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Autore: Hao49    26/12/2016    0 recensioni
Ezio Auditore torna a Firenze dopo tre anni in giro per l'Italia. E' la Vigilia di Natale, ma lui di certo non ha nessuna intenzione di passarla dentro una chiesa, ma nella bottega di un certo artista.
Leonardo Da Vinci ha una commissione seccante da portare a termine e da ore osserva la stessa tela vuota, ma qualcuno riuscirà a fargli tornare l'ispirazione.
Ps. Per motivi legati ad ispirazione dell'ultimo momento ho cancellato e pubblicato nuovamente questa one-shot sul pairing Ezio/Leo
Genere: Fluff, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Ezio Auditore, Leonardo da Vinci
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Firenze, Vigilia di Natale.

 

Respirò l'aria della sua patria a pieni polmoni, come non faceva da molto tempo.

Quasi tre anni, oramai, erano passati da quando per l'ultima volta aveva visto quelle torri e quei ponti. Tre anni durante i quali non aveva fatto altro che cercare nuovi adepti per la causa degli Assassini e girovagare per l'Italia centro-settentrionale sulle tracce di cospirazioni templari che avessero potuto mettere in pericolo tutto ciò in cui aveva sempre creduto e sostenuto anche con le armi. Il familiare peso delle lame celate gli appesantirono per un attimo i polsi, tanto che dovette scuotere le mani con vigore per far andare via quella sensazione di intorpidimento; sospirò quando si fu dissolta, in certi momenti di pausa come quello, il peso delle vite che aveva tolto - giustamente direbbero i suoi Confratelli e, davvero, alcuni non meritavano altro che la morte - si faceva sentire. Ma non quel giorno, quella Vigilia di Natale non voleva passarla a rimuginare su ciò che aveva fatto, sul sangue di cui si era macchiato e che indelebile aveva lasciato una traccia nel suo animo.

Una campana suonò in lontananza, era quella del Duomo. L'avrebbe riconosciuta ovunque, aveva sempre una nota più cupa delle altre, che la seguirono a ruota come brave sorelle minori; i rintocchi segnarono la metà nottata e, mentre considerava che nonostante tutta l'accuratezza era riuscito comunque a fare tardi rispetto alle sue intenzioni, qualcuno lo urtò di lato durante la sua corsa. Sospirò. Se pensava davvero che non si sarebbe accorto del furto era proprio inesperto quel giovane ladro.

Ed avrebbe anche lasciato correre - da parecchio aveva imparato a tenere la sua maggiore scorta di monete in una tasca segreta dell'armatura - se non si fosse accorto che la borsa rubata conteneva qualcosa di molto più prezioso di qualche fiorino.

Di malavoglia si mise al suo inseguimento, riuscendo a non perderlo di vista nei vicoli, ove egli sperava di seminarlo, solo grazie al suo sesto senso. Lo inseguì per i tetti del quartiere con una velocità non comune per un uomo oramai andante verso la quarantina d'anni ed un'agilità data dall'esperienza e dalla conoscenza intrinseca di quelle tegole, che erano sempre uguali; sembrava quasi che Firenze non cambiasse mai, nonostante gli anni di lontananza era sempre la stessa: identici banditori, identici mercanti, identiche botteghe, identiche vie di fuga...

E lui, queste ultime, le conosceva molto bene.

Scese dal tetto sul quale perimetro stava correndo, atterrando senza problemi alcuni metri più sotto in posizione accovacciata per attutire l'impatto, quindi, ignorando beatamente le esclamazioni di sorpresa dei pochi passanti che andavano alla messa di Natale, tagliò per alcuni vicoli, fino a ritrovarsi all'interno di un piccolo cortile murato che occupava lo spazio tra tre palazzi: una sola via d'accesso, una sola d'uscita. Si appostò accanto all'imboccatura dell'altro hambitus, in un punto ove non poteva essere scorto ed aspettò. La sua attesa non durò a lungo, il rumore di passi frettolosi risuonò nella strettoia dopo poco, stese una gamba all'ultimo secondo e la sua vittima vi inciampò ruzzolando per terra; prima che avesse il tempo di rialzarsi o capire cosa fosse successo lo bloccò contro la pavimentazione.

 

- Di grazia, restituisci ciò che hai sottratto e, prima che tu possa accampare scuse, sappi che non sarebbe una scelta saggia – detto ciò, fece scattare una delle lame della polsiera, puntandola alla gola del giovane ladro, un ragazzetto di non più di quindici anni che sgranò gli occhi terrorizzato e che si affrettò a recuperare della tasca la borsa in pelle rubata poco prima.

 

Lo rimise in piedi, restituendo la lama alla sua custodia e lo lasciò andare: non lo avrebbe mai ucciso, ma la paura della morte era più che abbastanza per convincere un bambino a non sfidare troppo la sorte, soprattutto se suddetto giovane era cresciuto per strada, dove, volente o meno, imparavi presto che una lama alla gola spesso si risolveva con la vittima che si pentiva dei propri peccati.

 

 

Aprì i legacci della borsa per controllare che vi fosse tutto e sospirò sollevato quando si accorse che ogni cosa che vi aveva riposto era ancora dentro. Li richiuse e sistemò la borsa tra il pettorale in cuoio dell'armatura e la casacca sottostante, in modo tale che non cadesse e non fosse visibile ad occhi indiscreti: non aveva alcuna intenzione di mettersi ad inseguire tutti i ladri che avessero sperato di ricavare un buon bottino dal loro atto criminale.

Alzò il capo verso il cielo terso, non una nube oscurava la luna e, seppure fosse il 24 di Dicembre, il clima era abbastanza piacevole. Lasciò il luogo dell'imboscata e si diresse a passo sicuro verso nord-ovest, verso la sua meta.

Non aveva in programma alcun assassinio per quel giorno, ma ciò che doveva fare si poteva tranquillamente rivelare ancora più pericoloso.

Mentre stava imbambolato innanzi la bottega di Mastro Da Vinci, risistemata dopo un breve soggiorno a Milano, si disse che se l'amico non l'avesse voluto vedere l'avrebbe capito di certo.

Nonostante tutto, decise di bussare, piano per un paio di volte, ma nessuno venne ad aprirgli. Girò la maniglia con calma, per accertarsi che la porta fosse aperta come al solito e tale la trovò: a quanto pareva non era solo Firenze a non cambiare, ma gli stessi fiorentini, anche chi, come Leonardo, avrebbe dovuto vivere un po' di più in guardia; entrò con passo felpato e, appena messo piede nello studio, quasi gli scappò una risata, incurvò le labbra all'insù, appoggiandosi al legno della porta che si era chiuso alle spalle: la bottega, più grande di prima certo, era sempre nella solita confusione con scarabocchi, bozze di disegni, fogli e libri sparsi, mentre il padrone di quel macello, con l'immancabile basco rosso in testa, sedeva su di uno sgabello fermo a fissare una tela vuota al solo lume di un paio di candele.

Conclusione: Leonardo era o a corto di ispirazione, cosa insolita per lui, o alle prese con una committenza che non gli andava poi molto a genio, non così insolita.

E lui stette così a fissarlo, pensando a quanto quel corpo fosse fragile, indifeso, mentre la mente era sempre alla ricerca di qualcosa che ne mettesse alla prova conoscenza ed ingegnosità.

 

- Anche a starci tutto il giorno non riuscirai a disegnare nulla, amico mio - le parole lasciarono la sua bocca prima che il cervello avesse la prontezza di fermarle e l'artista si voltò di scatto, facendo cadere la tavolozza di colori, ed il pennello che vi aveva abbandonato sopra, dalle ginocchia. L'intruso scoppiò in una fragorosa risata alla quale alla fine si unì anche Leonardo.

 

- Ezio, amico - l'artista gli andò incontro abbracciandolo forte - Quanto tempo - disse allontanandosi leggermente ma senza sciogliere il legame che li univa - Tre anni e neppure una lettera che mi facesse sapere se stavi bene, non si fa - il suo sorriso fu spento per un solo attimo da un'ombra scura negli occhi che, tuttavia, passò velocemente.

 

Leonardo sciolse infine l'abbraccio e invitò l'amico a sedersi, ma, quando, convinto dall'occhiata perplessa dell'altro - che gli chiedeva “dove?”- si voltò, si rese conto che tutte le sedute, gli sgabelli e le poltrone, erano occupate da un'infinità di libri e fogli; sorrise, leggermente in imbarazzo, ma Ezio scoppiò di nuovo a ridere e lui si perse in essa.

Quanto era passato da quel loro primo incontro? Dieci, quindici anni? Eppure ancora si perdeva nei lineamenti dell'altro, nei suoi cambi di umore ed espressione, se non faceva attenzione anche nei suoi occhi.

Si riscosse velocemente, liberando alla bell'e meglio una delle poltrone e poggiando ciò che vi era al di sopra per terra. Poi, senza chiedere, si diresse verso il suo armadietto delle scorte e recuperò una bottiglia di Chianti

 

- Allora a cosa devo la visita? - domandò aprendo il vino e recuperando chissà dove due bicchieri.

 

- A delle scuse - rispose l'altro, parole che lo fecero voltare e studiare la posizione rilassata nella quale si era sistemato il suo ospite, con le gambe leggermente divaricate e la schiena completamente appoggiata al rivestimento in pelle, il capo privo del cappuccio da quando era entrato voltato nella sua direzione - Sono sparito per tre anni, Leonardo, penso siano d'obbligo - continuò l'Assassino con un sorriso mesto sulle labbra, la leggera barba ed i capelli, costantemente lunghi, ma che cominciavano a schiarirsi gli donavano un'aria molto più matura di quanto lui non fosse già.

 

- Sono abituato alle tue sparizioni, Ezio - e la voce, se ne accorse lui stesso, gli si incrinò, ma l'altro non diede segni di essersene accorto - Hai molto lavoro da fare, una Confraternita da ricostruire qui in Italia - continuò versando da bere e porgendogli il bicchiere. Le loro mani si sfiorarono.

 

- Un regalo da portare ad un amico un tantino fissato con i codici - concluse per lui il suo amico estraendo da sotto la protezione un borsellino e tirandone fuori un foglio di carta piegato in maniera tale da farlo entrare nell'angusto spazio. Lì i suoi occhi si illuminarono ed insistette tanto che Ezio fu costretto a dargli il “regalo” prima che lui glielo strappasse di mano, ridendo dal comportamento quasi infantile di un uomo che di anni ne aveva più di lui.

 

Si godette la scena di Leonardo che con un gesto frettoloso buttava a terra tutto quello che aveva ammucchiato sul tavolo per fare spazio a quella pagina che gli aveva portato e mettersi ad esaminarla con un interesse via via crescente.

Si alzò dalla seduta mentre l'artista borbottava fra sé e gli si avvicinò da dietro, gli cinse la vita con un braccio mentre l'altro si poggiava sulla spalla destra dell'uomo più minuto e dall'alto potè godersi l'illusione di sapere cosa si stava animando nella mente di quell'uomo geniale al quale doveva la vita un numero infinito di volte.

 

- Allora mi sono fatto perdonare? - domandò quando fu certo che l'altro riuscisse a far filtrare le sue parole al cervello in piena lavorazione, incassando il mento nell'incavo del suo collo.

 

- Quasi completamente, Ezio, quasi.- gli sorrise lui senza alzare lo sguardo - Questo codice è complicato e bellissimo allo stesso tempo, mi ci vorrà un po' per decifrarlo - gli comunicò passando lo sguardo da una linea all'altra dello scritto.

 

- Non ho fretta, Leo. Non ho intenzione di ripartire tanto presto. Anzi se non sarà strettamente necessario non ripartirò proprio - queste parole fecero alzare lo sguardo dell'uomo, incrociare i suoi occhi dopo tanto tempo fu come vederli per la prima volta, gli prese il mento tra le dita e congiunse le loro bocche in un bacio dapprima casto, poi sempre più selvaggio mano a mano che Leonardo si faceva trasportare dalla sua irruenza - Nascondi quella pagina, avrai tempo per dedicartici, ora ho tre anni da recuperare

 

- Non tutti in una volta voglio sperare, Ezio, mi distruggerai - sorrise il suo artista, il suo inventore, il suo genio - E poi, farlo la notte di Natale, più sacrilego di così - entrambi scoppiarono a ridere... il suo amante e compagno.

 

La notte oscurò il loro peccato assimilandolo alle sue tenebre.

 

Il giorno dopo

Quando Ezio si svegliò la mattina dopo sapeva che era da solo nel letto, il lato solitamente occupato dal suo artista era vuoto e freddo, segno che il suo compagno si era svegliato già da un po'; si alzò dal materasso con espressione assonnata e, spudoratamente nudo, andò alla ricerca dei suoi vestiti, raccattandoli per tutta la stanza. Alla fine, convinto dai rumori provenienti di sotto, decise che, anche solo con calzoni e camicia, doveva andare a controllare, sperando che Leonardo non fosse alle prese con l'invenzione di un altro aggeggio improponibile e pericoloso: ed infatti il genio era lì, ma stava solo dipingendo... Per fortuna.

Si fermò sull'ultimo gradino e si appoggiò contro il muro con la spalla destra, osservandolo mentre lavorava, concentrato e ispirato davanti alla tela che solo qualche ora prima era completamente bianca ed ora quasi completa.

 

 

 

Angolino autrice.

Si ringrazia con affetto Pluezoo per il suo lavoro di correzione. La storia è dedicata alla stessa che sopporta i miei scleri sulle coppie più improponibili. Grazie.

   
 
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