Elizabeth
Mason si asciugò le mani sulla gonna
mentre fece un passo indietro, dopo aver mosso nel focolare la pentola
che
conteneva la cena; stufato di pollo e patate.
Camminando
verso il tavolo, sorrise
gentilmente a Gregory Newsom.
"Spero
che vi godiate la cena di
stasera," commentò mentre si mise a sedere, poggiando il
mento sul palmo
della sua mano.
"Davvero,
sono abbastanza certo che lo
farò, signora." Gregory parlò con il suo modo
calmo e misurato e con un
luccichio affettuoso nei suoi occhi stanchi.
"La
mia defunta moglie non era affatto
brava in cucina," aggiunse, facendo un cenno con la testa. "Toccava a
me mettere insieme un pasto per la maggior parte delle volte. Quando la
cara
Alice ha lavorato per la signora Newsom per un breve periodo, ho avuto
un po'
di tregua."
"Cara
ragazza," rispose Elizabeth
delicatamente. "Ti è stata talmente d'aiuto, e so che gli
Stewart
dipendono molto da lei. Ha così tanta dolcezza."
Improvvisamente
Elizabeth alzò lo sguardo, la
sua voce era cauta.
"Gregory...
ci conosciamo da parecchi
anni e c'è qualcosa che vorrei chiedervi. In privato,
certamente. Solo una mia
curiosità."
"Certo,
Elizabeth," rispose il
signor Newsom in tono galante. "Sentitevi libera di chiedermi qualunque
cosa desideriate."
"E'
solo che - la defunta signora Newsom
e voi avevate delle differenze di carattere così basilari.
Mi sono sempre
chiesta... perché l'avete sposata?"
Il
signor Newsom fece una risatina sommessa.
"Molte persone me l'hanno chiesto, Elizabeth. Non è una
storia semplice,
assolutamente."
Elizabeth
Mason lo invitò a continuare,
volendo conoscere una faccenda che da molto tempo aveva stuzzicato la
sua
curiosità.
"Per
cominciare, Priscilla e io avevamo
molte più cose in comune di quanto si potesse pensare. Un
tempo entrambi
eravamo in possesso di una grande fortuna e, in gioventù, ci
siamo trovati
privati dei nostri mezzi. E' stata anche la stessa radice; debiti. Mio
padre
andò in una prigione per debitori quando ero a Oxford. Prese
un prestito bello
consistente per investire in un'impresa mineraria a nord
dell'Inghilterra e
l'intera faccenda si rivelò una farsa. In quanto azionista,
era ancora
responsabile per la ricchezza che non fu mai prodotta."
Elizabeth
era stupita, dato che era una
semplice casalinga e non aveva dimestichezza con questo tipo di
discorsi.
"Che
è successo?" chiese lei,
partecipe.
"C'erano
quattro di loro in quest'
impresa. Uno puntò una pistola contro se stesso dinanzi alla
sua famiglia
quando comprese che era rovinato. L'altro lasciò il paese.
Il terzo, non sono
molto sicuro dei dettagli, o di ciò che gli è
successo. Ma mio padre andò in
prigione, dove morì lasciando la mia famiglia senza risorse."
"Oh,
Gregory, mi dispiace molto di aver
rispolverato questi ricordi," sussurrò Elizabeth.
Il
signor Newsom sorrise cupamente, agitando
una mano di lato.
"Non
c'è problema, Elizabeth. Credo che
il Signore metta queste prove nelle nostre vite che sono al servizio di
uno
scopo che è più grande di noi stessi. Da giovane
volevo unirmi alla chiesa ma,
dato che mio padre non avrebbe voluto, fui mandato a scuola. Quando
morì,
beh..." si fermò.
"Prima
mi avete detto che siete venuto
dall' Inghilterra con vostra madre?" chiese Elizabeth.
L'uomo
annuì. "Sì, davvero. Siamo
riusciti solo a introdurre di nascosto un pochino d'argento e qualche
gioiello
di mamma nel doppio fondo di un vecchio baule che avevamo, quando
abbiamo
sentito che gli esattori si stavano dirigendo verso casa nostra per
reclamare
ogni singola cosa che possedevamo. Così, siamo riusciti a
barattare due
traversate per le colonie. Avevo 21 anni."
Gregory
Newsom bevve elegantemente un sorso di
sidro forte, offertogli da Elizabeth, e la donna pensò che,
malgrado i decenni
di duro lavoro che ha sopportato nelle Americhe, nel comportamento del
signor
Newsom ancora c'erano le tracce di un'educazione da gentiluomo e dell'
aristocrazia del Vecchio Mondo.
"Siamo approdati
in New England, nella Massachusetts Bay." Gli
occhi del signor Newsom erano vitrei e distanti mentre ripensava a
quei giorni di molto tempo fa. "Ho fatto quello che potevo per
provvedere
a mamma, ho fatto qualsiasi lavoro umile, ma credo che lo shock di
avere perso
le nostre ricchezze e il nostro buon nome abbia spezzato il cuore di
mia madre
e abbia contribuito alla sua morte prematura. Non aveva ancora 40 anni
quando
mi lasciò."
Elizabeth,
prima che potesse fermarsi,
raggiunse rapidamente il tavolo e strinse la mano di Gregory. Lui fece
scorrere
leggermente il pollice sulle nocche di lei.
"Mia
cara signora," sospirò.
"Siamo nati per soffrire e sopportare, per grazia di Dio."
"Avete
incontrato Priscilla in questo
momento?" chiese Elizabeth, arrossendo al tocco di lui e cercando di
sembrare indifferente.
"Mmm."
lui annuì. "Quando la
incontrai per la prima volta, viveva in dignitosa povertà,
poiché la sua
famiglia aveva perso le proprie ricchezze. Tuttavia, era una ragazza a
quel
tempo. Di circa 16 anni, penso."
Elizabeth
gli versò dell'altra bevanda
acquosa, che lui ricevette con cortesia e in modo rispettoso.
"Sapete,
Elizabeth, che in gioventù mia
moglie ed io ci amavamo veramente," disse delicatamente. "Eravamo
giovani e pieni di speranza. Per me era così bella, con i
suoi capelli castano
dorato e il suo temperamento forte. Lei... lei non era sempre come voi
tutti
l'avete conosciuta. La morte della nostra unica figlia l'ha distrutta.
Ho
sopportato tutto per tutti questi anni innanzitutto perché
ho fatto un voto
agli occhi di Dio. Nella buona e nella cattiva sorte, ho promesso. E
non ho mai
smesso di vederla con gli occhi della gioventù, di vederla
com'era una volta,
giovane e bella e sempre allegra. E ho continuato a farlo persino dopo
che
l'amore, che una volta avevamo condiviso, era finito in questa terra
desolata."
Elizabeth
Mason deglutì pesantemente, commossa
dal dolce dolore nella voce dell'uomo. Anche lei sapeva cosa fosse una
perdita,
avendo sofferto spasmodicamente, ogni giorno, per la perdita di suo
marito 3
anni prima.
Questo
era ciò che la aveva attirata verso
Gregory Newsom. Era un uomo così gentile e il miglior
compagno che lei potrebbe
aver sperato di avere.
"Cara
Elizabeth," mormorò lui mentre
si tenevano di nuovo le mani. "Mia cara, dolce signora."
Poi
chiusero gli occhi e rimasero così.
Elizabeth sentì una tale pace calare su di lei...
finché la porta si spalancò
ed Elizabeth trasalì per il rumore e ritirò
velocemente la mano.
"Stephen,
mio caro..." disse lei,
alzatasi in piedi frettolosamente. "La cena è pronta-"
Suo
figlio non la ascoltò. Fischiettando, si
tolse il cappello per salutare il signor Newsom e sua madre, prima di
correre a
frugare nel suo zaino, che era appeso a un attaccapanni sulla parete.
"Mamma,
dov'è quel fischietto di osso che
ho fatto pochi giorni fa? chiese, voltandosi e guardandosi intorno in
modo
irritato.
Elizabeth
rispose che non lo sapeva. "Ne
hai proprio bisogno, ragazzo mio?"
"Sì,"
lui si lagnò. "E' un
regalo. Beh, ritornerò prima che faccia buio."
Detto
questo, uscì a grandi passi, rapidamente
dalla porta, premendosi il vecchio cappello di suo padre sui capelli
rossi e
prendendo il suo particolare moschetto.
La
porta si chiuse violentemente, lasciando
sua madre e il signor Newsom in solitudine, come anche in
perplessità.
Elizabeth
scosse la testa per la meraviglia.
"Lucy! La cena è pronta, mia cara."
La
bambina stava giocando proprio fuori casa
e, sentendosi chiamare da sua madre, aprì la porta e corse
dentro salterellando.
Erano
tutti sistemati con lo stufato di fronte
a loro, chiacchierando disinvolti, ma la preoccupazione per Stephen
stava
tormentando Elizabeth. Fece scorrere un dito esile intorno all'orlo del
boccale
mentre ripensava a suo figlio, che non faceva altro che gironzolare
all'aperto
per la maggior parte del giorno.
Lui
stava seguendo i passi di James e
Robert... erano bravi uomini, sicuramente. Elizabeth pensava solo che
Stephen
fosse troppo giovane per stare così solo fuori, nella natura
selvaggia. Suo
figlio era sempre stato troppo curioso e deviato, per il suo bene;
Elizabeth
ancora ripensava al totale shock che aveva provato quando si era saputo
che
Stephen aveva gironzolato a piedi nell'accampamento dei Lenape, a ovest.
"Lucinda,"
chiese Elizabeth
improvvisamente, "dove va tuo fratello tutti i giorni?"
Lucy
si congelò e fissò in silenzio la faccia
di sua madre. Sembrava essere in difficoltà, dentro di
sé.
"Io...io..."
Elizabeth
era allarmata. "Che c'è,
piccola mia? Sai qualcosa? Devi dirlo alla tua mamma se Stephen sta
facendo
qualcosa che non dovrebbe fare."
Lucy
guardò in basso, verso la tavola.
"Non è niente di brutto, mamma. Stephen ha detto di non dire
niente, a
meno che tu non lo chiedessi, e tu lo hai chiesto, e quindi ha detto
che posso
dirtelo, perché la Bibbia dice che mentire è
sbagliato."
Gregory
Newsom sembrava preoccupato per il
borbottio a mala pena comprensibile che la bambina aveva spifferato.
"Dove
sta andando, Lucy?" chiese
l'uomo gentilmente.
Lucinda
alzò lo sguardo e replicò. "A
vedere lei, la sua innamorata."
Elizabeth
si mise a sedere, l'aria che le era
tornata a queste parole innocue.
"Perché,
Lucy... è questo?" lei
rise. "Perché, pensavo quasi al peggio! Ora, di' alla tua
mamma chi è
questa ragazza. Dimmelo prima che esplodo."
Lucy
corse dalla sua mamma e si fece avanti
entusiasta, in punta di piedi per sussurrare qualcosa all'orecchio di
Elizabeth.
Gregory
osservava mentre la faccia della donna
impallidiva. Per parecchi minuti, dopo che Lucy aveva assunto la sua
precedente
posizione e stava mangiando rumorosamente il suo stufato, Elizabeth
rimase
silenziosa.
"Avete
finito la vostra cena?"
chiese Elizabeth.
Gregory
annuì, osservandola attentamente.
Lucinda fece un sorriso a sua madre e si pulì la bocca con
la manica.
"Bene,"
si alzò Elizabeth.
"Allora venite. Andiamo da qualche parte."
"Dove,
Elizabeth? Che è successo?"
chiese il signor Newsom, mentre si alzava anche lui.
"Dagli
Stewart. Ho bisogno di parlare con
Nathaniel e suo fratello. Lucy... devi dirmi assolutamente tutto sul
tuo
sciocco fratello e quella ragazza."
Gregory
ed Elizabeth presero Lucy per mano,
Gregory da un lato e sua madre dall'altro, e si incamminarono
velocemente.
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Nathaniel
e Uncas stavano tagliando la legna
fuori, alla fattoria degli Stewart, a petto nudo per il caldo
penetrante,
quando Elizabeth Mason scese giù per il sentiero
accompagnata dal signor Newsom
e Lucinda.
Nathaniel
si alzò in piedi dritto,
asciugandosi la fronte con aria stanca. Vedendo la faccia preoccupata
della
signora Mason, si scambiò degli sguardi con suo fratello.
"Signor
Newsom, felice di vedervi."
Nathaniel salutò l'uomo anziano. Uncas annuì
silenziosamente al trio.
"Signora
Mason, spero che vada tutto bene
nella vostra fattoria," aggiunse Nathaniel.
"Sì,
il raccolto sta crescendo..."
La donna sembrava distratta. "Questa è la mia figlia minore,
Lucinda."
"Lucy!"
disse la bambina
brillantemente agli uomini, agitando la mano che sua madre teneva molto
energicamente.
"Lucy,
sii buona e vai dentro con le
donne. Gli adulti hanno bisogno di parlare." Elizabeth spinse
gentilmente
sua figlia nella direzione della casa.
James
avanzò a grandi passi verso di loro,
pronunciando ad alta voce parole di saluto.
"Oggi
si collabora alla mia fattoria, ci
alterniamo, vedete? Domani ci metteremo in viaggio per andare a
lavorare per la
casa di Uncas, e di Nathaniel. Presto le ragazze avranno le loro case."
James fece a tutti loro un mezzo sorriso gioioso.
"Sono
felice di sentirlo," replicò
Gregory Newsom con un'espressione gentile. "Ribadisco quello che ho
detto
a voi signori, prima. Sono a vostra disposizione e potete usare
qualunque
attrezzo e materiale della mia fattoria."
"Grazie."
Uncas annuì, poi guardò
Elizabeth. "Tutto bene?"
Gli
sguardi degli uomini si volsero e si
concentrarono sulla donna mentre lei scosse la testa, muta.
Gregory
decise di farsi avanti, anche se non
era completamente sicuro che quello fosse il suo posto.
"Siamo
preoccupati per Stephen. La sua
sorellina ci ha confessato qualcosa di piuttosto straordinario, e noi
siamo
venuti per vedere se voi potreste aiutarci."
Nathaniel
si alzò dritto, e James si fece
scappare una risatina sommessa.
"Che
ha combinato quel birbante, signora
Mason?" chiese James, sogghignando.
"Sono
sicura che hai notato che Stephen
si sta comportando in modo strano ultimamente. Ha sempre avuto uno
spirito
nomade, ma è diventato estremo al punto da farmi
preoccupare! Non torna mai a
casa, lo vedo tornare solo prima che faccia buio, e io sentivo...
sentivo che
stava cercando di squagliarsela."
"Spesso
i ragazzi si comportano così. La
natura selvaggia attira la loro attenzione," Nathaniel
ricordò gentilmente
alla donna.
"Questo
era quello che avevo pensato,
finché ho parlato con mia figlia," replicò
Elizabeth con un'espressione
afflitta. "Mi ha detto che c'è di mezzo una signorina."
Per
cortesia, gli uomini tennero la bocca
chiusa, ma a giudicare dalle espressioni scettiche scolpite sulle loro
facce,
era ovvio che non trovavano la notizia preoccupante.
"Ha
cominciato a incontrarsi segretamente
con una giovane ragazza... della tua razza, Uncas," Elizabeth concluse
con
una nota di compianto.
I
tre uomini caddero in un silenzio di
sbalordimento.
"Una
ragazza Lenape?" chiese Uncas
attentamente, avendo bisogno di una precisazione. "Dell' accampamento
Delaware?"
"Lo
stesso, Uncas. Sono venuta in parte
per chiederti se sai qualcosa in più, e anche per implorare
il tuo aiuto. Non
ho nulla contro il tuo popolo, questo lo sai. E' solo che temo alcune
conseguenze, ripercussioni nei confronti di mio figlio - Stupido
ragazzo
sconsiderato!" lei si lagnò, chiudendo gli occhi.
"Elizabeth,
calmati, mia cara,"
disse Gregory in tono rassicurante. "Signori, per caso ne avete sentito
parlare?"
"No",
replicò Nathaniel. "Da
parte mia e di mio fratello, no."
"Nemmeno
io," fece spallucce James,
grattandosi i capelli sbiaditi dal sole.
Uncas
sentì un lampo di presentimento, come
anche di intuizione. Aveva un indizio su chi fosse questa ragazza
misteriosa.
Volgendo attentamente gli occhi verso suo fratello, Uncas chiese se
loro
avessero una qualsiasi idea sull'identità della ragazza
Lenape.
"Temo
di no," confermò Gregory,
strizzando gli occhi per il sole accecante.
Rimuovendo
dai suoi pantaloni con attenzione l'
orologio d'oro da tasca, Gregory Newsom vide che ancora c'era un po' di
tempo
prima del crepuscolo. Per il bene di Elizabeth, voleva che tutto
ciò venisse
risolto oggi.
"Lucy
ha descritto la ragazza?"
Nathaniel chiese in modo deciso. In verità, stava
cominciando a stancarsi di
tutta l'agitazione e le difficoltà che si sono presentate
nel loro cammino
durante l'ultimo anno. Non prometteva nulla di buono. Se
non è una cosa, è un'altra.
La
faccia di Elizabeth rivelava lo stato
d'angoscia timorosa nel quale si trovava. "Mia figlia l'ha descritta
come..." fece un respiro tremolante, "una giovane, forse di 17 anni?
E' molto carina. Lucy è piuttosto affezionata a lei. La sola
cosa che so è che
Stephen e la ragazza si incontrano in segreto quasi ogni giorno per un
po' di
tempo. Si incontrano presso il fiume o nel bosco."
Lei
alzò di scatto la testa per guardare in
modo supplichevole Nathaniel e Uncas. "Ragazzi, questo non
può continuare!
Stephen non sa cosa sta facendo. Sono al limite delle mie risorse
mentali per
il timore, per la sicurezza di mio figlio. Che succederà se
il popolo della
ragazza li trova insieme e...e..."
"Elizabeth,
per favore calmati, mia
cara," disse Gregory in tono rassicurante. "Il buon Signore non
permetterà che accada qualcosa a Stephen. Non ha fatto
niente di male, ha solo
stretto un'insolita amicizia con una persona che non è della
sua razza."
Gregory
estese lo sguardo intorno a lui in
modo deciso, dicendo fermamente. "Dio ama tutte le sue creature. Siamo
tutti formati a Sua somiglianza. Non ce lo dobbiamo dimenticare. Credo
che
prima dobbiamo parlare con tuo figlio, Elizabeth."
Dopo
un paio di parole dette ai giovani
ragazzi, Elizabeth chiamò sua figlia e il trio si
incamminò verso la fattoria
dei Mason.
James
li guardò andar via, con un sorriso
ironico sulla faccia. "Povero ragazzo, quello Stephen. La signora Mason
mi
è tanto cara, ma non credo sia giusto che lei si agiti per
il ragazzo in tale
misura. Cosa importa se lui fa la corte a una delle ragazze indiane?"
"E'
importante, James, perché i Delaware
non prenderanno bene il fatto che una delle loro donne corra qua e
là con un
Yengeese," Nathaniel replicò.
"E
che dire di questa misteriosa, bella
fanciulla?" argomentò James, sembrando turbato. "Non ha voce
in
capitolo riguardo alla questione? Perché è di
così vitale importanza indicare
la razza e il ceto sociale, e perché le donne non hanno
voce?"
James
scosse la testa e raccolse la sua scure
per spaccare ancora un po' di legna per il fuoco.
Nathaniel
guardò l'uomo biondo con atteggiamento
pensieroso; era d'accordo con il suo amico, ma James Stewart
semplicemente non
comprendeva la mentalità Delaware.
"La
ragazza non è un mistero, James.
Credo di sapere chi sia." Nathaniel risparmiò uno sguardo a
suo fratello,
che sembrava stupito. Sapeva che Uncas ci aveva ragionato su per conto
suo.
Alice
strizzò gli occhi per il tenue bagliore
arancione che permeava attraverso le finestre coperte di cera a casa
degli
Stewart. Era stanca per aver lavorato a maglia le coperte e cucito
abiti di
lino per il figlio di Annabel.
Sbirciando
a destra, dal suo posto presso il
tavolo di legno, Alice ridacchiò alla vista dell'incantevole
culla che James e
Nathaniel avevano fatto; al momento la culla stava semplicemente vicino
al
letto.
Seduta
dritta, Alice si strofinò le mani
doloranti e desiderò di poter andare fuori. Le sue faccende
non glielo
permettevano ed era primo pomeriggio, e faceva molto caldo fuori.
Riprese in
silenzio il suo lavoro, cucendo un orlo blu per gli abiti.
Mentre
lavorava, Alice pensò alla casa che
Uncas stava costruendo per loro, a poche miglia di distanza dalla
fattoria
degli Stewart, e un sorriso inarcò le sue labbra. Uncas
l'aveva portata là una
volta, nei giorni precedenti. Si era seduta per terra e osservava
mentre James
e i fratelli tagliavano gli alberi e li trascinavano fino alla radura,
segandone alcuni riducendoli in tavole, e disponendo le travi di legno
più
robuste in qualità di pareti.
La
sola cosa che era riuscita a riconoscere
era un focolare di pietra per terra; quando Alice fece la domanda a
Nathaniel,
lui replicò che questo era sempre il primo elemento che
veniva costruito. Tutto
il resto era innalzato attorno ad esso.
Uncas
aveva preso la mano di Alice e l'aveva
condotta verso il camino, indicando dove ogni cosa sarebbe stata
collocata e
cosa doveva ancora essere costruito.
Sarebbe
stato tutto in legno, pensò Alice
lamentosamente... Il letto, il tavolo, le sedie, le panchine, gli
sgabelli;
persino i boccali. Alice aveva ricordato a Uncas che avevano bisogno
almeno di
un baule e di una cassapanca per riporre la biancheria.
Stando
in piedi lì, sotto la luce del sole
cocente, Uncas aveva stretto gentilmente la mano di Alice e
replicò che avrebbe
fatto in modo di fare proprio questo; qualsiasi
cosa di cui tu abbia bisogno, le aveva detto nella sua
maniera tranquilla.
Durante
tutti gli ultimi giorni, Alice aveva
ripetuto quelle parole a se stessa all'infinito, e riviveva quel
momento
perfetto ogni notte. Questo era l'uomo che aveva sempre sognato di
sposare,
così gentile e premuroso con lei, ma che la trattava anche
con rispetto.
Se
solo...
Alice
si alzò rapidamente in agitazione,
pensando di fare quella tanto attesa passeggiata attraverso il bosco
per
liberare la sua mente confusa. Il caldo nel casolare era soffocante e
faceva
deviare i suoi pensieri verso strade piuttosto terrificanti.
Mettendo
i suoi aghi e fili nel cesto, Alice
piegò i minuscoli abiti con un movimento fluido e li mise da
parte. Poi si
diresse verso la porta.
"Dove
stai andando, sorella?" chiese
Cora, che era fuori a fare il burro. Facendo una pausa per riprendere
fiato e
asciugarsi la fronte sudata, la sua sorella maggiore la
guardò, aggrottando le
ciglia.
"Vorrei
fare una passeggiata prima di
cena. Non ci metterò molto," replicò Alice con
enfasi.
James
si alzò dalla legna che stava spaccando,
appoggiandosi contro la lunga scure. Era a petto nudo, ma Alice si era
abituata
da tempo a questa vista.
"Una
passeggiata? Da sola?" chiese James
pensieroso. "Ma ragazza, Uncas non
è qui! Non pensavo che fosse possibile per te camminare nel
bosco senza il
giovanotto attaccato al tuo fianco."
Alice
sorrise cortesemente e si precipitò
verso la foresta.
Profumava
di terra e fogliame, un odore
inebriante che lei inalò profondamente mentre fece una pausa
per valutare la
foresta umida che li delimitava per miglia.
Si
abbandonò ai ricordi di Londra, nuvolosa,
cupa con la sua pioggia assidua e insistente. L'anno scorso era
riuscita a
contare soltanto 4 giorni assolati e pieni di luce. Qui, il caldo a
volte era
insopportabile, ma faceva miracoli per il suo animo.
Alice
si guardò rapidamente intorno e notò che
era un po' lontana dalla casa degli Stewart. Lontana dal caldo
soffocante
dell'interno del casolare, Alice poteva riflettere a lungo su
ciò che era
inquietante.
La
verità era questa, era stato difficile
sopportare il disprezzo dei vicini. Non poteva immaginare, dopo tutti
questi
mesi di conoscenza reciproca, di buoni rapporti e amicizia tra di loro,
che le
avrebbero voltato le spalle. Era estremamente crudele da parte loro.
L'altra
faccenda inquietante era che soltanto
adesso Alice stava comprendendo veramente la notevole
disparità tra lei e
Uncas.
Alice
stava sudando quando giunse al margine
del fiume e guardò in modo penetrante la corrente sotto la
superficie
dell'acqua, guardando il fiume che scorreva e faceva schiuma.
Ripensò
a un episodio nelle settimane
precedenti, quando le donne erano sedute accanto al camino di sera,
lavorando
sodo ai loro abiti...
Annabel
sembrava allegra mentre misurava il tessuto intorno al busto e alle
braccia di
Alice, concentrandosi sul caldo umido del casolare. Gli uomini erano
seduti a
tavola e bevevano boccali di birra chiara tutti insieme. Alice
alzò lo sguardo
e catturò gli occhi di Uncas, che fissavano il suo corpo
mentre Annabel le
avvolgeva il morbido tessuto intorno alla vita e, anche se Alice era
completamente vestita, arrossì nel vedere l'ammirazione
nello sguardo fisso di
lui.
Annabel
si alzò dritta e aggrottò le ciglia.
"Blu
o color oro per il tuo primo abito, Alice?"
Alice
aprì la bocca per replicare, ma la voce profonda di Uncas la
interruppe
tranquillamente -"Blu."
Lei
lo
guardò timidamente; Annabel fece ad Alice un sorriso furtivo
mentre James e
Nathaniel sbuffarono forte nelle loro bibite.
"Non
ho mai saputo che tu fossi così... esperto di moda
femminile, fratello,"
disse ad alta voce Nathaniel, ridendo sotto i baffi.
James
diede a Nathaniel una pacca sulla schiena ed espresse la sua intesa.
"Sceglierai anche dei nastri per lei?"
Uncas
non sembrava turbato o timido, poiché replicò
ugualmente, "Il blu ti sta
meglio, si abbina con i tuoi occhi. Il dorato sta meglio a tua sorella."
"Penso
che tu abbia preso troppa birra stasera," rise Nathaniel.
Annabel
sorrise al giovane Indiano in segno di approvazione. "Hai ragione,
giovanotto. Il dorato sembrerà bello più che mai
su Cora, con i suoi capelli
scuri. Il blu va bene per Alice." Aggrottando le ciglia, lei
guardò gli
altri uomini che stavano ridendo per Uncas. "Almeno c'è un
uomo che ha
dato ampia considerazione alla sua donna - a differenza di altri che
non mi
degnerò di nominare."
James
si
mise a sedere, indignato. "Già ti ho detto che il color
viola è carino per
te."
"E'
color lavanda James, ed è proprio pessimo addosso a me,"
replicò Annabel,
sembrando infastidita. "Mi fa sembrare proprio sciatta."
"Ci
saranno altri viaggi in città?" chiese Alice in tono
interrogativo.
Quando
Annabel le chiese il perché della necessità di
fare un viaggio in città, Alice
replicò che c'erano parecchi dettagli che non erano stati
comprati per il suo
guardaroba.
"Come
il corsetto" Alice fece notare, " e la chiusura di un corsetto, il
busk."
Tutto
il
gruppo riunito fece una pausa e fissò Alice con sguardo
ipotetico.
Nathaniel
ridacchiò, "Corsetto? Vuoi dire quella strana cosa che
toglie l'aria alle
donne inglesi? Credo che tu non ne abbia bisogno, ragazza. Non
é pratico."
Alice
e
Cora si scambiarono degli sguardi accigliati, e la ragazza
più giovane era
piuttosto scioccata. "Ho davvero bisogno di questi articoli, signore.
Non
è decente per una ragazza stare senza un corsetto
appropriato e una chiusura.
Sono stata negligente durante l'ultimo anno, ma questo non giustifica
il fatto
che ne avrò bisogno, col tempo."
Lei
guardò Uncas in modo supplichevole, e fu imbarazzata nel
vedere che lui stava
aggrottando le sopracciglia verso il basso, sul tavolo. Bevve un sorso
della
sua birra e sembrava dare importanza alle sue parole.
"Che
cos' è una chiusura?" chiese lui.
James
guardò Alice, ma non si burlò di lei come era
tipicamente propenso a fare.
Infatti, sembrava esserci un barlume di comprensione nel profondo dei
suoi
occhi, quando rispose a Uncas.
"E'
una stecca piatta di legno che va messa davanti alle ragazze, sotto i
loro
corsetti," spiegò. "La indossano per non chinarsi sul
girovita,
mentre vanno in giro durante la giornata."
Alla
fine Uncas alzò lo sguardo verso Alice e la sua espressione
era incredula, con
un minimo di shock. James tenne per un momento lo sguardo di Alice in
segno di
comprensione e parlò di nuovo a Uncas.
"Ragazzo,
questo è ciò che le ragazze della loro posizione
sociale sono abituate ad
indossare. Impedire a loro di fare ciò, sarebbe come
impedire a te di indossare
la pelle di daino, capisci?"
Uncas
scosse la testa lentamente. "Non ne hai bisogno, Alice. Quelle corde
strette ti fanno solo male e quella stecca di legno non è
ragionevole, quando
sarai alle prese con un lavoro che deve essere fatto intorno alla
nostra
casa."
Alice
arrossì alle sue parole; perché non stava
comprendendo questo? Non era una
questione di praticità. Era obbligatorio e lei gliel' aveva
detto.
Uncas
scosse di nuovo la testa, semplicemente, "Nessuno di noi può
fare il
viaggio verso la città più vicina, quando c'
è così tanto lavoro da sbrigare.
Inoltre non possiamo sprecare il denaro per queste cose - non sono necessarie,
Alice. Sono delle
esigenze sciocche."
Cora
osservò l'espressione ferita di sua sorella e sembrava
pronta a scambiare
alcune parole con Uncas, ma Nathaniel guardò sua moglie in
segno di
avvertimento, dicendole silenziosamente di starne fuori.
"Mi
stai chiamando stupida?" Alice ribatté, sentendosi offesa e
arrabbiata.
Uncas sembrava confuso e replicò che non si stava riferendo
a lei.
Annabel
strinse la mano di Alice per incoraggiarla e disse, "Capisco quello che
stai provando, Alice. Ma credimi. Corsetto e chiusura non
sono necessari nella nostra
situazione."
"Lo
sono," disse semplicemente Alice, arrabbiata per il fatto che Uncas si
stava rifiutando apertamente di prendere in considerazione le sue idee
e i suoi
bisogni. "Se voi tutti vogliate scusarmi, mi ritirerò. Buona
notte."
Mentre
stava a letto con la schiena rivolta agli abitanti del casolare, Alice
notò che
Uncas non aveva detto nient'altro... ma Alice era troppo distrutta dai
suoi
pensieri per prestare attenzione a questo. La nostra situazione, aveva
detto
Annabel. Alice era rattristata. La sua situazione che era
così drasticamente
cambiata da un anno all'altro, la sua vita che non sarebbe stata mai
più la
stessa e, al di là di tutto questo, l'ombra del dubbio che
permaneva
ostinatamente nei meandri della sua mente...
Il
timore che lei e Uncas non giungerebbero mai a una comprensione, che
alla fine
non sarebbero stati felici.
Alice
si svegliò dal suo sogno ad occhi aperti
e guardò il fiume che scorreva, sbattendo le palpebre. Uncas
era venuto da
Alice silenziosamente il giorno dopo, mentre lei stava portando
l'acqua, e si era
fatto perdonare da Alice, dicendole che non aveva avuto intenzione di
offenderla, che le loro opinioni erano diverse, ma loro avrebbero
trovato un
terreno comune. Alice rimase scioccata, poiché Uncas
raramente parlava in
maniera così diretta.
Alice
lasciò cadere il secchio d'acqua
sull'erba con un tonfo e abbracciò Uncas, sollevata.
Adesso,
Alice si stava sentendo meglio e pensò
che era sciocco discutere di indumenti intimi femminili.
Capì che si sentiva
agitata per la reazione ostile dei suoi vicini alla sua relazione con
Uncas, e
che aveva anche paura di non renderlo felice.
Alice
proseguì la sua passeggiata solitaria
per diversi minuti, pensando fantasiosamente alla vita pacifica che
desiderava
così tanto, quando all'improvviso si fermò,
poiché sentì delle voci calme
intorno alla curva del fiume.
Inclinò
la testa interrogativamente mentre
tentava di determinare l'identità degli interlocutori. Il
luogo non era vicino
ad alcuna fattoria e nemmeno all'accampamento Lenape. Avvicinandosi
cautamente,
Alice sbirciò intorno verso i cespugli e guardò
fissa, la curiosità che si
trasformò in shock totale.
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Tankawun
era seduta accanto a Stephen, mentre
lui metteva delicatamente piccole margherite nei suoi lunghi capelli
d'ebano,
ridacchiando per tutto il tempo.
Erano
seduti nel loro solito posto presso il
fiume a conversare per lungo tempo, e Stephen aveva regalato alla
ragazza le
margherite che aveva raccolto sulla strada per incontrarla.
Tankawun
arrossì graziosamente mentre Stephen
le sorrideva con adorazione, sfiorandole i capelli e la guancia con il
dorso
della mano. Lei era felice di queste lunghe giornate della calda
stagione,
felice di conoscere questo ragazzo Yengeese gentile, felice di essergli
seduta
accanto.
Tankawun
sapeva che Stephen le voleva bene
profondamente e che le era affezionato romanticamente... Era tutto
così
diverso, da qualsiasi cosa lei abbia mai conosciuto. La maggior parte
dei
ragazzi all'accampamento erano seri e imperturbabili. Aveva rifiutato
tutte le
proposte di matrimonio prima del suo interesse per Uncas,
perché non poteva
concepire l'idea di essere sposata con un uomo che non ridesse o almeno
sorridesse. Una vita senza risate, secondo lei, era una vita senza
sorprese. Il
figlio minore di Hopocan, Anicus, aveva espresso il suo interesse per
lei, ma
lui amava ascoltare se stesso parlare e la cosa era sconcertante.
Tankawun
pensò fugacemente a sua madre, che
ultimamente non faceva altro che tormentarla. Principalmente, sua madre
era
interessata alla relazione di Uncas con la ragazza dai capelli di Luna.
Che la
cosa le piacesse o no, alla fine loro avrebbero messo su casa. Sua
madre le
inculcava costantemente la necessità di cercare di prendere
Uncas da solo, per
convincerlo a riesaminare la sciocchezza che stava prendendo in
considerazione,
cioè sposare una donna bianca. Tankawun era onesta con se
stessa. Lei ancora
provava gli stessi sentimenti per Uncas e sapeva di poterlo rendere
felice. Non
seguì il consiglio di sua madre, per la sola ragione che lui
sembrava amare la
ragazza Yengeese. Se Uncas avesse deciso di non sposare l'altra
ragazza, beh,
sarebbe stato diverso.
Ma
lei era dilaniata... Per Stephen. Non aveva
mai incontrato un ragazzo come lui. Lui apparteneva al bosco tanto
quanto un'
aquila che vola in alto o un alce maestoso. Amava e apprezzava la loro
madre,
la terra. Mostrava compassione per tutti e credeva in un’
unica razza - la
razza umana. C'era un tale legame tra loro, anche se non parlavano la
stessa
lingua.
Stephen
fece cadere la mano dalla faccia di
lei rapidamente.
"Alice!"
disse lui incredulo,
balzando in piedi.
Tankawun
scattò in piedi e arrossì profondamente
quando l'amore di Uncas, la ragazza di Luna, avanzò
lentamente verso di loro
con un sorriso incerto.
"Stephen,
Tankawun..." mormorò Alice,
annuendo a loro, uno alla volta. Cominciò a parlare
tranquillamente con Stephen
nella lingua Yengeese, facendo dei rapidi sguardi furtivi a Tankawun.
Tankawun
non comprendeva la loro strana lingua, ma la stava imparando
velocemente ogni
giorno di più.
Stephen,
nel frattempo, guardò entrambe le
ragazze e cercò di non ridacchiare. Tankawun sembrava
mortificata e Alice sembrava
a disagio, ma divertita.
"Stephen,
ti ho visto metterle i fiori
tra i capelli. Sono margherite?" chiese Alice.
Stephen
annuì, sorridendo marcatamente. Poi
abbassò la voce, "Ti ricordi di Tankawun, Alice?"
Alice
annuì lentamente. "Certo. Mi piace
proprio, Stephen. Vedo che anche a te piace."
Si
erano seduti tutti presso la riva del fiume
e Stephen era sollevato per il fatto che Tankawun stava di nuovo
ridacchiando
marcatamente. Parecchie margheritine caddero dai suoi capelli scuri e
Stephen
le fece un sorriso, sentendo il suo cuore battere più veloce
dentro di lui, con
lei al suo fianco.
"Mi
piace molto."
Il
trio di ragazzi parlò per un altro po' e,
anche se non tutte le parti in causa si comprendevano tra loro, questo
non
impedì loro di comunicare.
Stephen
osservava allegramente mentre Alice
roteava una grande margherita tra il pollice e l'indice e la
infilò dietro
l'orecchio di Tankawun, scatenando la sciocca risatina delle ragazze.
"Alice,
vorrei tanto poterla sposare e
stare sempre con lei," disse Stephen con un sospiro. "Il mondo sembra
tanto più luminoso con lei al mio fianco." Lui si
voltò per guardare
Alice, che si rattristò per qualche ragione.
"E'
perfettamente vero. Tutto sembra più
bello quando si è innamorati. Ma... può essere
difficile, Stephen. Ci sono
altri fattori da considerare e non farai a te stesso nessun grande
favore,
ignorando questo fatto."
"Ma
tu e Uncas siete felici. L'ho
visto." Stephen guardò in basso, per terra, e in modo
irrequieto fece
scorrere una mano sull'argine del fiume, costellato di rocce.
Rimasero
tutti in silenzio per parecchi,
lunghi istanti e Tankawun si mise più vicina a lui, con la
faccia tesa per la
preoccupazione. Unì la sua mano con quella di lui e sorrise
malinconicamente.
Stephen prese le mani di lei e le baciò il dorso delle mani.
"Chi
è?" chiese Alice
improvvisamente con la voce spaventata. I tre balzarono in piedi e
Stephen si
mise davanti alle ragazze mentre fissava l'uomo indiano che
improvvisamente
sbarrò loro la strada. Il ragazzo sembrava furibondo.
"L'ho
incontrato
all'accampamento..." sussurrò Alice all'orecchio di Stephen.
Tankawun
guardò la spalla di Stephen e fece un
respiro affannoso.
"Anicus?
Che stai facendo qui?"
disse lei rapidamente nella sua lingua nativa, valutando il ragazzo
nervosamente. Non lo aveva mai visto apparire così
arrabbiato.
"Cercare
te!" quasi gridò, guardando
con aria feroce i Bianchi. "Adesso capisco che cosa stavi facendo tutto
questo tempo. Svignartela con uno di loro."
"Questi
sono i miei amici!" lei
rispose per le rime. "Non ho bisogno del tuo permesso per incontrarli.
Ora
vai a casa e lasciaci in pace."
"Tua
madre sa che sei diventata la squaw
di un uomo Yengeese?" Anicus strinse gli occhi e avanzò
altezzoso verso di
loro. "Tu e questa sciocca ragazza di Luna"?
"Non
è sciocca. E' la moglie di Uncas e
terrai a freno la lingua."
Anicus
alzò gli occhi al cielo con una
smorfia. "Allora questo ha perfettamente senso. Uncas ti rifiuta per
quella stupida ragazza bianca e tu ti butti su questa ridicola creatura
dai
capelli rossi."
Tankawun
tremava per la rabbia, "Sì, vai
pure, corri all'accampamento come un bambino piccolo e dillo a Hopocan
e a mia
madre. Sei geloso perché ho degli amici fuori
dall'accampamento-"
"Non
sono tuoi amici. Sono Bianchi -
hanno ucciso tuo padre!"
"Non
sono stati loro! Sei anche
risentito perché non ti sposerò. Ecco
perché mi
segui come un matto!"
Alice
cercò di tirare via Tankawun dalla
scenata, che si era trasformata in una gara di strilli. Non capiva
quello che
stavano dicendo, e non comprendeva l' impressionante perdita di
compostezza di
Anicus. Era stato abbastanza cortese con lei, quando si erano
incontrati l'anno
precedente. Deve essere la gelosia, dedusse Alice, a giudicare dallo
sguardo
fremente di rabbia che Anicus fece a Stephen.
Improvvisamente
Anicus avanzò in modo brusco e
afferrò Tankawun per il polso, tirandola verso di lui. La
ragazza emise un urlo
e Alice fu in preda al panico.
"Lasciala!
Non toccarla!" urlò Alice
mentre corse da Tankawun e spintonò con forza il giovane
Delaware con tutte e
due le mani.
Anicus
invece si voltò e diede un pugno in
faccia a Stephen, facendo cadere il ragazzo a terra.
Alice
affondò i piedi nella terra tra i due
Delaware che urlavano, e tentò di respingere il ragazzo, ma
lui era più forte e
più alto.
Stephen
balzò in piedi con in mano il suo
moschetto e colpì l'addome dell'altro ragazzo con il calcio
della sua arma,
facendo restare Anicus senza fiato e facendolo piegare in due. Dopo un
secondo,
il calcio del suo moschetto colpì forte la sua mandibola.
Anicus
gemette e cadde a terra, ma ancora non
allentava la presa su Tankawun. Entrambi i ragazzi cominciarono a
lottare sul
serio, presso l'ansa del fiume e Alice lottò per districare
se stessa e
Tankawun.
Alice
indietreggiò per il dolore, poiché il
gomito di Anicus la colpì direttamente in faccia, e Stephen
cominciò a
imprecare per la rabbia quando vide ciò. I pugni di Stephen
divennero più
forti, mentre Tankawun afferrò la mano di Alice e
cercò di districarli dal
mucchio, per terra. Alice vide Anicus sfilare l'accetta dal fianco e i
suoi
occhi si spalancarono, poi si attaccò al braccio destro di
lui nel tentativo di
fargli abbassare l'arma.
Uno
sparo di carabina improvvisamente fendette
l'aria con un rumore secco e tutti rimasero congelati. Alice si
voltò per
vedere la sagoma di un uomo alto, dai capelli scuri, spuntare fuori dal
bosco e
ricaricare frettolosamente la sua carabina. Alice sentì che
il suo cuore
cominciò a battere forte.
Era
un soldato britannico. Lei poteva dirlo in
base alla sua uniforme color rosso vivo.
Alice
si alzò in piedi frettolosamente.
"Qui, signore, non c'è bisogno di puntare la vostra arma sui
miei amici e
me. Ci sono delle donne. Non intendiamo farvi del male."
L'uomo
la guardò con sospetto, probabilmente
più che disorientato dal suo abito sciatto, ma dalle sue
maniere educate.
"Stavo
soltanto intercedendo poiché l'ho
ritenuto opportuno, signorina," l'uomo sottolineò con voce
profonda,
puntando la sua carabina. "Quel selvaggio ha attaccato due coloni."
"Ancora
con quella parola..." Alice
mormorò tra sé e sé, spolverandosi le
mani sulla gonna.
"Non
ci siamo presentati
appropriatamente, signore." Questo era tutto ciò che Alice
poté pensare di
dire per temporeggiare, mentre pensava mentalmente a quale sarebbe
stata la
prossima linea d'azione.
"Sono
Alice Munro. Questi sono i miei
amici, Stephen Mason e Tankawun. Il ragazzo si chiama Anicus."
"Isaac
Bauman..." replicò l'uomo
inglese mentre volse lo sguardo incredulo verso gli Indiani, sorpreso
che Alice
sembrava essere così in confidenza con loro.
"A
quale reggimento appartenete, signor
Bauman?" Alice gli domandò.
"42°
Reggimento fanteria dell'esercito di
Sua Maestà."
"Chiaro,
signore. Ma posso garantirvi che
non è stato fatto nessun danno. I miei amici e io stavamo
soltanto
giocando."
"Davvero?"
chiese lui in tono calmo,
ma c'era una diffidenza dipinta sulla sua faccia. "Gridando e
agitandosi
per terra? La vostra faccia è insanguinata-"
"Sono
caduta," esclamò Alice
rapidamente, poi si voltò e guardò Stephen in
modo implorante.
Il
ragazzo dai capelli rossi fece un respiro
profondo e allungò il braccio per prendere il suo cappello a
tricorno. Dopo
aver guardato velocemente i suoi compagni, replicò
affermativamente che non
c'era stata nessuna zuffa. Si trattava di un malinteso.
"Non
abbiamo nessuna divergenza l'uno con
l'altro, credo. Ce ne andremo per la nostra strada," Stephen
inclinò il
cappello e diede un colpetto ad Alice e Tankawun.
"Resta
dove sei, ragazzo!" disse la
giacca-rossa come avvertimento, gesticolando verso i Delaware.
"Dichiaro,
signore, che non credo affatto che tutto questo fosse per divertimento.
Quel
tuo amico rosso non si rende conto che
è
un reato punibile causare danni fisici a uno dei sudditi di Sua
Maestà?"
Proprio
allora, altri 4 ufficiali spuntarono
fuori dagli alberi di corsa, a ritmo sostenuto, accalcandosi vicino al
loro
compagno.
"Isaac,
abbiamo sentito uno sparo. Che è
successo?" chiese uno di loro insistentemente. Tutti loro avevano le
braccia con un' aria di tesa e pronta vigilanza.
"Niente!"
disse Alice ad alta voce
per l'esasperazione, perché Tankawun ora stava piagnucolando
per lo spavento.
"Per Dio, voi tutti vi siete avventati come un branco di bestie
selvagge
per mettere alle strette dei civili disarmati. Penso che il vostro
tempo e
fatica sarebbero impiegati meglio alla ricerca dei Francesi, che stanno
attaccando gli insediamenti e mettendo a repentaglio la milizia!"
"Non
è vostra prerogativa dilungarvi su
queste faccende, Signorina Alice," disse Isaac Bauman aggrottando le
ciglia. Si rivolse agli uomini del reggimento.
"Ho
visto chiaro come il giorno quando
quel selvaggio maltrattava il resto del gruppo. Non mi interessa sapere
perché
lei dovrebbe mentire a nome suo, ma la legge deve essere rispettata."
"Dove
siete dislocati?" chiese Alice
con timore crescente.
"Fort
Loudon," replicò un soldato a
cavallo con i capelli color sabbia, che aveva la sua baionetta puntata
su
Anicus. Il ragazzo Lenape sembrava terrorizzato. Alice si
guardò intorno
impotente, verso gli Indiani; non poteva nemmeno immaginare quanto
dovevano
essere spaventati alla vista degli implacabili Inglesi.
Alice,
da parte sua, tenne una ferma
compostezza; o cercò di farlo, ad ogni modo. Sapeva che il
suo unico vantaggio
erano gli agganci militari di suo padre e le cose che le aveva detto di
passaggio, prima della sua morte, aneddoti sulle leggi marziali nelle
colonie
come anche i vari forti che lui aveva menzionato nelle sue lettere.
"Fort
Loudon è parecchio a sud da
qui," disse lei freddamente. "Lo so bene. Il comandante del forte, il
Generale McCauley, era un amico stretto di mio padre, prima che
morisse."
Stephen
fece ad Alice uno sguardo acuto, ma
rimase saggiamente in silenzio. Sorrise cupamente a Tankawun e
ignorò Anicus in
modo zelante.
Alice
proseguì in tono di finta altezzosità.
"Mio padre era il Colonnello Edmund Munro. Era dislocato a Fort William
Henry, a nord da qui. Come voi tutti potete o non potete sapere, cadde
al
servizio di Sua Maestà. Adesso, ammetto di non essere
informata su tutti i
dettagli che riguardano la legge coloniale, ma so che ci sono alcuni
trattati
tra i Bianchi e gli Indiani in queste terre. Voi non potete attaccare
il mio
amico qui a causa di una faida immaginata che vi ostinate a credere
vera."
"Non
ho immaginato niente, signorina
Alice." Il signor Bauman era ancora austero, ma sembrava stesse
perdendo
la convinzione.
"C'è
un accordo di pace molto precario
tra gli Indiani Delaware e i coloni. Sarebbe sconveniente mettere a
repentaglio
questa certezza per un malinteso," perseverò Alice. Poteva
sentire una
gocciolina di sudore colare dall'attaccatura dei suoi capelli e
scivolare lungo
il lato del collo.
"Non
penso," disse improvvisamente
l'uomo dai capelli scuri. "Porteremo questo ragazzo a Fort Letort per
aver
attaccato dei coloni. Scostatevi - Thomas, prendilo."
Il
soldato a cavallo con i riccioli color
paglia, con cui Alice aveva brevemente parlato qualche minuto prima,
fece un
movimento verso Anicus, ma fu improvvisamente fermato dalla figura
allampanata
di Stephen.
"Scostati,
ragazzo. Non interferire,"
ordinò l'uomo con gli occhi socchiusi.
Stephen
incrociò il suo sguardo in modo
inflessibile. "Non ha fatto niente di male. Vogliamo solo andarcene a
casa
in pace. Lasciateci stare, signore."
"Procedete.
Portate a casa queste donne.
Noi ci occuperemo di gente come questa."
"Dov'è
Fort Letort?" chiese Alice
con un sussurro silenzioso, scandalizzata per il fatto che una semplice
passeggiata per il bosco aveva portato a questa débacle.
"Vicino
a Beaver Creek, a poche miglia
laggiù. E' in misura maggiore un forte di civili," rispose
Stephen.
Diresse la sua voce verso gli ufficiali –
"Credo
di non potervi permettere di
prendere uno del nostro gruppo. E' un gesto immotivato."
"Allora
ci accompagnerai, stupido
ragazzo!" ribatté irosamente Isaac Bauman ed entrambi i
ragazzi avevano le
mani prontamente legate dietro di loro.
Anicus
fece un lamento agonizzante, scuotendo
la testa. Tankawun pianse e si aggrappò a Stephen, parlando
freneticamente
nella sua lingua.
Alice
fu spostata bruscamente, ma rimase in
piedi ostinatamente. "Non avete vergogna? Né il senso
dell'onore o della
decenza?"
"Hanno
disturbato la quiete e fate
attenzione, Signorina Alice, a non rimproverarmi in quel modo." La
giacca-rossa Bauman aveva un rossore opaco sulla sua faccia per la
sferzata
ricevuta dalla lingua di Alice.
"Andatevene
via da qui. Non dovreste
passare il tempo ad accompagnarvi con questi Indiani."
"Non
me ne andrò, signore. Non posso
stare a guardare mentre prendete Stephen!" Alice sentiva una tale
rabbia e
frustrazione per questa svolta degli eventi, e non aveva mezzi per
placare
questi sentimenti. Poteva solo continuare ad assillare gli uomini
affinché
rilasciassero i suoi compagni per diversi minuti in più,
mentre loro tentavano
di arrestare i ragazzi, ostacolando completamente il loro progetto.
"Posso
vedere l'influenza che questi
selvaggi hanno esercitato su di voi, " disse l' Inglese in modo
arcigno,
roteando gli occhi.
"Questo
non è affare di nessuno, cafone
buono a nulla!"
Alice
sentì di aver oltrepassato il limite con
queste parole. Così pure il signor Bauman, evidentemente
–
"Bene.
Allora prendete anche lei."
Alice
ansimò quando forti dita si arricciarono
intorno al suo avambraccio. Lei scosse la testa, incredula.
"Tankawun,
vai a casa. Vai via da
qui," Stephen le disse delicatamente, poi incrociò i suoi
occhi.
"Fort Letort. Ricordati. Fort Letort."
Tankawun
rimase a guardare impotente mentre i
suoi amici venivano trascinati via, con le lacrime che le scorrevano
lungo la
faccia. Fort...Letort. Che significa?
Si
voltò per andare verso l'accampamento, poi
in una frazione di secondo cambiò idea. Invece, i suoi
mocassini scattarono
verso la casa degli Yengeese con cui la ragazza dai capelli di Luna
abitava,
sperando che qualcuno lì l'avrebbe aiutata e che Uncas
sarebbe stato presente. Fort Letort.
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Lei
aveva dimenticato la strada per andare al
casolare in tutti quei mesi, e non sapeva nulla di come interpretare le
tracce,
come sa fare un uomo. Così corse di qua e di là
senza concludere nulla, facendo
attenzione a stare lontana dall'accampamento.
I
suoi pensieri andarono a Stephen mentre
correva, un dolore bruciante nel suo petto per la folle corsa. Il
pensiero del
suo amico le strizzò il cuore per l'angoscia e lei
singhiozzò più intensamente.
Pensava che gli Yengeese non avrebbero fatto del male a lui o alla
ragazza di
Luna, ma i Bianchi erano così strani. Era tormentata dal
pensiero che era tutta
colpa sua.
Quando
riuscì ad arrivare alla fattoria, era quasi
sera, ma il cielo era ancora illuminato. Tankawun era bagnata di sudore
e le
sue mani tremavano mentre si tolse frettolosamente diverse foglie dai
capelli
umidi. Lei vide due donne dai capelli scuri fuori dal casolare. Fort Letort.
Cora
e Annabel stavano in piedi fuori,
scrutando con aria preoccupata i profili degli alberi. James era uscito
per
controllare le sue trappole e i fratelli al momento erano
all'accampamento.
Alice doveva ancora tornare dalla sua passeggiata e Cora era quasi
fuori di sé
per la preoccupazione. Al momento lei e Annabel stavano discutendo se
aspettare
uno degli uomini oppure andare loro stesse a perlustrare la foresta
alla
ricerca della ragazza smarrita.
Annabel
riconobbe per prima la giovane ragazza
indiana, ed era allarmata per la sua espressione frenetica. Il suo nome
era
Tankawun, si ricordò Annabel. La ragazza parlò a
raffica nella sua lingua,
indicando dietro di lei.
Cora
scosse la testa per lo smarrimento; lei e
Annabel potevano solo guardare la ragazza indiana, meravigliate.