sasuke si girò si trovò di fronte il suo solito sorriso. «Spiritoso!», si rigirò a fissare l’acqua.
Si sedette di fianco a lui. «Mi sono girato e non c’eri più, per un attimo ho pensato che fossi un fantasma!» O il frutto della mia crudele fantasia. Rise.
Sasuke non aveva voglia di conversare, continuava a lanciare sassolini nell’acqua, l’ultimo lo scaraventò con forza. «Sono stato chiamato.» Se Madara chiama non puoi non rispondere.
L’altro lo fissava. Questa volta aveva dei segni sul collo, segni di mani. Realizzò che c’erano troppe cose che non sapeva di lui.
«Devo andare ora.» Si alzò bruscamente, a stento si ricordò di prendere la spada che teneva di fianco; il biondo fissava l’impugnatura logora e piena di graffi e tagli.
 
Il ritorno a scuola fu un po’ traumatico per Naruto, Nagato lo aveva accompagnato per assicurarsi che arrivasse in tempo e si era beccato le raccomandazioni di ogni insegnante, l’unico momento libero fu a pranzo.
Salì sul tetto ma non vi trovò nessuno, la sera prima era stata strana, non avrebbe voluto che la conversazione finisse. Non era riuscito a parlargli in classe, ogni volta che ci provava lui tendeva ad andare via. Quel giorno, tuttavia, scoprì perché gli piaceva così tanto stare lassù. Dall’angolo dove di solito si affacciava Sasuke si riusciva a vedere in modo nitido la piscina, le nuvole si specchiavano nell’acqua, da lì sarebbe stato impossibile, ma sembrava davvero come se ci si potesse tuffare in un cielo sereno. Quel luogo lasciava scorrere via tutti i pensieri.
Qualche ora dopo, il biondo stava tornando dal campo da baseball e lo incrociò nel corridoio all’aperto, il fedele shinai era nel fodero che portava sempre alle spalle.
Si fermarono l’uno di fronte all’altro un bel po’ distanti.
«Ho provato a parlarti...» Scosse la testa, non voleva realmente parlare.
Lo sguardo truce di Sasuke, arrabbiato più con sé stesso che con lui, lo fulminò. «Per cosa? Non avevamo nulla da dirci.» riprese a camminare ma Naruto lo fermò per il polso appena gli fu di fianco. «Smettila di fare lo stronzo e ascoltami.»
Non aveva mai visto quello sguardo sul suo volto, era troppo simile al suo, non poteva permetterlo. La rabbia lo fece scattare, lo scaraventò con le spalle contro la parete di vetro facendola vibrare e scricchiolare, gli teneva il petto fermo con il braccio ad angolo. «Non hai nulla da dirmi! Ti ho aiutato, hai trovato quello che volevi, ora lasciami in pace!» Per te è meglio se smetto di starti intorno...
Non gli lasciava respiro, l’abitudine era tanto forte da farlo stringere come se fosse un nemico di qualche genere. «Perché...»
Non si aspettava quella risposta. Sgranò gli occhi e abbassò lo sguardo, non poteva rispondere, ma qualcosa lo fece scattare e arrabbiare. Glielo urlò contro a occhi stretti «Perché hai iniziato a piacermi!»
Naruto lo afferrò per la cravatta nera avvicinandolo alla sua bocca.
Lo baciò.
«Chi è ora l’idiota?»
«Sempre tu!»
 
Le dita si sfiorarono più volte mentre si dirigevano al cancello, entrambi non parlavano si guardavano intorno ridacchiando di tanto in tanto sopraffatti dai pensieri. Forse era egoista pensare di poter rimanere in quel momento ma non importava, c’era qualcosa nell’universo che continuava a bloccarli l’uno vicino all’altro, se non potevano fare nulla allora perché non arrendersi...
Continuarono così fino a quando arrivarono di fronte alle loro case.
«E ora?» Uno dei due lo disse ma lo pensarono entrambi. L’altro si limitò ad alzare le spalle.
Istintivamente le mani si erano incrociate completamente. Presero un gran respiro, si separarono a malincuore e si diedero le spalle senza guardarsi o parlare.
Entrambi indugiarono un momento guardando il riflesso dell’altro nel vetro della porta.
 
Un altro «Sono a casa.» detto a vuoto con la voce bassa.
Un’altra serata da passare in compagnia del silenzio, silenzio interrotto da un campanello suonato troppo insistentemente.
Non fece in tempo ad aprire la porta che Naruto era già attaccato alle sue labbra stringendolo dai fianchi. Non sarebbe stato giusto separarsi a quel modo.
Sasuke si scansò per riprendere fiato, per la prima volta dopo molto tempo stava sorridendo. «Non ti ho detto che potevi entrare.»
«Posso entrare?» disse l’altro ridacchiando.
«Scemo!»
La stanza in cima alle scale era piccola ma ordinata, a differenza della sua, non c’erano molti oggetti in giro, l’unica cosa che spiccava era la fotografia di Mikoto e Itachi incorniciata sul comodino, aveva il bordo strappato.
Il biondo si chiuse la porta alle spalle mentre ancora teneva Sasuke tra le braccia, nessuno dei due aveva voglia di staccarsi.
Sasuke fu il primo a sedersi sul letto, Naruto si piegò per continuare a baciarlo e lentamente lo fece sdraiare, era decisamente una prospettiva diversa. Le mani di entrambi andavano ovunque mentre le lingue rotolavano felici.
Sasuke lo fermò ancora. «Aspetta. Aspetta. Sei sicuro di-»
«Meglio se non finisci la frase! Ho fatto piangere una ragazza per te!», lo disse sogghignando.
«Ha davvero pianto?» Per chi conosceva Hinata almeno un po’ quello era davvero un pensiero assurdo.
«No. Ha sorriso e ha detto “Sii felice”» La maglietta di Sasuke finì chissà dove e con l’indice seguiva la linea dei suoi addominali, baciò leggermente il piccolo tatuaggio sulla spalla. «Quindi, se permetti, vorrei essere felice, adesso!» Sasuke rise, finalmente.
La pelle mischiata, le labbra attaccate, le leggere risate e i gemiti li strappavano a quell’odioso silenzio.
 
Sasuke stava riprendendo fiato appena di fianco a lui quando girandosi notò qualcosa sotto la gamba del letto. Sembrava un pezzo di carta, pensò di aver fatto cadere qualcosa così lo tirò via. Si mise seduto con il volto segnato dalla rabbia quando girandolo vide un inconfondibile piccolo Sasuke tenere la mano di quell’uomo.



 
   
 
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