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Autore: Sajoko    26/12/2016    1 recensioni
Lily è una ragazza di 17 anni e come tutti gli adolescenti ha un sogno nel cassetto; però ha fatto la promessa a sé stessa di non dirlo a nessuno. Lei sa che le persone non capirebbero…
È una ragazza solitaria, infatti a scuola non ha amici, ma nonostante tutto, i suoi voti sono eccellenti; specialmente in una materia che lei ama alla follia: psicologia. L’insegnante di quella materia, il prof. Robert, è molto legato a Lily e sa che nonostante sia così fredda e distaccata con tutti, lei ne è legata da un filo invisibile nel suo profondo. Sa che in quella ragazza c’è umanità.
Robert non sa che periodo sta passando Lily e non sa nemmeno cos’ha per la testa… e quando capisce cosa la tormenta, ormai il più è già fatto…
Genere: Avventura, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Capitolo 11: New Zeland

 
Era tutto buio, ma attorno a sé sentiva molte voci. Alcune non riusciva a riconoscerle, ma due in particolare si: sembravano quella di Mark ed Esther. Tentò di aprire gli occhi ma la luce forte glieli fece richiudere subito. Era come se un grande faretto di luce fosse ben posizionato davanti ai suoi occhi.
Le voci si zittirono per un istante, poi una di loro disse:
 
- … Robert? Sei sveglio? Mi senti? Robert? –
 
Provò ad aprire gli occhi ancora una volta; li batté diverse volte prima di riuscire a mettere a fuoco le persone davanti a lui, poi li vide: Mark era ai piedi del letto, mentre Esther era al suo fianco che lo guardava preoccupata. Entrambi avevano un braccio fasciato, inoltre avevano qualche ematoma e graffio sul corpo. Erano stati pestati alla manifestazione.
Robert si guardò attorno e scoprì di essere in una stanza d’ospedale. Sdraiato sul letto, cercò di mettersi seduto e di ricordare l’ultima cosa che avesse fatto:
 
- … Come… Come ci sono arrivato qui? Ero alla stazione della Metro e poi… -
 
Esther intervenne subito:
 
- Ti hanno portato qui due barboni. Avevi perso tanto di quel sangue che credevamo che non ce l’avresti fatta… Eravamo qui ad aspettare di essere medicati, quando sono arrivati di corsa con te in barella…è allora ti abbiamo visto… –
 
Robert si passò una mano sulla testa: era fasciata da una benda. Il taglio era stato curato e cucito a dovere; il braccio destro era ingessato mentre il piede sinistro era fasciato e bloccato da un tutore. Fili di flebo scendevano dall’asta accanto a lui e cadevano nel suo braccio sinistro.
Si massaggiò le tempie e domandò:
 
- … Voi state bene? anche voi siete ridotti male… -
 
Mark si coprì con la mano il braccio fasciato e rispose:
 
- Stiamo bene. La polizia ha pensato bene di prenderci a manganellate, ma niente di serio. A te invece hanno ridotto proprio male quei bastardi… -
 
Robert rise:
 
- Eh eh eh… Non è stata la polizia a farmi questo; è stato un gruppo di imbecilli nazisti… -
 
I due ragazzi rimasero in silenzio. Si sentì un tonfo alle loro spalle. Tutti e tre si voltarono e Robert, per poco, non gli venne un infarto: suo padre, Ivo, era sulla soglia della camera d’ospedale e aveva fatto cadere la borsa che aveva in spalla.
Ivo, un uomo giovane, alto, con capelli sbarazzini corti tra il nero e il grigio, portava una camicia rosso fuoco dentro a dei pantaloni marrone chiaro mentre la cintura nera di pelle risplendeva alla luce del lampadario sul soffitto. Ivo, essendo vissuto in Australia per diversi anni, aveva la tipica carnagione scura di ogni australiano… ma in quel momento, in quella stanza d’ospedale, la sua pelle aveva cambiato colore per ben due volte: prima un pallido marrone per via dello spavento nel vedere suo figlio in quello stato, poi rosso come la sua camicia per il fatto che Robert gli abbia mentito rischiando così la vita.
Robert, col cuore a mille, si chiedeva:
 
Ch-che cosa ci fa lui qui?
 
Mark, come se gli avesse letto nel pensiero, rispose a Robert:
 
- … Ci dispiace Robert, abbiamo chiamato noi tuo padre. Pensavamo che fosse giusto così… -
 
Robert guardò Mark furioso. Se non fosse stato per il dolore che sentiva, si sarebbe alzato di scatto e gli sarebbe piombato addosso per pestarlo a sangue. Prima di partire per questo viaggio, tutti e tre avevano promesso di non dire niente a nessuno della loro “avventura in incognito”, ma Mark ed Esther avevano infranto la promessa. Se c’era una cosa che Robert non sopportava era il fatto che non si mantenessero le promesse.
Per qualche istante ci fu un silenzio di tomba, poi Ivo chiese:
 
- Mark, Esther… potreste uscire per un momento? Vorrei parlare con Robert in privato… -
 
I due si guardarono e lentamente uscirono dalla camera. Robert era spaventato a morte: chissà cosa gli avrebbe fatto!
Appena chiusero la porta, Ivo guardò Robert: era furioso, glielo si leggeva solo dallo sguardo. Robert sentì un groppo alla gola che tentò di mandare giù, ma per la tensione sembrava rimanere bloccato li. Ivo si avvicinò, si sedette a fianco del letto e disse:
 
- … Che cosa speravi di fare? –
 
Robert si sentì in colpa. Quelle pochissime parole lo avevano fatto pentire già da subito. Non disse nulla. Era troppo spaventato per rispondere. Guardò le lenzuola, sperando di trovare una risposta. Mentre guardava fuori dalla finestra di fronte a lui, Ivo fece una smorfia di rabbia e disse:
 
- Non importa. Almeno dimmi per cosa manifestavi… -
 
Robert continuò a guardare le lenzuola poi, chiudendo gli occhi, prese un respiro profondo e rispose:
 
- … V-volevo rendere Berlino una città libera… -
 
Ivo continuò a guardare fuori dalla finestra e dopo qualche secondo di silenzio disse:
 
- … Ti fa onore questo tuo gesto. Anche se sei stato un vero “Drongo”! Come ai vecchi tempi: testardo come un mulo! –
 
Robert alzò lo sguardo: era stupito nel vedere questa reazione da parte di suo padre.
Ivo si voltò verso di lui e gli sorrise, si sistemò per bene sul fianco del letto e disse:
 
- Robert, devi capire che certi gesti sono immaturi, è vero, ma questo che hai scelto di fare non lo è affatto: hai deciso di rischiare per seguire una via giusta… finché sarà la via esatta, io ti appoggerò sempre. –
 
Robert si commosse. In quel momento, decise che suo padre sarebbe stato il suo eroe. Per sempre.
Ivo lo guardò negli occhi, gli sorrise e disse:
 
- Sono contento che tu stia bene “Roo” -
 
Robert lasciò che il padre gli scompigliasse quei pochi capelli che spuntavano fuori dalla fasciatura, sorrise e pensò:
 
D’ora in poi ti prometto che sarai la persona che ammirerò sempre papà… te lo prometto!
 
***
 
- Ladies and Gentlemen, please fasten your seatbelt; now we’re arriving in: “London Gatwick Airport”. The local time is 09.35 am. Thank you for flying with British Airways. -
(Signore e Signori, per favore allacciate le cinture di sicurezza; siamo per atterrare a: Londra, aeroporto di Gatwick. Sono le 09.35, ora locale del Regno unito. Grazie per aver volato con British Airways.)
Non c’era molta gente quel giorno. Tutti erano a casa a godersi le vacanze natalizie e poche persone erano presenti sull’aereo diretto a Londra.
Robert sistemò con cura tutti gli indizi trovati nel diario di suo padre. Da quando aveva iniziato quest’avventura, Robert era cambiato totalmente: il suo modo di vedere, percepire, conoscere le cose che lo circondavano… tutto in lui era cambiato. Poi, dopo il sogno che aveva fatto durante quel viaggio… gli aveva portato molti ricordi alla mente.
Mentre volava a pochi metri dalla pista d’atterraggio, guardò le luci della città. Era uno spettacolo bellissimo. Mancava pochi muniti all’atterraggio e Robert poteva godere di una vista mozzafiato dal finestrino. Era da tanto tempo che non vedeva una vista del genere.
Appena atterrato, Robert si fermò sulla soglia dell’aeroplano a pochi passi dal gradino della scala; si guardò attorno: il cielo era completamente nuvoloso (come ci aspettava) e non permetteva nessuna vista mozzafiato dall’alto. Il vento si stava alzando forte, mentre in lontananza si videro dei lampi, poi si sentirono i tuoni. Si sarebbe preannunciata una serata di pioggia e vento. Robert si caricò la borsa in spalla e mentre s’incamminava per scendere pensò:
 
Londra è famosa per la pioggia e il brutto tempo… chissà cos’avrà spinto Lily a venire proprio qui?
 
***

La forza del vento era talmente potente che nessun londinese in giro per le strade pensò di aprire l’ombrello. Tutti correvano in tutte le direzioni per trovare riparo: nei tunnel che conducevano alla Underground, in qualche negozio aperto e sotto le tende di qualche bar. Mentre tutti correvano, una persona era ferma immobile sotto l’arcata di un’entrata in marmo. Una figura nera, imponente, incappucciata con un borsone verde militare accanto ai piedi. Teneva in mano una foto (di quelle stile polaroid) e la fissava, come se dovesse cercare qualcosa.
Quell’uomo era Robert e stava cercando di capire l’indizio di Lily. Era talmente preso che non si era accorto della pioggia. Mentre osservava la foto, piccole gocce d’acqua scendevano dal cappuccio per finire sopra quest’ultima.
Dietro una delle foto, c’era una scritta con l’inchiostro nero.
Mentre fissava la scritta pensò:
 
Questa scritta si è sbiadita molto. Lily deve averla voluta cancellare… che l’abbia scritta quand’era ancora sotto l’effetto dell’alcool?
 
Dopo qualche minuto, riuscì a capire cosa c’era scritto:
 
<< In the city Of “dusts”, there is a Wonderful painting. You will find it near the vilLage of artistic Shops.
(Nella città delle polveri, c’è un dipinto magnifico. Lo troverai nel villaggio dei negozi artistici) >>
 
Dopo aver letto la frase, Robert alzò lo guardo dalla foto: in lontananza si vedeva il cielo azzurro, mentre le nuvole venivano spazzate via dal vento. Mise via la foto, si appoggiò sul muro con la spalla e pensò:
 
“The city of dusts” … io l’avrei chiamata “La città della pioggia perenne”!
 
***
 
Dopo lunghe ricerche, Robert aveva trovato finalmente il posto che stava cercando sulla guida della Lonely Planet di Londra:
 
<< Camden Market ha un enorme numero di visite:10 milioni di visitatori ogni anno ed è una delle attrazioni più famose di Londra. Quello che era iniziato come una raccolta di interessanti bancarelle di artigianato di Camden Lock accanto al canale, si estende ora la maggior parte della strada dalla stazione della metropolitana di Camden Town a Chalk Farm stazione della metropolitana.
Ci sono quattro principali aree di mercato - Buck Market Street, Lock Market, Canal Market e Stables Market Troverete un po' di tutto: vestiti, profumi, borse, gioielli, artigianato, leccornie e opere artistiche (quali piccole mostre e murales). >>
 
Essendoci quattro zone tutte collegate da controllare, Robert si fece un itinerario per riuscire a vederle tutte in una sola giornata. Sarebbe stata una corsa contro il tempo, ma sarebbe riuscito a trovare quello che stava cercando… forse.
Arrivato alla stazione di Waterloo, Robert prese la sua mappa della Underground e verificò quale delle linee ferroviarie sotterrane doveva prendere: la linea “Northen” conduceva direttamente alla fermata di Camden Town.
Dopo aver fatto il biglietto, Robert si diresse verso il binario; c’era moltissima gente che aspettava e per un attimo pensò di non riuscire ad arrivare intero fino a destinazione.
Mentre aspettava il treno, Robert notò un’artista di strada che suonava uno strumento tipicamente australiano: un Didgeridoo. Bellissimo di color marrone scuro, aveva dei lineamenti in rosso fuoco che rappresentavano i tipici disegni australiani. Rimase incantato a sentire quel suono bellissimo, quando all’improvviso, il treno che lo avrebbe condotto a Camden arrivò con il solito suono frastornante. Quando Robert salì, con la calca di gente che saliva e scendeva, pensò:
 
Saranno anni che non sentivo il suono di un Didgeridoo. Mi è venuta la pelle d’oca… sono contento!
 
Le porte si chiusero con un suono forte e finalmente il treno partì a tutta velocità.
 
Robert arrivò a Camden alle 09.35 precise, scese dal treno e uscì dalla metropolitana sotterranea. Ciò che lo accolse fu molto pittoresco: negozi di vestiti, souvenir, cartelloni pubblicitari di ogni tipo e tanta, tantissima gente. Per un momento si sentì disorientato a causa della grande folla ma assieme alla sua fedele cartina, poteva andare ovunque. Da quel momento però, la cartina non era più di grande aiuto; il murales che stava cercando era lì da qualche parte, ne gigantesco mercato di Camden. Robert prese un respiro profondo e pensò:
 
Andiamo Robert! Cerca questo dipinto!
 
Si addentrò nel centro di Camden (affollato come non mai) alla ricerca di questo murales. I negozi erano qualcosa di incredibilmente artistico e moderno allo stesso tempo, quasi come se fossero stati degli artisti famosi a creare quei negozi. Rimase ad osservare in giro per una decina di minuti quando finalmente, fermandosi ad un incrocio tra la Jamestown Road e la Hawley Cres, Robert si fermò per prendere fiato:
 
Questo mercato è così particolare e etnico! Non avevo mai visto…!
 
Alla fine lo vide; il murales che stava cercando, era sopra i suoi occhi. Prese la foto di Lily e fece un veloce paragone: era proprio lui. Non c’era alcun dubbio. Attraversò la strada e si avvicinò abbastanza per vederlo bene: era fatto con bombolette spray e vernice per muri. Era fatto molto bene ed era particolare nel suo genere.
Mentre lo ammirava, Robert notò qualcosa di svolazzante sulla targhetta che indicava la Jamestown Road… era una busta. Capì subito che doveva trattarsi del prossimo indizio. Senza perdere tempo, Robert andò alla porta della casa, suonò più e più volte e quando un uomo in canottiera sudata e sigaretta alla bocca gli si porse davanti disse:
 
- Buongiorno. Non mi conosce ma ho bisogno di un favore: potrei entrare in casa sua per prendere una cosa fuori dalla sua finestra? È davvero importante… -
 
L’uomo lo fissò senza cambiare espressione: sembrava che si fosse fatto di Crack. Dopo aver preso una boccata di fumo, inspirò profondamente e disse:
 
- ماذا تريد ؟ ليس لدي أي شيء لتعطيك ... (Che cosa vuoi? Non ho nulla da darti…) –
 
Robert guardò l’uomo senza dire una parola e pensò:
 
… Ma cos’ha detto? Sta parlando arabo?
 
L’uomo lo guardò malissimo. Un rigolino di sudore scese dalla sua umida fronte fino a cadere sulla canotta bianca piena di macchie nere e sudore. Mentre le fissava come se avesse visto qualcosa di orribile, gli disse:
 
-   الاستماع، ليس لدي وقت نضيعه، لذلك لم يكن لديك أي شيء المهم أن تقول لي، إذا ذهبت الآن! (Senta non ho tempo da perdere, quindi a meno che non abbia niente di importante da dirmi, se ne vado subito!)
 
Robert tentò di farsi capire ma l’uomo sembrava non cogliere quello che diceva; finchè con uno sbuffo, chiuse al porta in faccia a Robert lasciandolo lì da solo. Si sentì molto frustrato da quell’atteggiamento e pensò:
 
Ma che caratterino! Poco importa: ora devo recuperare l’indizio…
 
Provò a suonare alla casa accanto dove aprì una donna in vestaglia sui quarant’anni circa. Le spiegò il perché fosse lì, ma anche la signora non lasciò entrare Robert per recuperare la busta (chi mai gli avrebbe creduto, ammettiamolo?); dopo che la signora gli sbattè la porta di casa in faccia, sbuffando, Robert si fermò a riflettere:
 
Ok. Devo calmarmi… e recuperare quella busta!
 
Mentre sembrava per perdere le staffe, Robert sentì una voce alle spalle chiamarlo:
 
- Mi scusi, ha per caso bisogno di una mano? –
 
Robert si voltò verso la voce e davanti a lui gli apparve un ragazzo giovane, probabilmente sui 30 anni, con capelli corti spettinati folti color biondo scuro, alto con una maglietta bianca casual con scritto “Home is everywhere”, pantaloni in tela marrone chiaro, barba e pizzetto poco pronunciata e una sigaretta fatta a mano in bocca già accesa. Si stava sistemando il cappotto mentre si avvicinò a Robert e con fare gentile gli disse:
 
- Ho visto che ha provato a suonare al campanello dei signori che abitano qui… mi duole dirglielo, ma queste persone sono davvero le più cocciute e testarde di tutta Londra: non lascerebbero entrare nemmeno l’idraulico. –
 
Robert rimase colpito dalla gentilezza di quel ragazzo: c’era qualcosa in lui che lo faceva sentire bene e nonostante fosse uno sconosciuto, gli dava una certa sicurezza e fiducia.
Il ragazzo tirò fuori la mano dalla tasca, la porse a Robert e disse:
 
- Mi chiamo Jack signore. Molto piacere. –
 
Robert strinse la mano al ragazzo: era calda e affusolata.
Quando gli strinse la mano per ricambiare il saluto, si presentò:
 
- Molto piacere Jack. Io sono Robert. –
 
Jack sorrise. Era davvero simpatico quel ragazzo. Quando i due si lasciarono andare le mani, Jack domandò:
 
- Esattamente, cosa cercava da quei due signori? –
 
Robert si voltò verso il muro, indicò la busta appesa al muro e disse:
 
- Potrà sembrare strano, ma devo recuperare quella busta appesa al muro lì in cima. Volevo evitare di assomigliare ad un ladro che tenta di entrare in un appartamento, perciò ho suonato ai proprietari della casa, ma nessuno di loro mi ha creduto… ma in fondo chi lo…? –
 
Mentre Robert stava per finire la frase, Jack si avvicinò al muro, si sistemò con le ginocchia leggermente piegate, incrociò le mani verso il basso e disse:
 
- Facciamo così: io la spingo lassù in cima e lei recupera la busta. Forza! –
 
Robert rimase senza parole: quel ragazzo non esitò neanche per un momento ad aiutarlo. Non gli aveva nemmeno chiesto il perché dovesse recuperare quella busta. Senza farselo ripetere due volte, Robert poggiò il piede sui palmi incrociati di Jack e tenendosi sulle spalle di quest’ultimo si diede una leggera spinta. Mentre era in bilico, Robert allungò la mano per raggiungere la busta ma era troppo lontana.
Jack smorfiò per lo sforzo e disse:
 
- *Ugh!* … E’ riuscito a prenderla? –
 
Robert tentò di allungare ancora un po’ la mano ma restava sempre troppo lontano:
 
- … *Ugh…* non ci arrivo… -
 
In quel momento, Jack ebbe un’idea:
 
- Aspetti! Proviamo così: io adesso la spingo, ma deve prenderla al volo… pronto? –
 
Robert si preparò per il balzo:
 
- 3… 2… 1… ORA! –
 
Jack spinse con tutta la forza che possedeva nelle braccia. Robert si sollevò abbastanza e riuscì a prenderla al volo:
 
- SI! Ce l’ho fa… AAAAH! –
 
Per colpa della spinta, Jack si sbilanciò in avanti ed entrambi caddero per terra.
Jack si alzò massaggiandosi la testa:
 
- Ahi… Sta bene? È riuscito a prendere la busta? –
 
Robert si alzò da terra mettendosi seduto e mostrò la busta di carta sigillata. Il volto di Robert si illuminò con un sorriso e così fece Jack:
 
- Wow! Ce l’ha fatta! Bella presa! –
 
- E’ anche merito tuo, quindi grazie. –
 
Jack sorrise, si alzò e aiutò Robert ad alzarsi. Mentre si sistemava la giacca, Jack chiese a Robert:
 
- Scusi se glielo chiedo, ma cosa c’è dentro la busta? Dev’essere qualcosa di veramente importante se doveva recuperarla a tutti i costi… -
 
Robert guardò Jack, poi la busta:
 
- … Beh, lo scoprirò adesso. –
 
Aprì la busta sul lato. Era più pesante rispetto le altre e questo lo incuriosì: cosa mai avrebbe voluto dargli? Quando tirò fuori il contenuto, rimase perplesso: dentro c’era un'altra foto che raffigurava l’insegna di un negozio con scritto:
 
The Oxford Arms”
 
Poi guardò il secondo oggetto: una chiave di grandezza media, color oro e nero in ottone con un motivo particolare sull’impugnatura.
Mentre osservava la chiave, Robert si rivolse a Jack:
 
- … Devo scoprire cosa apre questa chiave: sia dirmi dove si trova questo posto? –
 
Mentre gli fece la domanda, Robert si rese conto solo dopo dell’espressione del ragazzo: era rimasto attonito, quasi senza parole.
Robert lo guardò preoccupato:
 
- … Jack? Per caso sai dov’è questo posto? –
 
Il ragazzo stava guardando la foto leggermente confuso, poi si rivolse a Robert:
 
- … Certo che so dov’è: è proprio dietro di lei. –
 
Robert si voltò verso l’altro lato della strada e si ritrovò di fronte il negozio con la stessa identica scritta sull’insegna. Robert rimase senza parole poi, correndo, si avviò verso la porta d’entrata del locale: era in orario di chiusura.
Provò a guardare l’interno, poi bussò alcune volte:
 
- HEILA! C’E’ NESSUNO? –
 
Nessuna risposta. L’orario diceva che avrebbe aperto stasera alle 21. Non poteva aspettare tutto questo tempo. Robert tentò una seconda volta. Bussò più forte che poté e gridò:
 
- HEY! PER FAVORE, APRITE! –
 
Jack lo raggiunse e gli disse:
 
- E’ inutile: non c’è nessuno. -
 
 Robert rimase a bussare ancora una volta e senza voltarsi a guardarlo gli chiese:
 
- Come fai ad esserne sicuro? –
 
Jack si grattò la testa e ridacchiando disse:
 
- … Perché questo è il mio locale. –
 
Robert si fermò di colpo, si voltò verso Jack e lo guardò sbigottito: Perché non gliel’ha detto prima? Si allontanò dalla porta e domandò:
 
- … Tu sei… il proprietario di questo posto? –
 
- Si esatto! Aspetti, tiro fuori la chiave così le apro. –
 
Jack tirò fuori dalla tasca il mazzo di chiavi, ne prese una con un cappuccio rosso e la infilò nella serratura. La porta si aprì subito e mentre Robert, senza parole, lo guardava aprire la porta, Jack si voltò verso di lui e disse:
 
- Benvenuto al “The Oxford Arms” Mr. Robert. –
 
***
 
Mentre Jack si diresse verso il bancone del bar, Robert lo seguì lentamente guardandosi attorno: l’interno era ben illuminato da lampadari in cristallo non troppo eleganti (e pieni di polvere), pavimento in legno chiaro, tavoli tondi con sedie nere di plastica, un bancone in legno scuro e lucido con sedie vicine e un davanzale enorme per gli alcolici dietro a quest’ultimo.
Robert ancora non sapeva perché fosse li, ma un motivo doveva esserci. Iniziò a perlustrale il locale mentre Jack, con molta tranquillità, andò dietro al bancone del bar per prendersi la bottiglia di “Jim Beam Black”. Mentre se ne versava un goccio nel suo shot domandò:
 
- Nel vuole anche lei? è buono sa? –
 
Robert camminava avanti e indietro per il locale in cerca di qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa: un indizio, un oggetto, una qualche frase scritta sul locale che ricordasse Lily… ma sembrava non avere nulla. Jack poggiò la bottiglia sul bancone e con lo shot in mano, si diresse verso Robert:
 
- … Che cosa sta cercando? –
 
Robert pareva confuso; perché mai Lily gli avrebbe indicato questo locale se non c’era nulla di familiare? Non riusciva a capire cosa volesse dirle (e non poteva chiedere aiuto…)
Si fermò per un secondo, si voltò verso Jack e disse:
 
- Io… io… io non lo so cosa sto cercando, so solo che la persona che mi ha lasciato questa busta mi ha condotto qui… io davvero non… -
 
Era confuso, preoccupato, agitato. Magari Lily era ancora in città e lui per non aver capito la lettera in tempo sarebbe andata via. Di nuovo.
Jack gli poggiò una mano sulla spalla e disse:
 
- Chi le ha lasciato la lettera? Magari posso aiutarla. –
 
- … Lily. Si chiama Lily Clark… -
 
Jack si fermò di colpo, come se gli avesse detto qualcosa di inquietante. Sentendo quel nome, sembrava che Jack la conoscesse eccome. Vedendo al sua espressione, Robert gli chiese:
 
- La conosci per caso? –
 
- … Lavora qui… dovrebbe essere al piano superiore in questo momento. Ma perché –
 
Robert lo guardò con gli occhi spalancati dallo stupore. Quella frase che aveva appena detto… non poteva essere vero…
Robert prese per le spalle Jack che rovesciò il suo shot e gli disse:
 
- QUAL’E’ LA SUA STANZA? DIMMELO TI PREGO! –
 
Un po’ confuso e spaventato dalla reazione di Robert, Jack gli indicò una rampa di scale poco dietro al bancone del bar e disse:
 
- … L’ultima porta in fondo al corridoio, la n.18. Non puoi sbagliare… -
 
Sentendo quella frase, Robert corse verso di essa. Si accorse che era chiusa al pubblico con una semplice catena di plastica in bianco e rosso e per lui fu facile scavalcarla; bastò un semplice salto per superarla. Riprese al sua corsa per le scale inciampando diverse volte sui gradini, ma alla fine salì fino al secondo piano. Mentre si guardava attorno trafelato e agitato, cercò la stanza di Lily. Alla fine la trovò: in fondo al corridoio proprio come aveva detto Jack. Corse fino alla porta e appena fu davanti, batté più forte che poté. Se Lily era lì, l’avrebbe sentito di sicuro:
 
- LILY! SONO IO, ROBERT! APRI PER FAVORE! –
 
Non ci fu nessuna risposta. Solo il silenzio assoluto e il cuore di Robert che batteva a mille nel suo petto. Batté ancora una volta e gridò di nuovo:
 
- LILY! SO CHE SEI DENTRO! APRI TI PREGO! –
 
Neanche questa volta ci fu risposta. Nel frattempo Jack lo raggiunse e disse:
 
- … Forse è uscita. –
 
- O forse è ancora dentro e non vuole aprire… LILY! PRE FAVORE APRI! –
 
Robert si stava agitando troppo. Non capiva se fosse per il fatto di averla trovata o per il fatto che era riuscita a prenderla in tempo… non lo sapeva nemmeno lui.
Jack si avvicinò alla serratura con un mazzo pieno di chiavi e disse a Robert:
 
- Si sposti così le apro la porta. –
 
Jack infilò la chiave nella serratura e con soli due giri di chiave la porta si sbloccò. Robert entrò come un fulmine:
 
- LILY! … Ma che? –
 
Jack era rimasto sullo stipite della porta, ma la sua espressione di stupore era tale e quale a quella di Robert. Quello che videro, li lasciò senza parole.
 
***
 
La stanza era piccola e fredda: la finestra aperta faceva entrare tutto il freddo che si abbatteva nel periodo di Dicembre a Londra. Era in stile ottocentesco: il pavimento era fatto con il legno chiaro, il tetto scendeva in obliquo con delle travi in legno massiccio marron scuro e tra di esse un piccolo lampadario formato da una piccola lampadina calda; la finestra era grande con due tende bianche semitrasparenti che svolazzavano leggere a causa del vento; i mobili, la scrivania e il letto erano in legno antico ma c’era qualcosa di strano in quella stanza... era completamente vuota.
L’armadio era aperto senza vestiti dentro, il letto era sistemato alla perfezione e non c’era assolutamente nulla in giro. Sembrava che nessuno vivesse lì.
Robert si guardò attorno, poi guardò fuori dalla finestra per vedere la strada al di fuori: dava proprio di fronte al murales dei gufi dove aveva trovato la busta. Jack si guardò attorno con aria stupefatta e balbettando rispose:
 
- … I-io non capisco… Fino a stamattina lei era qui… –
 
Robert si guardò in giro: se n’era andata. Di nuovo. Guardò dentro l’armadio per cercare qualunque indizio e disse:
 
- Non ti aveva accennato al fatto che voleva andarsene? –
 
Jack guardò Robert con gli occhi sgranati e mentre quest’ultimo guardava poi sotto il letto disse:
 
- … No… ma… ma perché? Perché avrebbe dovuto farlo? –
 
Robert si alzò da terra e pensò:
 
Che sapesse del mio arrivo? Ma come avrebbe fatto a scoprirlo?
 
Jack si passò una mano tar i capelli biondi e con voce esasperata disse:
 
- Oddio… Che sia per causa mia? –
 
Robert si voltò verso Jack e domandò:
 
- Che vuoi dire scusa? –
 
Jack si passò una mano sul viso arrossato e disse:
 
- L’altra sera ho detto a Lily che… beh ecco… che io… -
 
Robert lo guardò confuso. Forse aveva detto o fatto qualcosa che l’aveva fatta cambiare idea? Rimase in silenzio e poi disse:
 
- Che cosa le hai detto Jack? –
 
- … Le ho detto che mi sono innamorato di lei… -
 
Robert rimase perplesso: perché Lily avrebbe dovuto andarsene per una cosa del genere? Non aveva senso… poi, all’improvviso, capì tutto: tutte queste fughe, le lettere lasciate, le persone incontrate… erano collegate fra loro. In quel momento a Robert vennero in mente le parole dette da tutti quelli che avevano incontrato Lily:
 
- Quella ragazza era un vero mistero, però era simpaticissima. –
 
- Non lasciare che Lily si faccia del male da sola. Non sopporterei il fatto che si senta triste… -
 
- … Le ho detto che mi sono innamorato di lei… -

 
Alla fine, Robert collegò tutto: Lily non scappava perché non si trovava bene nelle città ma scappava perché non voleva che la gente si affezionasse a lei.
Robert rimase a pensarci. Per tutto questo tempo credeva che l’unico scopo di Lily fosse quello di trovare un posto dove stare, dove poter riprendere in mano la sua vita senza che nessuno s’intromettesse. Ma aveva sbagliato. Di grosso.
Si passò una mano tra i capelli neri e pensò:
 
Dio… non ci avevo mai pensato! Per tutto questo tempo mi sono focalizzato solo sugli indizi… non voleva che pensassi a trovarla: voleva che capissi come si sentiva!
 
Robert rimase fermo in mezzo alla stanza, mentre Jack, ancora scioccato per l’accaduto disse:
 
- … Io… io non volevo che scappasse. Non mi ha lasciato neanche il tempo di spiegarmi… -
 
Mentre Jack si disperava, a Robert venne in mente una cosa: se Lily era appena partita, il prossimo indizio doveva trovarsi qui da qualche parte nella stanza.
Si guardò attorno ma i posti in cui aveva già controllato non aveva trovato nulla; guardò in direzione della scrivania e provò a guardare nei cassonetti. Tutti erano chiusi a chiave.
Robert si diresse verso Jack e disse:
 
- Hai le chiavi per aprire questi? Sai che cosa c’è dentro? –
 
Jack si asciugò una lacrima, si sedette sul letto e voltandosi verso di lui rispose:
 
- … Non c’è niente lì dentro. Li ho chiusi io personalmente per evitare che gli ospiti ci buttassero l’immondizia. –
 
- E le chiavi? –
 
- Le ho tutte io. Tutte e 6. –
 
Robert si avvicinò a Jack prese il mazzo di chiavi e vide che assomigliavano parecchio alla chiave dentro la busta; le contò: erano 5. Robert prese la chiave in tasca e disse:
 
- … Tutte e 5 volevi dire… -
 
Jack guardò la chiave in mano di Robert stupefatto e disse:
 
- … Aspetti, ma come –
 
Robert si diresse verso uno dei cassetti e provò ad infilare la chiave: non era quella giusta; provò un'altra volta, ma anche questa volta non entrava; provò una terza e finalmente trovò la serratura giusta. Quando girò al chiave, aprì il cassetto e dentro ci trovò qualcosa che lo lasciò senza parole: era un altro indizio con scritto “Per Robert”.
Prese la busta in mano con delicatezza e quando si voltò verso Jack, lui rimase stupito come non mai:
 
- Come… Perché c’era una busta lì dentro? –
 
- Perché ce l’ha messa Lily. –
 
Robert aprì lentamente la lettera e quando iniziò a leggerla non poteva crederci:
 
Sabato 26 Dicembre 2015
 
Ore: 9.24
 
Caro Robert,
Non pensi anche tu che la pioggia sia qualcosa di rilassante? Quella sensazione di freschezza dell’acqua sulla pelle, non credi che sia qualcosa di incredibilmente magico? Io penso che sia meraviglioso… allora per quale motivo la gente cerca in tutti i modi di evitarla?
Tutti qui a Londra hanno un ombrello per mandarla via, per farla scivolare di dosso facendo di tutto per non bagnarsi…
Io penso che sia qualcosa di più: un’amica, una spalla su cui piangere e qualcosa di essenziale per ognuno di noi… ma che tutti respingono.
Perché tutti evitano la pioggia Robert? Perché dicono che gli piace poi invece si riparano coi loro ombrelli giganti e colorati? ...
Per questo Londra mi ha colpito molto: per la pioggia. Ogni volta che la guardo, mi viene in mente qualcuno che piange. Io non penso “Sta piovendo”, ma “Sta piangendo” …
Lei mi capisce perché io stessa ho pianto tanto Robert. Tu non immagini quante lacrime ho versato in tutto questo tempo…
Ma non posso stare così per sempre, così ho deciso di cercare il mio posto nel mondo.
Ci vedremo un giorno. Domani o dopodomani, ma ci rivedremo nel paese degli Aceri…
 
Con affetto,
Lily

 
Robert lesse fino in fondo la lettera mentre Jack lo fissò con le lacrime agli occhi:
 
- … Che cosa dice? –
 
Robert alzò lo sguardo dalla lettera. Aveva lo sguardo perso e sembrava stupito da qualcosa che aveva letto. Ripose lo sguardo sulla lettera e disse:
 
- … La data… -
 
Jack lo guardò confuso:
 
- La data? Cos’ha di strano la data? –
 
Robert tornò a guardare il ragazzo biondo e disse:
 
- … E’ di oggi… è partita stamattina… -
 
Jack sgranò lo sguardo mentre Robert lesse l’ultima frase:
 
<< Ci vedremo un giorno. Domani o dopodomani, ma ci rivedremo nel paese degli Aceri… >>
 
Robert rimase a pensare a cosa potesse riferirsi. Iniziò a camminare avanti e indietro parlottando a bassa voce:
 
- … Il paese degli Aceri, il paese degli Aceri, il paese degli Aceri… dove possono trovarsi degli Aceri? ... –
 
All’improvviso si fermò di colpo in mezzo alla stanza ed esclamò:
 
- IL CANADA! ECCO LA DESTINAZIONE: IL CANADA! –
 
Robert esultò di gioia mentre Jack, confuso dalla reazione inaspettata di Robert, disse:
 
- Il Canada? Cosa c’entra adesso il Canada? –
 
Robert si voltò verso Jack ed esclamò:
 
- Il Canada è la prossima destinazione! Devo andare alla capitale del Canada; Ottawa! –
 
Mentre Jack era ancora più confuso, Robert guardò la lettera una terza volta il foglio, poi nuovamente il ragazzo ed esclamò:
 
- La lettera è stata scritta alle 9.24… quanto ci s’impiega per arrivare all’aeroporto? –
 
Jack guardò l’ora: le 10.40. Si fermò per pensare, poi rispose:
 
- Se non sbaglio un’ora in treno… la accompagno io con la macchina così ci metterà meno tempo! –
 
I due si precipitarono fuori dalla stanza e mentre scendevano per raggiungere l’auto, Robert pensò:
 
Se non la fermo adesso, non la fermerò mai più!

 
I due uscirono di corsa dal locale, andarono nel parcheggio accanto alla struttura e si precipitarono alla macchina: era una Morris Minor 1000 color bianco perlato, leggermente ammaccata sulla parete destra e con tantissimi oggetti sui sedili (casse di vino, cartacce, pezzi di plastica, ecc.) ma il profumo che emanava era di pino e menta (merito dell’arbre magique appeso al condotto di areazione dell’auto).
Jack si mise al volante mentre Robert sul posto del passeggero. Appena Jack accese il motore, si precipitò in retro sulla strada, senza guardare se ci fossero altre macchine, per poi frecciare a tutta velocità verso la A40. Jack sfrecciava a 120 km/h quando il limite era a 100 km/h. mentre guidava come un matto, Robert gli chiese:
 
- Se sicuro che sia andata all’aeroporto di Gatwick? –
 
Jack sorpasso diverse auto che gli suonarono il clacson arrabbiate:
 
- Più che sicuro: l’unico aeroporto internazionale è solo quello di Gatwick. Gli altri aeroporti fanno voli locali o europei. –
 
Robert si teneva fisso alla maniglia di plastica sopra di lui con la mano destra mentre fissava Jack guidare come una furia. Distolse lo sguardo e guardò davanti a sé: le auto sembravano tantissimi ostacoli in movimento tra lui e Lily. Continuava a chiedersi se ce l’avrebbe fatta a raggiungerla in tempo...
Non si sarebbe mai perdonato se avesse lasciato Lily andare via di nuovo.
Dopo 56 minuti, alle 11.36, i due arrivarono all’aeroporto. Trovarono parcheggio poco lontano dall’entrata e appena scese dalla vettura, Robert si diresse verso l’entrata. Jack fece per seguirlo, ma Robert lo fermò di colpo e disse:
 
- No! Resta qui! Devo andare da solo! Tu aspettami qui! –
 
Senza lasciargli il tempo di replicare, Robert partì di corsa verso l’entrata. Aveva il cuore che batteva a mille e l’adrenalina nel suo corpo fluiva ovunque: persino la testa era sotto l’effetto potente di quella sostanza.
Appena varcò al porta in vetro, Robert si precipitò al tabellone delle partenze e lesse tutti i voli presenti:
 
<< 11:30       Amsterdam   EZY8875      SCHEDULED          South         Gate: 48 >>
<< 11:35       Barcellona    BA2706         SCHEDULED          North         Gate: 15 >>
<< 11.35       Budapest       D82570         SCHEDULED          South         Gate: 24 >>
<< 11:35       Hong Kong   CX344           SCHEDULED          South         Gate: 3 >>
<< 11:35       Orlando         AA6206         SCHEDULED          North         Gate: 32 >>

 
Robert cercò velocemente il volo che portava a Ottawa, la capitale, ma non riusciva a trovarlo… che fosse già partito? Cercò ancora e ancora, ma non era presente sul tabellone. Robert sentiva l’adrenalina scomparire e al suo porto si sostituì l’agitazione e l’angoscia per aver fallito la sua missione… era così vicino dal raggiungerla…
Quando stava per perdere le speranze, accadde qualcosa che gliela riportò a galla: in cima al tabellone, apparve un nuovo volo:
 
<< 12:30      Ottawa(YOW) OTW4452     SCHEDULED        North       Gate: 18 >>
 
Robert sorrise. Ecco lì il suo miracolo dell’ultimo secondo.
Iniziò a correre il più veloce possibile facendo lo slalom tra gli altri viaggiatori presenti in aeroporto. Schivò diverse valigie, persone, carrelli e guardie di sicurezza senza mai inciampare tra loro. Era come se stesse correndo una corsa ad ostacoli.
Il gate n.18 si trovava in fondo all’aeroporto, collegato con un tunnel di vetro ad una struttura adiacente. Robert trovò molto traffico; c’era altra gente che doveva prendere un altro volo nel gate vicino e ostruiva il passaggio. Era un immenso mare mosso di persone.
Robert non si lasciò scoraggiare e con determinazione si fece largo tra la folla. Arrivò a pochi metri dal gate n.18 e cercò di aguzzare la vista per trovare Lily: sembrava non esserci. Si avvicinò ancora pronto sull’attenti, ma tra la marea di gente non riusciva a vedere bene. Intravide delle poltrone in ferro opaco e decise di salirci sopra per vedere meglio. Appena salì, si guardò attorno e in lontananza, vide qualcosa. Non era sicuro, ma doveva tentare.
Scese dalle sedie, si avvicinò nel luogo che aveva intravisto e quando fu abbastanza vicino, con suo grande stupore, la riconobbe.
Era lì, in piedi davanti a lui, mentre faceva la fila per fare il check-in al gate n.18.
Era diversa. Il suo aspetto era cambiato: i capelli, una volta con qualche rasta, erano tanti rasta con perle di legno incastonate, uniti da un elastico spesso; era dimagrita: aveva gambe snelle e forti, braccia fine e i lineamenti del viso (compresi gli zigomi) erano più marchiati di prima; aveva diversi orecchini al lobo destro e molti braccialetti ai polsi; i tatuaggi sulle braccia erano colorati o in bianco e nero, si capiva che erano nuovi; i pantaloni marron chiaro erano aderenti e scendevano stretti fino alle caviglie; gli scarponi larghi erano di qualche taglia superiore alla sua attuale e la felpa larga era di lana pesante rossa... era semplicemente stupenda.
Tutti questi piccole modifiche facevano capire che era cambiata.
Lily non aveva ancora notato Robert. Lui rimase fermo a fissarla per qualche istante. Sorrise. Era felice di averla trovata finalmente. Fece per avvicinarsi a lei, ma poi si fermò di colpo. In quel momento, la sua felicità venne sostituita da un dubbio: gli vennero in mente le parole dette da Dodo la sera prima di lasciare Berlino:
 
- Cosa farai una volta trovata? -
 
In quel momento, Robert si rese conto di non aver ancora pensato alla risposta:
Doveva fermarla? Riportarla indietro? O lasciarla andare facendo finta di non averla mai rivista?
Preso dall’angoscia, si rese conto di non saper cosa fare.
Sentì un nodo formarglisi alla gola e nel mentre pensò:
 
…Cosa dovrei fare adesso?
 
Lily era impegnata a caricare il borsone al check-in. Sorrideva alla ragazza dietro al bancone.
Non l’aveva mai fatto prima e non l’aveva mai visto fare prima d’ora.
Rimase quasi stupito da quel sorriso perché era sincero, dolce e gentile.
Nel mentre, Robert cercò di decidere cosa fare, ma non era facile. Non era un decisione da prendere così su due piedi.
Dopo averci pensato, alla fine si fece coraggio, prese un respiro profondo e si avvicinò a lei. Camminava lento, come se non volesse fare rumore. Si sentiva un cacciatore in un bosco intento ad avvicinarsi ad un cerbiatto sempre sull’attenti e pronto a scappare, che in questo caso era Lily.
Mancavano un centinaio di metri tra i due, quando Lily si voltò, incrociò lo sguardo con quello di Robert e si fermò di colpo. Anche lui fece lo stesso. Rimasero per qualche secondo immobili. L’espressione di Lily era di stupore, mentre quella di Robert di agitazione. La gente camminava frettolosamente, mentre loro se ne stavano fermi immobili a guardarsi da lontano.
Sembrava che il tempo si fosse fermato soltanto per loro due.
Robert aveva il cuore a mille. Adesso che lo aveva visto, come avrebbe reagito?
Decise di muoversi per primo: fece un piccolo passo in avanti e tentò di dire qualcosa ma che venne soffocato dall’agitazione.
In quel momento, Lily ne fece uno indietro, si voltò e scappò via veloce.
Robert vide quel momento come se fosse a rallentatore: lei che si volta e corre via.
Aveva sbagliato. Il cerbiatto si era dato alla fuga.
Preso dall’agitazione, lui disse a bassa voce:
 
- … Aspetta… -
 
Era troppo agitato per poterlo urlare. Sembrava che la sua voce si rifiutasse di farsi sentire.
Poi, d’istinto, lui la seguì.
Corse dietro di lei il più velocemente possibile. Si fece spazio fra la massa di gente che passava lenta e indisturbata. Cercò di raggiungerla ma era veloce. Molto veloce. Faceva slalom tra la folla con facilità e qualche volta Robert rischiò di perderla di vista.
Mentre correva verso il tunnel di vetro, Robert riuscì a trovare la forza per urlare:
 
- LILY! FERMATI! –
 
Non lo ascoltò. Continuò a correre veloce facendosi largo tra la folla. Robert non poteva perderla. Non poteva permetterselo.
Provò di accelerare ma era stanco. Aveva ancora il fiatone per prima e non aveva più energie. Cercò di riprendersi e accelerò di nuovo. Una scarica di adrenalina pura gli si scaricò in tutto il corpo. Si avvicinava sempre di più mentre Lily faceva sterzate forti che costringevano Robert a deviare all’ultimo secondo.
Per sbaglio, tra il bivio del gate n.4 – 10 e n.11 – 16, Lily sterzò bruscamente, mentre Robert perse l’equilibrio e scivolò sulle mattonelle fredde. La gente lo guardò, ma lui si rialzò e cercò di riprendere lo slanciò scivolando diverse volte. Riprese la sua pazza corsa. Aveva perso terreno, ma cercò in tutti i modi di raggiungerla.
Quando furono nella Hall centrale, Robert si diede un ultimo slancio e, dopo alcuni minuti passati a rincorrere Lily, fece una mossa azzardata: a pochi metri da lei, si lanciò per prenderla. Ci riuscì. Caddero a terra tutti e due.
Finalmente Robert aveva catturato il cerbiatto.
Mentre lui la teneva ferma per non farla scappare, lei urlava:
 
- LASCIAMI ANDARE! LASCIAMI BASTARDO! –
 
Lily tentò di tirargli un manorovescio in piena faccia e per poco non prese in pieno viso il pover’uomo. Mancato il bersaglio, tentò di tiragli una gomitata. Ci riuscì, ma Robert gli fermò l’altro polso con facilità. Sentiva una fitta al petto ma non poteva distrarsi. Tentando di calmarla dicendole:
 
- LILY! CALMATI! SONO IO ROBERT! –
 
Lily continuava a dimenarsi. Forse non aveva capito:
 
- LILY! FERMATI! SONO IO, ROBERT! –
 
La ragazza si liberò un polso e riuscì ad alzarsi. Stranamente non scappò, ma si alzò in piedi e rimase a guardarlo con sguardo arrabbiato.
Robert si mise in ginocchio in fretta, poi lentamente si alzò in piedi. Non capiva perché Lily lo guardasse così. Percepiva il suo fiato persino dentro le orecchie; il sangue che gli scorreva impetuoso nelle vene gli colorava di rosso il viso, mettendo in risalto le guance.
Rimasero lì in piedi a fissarsi l’uno l’altro col fiatone. Lily continuava a fissarlo con sguardo arrabbiato, non era di odio ma più di fastidio.
Robert cercò di avvicinarsi lentamente:
 
- Lily io –
 
- Non voglio sentire scuse. Non mi riporterai indietro. –
 
Robert si fermò. Sentire quelle parole lo fecero sentire molto a disagio; aveva fatto tutta quella strada per sentirsi dire questo? E la possibilità che gli aveva dato che fine aveva fatto?
Tentò di avvicinarsi ancora un poco:
 
- Non mi sto inventando scuse Lily. Sono qui perché tu mi ci hai portato, ricordi? Attraverso le lettere che mi hai lasciato… mi hai dato una possibilità per farti cambiare idea. –
 
Lily rimase in silenzio ma continuò a fissarlo arrabbiata finché, dopo essersi sistemata un dread finito davanti agli occhi disse:
 
- Ho cambiato idea. Non tornerò indietro. Se vorrai farlo, mi ci dovrai portare contro la mia volontà. –
 
Robert era esasperato dalla corsa e la conversazione non lo stava aiutando affatto. Cercò di calmare Lily e si avvicinò di nuovo lentamente:
 
- E’ proprio quello che voglio evitare Lily; voglio solo che tu ragioni! Non ha alcun senso portarti indietro se tu non vuoi! –
 
Per un momento lei rimase in silenzio, come se ci stesse ragionando sulle parole di Robert. Lui si avvicinò ancora di qualche passo e continuò a parlarle:
 
- Ascolta Lily, sei una ragazza intelligente da capire che non posso, non voglio costringerti a fare quello che non vuoi; ma se davvero non vuoi cambiare idea, almeno dammi la possibilità per esprimermi. Poi sceglierai se prendere quell’aereo… -
 
Lily abbassò lo sguardo come per rifletterci e nel mentre, Robert arrivò abbastanza vicino da riuscire a poggiare le sue mani delicatamente sulle spalle di lei:
 
- Non ho fatto tutta questa strada solo per riportarti indietro… l’ho fatto perché tu mi hai concesso questo privilegio… -
 
Lily tenne lo sguardo basso, poi lo alzò verso di lui. Erano pieni di lacrime.
All’improvviso, Lily abbracciò forte Robert. Non dissero nulla. Rimasero così per minuti.
C’era riuscito. L’aveva finalmente trovata.
   
 
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