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Autore: Songbird97    26/12/2016    1 recensioni
La travagliata storia d'amore tra Cullen e l'Inquisitore durante il tempo di guerra che vede minacciato tutto il Thedas. Vi è attrazione tra i due ma essi desiderano cose diverse e ciò li porterà a conoscersi e ad intraprendere un viaggio di incertezze e insicurezze, oltre che a collaborare per sconfiggere il famigerato Magister Corypehus e il suo scagnozzo Samson. La storia contiene variazioni rispetto al videogioco per scelta personale.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blackwall, Cullen, Inquisitore, Josephine Montilyet, Un po' tutti
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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I primi raggi di sole incominciarono ad illuminare la stanza attraverso le alte vetrate. Cullen, indossando solamente i pantaloni, era fermo ad ammirare il panorama, pensieroso, ma stranamente sereno, forse per la prima volta in molti anni: era stata una notte indimenticabile, che gli aveva fatto scordare del suo ruolo all'Inquisizione. L'unica cosa, o meglio persona, a cui aveva potuto pensare dormiva ancora beatamente nel suo letto, con le lenzuola che coprivano appena quel suo bellissimo corpo, lasciando scoperto il suo lato sinistro. Lui l'ammirò e non poté che sentirsi estremamente fortunato: una creatura così aveva scelto uno come lui, un uomo dall'animo tormentato, impacciato nell'esprimere le proprie emozioni e i propri pensieri a meno che non si trattasse di questioni riguardanti l'Inquisizione.
Si abbassò a raccogliere la pelliccia che costituiva la parte superiore del mantello che era solito indossare e, non appena si rialzò, la vide seduta sul letto che lo guardava, lanciandogli il più dolce dei sorrisi.

“Buongiorno, Comandante,” si stiracchiò sentendosi completamente soddisfatta e rilassata come non mai prima d'ora, nemmeno Blackwall l'aveva fatta sentire così ed ora che le era chiaro il motivo, non poteva di certo lamentarsi. Vedendo ormai che il giorno era giunto e che lui stava già iniziando a prepararsi, scese dal letto per fare lo stesso, ma, non appena fu in piedi, lo sentì dietro di lei che l'avvolgeva in un abbraccio. La baciò sul collo, le sussurrò un flebile “Buongiorno”, accarezzandole con una mano un seno, mentre nell'altra teneva ancora la pelliccia, la quale a suo modo lambiva il ventre dell'elfa. Lei si abbandonò a quelle tenere attenzioni mattutine e gli chiese: “Da quanto sei sveglio? Fatica a dormire?”

“I soliti incubi, senza lyrium sono peggio, ma non volevo disturbarti: sei così bella quando dormi.”

Lei, a tali parole, si voltò e lo baciò appassionatamente posandogli le braccia sul collo. Fu un'effusione lunga ed intensa, ma per quanto entrambi volessero continuare, sapevano bene che il dovere chiamava, per cui si staccarono l'uno dall'altro e finirono di vestirsi. Una volta pronti, lei scherzosamente domandò:”Secondo te riesco a raggiungere le mie stanze per sistemarmi un po' senza che nessuno mi veda?”

“Mmm... probabilmente molti saranno già a conoscenza del fatto che non hai dormito là stanotte.”

La faccia del comandante si fece per una frazione di secondo cupa, ma ciò non sfuggì a Charleene, che preoccupata non poté non dire qualcosa.

“La cosa ti disturba?”

“No, anche se preferirei che i miei – i nostri – affari rimanessero tali, almeno per il momento, dato che non sappiamo bene ancora cosa siamo, o sbaglio?”

“Perché? Secondo te, cosa siamo?”

All'elfa non piaceva la piega che quel discorso stava prendendo: il timore che il Comandante non provasse lo stesso iniziava ad insinuarsi nella sua mente, anche se si ricordava bene le parole che Cullen le aveva rivolto come scusa quella volta nelle sue stanze, quando già lì lei era disposta a donarsi a lui, seppur non fosse ancora consapevole dei propri sentimenti. Quindi non poteva credere che lui non provasse lo stesso, ma dato che ne stavano già parlando, tanto valeva scoprirlo in quel momento.

“Cosa siamo, Cullen?”

Lui la osservò, vedendo il conflitto di emozioni che attraversava il volto stupendo di lei, non sapendo come esternare ciò che pensava: lui voleva di più di semplici notti passate insieme a dimenticarsi della situazione che stavano vivendo, ma lei era della stessa opinione? La guardò impacciato, non convinto di dirle ciò che voleva dirle da tempo, e tale incertezza alla fine gli proibì di parlare, le parole bloccate in gola. Aprì e chiuse la bocca diverse volte, tentando di incominciare il discorso, ma a quanto pare, l'elfa non ebbe abbastanza pazienza per cui gli disse freddamente:

“É tardi. Abbiamo un incontro al tavolo da guerra. Dovremmo andare. Vai prima tu visto che di solito sono sempre l'ultima ad arrivare.”

Finirono di vestirsi, Cullen era deluso di se stesso, ma allo stesso tempo sentiva una sorta di indignazione nei confronti dell'Inquisitore: credeva che ormai lei sapesse quanto fosse difficile per lui l'esprimersi in situazioni che non riguardassero il suo ruolo di Comandante, ma da come erano andate le cose, non ne era più così convinto. Ciò che tuttavia non sapeva era che lei era perfettamente a conoscenza di questo suo “problema”, ma quello che le aveva fatto dire quelle parole così glaciali era la ormai sempre più convincente paura che lui non provasse gli stessi sentimenti.
Una parte di lui voleva provare a chiarire la situazione, ma il suo lato di Comandante e Consigliere dell'Inquisizione ebbe la meglio, perciò si limitò ad un semplice:

“D'accordo, datemi qualche momento di anticipo.”

Il cambio di persona che le aveva rivolto – dal tu al voi – non sfuggì a Charleene e questo non fece che confermare ciò che temeva: lui non provava lo stesso e il fatto che non aveva risposto alla domanda ne era la prova. Ma allora perché aveva iniziato lui quel discorso? Si sentiva estremamente confusa, ma sapeva che il tempo delle chiacchiere era finito e il lavoro li attendeva.
Così Cullen fu il primo a scendere la scale e ad uscire dallo studio, la tensione così palpabile tra i due, anche nelle ore seguenti, durante l'incontro con le altre due Consigliere.

I raggi del primo sole del mattino avevano dato luce anche alle stalle di Skyhold, dove aveva trovato abitazione il Custode Blackwall. Un altro giorno era iniziato e i tormenti che segnavano il suo animo non aspettarono molto ad arrivare. Tanti, troppi pensieri attanagliavano la sua mente: voleva dare tutto se stesso alla causa dell'Inquisizione, ma al tempo stesso si sentiva un totale bugiardo e per questo non si sentiva in merito di appartenere quel posto. In più, anche il suo cuore gli doleva in petto perché non poteva non palpitare per quegli occhi turchesi che tanto bramava. L'esperienza del giorno prima l'aveva fatto sentire l'uomo più felice del mondo anche se solo per un breve istante, prima di aver visto l'esitazione in quegli occhi. Da un lato era meglio così, almeno si era risparmiato il dovere di dirle ciò chi fosse lui in realtà, ma dall'altro lui avrebbe voluto confessarglielo, dato che una parte di lui si sentiva pronta a farlo. Voleva vederla ancora, magari potevano trovare una soluzione a tutto, ma, come sempre, non aveva la forza di volontà per andare da lei: probabilmente era piena di impegni e riunioni che richiedevano la sua presenza da Inquisitore e chi era lui per distoglierla dal quel ruolo così fondamentale?
Per cui, decise di limitarsi a ciò che faceva di solito durante le sue giornate a Skyhold: tagliare legna se necessario, ovvero quasi ogni giorno, oppure continuare il suo lavoro di intaglio che costituiva l'unico espediente per staccare la mente dalle perenni preoccupazioni e ansie.
Tuttavia, non si sarebbe mai aspettato di ricevere una visita nel pomeriggio che sicuramente gli avrebbe illuminato la giornata: sentì qualcuno entrare nelle stalle e ciò che vide fu un bellissimo esile corpo che si muoveva lentamente verso di lui, la treccia corvina che delicatamente cadeva sulla spalla destra e gli occhi così azzurri che potevano essere un'eredità della stessa Andraste, o almeno questa era l'opinione del Custode. Forse anche Charleene voleva parlare di cosa era successo tra i due. Purtroppo, però, lei si trovava lì per motivazioni molto differenti:

“Custode Blackwall, sono venuta a dirti che farai parte del mio entourage quando andremo al ballo dell'imperatrice Celene.”

“Oh... d'accordo. Sarò lieto di accompagnarvi, anche se potevate mandare un semplice messaggero.”

“Preferisco avvisare di persona, per quanto io possa immaginare che la mia presenza ti disturbi.”

“Non potrebbe mai e lo sapete bene.”

“No, in realtà non lo so affatto, ma ora non ha più importanza, o sbaglio?”

Non ricevendo risposta da parte del Custode, lei non esitò a dargli le spalle, decisa ad andarsene, ma non appena fece qualche passo...

“Lady Inquisitore, aspettate, vi prego!”

“Spero ne valga la pena, perché oggi non si è ancora rilevata una bella giornata, per cui non sono in vena di chiacchiere inutili.”

La frustrazione e l'indisposizione era ben visibile sul suo volto e lei non aveva davvero intenzione di nasconderla: il suo dovere si stava rivelando sempre più pesante, il dolore del marchio sempre più lancinante e le faccende di cuore così travagliate non erano d'aiuto al suo umore.
Notando questo, al Custode venne un'idea che forse avrebbe potuto confortare entrambi:

“Vi andrebbe di bere qualcosa alla taverna? Penso che vi farà bene un momento di relax e lì parleremo.”

Lei non rispose immediatamente, un po' spiazzata da quella proposta così inusuale, anche per uno come Blackwall, ma alla fine pensò “Perché no?” e accettò l'offerta.


Una volta ordinato il bere, fu lei a rompere il silenzio tra loro:

“Parliamo, dunque.”

“Vi devo delle spiegazioni che probabilmente non vi piaceranno, ma ho bisogno di togliermi questo peso dall'animo.”

“Inizi a preoccuparmi, Blackwall. Che succede?”

Lui prese tempo bevendo un sorso della sua bevanda dal bicchiere di terracotta e poi finalmente iniziò a parlare:

“Quando ero piccolo, una volta dei ragazzi catturarono un cane e lo legarono, con l'intenzione di maltrattarlo, e sapete cosa feci io?”

“Conoscendo la persona che sei, li fermasti, no?”

“No... scappai. Non ho avuto il coraggio né di assistere e prendere parte a quella mostruosità né di chiamare aiuto correndo da mio padre. Fui un codardo che non seppe assumersi alcuna responsabilità. Il cane ovviamente morì e io non feci nulla per evitarlo.”

“Eri un bambino, è comprensibile.”

“No, non lo è! Scappai da ciò che erano le mie responsabilità!”, sbatté il boccale sul bancone della taverna con violenza, tant'è che attirò l'attenzione di altre persone. Charleene, notando il disagio creatosi, gli mise la propria mano sulla sua col fine di calmarlo e il gesto funzionò.

“Blackwall, vedo che questo ti ha segnato particolarmente, ma non capisco cosa tu voglia intendere. Sarebbero queste le tue spiegazioni?”

Lui la guardò fisso negli occhi, vedendo in essi una genuina preoccupazione nei suoi confronti, ma anche una lieve impazienza, causata dall'incomprensione. Avrebbe voluto rivelarle tutto quanto, ma il coraggio gli mancò, perciò l'unica cosa che fu in grado di fare fu stringere forte la mano di lei ancora appoggiata sulla sua e poi andarsene.
L'elfa rimase impietrita da quella sua repentina azione, ma quello stupore venne velocemente sostituito dall'indignazione:

“Seriamente, Blackwall?!?! Te ne vai? Di nuovo?!”

Ma lui ormai aveva già varcato la porta della taverna ed era ormai lontano per sentirla. Basta! Quella era l'ultima volta che avrebbe tentato di capirlo e che avrebbe cercato di rompere quel muro invisibile che lui stesso si era costruito intorno al suo animo. Da un lato le dispiaceva perché in cuor suo sapeva benissimo che Blackwall era un uomo tormentato e che avrebbe tanto avuto bisogno di qualcuno che lo ascoltasse e cercasse di mitigare tali sue frustrazioni. Tuttavia dall'altro lato si sentiva quasi soddisfatta perché, rinunciando a lui, si sarebbe potuta concentrare sul Comandante, verso il quale era ormai consapevole di provare dei sentimenti molto forti, ma che non era ancora certa se fossero ricambiati. La soluzione sarebbe stata un confronto diretto, ma quel giorno era stato già abbastanza lungo e pesante, per cui, vedendo che ormai il sole era prossimo al tramontare, decise di dirigersi verso le proprie stanze con il solo intento di dormire in modo da debellare almeno per una notte tutti questi insidiosi pensieri.

L'enorme portone che conduceva alle stanze private dell'Inquisitore si chiuse, rimbombando fortemente e Charleene salì le scale con lo scopo di raggiungere il proprio letto e dimenticarsi del mondo. Si mise le vesti da notte e si sdraiò, ma il sonno non sopraggiunse: troppi pensieri le occupavano la mente, il principale dei quali era l'imminente ballo tenuto in Orlais dall'imperatrice Celene. L'idea di dover partecipare ad un evento di corte così importante la metteva in soggezione sia perché il dovervi partecipare era principalmente una scusa per poter svelare chi fosse l'attentatore alla vita dell'imperatrice, ma anche per tutti i perfidi occhi nobiliari che l'avrebbero giudicata senza ritegno. D'altronde, prima di essere l'Inquisitore, lei era un'elfa e sapeva bene di che reputazione vivesse la sua razza tra la nobiltà umana dell'Orlais. Era ben consapevole che avrebbe dovuto fare un doppio lavoro quella sera, un incarico che l'avrebbe fatta faticare e non poco, ma non poteva tirarsi indietro.
In quel momento avrebbe tanto voluto che qualcuno la stringesse tra le braccia e le offrisse conforto. Ma che pensava? Qualcuno? Era solo una la persona che avrebbe voluto lì con lei, quell'unica persona che l'aveva fatta sentire realmente amata, desiderata e protetta. Per un attimo, le venne l'istinto di alzarsi e recarsi da lui, ma la sua parte razionale la tratteneva, sussurrandole che era impossibile che la stesse pensando anche lui e che la volesse nel proprio letto, per cui, per quello che sembrò un tempo infinito, Charleene non si mosse. Tuttavia, dato che il sonno non si era ancora deciso a trasportarla nel mondo dei sogni e che la sempre più stretta morsa della solitudine le turbava l'animo, l'elfa non ce la faceva più. Perciò finalmente si alzò, prese una mantella per coprirsi e uscì dalle proprie stanze. Si mosse nell'ombra, grata per il fatto che la sua razza fosse dotata di una vista notturna leggermente superiore a quella delle altre, molto utile per quando si doveva andare a caccia, e in pochi istanti fu dove voleva essere, e a quanto pare non l'aveva vista nessuno. Da un lato era contenta per questo, ma dall'altro era lievemente delusa perché ciò voleva dire che Skyhold, di notte, era meno sorvegliata del previsto.

Un altro punto di cui discutere al prossimo incontro, presumo.

Aprì lievemente la porta, assicurandosi di non fare troppo rumore. Tutto era spento, il che voleva dire che era già andato a dormire, per cui con cautela salì la scala e, quando finalmente fu in cima, lo vide sdraiato. Gli si avvicinò, la luce della luna che faceva risplendere la sua bellissima pelle attraverso le vetrate, e lo osservò, mentre riposava serenamente. Charleene non riuscì a reprimere l'istinto di scostare una ciocca di capelli dorati dal suo volto, ma questo fu sufficiente a far sì che il Comandante si svegliò di soprassalto, afferrandole di riflesso la mano.

“Per il Creatore! Siete voi... cosa ci fate qui? É successo qualcosa?”

Lei notò la crescente preoccupazione che iniziava ad oscurare il bellissimo viso di Cullen e questo la spinse a rassicurarlo, posandogli una mano sulla guancia.

“No, tranquillo.. avevo solo bisogno di vederti. Mi sentivo sola e, anche se stamattina non ci siamo lasciati nel migliore dei modi, speravo che potessi passare la notte qui, con te. Se non vuoi, mandami pure via e non ti disturberò più, ma non riesco a non pensare a te e l'idea di sapere che sei a poca distanza da me, ma non con me, mi fa impazzire. Voglio di più di semplici nottate occasionali di passione. Io voglio di più! Io voglio..-” lo fissò intensamente in quei suoi così attraenti occhi color nocciola - “...te.”

Il Comandante non riuscì a proferire parola, data l'immensa gioia che gli riempì il cuore: i suoi sentimenti erano ricambiati. Finalmente una donna di cui si era innamorato, l'amava a sua volta o comunque desiderava non avere accanto nessun altro se non lui.

L'unica cosa che riuscì a fare fu rivolgerle il più dolce e rassicurante dei sorrisi, prima di accoglierla e stringerla forte a sé.
E fu così che, sdraiati sul fianco, la schiena di lei che appoggiava sul petto di lui e avvolta da quelle poderose e calde braccia, i pensieri che l'avevano preoccuapata svanirono perché ora non era più sola e sentiva che, con Cullen accanto, poteva affrontare tutto, anche la nobiltà orlesiana. Tuttavia, volle una piccola conferma:

“Cullen?”

“Mmh?”

“Verrai con me al ballo dell'imperatrice?”

“Ovviamente, sono uno dei Consiglieri dell'Inquisizione, non posso mancare.”

“Ma ci sarai anche come più di quello? Ci sarai per me?”

“Ogni volta che mi vorrai io ci sarò, Charleene.”

Probabilmente quella fu la prima volta che l'elfa sentì il proprio nome venire pronunciato dalle labbra del Comandante e quel semplice atto la riempì di felicità, tant'è che si girò, in modo da potergli dare un ultimo soffice bacio prima di addormentarsi dolcemente.

   
 
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