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Autore: Alexa_02    26/12/2016    0 recensioni
Julianne ha tutto ciò che potrebbe mai desiderare, quando guarda la sua vita non c’è una virgola che cambierebbe. È così sicura che ogni cosa andrà nel giusto ordine ed esattamente come se lo aspetta, che quando si sveglia e trova la lettera di addio di sua madre non riesce a capacitarsene.
Qualcosa tra i suoi genitori si è incrinato irrimediabilmente e April ha deciso di scompare dalla vita dei figli e del marito senza lasciare traccia o la benché minima spiegazione.
Abbandonata, sola e ferita Julianne si rifugia in sé stessa, perdendosi. Una spirale scura e pericolosa la inghiotte e niente è più lo stesso. Julianne non è più la stessa.
Quando sua madre si rifà viva, è per stravolgere di nuovo la sua vita e trascinare lei e suo fratello nell'Utah, ad Orem, dalla sua nuova famiglia.Abbandonata la sua casa, suo padre e la sua migliore amica, Julianne è costretta a condividere il tetto con cinque estranei, tra cui l'irriverente e affascinante Aaron. Tra i due, da subito, detona qualcosa di intenso e di forte, che non gli da scampo.
Può l’amore soverchiare ogni cosa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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“Eddai Aaaaronn”. Miagola Savannah rotolando tra le lenzuola. “Non puoi restare ancora un pochino?”. Fa il labbruccio come una bambina di due anni che vuole le caramelle. Ma non sono le caramelle ciò che vuole. Raccolgo la maglia dal pavimento e me la infilo.

“No zucchero. Devo andare o mio padre mi incatena in casa per sempre”. La verità è che sono stufo della sua voce nasale e squittente, e poi ho già avuto ciò che volevo.

Sbuffa imbronciandosi e si copre il seno nudo con il lenzuolo. “Voglio che resti con me. Tuo padre capirà”. Si avvicina a gattoni come una leonessa, ha i capelli spettinati e il rossetto fin sul mento. Ottiene sempre ciò che vuole e odia sentirsi dire di no. Mi passa una mano sulla patta sorridendo maliziosa. Il cervello si scollega dal corpo per alcuni secondi facendomi vacillare. Se non arrivo per cena non potrò più uscire per un mese e i ragazzi mi uccideranno. Mi dispiace ma Savannah non vale tanto.

Scivolo via dai suoi artigli prima che il corpo abbia la meglio sulla testa. “Baby, se vengo punito non posso venire alla festa stasera, e tu non vuoi questo, vero?”.

Attraverso i suoi occhi azzurri vedo come gli ingranaggi del suo cervello valutino la cosa. Sbuffa arrendendosi. Infilo le scarpe, prendo la chitarra, le scocco un bacio veloce e scivolo fuori dalla finestra.

 

 

Rientro in casa strusciando la custodia della chitarra sul pregiato parquet, nella speranza che la chiusura metallica lo graffi irrimediabilmente. April lo ha fatto sistemare prima dell’arrivo dei figli.

Il vecchio pavimento era costellato di ricordi che lei ha spianato via come un bulldozer. I segni lasciati dalle scarpette da football mie e di Andy quando abbiamo giocato in casa, i graffi fatti dal girello di Liv mentre imparava a camminare e la macchia di succo d’uva vicino alle scale lasciata da Cole. Tutto spazzato via in una giornata. Ora ci si può specchiare in questo fottuto pavimento. Grazie tante April. Non so neanche perché sono tornato a casa, il pomeriggio passato da Savannah non ha migliorato il mio umore nero. Sto per battere in ritirata quando un delizioso profumo di arrosto mi avvolge come una coperta. Il mio stomaco brontola rumorosamente. Sono sicuro che Savannah mi ospiterebbe da lei anche per sempre, ma in casa sua mangiano solo cibo già pronto e a bassissimo contenuto calorico. Credo che il mio stomaco tenterebbe di uccidermi se decidessi di andarmene.

Mentre entro in soggiorno, Andy mi sfreccia accanto sullo skateboard. “Papà è furioso A.”

Me lo aspettavo, ho mancato l’arrivo dei figli prodigio della sua concubina.

April lo rincorre ondeggiando sui tacchi e brandendo un mestolo “Andy, tesoro, potresti non usare lo skateboard in casa? Ho appena fatto lucidare il pavimento”. Si gira a guardarmi e sfoggia un sorriso abbagliante “Sei in perfetto orario per la cena, Aaron”.

“Eccezionale”. Borbotto, lei sorride di nuovo e torna in cucina. La seguo perché è da lì che arriva l’odore paradisiaco che mi ha convinto a restare. La cucina è sommersa da pentole e scodelle, papà è in piedi davanti al bancone intento a spelare le patate. Dalla sua espressione sembra che stia disarmando una bomba. April si destreggia tra fornelli e ingredienti con maestria e velocità e, ogni tanto, lancia un’occhiata nella sua direzione per controllare che non si mozzi un dito. Non ha mai cucinato in vita sua e mai gli è interessato, ma, da quando c’è April in casa, è tutto molto diverso.

Un ragazzo alto e biondo siede ad un lato dell’isola di marmo sfogliando un libro di chimica. Perché lo faccia è davvero un mistero, insomma la scuola non è ancora cominciata. Deve essere uno dei prodigi di April. Non ho perso tempo ha memorizzare i loro nomi, non mi interessa saperli.

Papà alza lo sguardo dalla sua bomba e mi lancia un’occhiataccia. Si comincia.

 

“Aaron!” tuona facendo rimbombare le pareti. “Si può sapere dove diavolo eri?!”. Quando perde le staffe il cattolico che è in lui si nasconde e lo scaricatore di porto fa il suo ingresso. Il biondo si gira a guardarmi sorpreso.

“Mi sembrava di aver detto ad Andy che andavo da Savannah…” Uso il tono più menefreghista che la mia lingua riesce a produrre e la sua faccia cambia sfumatura di rosso. Stringe il pelapatate come un’arma e me lo punta contro. “Vi avevo ordinato di essere tutti presenti per l’arrivo dei figli di April e tu hai pensato bene di andare dalla tua ragazza?!”. Savannah non è la mia ragazza.

“E io ti avevo detto che non me ne fregava un cazzo del loro arrivo”. Cambia di nuovo colore e inizia con le imprecazioni.

“Jim!” squittisce April. “Calmati”. Si avvicina e gli posa una mano sulla schiena “Aaron è qui ora, ed è questo l’importante. Si conosceranno durante la cena”. Papà sospira e si rilassa tornando rosa. La guarda mellifluo e si china a baciarla facendomi accapponare la pelle. È una delle cose a cui non mi abituerò mai. Il biondo distoglie lo sguardo, si alza e viene verso di me allungando una mano “Io sono Henry, piacere”. Ha lo stesso sorriso della madre e anche gli stessi capelli biondi.

Ignoro la sua mano e gli faccio un cenno con la testa. “Aaron”.

April squittisce battendo le mani come fanno le dodicenni e stringe papà. “Vedi amore, tutto perfetto. La cena è quasi pronta” dice togliendo una teglia dal forno. Meno male, muoio di fame.

“Vado a svegliare Jules”. Henry si avvia verso la porta, ma la madre lo ferma “Credo che sia meglio che Aaron la svegli. Così si conoscono”.

Cosa?! No. Poi chi diavolo è Jules?

Henry scuote la testa “Non credo sia una buona idea mamma, se si sveglia male diventa…ostile”.

“Non diciamo sciocchezze. Aaron vai a svegliare Julianne, è nella tua vecchia camera” sorride incoraggiante.

“Non voglio svegliare nessuno” provo ad oppormi ma papà mi lancia il suo guardo MuovitiOSonoGuai e per stasera ho già sfidato la sua ira, perciò mi avvio controvoglia verso la porta. Sento Henry sospirare “Buona fortuna…”.

   
 
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