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Autore: Altair13Sirio    21/12/2016    2 recensioni
Sveglia. Corri. Ruba. Mangia. Menti. Dormi.
Ripeti.
Questa è la vita della quattordicenne Riley, scappata di casa a undici anni e diretta verso il Minnesota piena di speranze. Una volta arrivata lì, però, Riley si è resa conto che quel posto che chiamava "casa" non era più tanto accogliente e sicuro per lei, e non volendo arrendersi e tornare indietro, ha deciso di andare avanti e vivere la vita a modo suo.
Così Riley ha deciso di dimenticare il passato e di diventare una persona nuova, una persona che niente ha a che fare con la Riley del passato; quella bambina che adora giocare a hockey, sempre in vena di scherzare, non c'è più. Riley ormai non prova più emozioni, e si limita a vivere per strada come una delinquente, in attesa di qualche evento che dia una svolta alla sua vita.
Allo stesso modo vivono le sue emozioni, che rassegnate, incapaci di togliere dalla testa della ragazza quell'idea che la fece andare via, continuano a occuparsi di lei nella speranza di farle fare le scelte giuste.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Riley Andersen, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Gioia guardava le sfere colorate nella sua bisaccia illuminarsi e affievolirsi lentamente; quei ricordi si erano accesi intensamente durante la fuga di Riley assieme a Andy, ma quella non era stata l'unica reazione che era avvenuta nella testa della ragazza…
La stellina si voltò per affacciarsi di nuovo alla finestra e vide le tre emozioni, che prima avevano avuto un acceso scontro su chi avesse ragione, volgere lo sguardo allo schermo tutte assieme, di fronte alla console dei comandi; per qualche motivo, appena il poliziotto aveva individuato Riley ed Andy, quei tre erano arrivati precipitosamente per aiutare la loro protetta a sfuggirgli, ma era stato soprattutto grazie al ragazzo se c'era stato quella – momentanea – riappacificazione. Infatti, era stato Andy a risvegliare la parte battagliera di Riley, prima quando lui l'aveva chiamata "marcia" e poi quando aveva cercato di contestare le sue scelte durante la fuga; invece, i riflessi della ragazza erano tornati soprattutto quando il poliziotto aveva cercato di parlare a Andy attraverso la porta del terrazzo, e nessuno al Quartier Generale poteva negare di aver apprezzato il gesto di Andy quando si era preoccupato per Riley prima di scendere dalla scala di emergenza.
Insomma, senza che glielo chiedessero, senza che nessuno cercasse una soluzione al problema che si era creato neanche una ventina di minuti prima, Andy gli aveva dato una mano e aveva "risvegliato" Riley prima che potesse sprofondare nella tristezza che l'aveva colta al momento della separazione di Paura, Disgusto e Rabbia.
Sorrise vedendo i tre di nuovo uniti, attivi e pronti a reagire in qualunque momento. Ma a quel punto le venne naturale farsi una domanda: se lei e Tristezza non si avvicinavano mai alla console dei comandi, come poteva essere che Riley si sentisse depressa, o riuscisse anche solo a ridere alle battute di Andy? Lanciò un'occhiata confusa a Tristezza, dall'altra parte della sala, e quella le rispose con un piccolo sorrisetto mesto; anche quel gesto, che senso aveva? Tristezza poteva sorridere? E perché Gioia invece non riusciva ad essere felice? Tutte quelle domande nella testa della povera stellina la stavano facendo impazzire!
Gioia si nascose allo sguardo di Tristezza e tornò a volgere la schiena alla parete; si raggomitolò sul posto e fissò lo sguardo nel buio. Perché a volte si sentiva così incompleta, nonostante Riley potesse considerarsi "felice"? Aveva scelto lei quella vita, lontana da tutti gli altri, e all'inizio aveva pensato che fosse giusto così, che non dovesse sentire il bisogno di aiutare… Ma a poco a poco, dopo un po' di tempo Gioia aveva sviluppato una sorta di nostalgia che le aveva fatto tornare quel desiderio di agire, di dire la sua nei dibattiti e trovare la soluzione da sé, senza aspettare l'arrivo di qualcun altro. Ma perché? Non poteva abbandonare il suo ruolo proprio ora che Riley era nei guai; e poi Paura le aveva affidato una missione: doveva occuparsi dei ricordi primari, assieme a quel nuovo ricordo viola che era venuto fuori l'altra notte. Che sarebbe successo se lo avesse lasciato incustodito e qualcun altro nel Quartier Generale ne fosse venuto a conoscenza?
Si avvicinò gattonando alla borsa nascosta sotto ai cuscini e la tirò fuori da lì; fissò intensamente la sfera viola che, spiccando su tutte le altre grazie al suo colore freddo, pulsava flebilmente a ogni contatto che riceveva. Vide sotto di essa la sfera azzurra che era nata tre anni prima, quando Riley aveva affrontato il suo primo – e unico – giorno di scuola a San Francisco. Avrebbe dovuto odiare quel ricordo, il momento in cui la sua bambina rimase totalmente esposta al mondo liberando le proprie paure e il proprio desiderio di tornare a casa, ma non ci riusciva… Da tempo Gioia si era rassegnata a quell'evento – e in fondo non avrebbe potuto fare altro – e aveva deciso semplicemente di ignorarlo, come un brutto ricordo che ormai era "dimenticato". Ovviamente nessuno lo aveva dimenticato; Riley ripensava ogni giorno a quell'episodio in cui si rese conto di non voler stare a San Francisco, e ogni volta si chiedeva se fosse stato davvero necessario scappare, ma Rabbia le faceva subito cambiare argomento. Già… A volte tornavano al Quartier Generale dei ricordi della sua famiglia, della sua vecchia casa, ma Rabbia lasciava i comandi e andava a togliere dalla testa della ragazza quei ricordi, che venivano scaricati e rimandati agli archivi. Rabbia li avrebbe scaraventati nel Baratro della Memoria se avesse potuto, ma sembrava che le emozioni nella testa di Riley non avessero il potere di prendere una tale decisione…
Di certo non era bello assistere alla furia di Rabbia: ormai perdeva la pazienza raramente, ma quando accadeva incuteva terrore in Gioia, come anche in Paura e Disgusto, anche se la schizzinosa non dava a vederlo… Ciò che pensava Tristezza nei suoi confronti, invece, non era chiaro: Gioia pensava di aver capito che non fosse d'accordo con lui, ma non aveva mai fatto niente per contrastare il suo operato, quindi conveniva con lei sul fatto che lasciar lavorare Rabbia fosse la scelta migliore… O no?
Ripensando a Tristezza, Gioia alzò lo sguardo con un sopracciglio inarcato e tornò ad affacciarsi dalla propria finestrella; nessuno se ne accorse a parte Tristezza stessa, che alzò subito lo sguardo per incontrare il suo. La fissò per alcuni secondi e Gioia non capì che cosa volesse dirle: i suoi occhi profondi sembravano pronunciare le parole che le sue labbra non lasciavano sfuggire, ma Gioia sapeva che Tristezza non avrebbe mai detto niente, perché da quando erano tornate al Quartier Generale, la piccola emozione blu aveva smesso di parlare con chiunque, aveva smesso di partecipare alla vita del Quartier Generale… Si era limitata a fare ciò che aveva sempre fatto, ovvero rimanere in silenzio e non intralciare gli altri. Però quello sguardo che cosa significava? Non le aveva mai lanciato occhiate così lunghe e profonde; anche dopo che ebbe distolto lo sguardo, Gioia si sentì gli occhi di Tristezza addosso e avvertì brividi lungo la schiena…
Stringendosi le braccia, tornò nell'oscurità. Le era venuto freddo improvvisamente, e la sua voglia di restarsene là era diminuita per qualche ragione… Non poteva uscire allo scoperto ora e dire di voler agire, ma qualcosa avrebbe potuto pur fare!
Gioia adocchiò la luce azzurrognola proveniente dalla sua borsa, poggiata al muro accanto a lei, e sentì quasi come se quella luce la stesse attirando a sé come una calamita. Tirò fuori dalla borsa il Ricordo Primario di Tristezza e lo fissò a lungo, perdendosi nei suoi complicati disegni; vide affiorare l'immagine di una bambina in lacrime: un viso che aveva quasi dimenticato e che le fece stringere il cuore. Abbassò la sfera e alzò lo sguardo verso la parete buia della sua stanzetta.
Devo parlare con Tristezza. Pensò con determinazione, mentre il ricordo brillava con forza tra le sue mani.
   
 
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