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Autore: Mary P_Stark    27/12/2016    1 recensioni
Per chi ha letto "Honey" e desidera rimanere immerso nel mondo di Hannah, Nick e famiglia, ecco una serie di OS dedicate ai vari personaggi della storia. Tra nuovi amori, vecchi amici e piacevoli incontri, ecco cos'è avvenuto prima e dopo la storia narrata in "Honey".FA PARTE DELLA SERIE "HONEY'S WORLD".
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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Quel pizzico d’amore in più – Phill e Bran – Parte 1
(Agosto 2028)

 
 
 
 Kartdromo Atlanta


 
C’era di tutto, in quel garage convertito a box.

Olio motore, lubrificanti per le parti mobili, manicotti in gomma, ricambi più o meno riconoscibili, pneumatici di ogni genere e forma.

Ma, più di tutto, Bran poté notare il fervore dei genitori, Kyle e Sarah, e l’eccitazione del piccolo Lawton, Keath.

Da ormai due anni, da quando ne aveva compiuti quattro, aveva iniziato a farsi strada tra i cuccioli del kart e, da quel momento, ogni week-end era stato speso per la passione di Keath.

Fin dall’inizio, si era dimostrato un piccolo asso del volante e, anche se Sarah tremava ogni volta che vedeva il figlio in sorpasso, neppure lei aveva trovato motivazioni sufficienti per farlo smettere.

E ora quella gara, la prima all’interno del campionato nazionale per la sua categoria.

Keath sembrava un autentico pilota in miniatura, con la sua tutina colorata e ignifuga, il casco scintillante e gli occhietti determinati.

Nulla lasciava pensare che avesse solo sei anni. Solo la sua statura, rivelava la sua età e il suo essere un bambino.

Diversamente, nessuno dei presenti avrebbe pensato che i partecipanti a quella gara fossero dei ragazzini.

Nell’accostarsi a Kyle, che stava controllando la telemetria assieme a uno dei tecnici del team – la V.B. Racing Team – Brandon gli diede una pacca sulla spalla, sorridendo al fratellastro.

“Ehi, ciao! Benarrivato! Vedo che sei riuscito a districarti in mezzo al caos che sta qui dietro!” rise Kyle, tutto sorridente ed emozionato.

Ridendo a sua volta, Bran replicò: “In effetti, mi sono fatto accompagnare da una gentile signora munita di scooter. Credo sia la madre di un rivale di Keath, perciò mi scuso in anticipo se mi sono fatto aiutare dalla concorrenza.”

“Ah, nessun problema, Bran. Qui ci si aiuta, anche se si è avversari” scrollò le spalle Kyle. “Phill non è riuscito a venire? Quel complesso residenziale a Catalina lo tiene veramente impegnato.”

“Stavolta è un altro lavoro. E’ a Mosca per incontrarsi con i capi russi di una multinazionale petrolifera; vogliono costruire una succursale a Sacramento. Dovrebbe tornare domani, se non ricordo male il memo che mi ha mandato” gli spiegò Brandon, lanciando un’occhiata veloce all’orologio.

Mancavano quaranta minuti all’inizio della gara.

“Caspita. E’ sempre più internazionale. Prima, quel progetto a Dubai, poi il cantiere a Pechino per quella nuova passerella pedonale stratosferica… ricordamelo un’altra volta; filtra l’aria satura di smog per i passanti che vi passano all’interno?”

“Esatto. Essendo tubolare, i pedoni sono protetti dagli agenti atmosferici e dallo smog e, oltretutto, i filtri alle pareti purificano l’aria per chi è all’interno. Non male, per quella città così inquinata” assentì Bran, orgoglioso del proprio compagno.

“Un genio, davvero un genio” asserì Kyle, annuendo più volte.

Avvicinandosi al trotto, Keath abbracciò Brandon alle gambe ed esclamò: “Ciao, zio! Phill non c’è?”

“No, mi spiace. Ma gli farò seguire la gara in streaming, te lo prometto” lo rassicurò Bran, prendendolo in braccio.

Keath si strinse a lui tutto allegro e, per l’ennesima volta, Brandon si chiese cosa volesse dire avere un figlio tutto suo da accudire e crescere.

Lui e Phill ne avevano parlato varie volte, nel corso degli anni, e una delle sorelle di Phillip si era anche offerta di fare da madre surrogata per loro.

Alla fine, però, tra i molteplici impegni di Phillip, e il ruolo di primaria importanza nelle pubbliche relazioni per la V.B. 3000 di Bran, tutto era stato lasciato andare per un altro momento.

Brandon, però, cominciava a sentire il tempo scivolargli dalle mani.

Vedere Keath diventare grande alla velocità della luce, oltre a constatare quanto fossero diventati ormai adulti Cameron e Domenic, lo faceva sentire vecchio.

Non che a quarantasette anni lui lo fosse realmente, ma cominciava a sentire l’esigenza di qualcosa in più, nella sua esistenza a due.

Phill era l’amore della sua vita, sarebbe stato sempre così, e adorava alla follia i suoi nipoti.

Eppure…

Il suono della sirena all’interno del kartdromo lo distolse da quei pensieri melanconici e, con un sorriso alla sua famiglia, uscì per trovare un posto sulle tribune.

Avrebbe fatto riprese splendide, per Phill.

 
***

L’orfanotrofio statale di Mosca.

Com’era possibile che quel delizioso bambino fosse finito proprio lì, con la famiglia altolocata e ricca che si ritrovava?

Molto semplice, dopotutto, pur se atroce come risposta.

I suoi genitori non solo avevano perso tutto, investendo nel modo più sbagliato possibile, anno dopo anno, senza alcuna tregua.

Si erano anche invischiati in affari non proprio leciti per salvare il salvabile, e la loro fine era stata delle più miserevoli.

Un colpo alla nuca per entrambi, in una fredda notte d’aprile.

Il bimbo di quattro anni era stato lasciato illeso nel suo lettino, solo e addormentato, in balia di ciò che sarebbe avvenuto in seguito.

Quella storia lo aveva tormentato per settimane, da quando ne era stato messo al corrente da alcuni suoi colleghi russi, e ora si ritrovava con un documento in mano e una domanda in mente.

Come dirlo a Bran?

In fondo, per un passo così importante, avrebbero dovuto discuterne insieme, vagliare le varie ipotesi, scegliere magari un caso più semplice da gestire.

Un luogo più semplice in cui avviare una pratica simile.

Ma quel bambino biondo, con quegli occhi simili a pezzi di cielo, lo aveva fatto innamorare al primo sguardo.

L’avvocato che Phill aveva assoldato per seguire l’iter per l’adozione era stato chiaro.

Non sarebbe stato affatto facile, per una coppia omosessuale – e americana – ottenere l’affidamento di un bambino russo.

Certo, le cose si erano evolute, nel corso degli anni, e la deriva omofobica di Putin, messa in piedi nel decennio precedente, si era un tantino allentata.

Essere omosessuale in Russia non era tutt’ora semplice, e una coppia straniera e omosessuale non aveva un accesso facilitato agli orfanotrofi, in quelle lande.

Phillip, però, non aveva voluto sentire ragioni, e aveva delegato Natasha Graviljiuk di gestire il suo caso.

Ora, però, a mente fredda e con il contatto Skype attivo nell’attesa di vedere la gara di Keath, Phill si sentiva decisamente in colpa.

E anche assai nervoso.

Brandon non sapeva nulla, di quel suo colpo di testa e, pur sapendo quanto Bran amasse i suoi nipoti, non era detto che avrebbe accettato di iniziare quell’iter lungo e niente affatto semplice per ottenere la custodia di un bambino venuto dal nulla.

Come spiegargli ciò che l’aveva mosso, se non lo sapeva neppure lui?

Phillip sapeva soltanto che avrebbe dovuto essere Eric – era questo il nome del bambino orfano – o nessun altro.

Quando infine il viso allegro ed eccitato di Brandon comparve nello schermo del suo palmare, Phill si sentì mancare come sempre.

Per quanti anni fossero passati, l’effetto che Bran aveva su di lui era sempre lo stesso.

Quel momentaneo mancamento, quella stretta al cuore, quei sudori freddi alle mani.

Lo amava al punto tale da non riuscire quasi a respirare, quando era lontano da lui… eppure, aveva agito alle sue spalle.

L’avrebbe mai perdonato?

 
***

Keath aveva vinto.

Alla sua prima partecipazione al campionato di massima serie, lui aveva vinto con un margine di tutto rispetto.

E ora se ne stava lassù, sul gradino più alto del podio, reggendo una coppa che era quasi troppo grande per lui.

Phillip non avrebbe potuto essere più felice, e anche Brandon lo era, almeno a giudicare dalle sue urla sperticate.

Eppure, quando la telecamera si allontanò dal palco e i rumori si attenuarono, Phill capì che il compagno si era allontanato dalla confusione per parlargli.

Non appena rivide il suo volto, ora serio e pensoso, Phillip capì di essere nei guai.

“Ora che la gara è finita, vorrei sapere da te che succede. Ti ho guardato per tutto il tempo, Phill e, Skype o non Skype, si vede quando hai dei pensieri per la testa” lo redarguì gentilmente Brandon, accomodandosi su una panchina.

“Possiamo parlarne quando tornerò a casa. Non è necessario farlo ora” sottolineò Phill, facendo irrigidire di colpo Brandon.

“Che intendi dire?”

Sospirando, Phillip mormorò: “Bran, non guardarmi come se dovessi abbandonarti da un momento all’altro. Non succederà mai, e questo lo sai. Possibile che, dopo tanti anni, soffri ancora di sindrome dell’abbandono?”

“Prendi pure in giro finché vuoi, Phill ma, quando ti vedo con una faccia pesta come quella che hai adesso, i pensieri galoppano in tutte le direzioni” protestò Bran, sospirando. “Dovresti saperlo che ho una fantasia sfrenata.”

Era mai possibile che la sua contrizione si vedesse tanto?

Brandon era sempre stato più sensibile rispetto alla media, ma era anche possibile che Phillip si sentisse così in colpa da non riuscire a mascherare i suoi sentimenti.

Passandosi una mano sui capelli cortissimi e neri, Phillip allora disse mestamente: “Temo di aver fatto una cosa che potrebbe irritarti a morte, Bran,… ma sentivo di doverla fare. Per noi due.”

Accigliandosi leggermente, Brandon si sistemò meglio sulla panchina e brontolò: “Le due cose vanno in contraddizione tra loro, te ne rendi conto, vero? Perciò, sii esplicito, o io penserò alle cose peggiori possibili finché non sarai tornato.”

“Non c’è altro modo per dirtelo, perciò te lo dico così. Ho avviato le pratiche per l’adozione di un bambino” sospirò Phillip, già pronto al peggio.

Brandon, però, non parlò, non si espresse in alcun modo, il suo volto divenne di pietra e, accennando soltanto un assenso, si scusò con lui e chiuse la chiamata.

Phillip non tentò neppure di richiamarlo. Quando faceva così, Brandon desiderava rimanere da solo coi propri pensieri.

E lui l’aveva fatta davvero grossa, stavolta.

Non sarebbe stato facile farsi perdonare da lui.

 
***

Kyle batté una mano sulla spalla del fratellastro e, sospirando, iniziò a sistemare i vari pezzi di ricambio negli scatoloni, aiutato da Brandon.

Keath e Sarah erano in commissione gara, per degli accertamenti riguardanti il comportamento scorretto di uno dei concorrenti.

Nulla che riguardasse Keath personalmente, ma era stata sollecitata la sua presenza come testimone della scorrettezza.

Questo aveva permesso a Brandon di parlare in tutta sincerità al fratellastro che, dopo l’iniziale sconcerto, si era messo a rimuginare sul problema.

Comprendeva bene cosa potesse voler dire, per Bran, ricevere una notizia del genere così di colpo.

Brandon era sempre stato sensibilissimo e, nel corso degli anni, la cosa si era solo trasformata, ma non era scemata in lui.

Adorava il modo in cui trattava Keath, e lo aveva visto crescere Cam e Dom come se fosse stato lui, il genitore dei gemelli.

No, non si poteva certo dire che Brandon fosse privo delle qualità adatte per fare il genitore, perciò Kyle capiva come dovesse sentirsi ora.

Dubitava, comunque, che Phillip fosse arrivato a quella decisione a cuor leggero, e non voleva avercela con lui solo perché Bran era suo fratello, e lui l’aveva fatto soffrire.

Gli doveva il beneficio del dubbio, anche se era difficile, in tutta onestà, concederglielo.

D’altra parte, Brandon amava alla follia Phillip, perciò non poteva neppure sperticarsi in insulti, anche se un bel ‘coglione’, in privato, non gliel’avrebbe tolto nessuno.

“Aspetta che arrivi a casa e, nel frattempo, non fasciarti la testa prima di essertela rotta, Bran. Phill ti ama, e non avrebbe fatto quello che ha fatto, senza una ragione” si concesse perciò di dire Kyle, cercando di metterci tutto il suo affetto incondizionato.

Dov’erano, Nick e Hannah, quando servivano? Lui faceva schifo, nella parte del consolatore.

Se c’era da asfaltare qualcuno, nessun problema, ma così… si sentiva più goffo di un elefante zoppo e cieco in una cristalleria.

Brandon, però, gli sorrise grato e mormorò: “Gli darò il beneficio del dubbio, visto che stiamo insieme da diciassette anni, ma stavolta l’ha fatta grossa.”

“Non posso replicare a questo” assentì Kyle, sorridendo quando infine vide tornare la moglie, Sarah, assieme al loro campioncino. “Allora, tutto bene?”

“Tutto ooookay!” esclamò Keath, mettendosi nella sua posa preferita, quella di Hulk arrabbiato.

Kyle rise, e così pure Brandon ma Sarah colse subito lo sguardo combattuto dei due uomini e, quando fu abbastanza vicina al cognato per sussurrargli all’orecchio, mormorò: “Se vuoi parlarne con me, ci sono sempre, ricordalo, Bran.”

“Lo so, Sarah. Grazie” assentì lui, dandole un buffetto sulla guancia.

Più giovane di Kyle di quasi otto anni, Sarah dimostrava una maturità davvero rara e, fin da quando era entrata nella vita del marito, Bran aveva approvato la sua scelta.

Kyle era sempre stato uno scapestrato per natura, e il suo vero amore era infatti giunto tardi, così come Keath, ma tutto ciò non era stato un problema, per il figlio di Helena.

Lui aveva saputo compensare al meglio gli anni passati a divertirsi in giro, costruendo un rapporto davvero splendido, con la sua Sarah e Keath.

Nessuno avrebbe potuto trovare una coppia più affiatata, se non con l’eccezione di Nick, Hannah e i ragazzi.

Quanto a Bran e Phill, beh, … in quel momento, Brandon era troppo furioso e deluso per pensarci.

Doveva comunque il beneficio del dubbio al suo compagno. Lo amava troppo, per non concederglielo, e così avrebbe fatto.

Sperando che avesse una buona scusa, una buonissima scusa per redimersi.

 
***
 
Non era solito scendere nell’antro semi-segreto di Domenic ma, visto che Brandon non era a casa e, dei coniugi Van Berger, non v’era l’ombra, gli era parso il caso di indagare.

Nessuno di loro aveva risposto alle sue chiamate e, quando era giunto al LAX, Phill non aveva trovato nessuno ad aspettarlo.

Non che si fosse aspettato una reazione diversa, da Bran – stavolta, l’aveva fatta grossa – ma aveva comunque sperato di parlargli.

Nella loro villa di Bel Air, invece, non aveva trovato nessuno e, anche chiedendo ad Andrea e Helena, non aveva ottenuto informazioni utili.

Già pronto a bussare alla porta della ‘stanza dei giochi’ di Dom, vide scomparire il battente scorrevole dinanzi a lui, mentre la voce del nipote lo accoglieva allegra.

All’interno di quello stanzone enorme, dove i computer la facevano da padroni, Phill trovò Domenic, Cameron e Phie.

Questi ultimi due sembravano intenti a combattere una sorta di gioco virtuale grazie ai loro guanti e visori 3D, mentre Dom controllava il tutto dal suo PC stratosferico.

Messo in pausa il programma, Domenic si volse a mezzo sulla sua poltroncina e guardò lo zio, dichiarando: “Bentornato. Pensavo di trovarti già con la testa mozzata o robe simili ma, a quanto vedo, zio Bran non ti ha ancora intercettato con la sua motosega.”

Phillip sospirò allarmato e Cameron, nello sfilarsi il visore al pari di Phie, ghignò all’indirizzo del gemello prima di aggiungere: “L’hai combinata grossa, eh, zio? Non ricordo di aver mai visto zio Bran così furioso… tranne forse quella volta in cui gli ho rubato l’auto, fracassandogliela contro un albero.”

“Quella volta, avevi esagerato” assentì Phie, pur con tono comprensivo.

“Quanto sapete, ragazzi?” domandò loro Phillip, non sapendo quanto dire.

“Ogni cosa” disse allora Domenic, accavallando le lunghe gambe all’altezza delle caviglie. “Lo zio urlava così forte che, anche a porte chiuse, abbiamo sentito tutto. Scusa.”

“Non è colpa vostra. Il colpo di testa è venuto a me” sospirò allora Phill, accomodandosi sulla prima poltroncina libera.

Phie gli si avvicinò saltellando, facendo dondolare la morbida chioma bruna e, nel sorridere amorevolmente allo zio putativo, disse: “Sono sicura che zio Bran capirà, e si calmerà. Le cose che vengono dal cuore, sono sempre le più belle, perciò immagino che sia successo qualcosa di simile, per spingerti a un passo simile senza consultarlo.”

“Credo proprio di sì, tesoro” assentì Phillip. “A proposito… dove sono, tutti? Non ho trovato nessuno, quando ho chiamato.”

Domenic strinse le mani in grembo, asserendo: “Beh, da quel poco che abbiamo capito, papà, mamma e lo zio sono andati a Sacramento. Dalle tue sorelle.”

Impallidendo suo malgrado, Phill esalò: “Allora, sono spacciato. Se non sarà Bran a staccarmi la testa, lo faranno loro per procura.”

“Non sarei così pessimista. In realtà, lo zio voleva vedere Nicolette perché dovevano discutere del regalo da fare a Regina, per il suo matrimonio. Dopotutto, Bran le farà da testimone” replicò Cameron, appoggiandosi disinvoltamente contro la scrivania principale.

Già. Sua nipote si sarebbe sposata a breve, e Brandon sarebbe stato il suo testimone.

Regina aveva sempre adorato Brandon.

Passandosi una mano tra i capelli cortissimi, Phillip asserì: “Credo proprio che dovrò raggiungerli là. Non posso procrastinare oltre.”

“Hanno detto che sarebbero tornati in un paio di giorni. Volevano rimanere un po’ là per stare con Regina, poi sarebbero tornati” lo informò allora Domenic, fissando lo zio con aria dubbiosa. “Sei sicuro di volerti mettere in auto, quando sei chiaramente in stato di agitazione?”

Phill sorrise nonostante tutto, niente affatto stupito che Domenic fosse così percettivo e maturo. Lo era sempre stato.

“Non devi preoccuparti per me, Dom. Inserirò il pilota automatico nell’auto, così non commetterò sciocchezze” lo rassicurò lui.

“Beh, se permetti, preferisco dargli un’occhiata, prima. I GPS hanno avuto alcuni problemi, in questi mesi, e non vorrei che l’auto ti portasse a Bar Harbour, invece che a Sacramento” dichiarò a quel punto Domenic, levandosi in piedi non prima di aver lanciato un’occhiata al gemello, che assentì.

Non appena il fratello se ne fu andato, Cameron disse: “Senti, zio… io e Dom, e anche Phie, volevamo dirti che a noi piacerebbe se voi adottaste un bambino. Sarebbe carino avere un cuginetto piccolo da accudire. Oltre a Keath, ecco…”

Phillip sorrise al nipote e alla giovane che lui considerava tale, pur non essendola e, annuendo, mormorò: “Grazie, Cameron. Mi fa piacere saperlo. Ora, dovrò solo convincere Bran che non ho voluto lasciarlo fuori da questa decisione di proposito.”

“Beh, diciamo che hai scelto la strada più difficile per farlo, zio, ma non credo che tu sia uno che si arrende al primo ostacolo, no?” ironizzò Cam, levando una mano per battere il cinque con Phillip.

“No davvero” sentenziò l’uomo, sorridendo a entrambi.

Si sarebbe scusato con Brandon, anche strisciando ai suoi piedi, se necessario ma, alla fine, gli avrebbe fatto capire cosa lo avesse spinto a quel gesto improvviso.

Eric ne valeva la pena, e lui avrebbe lottato con le unghie e con i denti per averlo.

Per entrambi loro.







Note: Prima parte di questa doppia OS dedicata a Phillip e Brandon, e al momento in cui Eric fece i primi passi per diventare un membro effettivo della famiglia Van Berger. Come potete vedere dalla data - 2028 -, l'iter si protrarrà per diverso tempo (mi riferisco agli eventi di "Sakura" [anno 2034] dove si specifica che Eric fa parte della famiglia da due anni) e, in questo periodo, Phillip e Brandon dovranno lottare contro ipocrisie, burocrazia e disguidi per avere il loro bambino.
Spero che questo ritorno a due personaggi molto amati della storia, possa accompagnarvi verso un - si spera - meraviglioso 2017.

 
  
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