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Autore: flama87    29/12/2016    1 recensioni
Ogni trecentosessantacinque anni, il Dio Sole sceglie una donna mortale da sposare e la indica ai fedeli con il suo Stemma. Quando il tempo è giunto, gli abitanti del regno di Lactea sono obbligati a consegnarla all'Ordine, il quale permetterà alla Dama Bianca di convolare a nozze con la divinità.
Eppure della Ventiquattresima Sposa non vi è alcuna traccia, il tempo del Viaggio di Nozze è oramai vicino. Impauriti davanti all'idea d'infrangere l'antica alleanza e non volendo incorrere nelle ire divine, il Sovrano di Gennaio e il Sommo Cardinale d'Agosto daranno il via a una caccia agli eretici sanguinosa e cruenta.
E se fosse la Sposa a non voler essere trovata?
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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16.1 Qualche rintocco più tardi

 

Sebastian aprì gli occhi e sentì la testa vorticare. Gli bastò davvero poco per accorgersi che era in bilico su di un pezzo di roccia, che sporgeva dalla parete di quello che era un profondissimo dirupo. Tentò invano di guardare in alto ma, oltre alle mura della vecchia città, non riuscì ad intravedere molto altro.

"Non ricordavo fosse così alta". Diede un nuova occhiata in basso; non riusciva a vedere la fine, ma distingueva, nitidamente, il suono di un ruscello.

«Non sporgerti, potresti cadere» si ripeté. Scoprì con enorme disappunto che si era fratturato un braccio; le costole, forse per far compagnia all'arto, avevano preso a fargli male. Digrignò i denti e cercò di rimettersi in piedi. Un colpo di vertigine per poco non lo fece ruzzolare nel vuoto. Fu così che si accorse dell'altro: stava con un punzone di roccia conficcato su per il petto. Era rimasto impalato durante la caduta, concluse il brillante investigatore. "Nemmeno il grog giù nei bassifondi ti apre un buco così", ridacchiò l'assassino.

«Non ridere di me, potresti essere al mio posto a breve» gli rispose l'uomo rimasto infilzato. Sebastian sbarrò gli occhi.

«Sei un bastardo coriaceo».

«E tu parli molto per essere un sicario».

«Le parole a volte sono più taglienti di una lama, non lo sapevi?»

«Allora la tua lama deve essere di qualità scadente: c'è voluta una roccia per mettermi fuori gioco».

«Oh questa è la cosa più vicina al ferirmi che tu sia riuscito a provocarmi, da quando abbiamo iniziato a duellare!»

«Allora starò qui a crogiolarmi della mia vittoria».

«Se rimanere incastrato in un pezzo di roccia è confortevole, fa pure».

«Non sarò mica solo. Tu sei intrappolato qui con me».

«Tu dici? Ho un braccio rotto ma l'altro mi basta per trovare come andarmene».

«Non sto parlando del tuo corpo, Serpe Nera».

«Aspetta... non ti ho mai detto il mio soprannome, come fai a saperlo?»

«Non è il tuo corpo che sta marcendo su questo pezzo di burrone, Sebastian. Ma la tua mente».

«Cosa vai blaterando?»

«Non te ne sei ancora accorto...»

«Di cosa? Parla!»

«Che stai sprecando fiato con un cadavere».

Sebastian fece un passo indietro. Rabbrividì. Gli occhi freddi del suo nemico giacevano immobili e privi di luce, indirizzati altrove. Le sue mani si stringevano in un ultimo spasmo contro la punta che gli trafiggeva il cuore. La bocca, distorta in una smorfia di dolore, accompagnava i solchi scavati dalle lacrime; chissà a chi aveva rivolto i suoi ultimi pensieri, prima di spegnersi.

Sebastian iniziò a tremare. Si guardò attorno furiosamente. Non amava le tenebre o le ombre. Qualcosa di oscuro e maligno si annidava nelle parti più buie, in quegli anfratti dove nemmeno il divino Sole aveva coraggio di arrivare.

«Non devi aver paura. Vieni, ti aiuto io».

L'assassino ebbe un sussulto. Stava già estraendo la sua spada ma si fermò, non appena incrociò lo sguardo profondo di lei.

«Qui c'è un piccolo passaggio. Lo usano le Orme Bianche per spostarsi, vieni». Una fune discese da quella che, ad occhi e croce, sembrava una finestra.

"Una finestra? Nella parete rocciosa?" Afferrò l'appiglio con un braccio e balzò. L'altra lo afferrò per una spalla e, spingendo con tutte le sue forze, aiutò il goffo tentativo del sicario di mettersi in salvo.

Appena al sicuro, Sebastian poté notare che c'era davvero una finestra, che si affacciava dalla parete del burrone. D'altronde, era appena atterrato in un corridoio.

"Questa è un'opera architettonica, scavata nella montagna?! Di mai avrebbe potuto creare una cosa simile?"

«Ditemi messere, cosa ci facevate sopra quel pezzo di roccia, a strapiombo sul niente?»

La voce di lei accompagnava un gesto delicato della mano, volto a spostare i capelli biondi dal viso. Era giovane. Forse aveva meno di venti danze. Il seno era ancora acerbo e le sue grazie a stento si palesavano oltre le vesti bianche. Particolare che sorprese Sebastian, a cui però non prestò subito necessaria attenzione, era che la ragazzina sembrava indossare un vestito da sposa. Anche se questo era sgualcito e malridotto. Sul collo, visibile, lo stemma del Sole. "Impossibile... la Sposa è..."

«Messere, qualcosa non va?» incalzò lei.

«Scusami, perdona la mia maleducazione. Io sono Sebastian e ti ringrazio per avermi aiutato».

«Io sono Eva. Non potevo lasciarti lì. Ti ho sentito parlare, pensavo non fossi solo; mi spiace per il tuo amico».

«No lui non», si fermò di colpo. «Si, dispiace anche a me». Non c'era bisogno di dire altro alla fanciulla. Piuttosto, cercò di indagare. «Puoi dirmi dove siamo?»

«Questi sono degli antichi passaggi costruiti danze addietro per permettere il passaggio delle Orme Bianche».

"Ah. Quindi c'è un intera galleria sotto la capitale per quei piccolo sgorbi". «E tu come mai ti trovi qui?»

«Ci abito!» fece lei, sorridendo.

«Tu abiti qui? Tra le Orme Bianche?»

«Si, si. Quando mi sono destata, mia madre mi ha gettato nel grande fiume rosso e le Orme mi hanno raccolta. Da allora, sono la loro dama di compagnia. Mi hanno dato anche questo vestito. Ti piace?»

«È molto bello. È un abito da sposa».

«Lo so! Ma non è mio», ridacchiò lei. Fece segno a Sebastian di seguirlo. Insieme si incamminarono per chissà dove. «Era il vestito della Prima Sposa, che è rimasto nelle profondità della capitale, dal tempo in cui lei maritò il Sole».

«Dove lo hai trovato?»

«Me lo hanno regalato le Orme Bianche!» si avvicinò a una delle statue fosforescenti e le carezzò il viso. «Le Orme Bianche amano la Prima Sposa. Quando mi salvarono, dissero che io ero uguale a lei. Mi diedero questo vestito per poter realizzare statue sulla Prima Sposa con maggiore precisione, perché la sola memoria di lei non li aiutava».

«Quindi tutte quelle statue presenti praticamente ovunque...»

«Sono tutte statue della Prima Sposa».

«Ma non hanno il simbolo del Sole, però».

Lei allora sfiorò il marchio sul collo e replicò: «Non vogliono che l'Ordine gliele distrugga. Se mettessero il simbolo, il Sommo Cardinale d'Agosto andrebbe in collera e le farebbe distruggere».

Sebastian restò di stucco. «Il Sommo Cardinale sa di te?»

«Certo!» cinguettò lei. «Lui mi ha concesso di restare qui e indossare questo abito! Dice che verrà a prendermi quando sarà il momento, perché è mio destino sposare Surya!»

"Surya?" «Ascoltami, possiamo cercare un posto dove ripararci? Ho bisogno di sistemarmi questo braccio. Lì potremo parlare di tutto quello che vuoi. Ti farò compagnia».

«Va bene messere! Seguitemi. Vi poterò a casa mia!»

E insieme discesero ancora più nel profondo. Mentre seguiva la giovane fanciulla, Sebastian vide le Orme Bianche che risalivano verso l'alto. In un primo momento fu sorpreso, ma si accorse che quegli esseri deformi non solo lo ignoravano ma, anzi, passavano di fianco a lui e alla fanciulla come se non esistessero.

Tante cose gli sembrarono assurde, e nutrì tanti dubbi su quello che gli stava accadendo. Tuttavia, doveva prima curare il braccio. Avrebbe pensato poi al resto.

 

16.2 Nel frattempo

 

Rosanne si sentiva a pezzi. Quel maledetto arciere l'aveva scaraventa dall'alto della torre. Per fortuna, dal lato più vicino al tetto della chiesa. Per sfortuna, il tetto era così vecchio e logoro che si era sfondato quasi subito. Per fortuna, era precipitata prima che il fulmine scoccato dal niente potesse incenerirla. Per sfortuna, questo non era bastato a impedirle di sbattere contro qualcosa. Ma almeno quel qualcosa l'aveva afferrata subito.

Si rialzò lentamente, facendosi forza sulle funi, che a loro volta si facevano forza tenendo in piedi tutta l'impalcatura di legno che circondava la struttura. Quel maledetto arciere e il suo compagno chissà quanto tempo avevano spesso per creare tutto quel sistema di passerelle, corde e scale. Al centro, un gigantesco candelabro pendeva per miracolo sul vuoto, come se aspettasse di cadere in picchiata su una potenziale preda. Notò solo dopo che alcune corde erano fissate in modo tale che, con un semplice colpo, fosse possibile far precipitare tutto sopra un ignaro passante. Per fortuna che il fulmine di prima aveva distrutto anche quella trappola; ne rimaneva ben poco, sospesa nel vuoto.

"Cosa nascondono in questo posto per difenderlo così tanto?". La chiesa era in condizioni pessime: molte colonne erano crollate, del tetto rimaneva poco e niente. Metà delle impalcature era stata travolta dal crollo di poco prima. Alzò lo sguardo, dato che buona parte del tetto non c'era più, sia perché crollato, sia perché era stato disintegrato.

«Dove sarà Mithra? Non posso continuare la missione senza di lei!»

Mentre cercava di trovare un punto di visuale, dalla quale potesse capire cosa ne era stato della sua amica, Rosanne udì suoni di passi. Si distese allora, appiattendosi il più possibile sulla passerella, e sbirciò in basso.

Li vide raccogliersi uscendo da quasi ogni genere di pertugio possibile. Alcuni non più grandi di fanciulli di primo pelo, altri poco più alti che di adolescenti ancora imberbi: stavano rapidamente raccogliendosi sotto le navate della chiesa, vicino al grande altare in rovina. Coperti di vesti bianche e incappucciati, emettevano strani canti con le lor voci stridule. Le Orme Bianche s'agitavano inferocite, raggruppandosi come per iniziare una battuta di caccia, armati di coltelli neri. Rosanne allora comprese che stavano risalendo da chissà dove al solo scopo di catturare lei, Mithra e Sebastian. Così guardò l'enorme candelabro, optando per la più rischiosa delle idee: attirare la loro attenzione. Le bastò un semplice colpo per compromettere quel poco che ne restava. Il tintinnare del bronzo nella sala echeggiò, mentre lei prese a strillare dal suo posto.

«Sono qui maledetti! Sono qui! Volete un pezzo di me? Venite a prendermi!»

Così corse più che poté sopra quelle traballanti passerelle, sperando che l'impalcatura di fortuna non decidesse di cedere così, di punto in bianco. Le Orme, visibilmente innervosite, abboccarono alla provocazione e iniziarono a correrle dietro. Rossanne però non aveva considerato che quegli esseri fossero nativi del posto: conoscevano a menadito la struttura e, peggio ancora, stavano arrampicandosi come scimmie sull'impalcatura, usando le funi e i detriti senza affanno. La donna ebbe a malapena il tempo di guardarsi intorno che stava già per essere accerchiata. Fu in quel preciso istante che notò un particolare di quella chiesa che, prima, aveva scioccamente ignorato. Quindi afferrò una fune e, con un colpo di lama, tagliò le corde che reggevano la struttura in legno, già traballante. Aggrappata alla liana di fortuna, balzò verso la parte del matroneo che sovrastava il presbiterio. Se nella Grande Cattedrale il matroneo era un elemento decorativo e architettonico, in quella chiesa antica era, invece, una vera e propria tribuna, con tanto di colonne e archi.

La parte che sovrastava il presbiterio presentava un arco ampio quanto l'intera struttura, o ciò che ne rimaneva; da lì poteva saltare su uno dei due amboni: la piccola tribuna sopraelevata in marmo, sulla sinistra, dedicata alla lettura dei testi sacri, era chiusa da un parapetto solo su tre lati, mentre il quarto, normalmente aperto su scala, era stato distrutto dal crollo e permetteva di arrivare all'altare tramite una comoda scala di detriti.

In pochi attimi, Rosanne si trovò al pian terreno, intanto che le creature minute e deformi stavano riprendendosi dalla rovinosa caduta; secondi assai preziosi che la donna utilizzò per cercare una nuova via di fuga.

Per sua fortuna, Rosanne sperimentò per la prima volta quello che era chiamato ascensore: un intricato sistema di catene facevano salire e scendere una pedana, non appena si premeva un grosso tasto centrale, sulla base della struttura. Per sua sfortuna, non aveva la più pallida idea di dove l'avrebbe condotta quell'aggeggio.

 

16.3 Qualche rintocco più tardi

 

Mithra aprì gli occhi. Credette di essere scivolata nel falso sonno per un tempo indefinibile. Si sentiva stanca ma sapeva che non poteva e non doveva fermarsi. La luce del divino stava scemando e una sensazione di freddo la aggredì. Sapeva che aveva poco tempo, prima che i Patti giungessero e il buio rendesse più complicato muoversi in quell'ambiente sconosciuto.

Si fece forza e si rimise in piedi. Scoprì che, all'interno della torre, un intricato sistema di funi e assi di legno formavano una sorta di impalcatura di fortuna. Evidentemente quell'arciere e il suo compare non si erano limitati solo a costruire trappole, ma anche a facilitarsi gli spostamenti sia fuori che dentro quella chiesa. A causa del crollo dell'esplosione di poco prima, nonostante la parte di torre crollata fosse precipitata nel vuoto, il passaggio che dava all'interno della struttura religiosa era stato danneggiato. Tuttavia, una lunga scala di legno scendeva comunque verso il basso; Mithra non esitò a prenderla, ritrovandosi presto in un'area all'aperto. Da quel punto, uno ponte di mattoni e roccia collegava ad una seconda struttura, visibilmente più antica.

La giovane guerriera scoprì le vestigia di un'altra chiesa, forse precedente a quella dov'era appostato l'arciere, che collegava a un'area completamente nuova e diversa. L'intera struttura era suddivisa in tre piani: il primo con un piccolo altare intatto ma spoglio; il secondo era stato usato dall'arciere e il suo compagno a mo' di alloggio, date le vettovaglie, i letti e il falò ancora accesso; l'ultimo era invece un enorme sala completamente vuota, che sbucava addirittura in una foresta.

«Che posto è questo?» fece dubbiosa Mithra. Allora prese la mappa che aveva lasciato Mizar, e usò l'ultimo sprazzo di luce solare per farla apparire nel retro della lettera.

«Stando a quello che dice la mappa, il posto che cerco è sotto la Grande Cattedrale. Ma forse non intendeva delle segrete... forse per sotto intende, letteralmente».

Alzò lo sguardo e confermò che, nonostante la Grande Cattedrale non fosse più neanche visibile, i profili delle mura della città e di alcuni tetti facevano supporre che fosse scesa molto in basso.

La capitale di Ras Alhague era stata eretta su sette colli, con quello centrale più in alto degli altri. Tra questi, scorreva un fiume che, evidentemente, con il trascorrere di migliaia di danze aveva scavato un burrone direttamente nella nuda roccia. Nei dintorni della capitale, visibile dall'alto della città, si estendeva una lunga foresta nera, che attingeva dal fiume e dal lago più a sud le risorse; e a sua volta ne donava dalla città, giacché una parte del bosco era già stata vittima dei taglialegna.

«Secondo le leggende, la dimora della Prima Sposa si trova esattamente sotto la Grande Cattedrale. I primi insediamenti furono costruiti attorno ad essa, e suppongo corrispondano alla vecchia città che abbiamo attraversato. Successivamente, la Grande Cattedrale è stata eretta, dicono, sul punto esatto dove dovrebbe trovarsi la mitologica casa della Prima Sposa.

Ma se la mia ipotesi è corretta, la capitale e la Grande Cattedrale sono state costruite sopra la casa della Prima Sposa, poiché essa in realtà si trova ai piedi dei sette colli. Cioè dove sono io!»

Decise allora Mithra di inoltrarsi nel bosco. Scoprì, con sua enorme sorpresa, che questo si ergeva su una serie di burroni, strapiombi e zone rocciose. L'intera capitale, nel corso delle danze, si era ritrovata non più sopra sette colli ma su sette monti; dal momento che, mai prima d'ora, Mithra aveva avuto una così vasta sensazione di muoversi in verticale, anziché in orizzontale. Invece di avanzare, tutto ciò che aveva fatto fino ad ora era stato scendere. Sempre più in basso.

Fu costretta, col sopraggiungere dei Patti, a soffermarsi in una caverna. Accese un falò raccogliendo rami secchi, foglie e usando un fiammifero; si sistemò vicino al fuoco e attese che le luci dell'indomani le consigliassero di rimettersi il viaggio. Questa volta il falso dormire le risultò più piacevole, e non si curò nemmeno di trovarsi in una grotta in mezzo ad un bosco tetro.

   
 
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