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Autore: PrincessintheNorth    25/12/2016    2 recensioni
Sono passati tre anni dalla caduta di Galbatorix.
Murtagh é andato via, a Nord, dove ha messo su famiglia.
Ma una chiamata da Eragon, suo fratello, lo farà tornare indietro ...
"Eragon?" fissai il volto di mio fratello nello specchio incantato. Era contratto dall'ansia e dal dubbio.
"Ciao" mormoro'.
"Che succede?" chiesi insospettito. Sentii Belle piangere, ma ci stava già pensando Katie.
"é ... ti riguarda molto. Molto. Devi tornare immediatamente."
Se vi ho incuriositi, passate a leggere!
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Morzan, Murtagh, Nuovo Personaggio, Selena, Un po' tutti | Coppie: Selena/Morzan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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KATHERINE
 
 
Lasciai Belle e Killian ad Alec, poi corsi fuori dal castello, con solo l’arco dietro.
Si gelava, ma non me ne importò piu di tanto.
Appena fui nel bosco, lasciai che le lacrime uscissero, ma forse fu un’idea sbagliata, perché erano talmente tante che mi offuscavano la vista.
Incinta.
Non era possibile.
Lei e Murtagh aspettavano un figlio, e non potevo incolpare nessuno se non me stessa. Se mi fossi sbrigata a raggiungere Ilirea …
Era incinta, ed era colpa mia.
E la verità che piu mi feriva era che lei era, nonostante tutto, sua moglie.
Dopo che l’avevamo salvato, ci eravamo completamente dimenticati di non essere piu sposati.
Che lui era ancora l’Imperatore di Broddring.
Il bambino era legittimo, piu legittimo di Belle e Killian.
Mi arrampicai su un albero, cercando di calmarmi e ragionare.
Ma mi resi presto conto che era impossibile.
Perciò seppellii il viso nelle ginocchia e continuai a piangere.
 - 
Cosa succede qui?
Una voce mi sorprese, facendomi alzare lo sguardo.
Un uomo di circa quarantacinque anni era ai piedi del mio albero, e mi guardava incuriosito.
Era magrissimo e vestiva di nero, e risaltava tantissimo sulla neve tanto bianca da essere accecante.
Ma a sorprendermi fu la sua voce. Melodiosa e carismatica.

- Se ne vada. – mormorai. – Non sono in vena.
- Questo è palese. – fece un sorriso. – Ti va di parlarne?
Scossi la testa, ma all’improvviso era di fronte a me, seduto sul mio ramo.
- Come vi chiamate? – chiese incuriosito.
- Ma chi è lei? Se ne vuole andare?!
- Sono solo un semplice mercante, sto andando alla città di Winterhaal per commerciare.
- E cosa vendete?
- Manufatti d’argento di Belatona. Vedete … - armeggiò nella giacca ed estrasse una bellissima rosa d’argento, finemente lavorata. – Ve la donerei, ma non conosco nemmeno il vostro nome.
In fin dei conti, non sembrava un malintenzionato. – Sono Katherine di Winterhaal.
Un luccichio si accese nei suoi occhi. – Oh, comprendo. La sposa rifiutata del nuovo Imperatore.

- Mi scusi?! – ringhiai infastidita.
- Tutto l’Impero dice cosi nel sentire il vostro nome. Non è forse vero?
Sospirai. – No, è … è vero. Ma … lui non voleva. È stato costretto dall’Imperatrice, che a sua volta era controllata dal Re Nero, che non è morto come tutti pensavamo.
- Questo è un problema. – fece il mercante. – Come fate a sapere che lui e l’Imperatrice non vi hanno mentito?
- Ho guardato nelle loro menti! Erano sinceri!
- Come puoi esserne sicura?
- Dissimulare il proprio io è difficilissimo, e …
- Ma qui non si tratta di dissimulare la propria identità. – osservò, con un’arguzia sorprendente. – Con la mente si può mentire con una facilità disarmante.
- Ma chi siete? Dite di essere un mercante, eppure sapete cose sulla magia e sulla mente che …
- I miei genitori erano maghi. Ma tornando a noi … state piangendo da piu di mezz’ora. Cosa può aver scatenato una simile reazione? Certo, oltre al fatto che la moglie dell’uomo che si ama vive nel proprio palazzo.
- Non sono affari vostri. E non mi dispiace piu di tanto la sua presenza, é una persona gentile. – mormorai.
L’attimo dopo, sentii in lontananza la voce di Murtagh chiamarmi. Sembrava disperato …
Ma rimasi zitta.
L’ultima cosa di cui avevo bisogno era tornare a palazzo.

- È senza dubbio la voce di Murtagh. – disse furbo il mercante. – Dovreste andargli incontro.
- No … non ora.
Poi uno strano sospetto iniziò a farsi strada dentro di me.
Quello strano uomo compariva proprio al momento giusto, nel posto giusto. Sembrava sapere tutto della mia situazione.
Vestiva di nero, e aveva una voce melodiosa che ti spingeva a fare tutto ciò che voleva …
Era cosi che Murtagh l’aveva sempre descritto.

- Non mi avete detto il vostro nome. – mormorai.
Un sorriso malvagio gli increspò le labbra.
- I nomi sono preziosi, Principessa. Tuttavia, per una bella donna come voi farò un’eccezione: Doran, per servirvi.
Annuii, anche se non gli credevo molto.
Con un sorriso galante mi porse la rosa d’argento.

- Non sofferenze e dolori andrebbero donati ad una donna, ma rose e fiori. – disse, e saltò giu dall’albero, allontanandosi rapidamente.
Ancora confusa e stranita da quel curioso incontro, feci per scendere dal mio albero, quando mi resi conto di non esserne in grado.
Sospirai, infastidita.
Riuscivo sempre a salire sugli alberi, e mai a scendere.

- Okay. – mi dissi, per darmi forza. – è solo un saltino. Ce la puoi fare, Katherine.
Poi guardai giu, e realizzai che erano almeno tre, quattro metri di salto.
Mi sarei ammazzata.

- KATHERINE!
La voce di Murtagh si fece piu vicina, e a quel punto decisi di aspettare che mi desse una mano a scendere. Odiavo dover dipendere da qualcuno, ma d’altra parte, dovevo pur scendere.
Qualche minuto e svariate urla dopo, la sua figura comparve.

- Eccoti. – sospirò raggiungendo l’albero.
Sembrava avesse pianto e aveva il fiato corto, doveva avere corso.
- Scendi. – mormorò.
Tuttavia, non riuscii ad ammettere di non esserne in grado.
Era semplicemente troppo umiliante.
Cosi mi limitai a starmene appollaiata li.

- Katherine, vieni giu. – ripeté, e a quel punto arrossii.
Un leggero sorriso gli increspò le labbra, mentre cercava di non ridermi in faccia.
Anche io mi sarei risa in faccia.
Non ce la fece, e l’attimo dopo scoppiò a ridere, e segretamente ne fui felice.
Non rideva davvero da troppo tempo.
Riuscì a calmarsi solo cinque minuti piu tardi, quando mi disse. – Salta. Ti prendo.

- No. – mi rifiutai.
- Katie, salta.
- E se cado?
- Non cadi. Ti prendo io.
- E se cadiamo entrambi?
- Non cadremo. – sorrise.
- Non ti credo.
Sollevò un sopracciglio, divertito. – Allora vieni giu da sola. Sei un Cavaliere dei Draghi, dovresti essere in grado.
Fece per allontanarsi, ma a quel punto decisi di accettare la sua idea.

- E va bene! – protestai e venne sotto l’albero.
Tese le braccia, poi annuì.
Chiusi gli occhi e mi lasciai cadere …
Per ritrovarmi l’attimo dopo tra le sue braccia.

- Visto? – sorrise e mi mise a terra.Il suo sguardo poi si incupì, fissando la rosa che tenevo stretta tra le mani.
- Chi te l’ha data? – chiese insospettito.
- Un … un mercante, poco fa. – risposi. – Me l’ha regalata.
- Questo genere di cose non le vendono, i mercanti. Non è argento, è platino. – disse agitato. – Si può comprare solo nelle botteghe dove viene lavorato … andiamo a casa. – mormorò appoggiandomi una mano alla schiena. – Li potremo parlare di tutto.
Decisi di accettare, e tornammo a casa.
 
 
Nessuno di noi parlò finché non fummo in camera, dove il fuoco del camino rendeva piu caldo l’ambiente.

- Dove sono i bambini?
- Ancora con Alec. – mi rispose.
Mi strinse con dolcezza, appoggiando la testa sopra la mia.
Forse aveva piu bisogno lui di conforto.
Erano lui e Nasuada a dover gestire una gravidanza che nessuno dei due voleva.

- Ti amo. – sussurrò, sfiorandomi i capelli. – Non hai idea di quanto abbia bisogno di te in questo momento … non so cosa fare.
Sospirai e lo strinsi forte. – Una nuova vita è sempre motivo di felicità. Non rifiutarla a priori.
- Non intendo farlo … - mormorò. – è una mia responsabilità. Ma …
- Dovrai decidere. – capii, mentre la paura scavava nel mio cuore un sentiero sempre piu grande.
- Non posso. Ti amo e voglio stare con te e i bambini. Ma non posso né togliere il bambino a sua madre, né non occuparmene.
- Non dovremmo parlarne da soli. – gli ricordai. – Anche Nasuada ha voce in capitolo.
Annuì e sfiorò le mie labbra con un bacio.
- Tu sei mia moglie. – sussurrò. – Non importa quel che dicono i documenti, e presto, prestissimo, metteremo a posto anche quelli. Adesso ho bisogno che tu mi descriva questo mercante. – il tono della sua voce cambiò repentinamente. – Devi dirmi esattamente tutto quello che ti ha detto e ha fatto. È importante, amore.
- Ero … ero su quell’albero. È comparso all’improvviso e mi ha chiesto perché stessi piangendo … mi ha offerto quella rosa, dicendo che fosse d’argento. Poi … mi ha chiesto come mi chiamassi, e dato che sembrava simpatico gliel’ho detto … ha detto che tutti sapevano del … del ripudio. Poi ha detto che forse tu e Nasuada mentivate …
- Gli hai creduto? – mi interruppe, preoccupato.
- No! No, certo che no … poi ti abbiamo sentito, ha detto di aver riconosciuto la tua voce, e a quel punto gli ho chiesto come si chiamasse. Ha detto di essere un certo Doran. E poi se n’è andato.
- E com’era fatto?
- Era vestito tutto di nero, era magrissimo e alto. Aveva un po’ di barba e i capelli e gli occhi neri … e una voce molto … particolare. Era … molto … musicale, avrebbe potuto convincere chiunque con quella voce.
- Merda. – sussurrò, e vidi che gli tremavano le mani. – Stai bene?
- Si!
- Sicura? Niente di … non ti senti strana?
- No, perché?
Imprecò e si passò una mano tra i capelli, scioccato e terrorizzato.
- Non era un mercante. – disse, la voce rotta dalla paura. – Hai incontrato Galbatorix.




 


 
   
 
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