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Autore: Piuma_di_cigno    25/12/2016    2 recensioni
Se potessimo sapere l'esatta data in cui un evento sconvolgerà la nostra vita per sempre, cosa faremmo nell'attesa? Quando Tessa si ritrova in questa situazione, risponde alla domanda in modo molto semplice: lei se ne starebbe a letto per giorni e giorni e sbatterebbe il mondo fuori dalla porta. Questo finché la sua amica Lia non piomba nella sua stanza la mattina presto e la trascina su un treno per una vacanza di una settimana che le cambierà la vita.
Una sola settimana e Tessa si ritrova a provare tutte le follie dell'universo: da tuffi notturni, a scorpacciate di marshmallow fino all'amore ...
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 14 - Finalmente

POV Tessa

 

Ero tornata a casa alle due di mattina ma non mi sentivo affatto stanca, tanto che anche dopo essermi messa i pantaloncini e una canottiera e aver tentato di dormire continuavo a fissare il soffitto a occhi aperti, cercando di ricordare se avessi già conosciuto Daniel e spremendomi le meningi per capire.

L'ospedale era l'unica. Dovevamo esserci incontrati là per forza. Dove altrimenti?

Mi imposi di dormire. Lia lo stava facendo già da un pezzo, non si era svegliata nemmeno quando ero rientrata. Che frustrazione! Me la presi con Iris, incavolata nera: non poteva parlare chiaro, per una volta in vita sua? Non tutti trovavano ogni cosa divertente e avevano sempre voglia di stare a ragionare per ore su tranelli assurdi!

Mi girai su un fianco, ma dopo un attimo mi rimisi a fissare il soffitto. Questa cosa di averlo già conosciuto mi tormentava perché quella strana sensazione di averlo già visto ora non me la toglieva più nessuno. Aggrottai le sopracciglia e mi sforzai con tutta me stessa, ovviamente senza risultato. Bene o male però i giorni precedenti erano stati stancanti per me e ora cominciavo a risentirne, come testimoniavano i miei numerosi sbadigli, perciò non riuscivo proprio a stare sveglia nonostante il mio tormento interiore. Mi si chiusero gli occhi. Iniziai a rilassarmi, finché i miei pensieri non divennero così confusi da non poterli distinguere tra loro; proprio un istante prima di addormentarmi ebbi la fugace visione di Daniel con un maglione blu. Aveva l'aria strana, diversa da quella di adesso: aveva le occhiaie, la sua pelle era più pallida e i capelli neri, ma non riuscii a chiedermi da dove venisse quell'idea perché caddi in un sonno profondo qualche istante dopo.

 

La mattina mi svegliai alle sette e Lia, ovviamente, dormiva ancora. Per un attimo pensai di svegliarla, però quando notai che aveva le occhiaie decisi di lasciarla dormire: se le avessi parlato avrebbe capito che qualcosa non andava e io ero ancora troppo confusa per spiegarle il problema, avevo bisogno di riflettere. Mi misi seduta e guardai i raggi del sole filtrare dalle persiane con aria piuttosto assente, ripensando a tutto quello che era successo la notte precedente e chiedendomi se l'immagine di Daniel col maglione blu fosse per caso stata un sogno. Non l'avevo mai visto vestito così, né pallido e con le occhiaie, in fondo era estate e lui era abbronzato, non aveva l'aria stanca e nessun motivo per indossare un maglione. Aggrottai le sopracciglia, confusa e frustrata. Non era accettabile che chiamassi la zia di Lia alle sette del mattino ma dovevo ammettere che ero sinceramente tentata. Che esasperazione!

Mi alzai in silenzio, presi un costume e i vestiti e mi infilai sotto l'acqua calda della doccia. Con calma, a occhi chiusi, ripercorsi mentalmente tutto e mi ritrovai a pensare ancora una volta a lui col maglione. Non era un sogno, era un... Ricordo? Possibile? Cercai di concentrarmi per ricordare dove l'avessi visto così e mi parve di ricordare una sala d'aspetto con le sedie rosse, dove ero stata mesi e mesi prima... Eppure continuava a sfuggirmi. Accidenti! Al diavolo, non avrei aspettato un minuto di più!

Uscii dalla doccia, mi asciugai in fretta e furia, mi vestii e senza neanche pettinarmi afferrai il telefono e mi precipitai verso la spiaggia. Avevo bisogno di calma e solitudine per telefonare a Iris e capire cos'era questa storia. Composi il numero mentre stavo ancora correndo e lo ascoltai squillare, sperando e pregando disperatamente che rispondesse; mi rendevo conto che era da pazzi chiamare a quell'ora, ma... era una questione di vitale importanza! Oddio, Lia aveva una pessima influenza su di me, stavo saltando a conclusioni assurde. In fondo non era così importante sapere questa cosa. Magari ero proprio matta...

“Pronto!” rispose una voce un po' troppo squillante per appartenere a una persona che era appena stata svegliata.

“Ciao Iris, sono Tessa! Mi spiace averti svegliata così, ma...”

“No no, tranquilla! Ero già in piedi. Stavo cucinando i biscotti!”

“Oh, fantastico.” Iris rise. “Ascolta ti chiamavo per chiederti cosa intendevi dire col messaggio di ieri sera. Io non ricordo di aver già conosciuto Daniel e non capisco come potrei avergli parlato e non averlo mai incontrato... E non ricorda niente nemmeno lui!”

“Ma dai! Smemorati che non siete altro!”

Sospirai afflitta.

“Davvero non mi ricordo niente del genere.”

“Ma sei sicura? Sicura sicura?”

“Direi di sì.”

“Teresa ricordi il diario in comune che tenevate tu e Lia quando lei era partita per due settimane? Ricordi che era andata a Londra per quello scambio e avevate deciso che ognuna di voi avrebbe scritto un diario e poi l'avrebbe scambiato con l'altra?”

Esterrefatta da quel cambio di conversazione tanto assurdo, lanciai un'occhiata stralunata al telefono, come se Iris potesse vedere quanto ero stupita. Forse aveva usato il rum per fare i biscotti e ne aveva assaggiato un po' troppo?
“Sì, me lo ricordo” risposi infine.

“Bene. Sai dirmi dov'è finito?”

“Uhm, no. L'ho perso il giorno prima di darlo a Lia.”

“E hai idea di dove potresti averlo perso?” il tono di Iris era palesemente divertito, come a dire com'è possibile che tu non lo sappia? Ma io non capivo. Che c'entrava il quaderno ora?

“Sì... Ero andata ad accompagnare la mamma a una delle sue visite in ospedale, credo di averlo dimenticato lì. Quando siamo tornati papà ha provato a chiedere se qualcuno l'aveva trovato, ma tra gli oggetti smarriti non c'era perciò deve averlo raccolto qualcuno.”

“Sì!!!” esultò Iris facendomi sobbalzare “Assolutamente sì!! Dai Tessa, ce la puoi fare. Chi è questo qualcuno???”

Lei si aspettava chissà quale risposta evidentemente, ma io mi limitavo a corrugare la fronte, disperata.

“Che ne so io, un vecchietto?”

“MA NO!! Tessa, avanti! Chi è questo qualcuno??”

“Ehm... Babbo Natale?”

Iris si esibì in un ruggito. Un vero e proprio ruggito esasperato. E io, cos'avrei dovuto dire?

“Ora basta. Ti ho dato un indizio adesso ci devi arrivare per forza. È troppo ovvio.” e con una risatina divertita chiuse la chiamata prima che potessi dire anche solo ba, lasciandomi a fissare inebetita lo schermo del cellulare. Lei e Lia erano proprio imparentate per quanto riguardava la pazzia assoluta.

 

Camminai furiosamente su e giù per la passerella del pontile per diciassette volte di fila prima di riuscire a darmi una calmata e ad accettare la conclusione più ovvia che, per la cronaca, era anche la più assurda: Daniel aveva raccolto il quaderno. Altrimenti, quale avrebbe dovuto essere il collegamento tra lui e il bizzarro discorso di Iris? Ma ancora non capivo: com'era successo? E perché avrebbe dovuto chiamare la zia di Lia? Più ci pensavo, meno ci arrivavo e di certo non aiutava sapere che era trascorso così tanto tempo da allora; erano passati quasi sei mesi da quel giorno. Se davvero fosse successo avrebbe dovuto essere stato ai primi di ottobre dell'anno precedente, quando avevo accompagnato la mamma a una visita e Lia era partita per lo stage a Londra. Indistintamente ricordavo il quaderno azzurro su cui avevo scritto per giorni... come ricordavo la delusione quando mi ero accorta che in macchina non c'era. Ero stata furibonda con me stessa e la mia distrazione per settimane: avevo raccontato tutto in pagine e pagine di diario a Lia e ora erano andate perse! Mi era dispiaciuto tantissimo e avevo mandato qualcosa come milleduecento maledizioni all'ignoto soggetto che si era portato via il mio diario.

Se questo soggetto era Daniel... be', intanto l'avevo mandato all'inferno, poi conosceva gran parte dei miei segreti e della mia vita da secoli. Ma non era possibile che fosse lui, vero? Insomma, quante probabilità c'erano che proprio lui...

“Tessa!” mi voltai verso la strada. Parlando del diavolo... ecco Daniel, che mi raggiungeva con un sorriso stampato in faccia e... O mio Dio. Aveva in mano il quaderno! Il mio quaderno! Lui! Lo sventolava per aria come un trofeo mentre mi raggiungeva, gli occhi brillanti di soddisfazione. “Ho capito tutto!”

“Daniel! Ma... Quello è il mio diario! O meglio, il diario mio e di Lia.”

“Lo so!” esclamò lui consegnandomelo “E io cerco di restituirtelo da sei mesi a questa parte!”

“Cosa?? Com'è possibile?”

“Il numero sbagliato, ecco come...” fissavo Daniel e il suo sorriso senza capire, più confusa e frustrata che mai. Allora era tutto vero? Ci eravamo già incontrati? “Sì” rispose lui alla mia domanda muta, “e avevamo ragione, ci siamo incontrati in ospedale, ma nessuno dei due se lo ricordava perché è stata una cosa velocissima... Me lo sono ricordato solo quando ho pensato a questo quaderno!”

“Dall'inizio, per favore!” lo implorai nel disperato tentativo di capirci qualcosa.

“Lo so lo so.” si appoggiò al parapetto del ponte e prese un bel respiro, così lo imitai anch'io e guardai lo splendido paesaggio che ci circondava, pensando tra me e me che era il posto perfetto per una rivelazione riguardante il destino. “Sei mesi fa ero, e forse eri anche tu, seduto in una sala d'aspetto d'ospedale con mia sorella e seduta di fronte a me c'era una ragazza con i capelli rossi che scriveva su un diario...” mi porse il quaderno ridendo e improvvisamente la nebbia nella mia mente si schiarì: ecco! Ecco dove l'avevo visto! I capelli neri, il maglione blu... Tutto combaciava!!! Era lui!! Era lui, era sempre stato lui!! Dalla mia faccia dovevano trasparire la sorpresa, la confusione e l'incredulità perché Daniel rise ancora più forte.

“Mi dispiace non avertelo detto... Mi è venuto in mente solo quando ho riflettuto sull'ospedale.”

“Anche a me!!” strillai io “Oddio oddio, eri seduto davanti a me! È vero! Avevi un maglione blu e... Perché avevi i capelli neri?”

“Mia cugina si era divertita a farmi la tinta” rise lui e questa volta io risi con lui. Ma allora il destino esisteva davvero! “Eri seduta davanti a me e scrivevi su quel quaderno, così quando l'hai appoggiato sul tavolino e ho visto che non tornavi a prenderlo... non ho resistito e l'ho preso. Ho pensato che avrei potuto restituirtelo se avessi trovato un recapito telefonico o qualcosa del genere, e in effetti un numero c'era...” aprì il quaderno alla prima pagina e scoppiai in una risata incredula.

“O mio Dio!” esclamai ridendo. C'era, c'era un numero... Il numero della zia di Lia, che io e lei avevamo inserito in prima pagina tra i recapiti, scherzando e immaginando la scena se l'avessimo perso e qualcuno avesse telefonato a Iris... “E' stato per puro caso...” mi giustificai.

“Lo immagino. Comunque, tornato a casa ho chiamato a questo numero e ho cercato di spiegare chi aveva perso questo quaderno, descrivendo te ma usando il nome sul frontespizio...” che era Amelia, ovviamente. In origine il quaderno era suo e io non avevo pensato a scrivere anche il mio, di nome. “Così ho parlato con una signora che ha voluto venire qui di persona a recuperare il tuo diario. Io le ho dato l'indirizzo dell'appartamento, solo che quando è arrivata e ha scoperto che io e mia madre eravamo i proprietari è scoppiata a ridere, ha detto che dovevo tenermi il quaderno e che prenotava le ultime due settimane di giugno.” mi porse il quaderno “Appartamento sette.”

“Non ci posso credere... In effetti è tipico della zia di Lia architettare strani piani, ma questo... Questa è proprio assurda. Come sapeva che ci saremmo incontrati?”

“Ah, questo proprio non lo so. Comunque abbia fatto, però, ha funzionato.”

“Ha decisamente funzionato.”
Ci fissammo per un istante, in un silenzio sorpreso e piacevolmente incredulo, registrando l'uno nell'altra le cose che erano cambiate da allora e cercando di ricordare qualcos'altro riguardo quel giorno. L'avevo visto: era seduto davanti a me, bastava alzare lo sguardo, era impossibile non vederlo. Mi ero chiesta se fosse lì anche lui per la terapia, ma poi l'avevo visto parlare con una ragazza vicino a lui, che stava chiaramente male, e la ragazza era sua sorella. Avevo anche incrociato il suo sguardo per un istante, però un attimo dopo avevano chiamato mia mamma per la visita e così io mi ero dimenticata dello sconosciuto in sala d'aspetto, così come avevo dimenticato il quaderno. Eppure, nonostante avessi sprecato una possibilità che poteva essere più unica che rara di conoscere una persona meravigliosa, il destino me ne aveva data un'altra. E non era giusto sprecare i doni del destino.

“In definitiva, allora, credo di non poterti proprio dimenticare Daniel.”

“Suppongo di sì.” mi guardò “Suppongo anche che avessi pensato di farlo.”

“Sì” risposi con un sospiro esasperato. Ne sapeva una più del diavolo. Capiva tutto quello che pensavo e a volte lo sapeva persino in anticipo, e per quanto avesse letto il mio diario questa non era una cosa che si poteva imparare. “Credevo che ti avrei dimenticato una volta tornata a casa, ma ora...” ammutolii, persa nei miei pensieri e in quel frammento di idea che mi era venuta la sera precedente quando, prima della chiamata di Iris, la conversazione mia e di Daniel era finita su un tasto dolente: il mio ritorno. Non potevo negare di averci pensato, di aver pensato che non ero necessaria là. Erano giorni che non sentivo mamma e papà e forse tutto sommato era meglio così, ma non ce la facevo... Come potevo immaginare di stare via ancora? Era così grave? Non ci avevo pensato molto a fondo, però...

“Tess?”

“Dimmi.”

“Se non vuoi più dimenticarmi, allora potresti considerare... Tess, perché non rimani? Rimani qui e... non lo so, vieni a un altro falò con me, questa volta da sobria” mi sorrise, mentre i suoi occhi illuminavano per l'ennesima volta il mondo intorno a me e dimostravano la dolcezza nel suo sguardo, la tristezza per la mia partenza e la speranza che la mia risposta fosse un sì. Lui sapeva leggere le mie emozioni, ma io sapevo fare altrettanto. “Vieni a un altro ballo. Andiamo a fare un giro in moto. Quello che vuoi, Tess.” la sua voce era morbida come velluto e io avrei voluto di tutto cuore dirgli di sì, di sì, assolutamente, e abbandonarmi a quello che sembrava un sogno; per un attimo immaginai di accettare e immaginai cosa sarebbe successo se l'avessi fatto, immaginai tutte le esperienze che avremmo vissuto insieme, quelle che aveva descritto e molte di più, ma poi mi resi anche conto che prima o poi sarei dovuta tornare a casa e che non potevo lasciare i miei genitori da soli. O potevo? Non avevano bisogno di me. Qui di fronte, invece, c'era qualcuno che me lo chiedeva, che mi chiedeva di rimanere con lui, che affermava di volermi, che desiderava la mia presenza tanto quanto io desideravo la sua.

Mi sentii come se due corde d'acciaio mi tirassero, allacciate alle mie braccia, contendendosi la mia vita e rischiando di strapparla.

“No.” sussurrai infine “Non posso. Non ce la faccio.”

Daniel esitò prima di rispondere.

“Sì invece. Tess, non serve a niente tornare in una situazione che ti fa soffrire. Non ti serve.”

“Ma serve a loro!”

“Ne sei sicura?”

La mia risposta aleggiò nell'aria nonostante nessuno di noi avesse la voglia o il coraggio di dirla ad alta voce. Per la prima volta dopo anni sentii, da sobria, le lacrime pungermi gli occhi e minacciare seriamente di uscire; cosa, cosa dovevo fare?

“No, non ne sono sicura, ma non posso.”

“Tessa dimmi solo una cosa: quello di domani sera sarà un addio?”

Rimasi sconvolta dal limite temporale tanto definito e vicino e ancora di più mi sconvolse quella domanda, perché nonostante avessi detto che ci tenevo a lui e che non volevo dimenticarlo una parte della mia mente tentava ancora di ricordarmi quanto sarebbe stato facile: cancellare tutto questo, tornare a casa e non complicare ulteriormente le cose per i miei genitori e, forse, anche per me stessa. Non sarebbe stato privo di dolore, ma potevo farlo. L'avevo fatto tante volte, cosa sarebbe cambiato aggiungendone un'altra ancora? Se fossi tornata a casa sapevo che l'avrei fatto. Il dolore stesso mi avrebbe imposto di cancellare tutto questo. L'avrei fatto, lo sapevo.

La mia esitazione e forse la mia espressione costituirono una risposta più che soddisfacente per lui: sorrise senza allegria.

“Stasera vado ad una festa e come regalo d'addio vorrei che tu venissi con me, questa volta come mia accompagnatrice.”

Annuii.

“Passo a prenderti alle otto allora.”

Spazio autrice: e così pubblico il giorno di Natale! Mi sembra giusto, a modo mio faccio un regalo a tutti voi. :) Nell'ultima parte, quando Daniel chiede a Tessa di restare, ho immaginato una colonna sonora: Hurts-Stay. Deciderete voi se è la più adatta. Nel frattempo in questo capitolo finalmente le cose tra i due si fanno più chiare, ma proprio ora la nostra protagonista se ne deve andare e per non complicare le cose vuole dimenticare di nuovo. Sceglierà di cambiare le cose? Lo scoprirete nel prossimo capitolo, insieme all'ultima mirabolante festa di queste due impossibili ragazze! :) A parte questo sono felice di dirvi che medito di scrivere una nuova storia a tema fantasy, naturalmente alla conclusione di questa; fatemi sapere cosa ne pensate!
Buone feste a tutti,
Baci,
Piuma_di_cigno.

   
 
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