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Autore: vero511    30/12/2016    2 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Ellie! Fortuna che sei arrivata, oggi Zack è piuttosto nervoso”. Questa mattina Alex ha fatto i capricci e non sono riuscita ad arrivare al lavoro in anticipo come al solito. “Buongiorno signore” una voce famigliare dietro di noi, attira la nostra attenzione. “Matt, che diavolo ha Evans?” guardo la mia amica e l’uomo ora di fronte a noi incuriosita, senza capire cosa stia succedendo. “Ah non preoccupatevi, gli passerà. Spero”. L’ultima parola esce appena in un sussurro e gli lancio un’occhiata eloquente prima che si volatilizzi. “Jennifer ecco dove eri! Ti stavo cercando. Stranamente in compagnia della Wilson vedo… vai subito nel mio ufficio, arriverò tra poco”. Definirlo scorbutico sarebbe riduttivo. Sto per ribattere come mio solito, ma quando osservando Jen, capisco che non è il caso. Faccio come mi è stato ordinato e mi dirigo verso l’ufficio del capo con le ginocchia di gelatina; non so se mi tremino per il nervoso o per l’ansia di aver fatto qualcosa di sbagliato. Se non avessi Alex, la parte più rabbiosa di me predominerebbe su quella pavida, ma ora non posso proprio permettermelo. “Ellie” oh, ma guarda chi si rivede dopo quanto…due minuti? “Matt” pronunciare il suo nome è strano, fino a poco tempo fa mi pareva una così bella parola da urlare per le strade, un bel nome per una bella persona. Questo sentore di stranezza a quanto pare non lo provo soltanto io, dato che al solo udire la mia voce, lo vedo sussultare. “Devi andare da Zack?” mi domanda dopo un po’, distogliendo la mia attenzione dal pavimento lucido. “Si” così ci dirigiamo insieme nel luogo in cui siamo desiderati e Matt mi invita a sedermi su una delle due poltrone davanti alla massiccia scrivania. Cade un silenzio pesante tra noi. Vorrei domandargli il perché di questo suo cambiamento improvviso nei miei confronti, capire quale motivo lo ha spinto, non solo ad ignorarmi, ma a trattarmi come se non fossimo mai stati “amici” o quasi. Quando sto per decidermi a dare voce ai miei pensieri, vengo preceduta. “Come sta Alex?” sembra veramente interessato, e la sua non pare una semplice domanda di cortesia. “Bene, ha fatto un po’ i capricci questa mattina”. Mi lascia un cenno, come una costatazione finché il silenzio non ridiscende su di noi. Siamo entrambi persi nelle nostre riflessioni: devo ammettere che ho apprezzato la sua preoccupazione dei confronti del bambino. Mio figlio è decisamente il mio punto debole. Alla fine decido di meritare una spiegazione e ritengo giusto dare a lui la possibilità di fornirmene una. Ancora una volta, mentre sto per liberare i miei pensieri, vengo interrotta. La causa però è diversa: Zack è appena giunto nello studio sbattendo la porta. Sobbalzo e Matt stacca le ampie spalle dalla parete su cui era appoggiato, per seguire l’amico verso la scrivania. Non so esattamente cosa dovrei dire, forse confido nel buon cuore dell’uomo accanto a me, sperando che gliene sia rimasto, e attendo che sia lui ad approcciare per primo con il capo. Come se mi avesse letto nel pensiero: “Allora Zack, di cosa avevi bisogno?” l’aria sembra comprimere la mia pelle e non riesco a comprendere cosa possa rendere un uomo tanto nervoso. Sarà andato in bianco. La Thompson lo avrà stressato di prima mattina. Magari ha finito il latte e non ha potuto fare colazione. Poi noto un gesto che non mi è nuovo: l’uomo dagli occhi di ghiaccio tenta di stringere e ruotare qualcosa sulle sue dita, ma senza riuscirci. L’anello. I suoi tratti si induriscono ancora di più e le sue iridi diventano incandescenti. Scaglie fredde sembrano trafiggermi in ogni dove. Devo trovare il modo di farglielo avere senza fargli scoprire che lo avevo io. “Ho dei documenti da darti Wilson, ma ho bisogno che Matt ti aiuti” porge un fascicolo all’uomo accanto a me e quest’ultimo, dopo aver letto la prima pagina, annuisce. “Devono essere pronti per le sette di questa sera”. Detto ciò, si alza e ci invita ad uscire per iniziare il nostro incarico.

Dopo ore di estenuante lavoro e un panino al volo, mi lascio andare sulla sedia del mio ufficio, sfinita. “Ne abbiamo ancora per molto?” sbuffo. “Temo proprio di sì. Se Zack non fosse così nervoso, l’avrei convinto a darci più tempo…” “Ha il ciclo per caso?” Non l’ho detto davvero, non posso averlo detto. Datemi una pala, così posso sotterrarmi e mettere fini ai miei tormenti. Calma Ellie, è la stanchezza. Matt mi osserva per un momento, interrompendo ogni altra sua azione, per poi scoppiare in una fragorosa risata. È contagiosa e calda, proprio come la ricordavo. “No, non ha il ciclo. Fidati, è la persona più lontana dall’essere una femminuccia che io conosca”. Mi fido, mi fido. “Sai, non voglio giustificarlo…” riprende con tono più serio. “Ma ha perso una cosa molto importante per lui”. “L’anello…” Il mio filtro bocca-cervello a quanto pare si è autodistrutto e solo nel vedere il suo volto confuso mi rendo conto di ciò che ho detto. “Come lo sai?” “M-mi sono accorta prima, durante l’incontro, quando lo cercava al dito”. “Sei una buona osservatrice”. Sono le ultime parole, prima di continuare con le nostre scartoffie. Inutile dire che non sono più concentrata come prima, e dentro di me, stanno combattendo per uscire due domande: qual è il significato di quell’oggetto? Perché è così importante? Matt non credo mi darà mai le risposte che cerco. Ma anche se so di dover riconsegnare il gioiello al suo proprietario, non posso fare a meno di pensare che sia un buon pretesto per saperne di più sul suo passato. “Perché un semplice anello è così importante?” A breve farò la stessa fine del mio filtro sopracitato se vado avanti così. “Zack non è superficiale come si potrebbe pensare. Quell’oggetto arriva da una persona a lui cara che ora non c’è più”. Sinceramente avevo supposto qualcosa di simile, un classico. Dalla mia espressione, il ragazzo sembra comprendere che non sono del tutto appagata da quella breve ed evasiva spiegazione. “Suo nonno. Stavano sempre insieme quando Zack era piccolo e i suoi genitori erano impegnati per questioni di lavoro”. Ciò non mi porta da nessuna parte concretamente, ma la consapevolezza di doverlo restituire dilaga dentro di me. “Non ha idea di dove potrebbe essere?” “Mm…no. Mi ha detto soltanto che ieri è andato a far compere e potrebbe essergli caduto in un qualsiasi negozio. Credo sia questo a renderlo così nervoso. L’idea che probabilmente non lo ritroverà mai più”.

Non ha importanza il mio piano, non ha importanza se sono stata trattata come uno zerbino da un ricco, spavaldo, troglodita. Dimenticavo bellissimo, ma pur sempre idiota. Non voglio essere una ladra, non voglio abbassarmi a certi livelli. Farò ciò che è giusto e ridarò ciò che non mi appartiene. Naturalmente fingerò di averlo trovato per caso. Voglio lasciare Alex fuori da questa storia. Jennifer è convinta che riceverò una promozione per aver ritrovato l’oggetto del desiderio del capo, io invece credo che sia una situazione decisamente surreale. Ma a quanto pare, sono l’unica a pesarla così data la scena che mi si para davanti: una Jessica su di giri volteggia attorno a Zack. “L’ho trovato!” urla estasiata e l’uomo, nonostante un principio di scetticismo, scioglie i muscoli tesi delle spalle quando la ragazza gli mostra il palmo della mano. Cerco di sporgermi verso di loro per capire cosa stiano osservando con così tanto interesse. “Be cosa aspetti? Indossalo!” la voce squillante della Thompson mi perfora i timpani, ma non ci penso più quando vedo un grande anello al dito del capo. Fermi tutti. Tutto ciò non è possibile. Porto una mano nella tasca per assicurarmi che sia ancora lì e che non me lo sia semplicemente sognato. Eccolo. Accarezzo il metallo freddo e duro che mi riporta alla realtà.

Dopo la scenetta da film di ieri sera, Zack sembra aver cambiato umore e sebbene ciò renda contenta me e tutti i numerosi impiegati che da questa mattina vengono trattati più gentilmente, non mi sento tranquilla. È tutto sbagliato. Se il capo ha un valore affettivo con l’anello è giusto che gli venga restituito l’originale. “Dovresti andare da lui e ridarglielo. Tu hai la coscienza pulita, è quell’oca che vuole solo approfittarsene” Jen è a dir poco furente. Non concepisce l’idea che Jessica riesca ad averla sempre vinta. “Ha fatto una cosa meschina e per questo deve pagare!” “Chi deve pagare cosa?” Matt interrompe la nostra conversazione e ci fa sobbalzare per lo spavento. “Matthew Gerald Smith, ti pare questo il modo di arrivare?” “Gerald?” dico trattenendo una risata. “È il nome di un prozio andato in guerra. E comunque, grazie Jennifer”. Le lancia un’occhiata capace di incenerire, ma su di lei sembra non avere alcun effetto, anzi. “La prossima volta impari a farmi spaventare” “E va bene tregua. Chiedo venia” alza le mani in segno di scuse per poi sedersi accanto a noi. “Ora posso sapere di chi state programmando di sbarazzarvi e il motivo di ciò?” Sono reticente all’inizio, ma come ha detto la mia amica poco fa, il mio animo è in pace. Racconto a Matt la verità, o per meglio dire, la versione che verrà esposta anche a Zack. A quanto pare è perfettamente d’accordo con Jennifer e deduco che neanche a lui stia troppo simpatica Jessica. “Non pensavo la odiassi tanto” affermo. “È una piovra. Mi rende la vita impossibile da quando l’ho rifiutata.” “Tutti cadono ai suoi piedi, ma il grande Gary è riuscito a resisterle?” lo guardo scettica accavallando le gambe e appoggiandomi allo schienale della sedia, mentre Jennifer mi lancia uno sguardo fiero. A Matt va di traverso il caffè nell’udire il nomignolo e comincia a tossire. “Sai, Ellie, non amo le voci stridule”. Dal suo tono velato posso percepire una malcelata  accusa. “Io non ho una voce da oca”.  “Dì a Zack la verità e io smetterò di dire che hai una voce da oca”. “Mi stai ricattando per caso?” mi osserva con attenzione e quando apre la bocca per parlare, resto spiazzata:”Quack”.

Stupido Matthew Gerald Smith, stupide oche, stupido anello e stupida me. Anzi stupido universo…no, no. Stramaledettissimo karma. La porta dell’ufficio di Zack è aperta e al suo interno intravedo quell’essere viscido in compagnia dell’uomo dagli occhi di ghiaccio. Sto per fare il mio ingresso, ma il mio istinto mi consiglia di origliare un briciolo di conversazione per capire fino a che punto può arrivare quella donna. “Grazie per averlo ritrovato, è molto importante per me”. Che lui dicesse proprio a lei una cosa del genere non me l’aspettavo. “Oh, ne sono consapevole”. Sono veramente molto vicini e lei sta accarezzando il suo avambraccio. “Dov’era?” A giudicare da quello che vedo, lei non vede l’ora di saltargli addosso, mentre lui sembra aver voglia di parlare. Strano. Pensavo fosse un tipo che passa direttamente all’azione. Temporeggiare non ha senso. Teoricamente non dovrebbe esserci più nessuno a quest’ora e non credo siano persone che si facciano problemi ad usare una scrivania. Oh che schifo, ma che diavolo mi salta in testa. ”Penso che tu l’abbia lasciato da me dopo…beh…tu sai cosa…” la sua voce si fa ancora più languida e io sto per rigurgitare tutti i litri di caffè che ho consumato durante tutti il giorno. Devo intervenire prima che avvengano atti osceni davanti ai miei poveri occhi. Mi schiarisco la gola per attirare la loro attenzione e Zack allontana la piovra con una lieve spinta. “Mi scusi Signor Evans, Mat- Smith, Smith mi ha detto che potevo trovarla qui” “Al momento sono un po’ impegnato, nel caso non se ne fosse accorta”. Oh ma guarda tu questo essere malefico. Non lo sopporto! E io che sono qui per una gentilezza. “Sì, stavamo trattando importanti questioni. Quindi ti conviene tornare domani”. Figuriamoci se l’oca non si intromette in affari che non la riguardano. Mi faccio forza e traggo un profondo respiro. Quest’uomo non merita il mio animo buono e questa donna non merita il mio notevole autocontrollo. “Veramente si tratta di una questione della massima urgenza”. “Qualsiasi cosa, può attendere domani” mi impone con sguardo glaciale, accompagnandomi verso l’uscita. “Anche l’anello di tuo nonno?” Tanto mi devo autodistruggere no? Al diavolo le forme di cortesia! “Di che accidenti stai parlando?” mi stringe il polso in maniera quasi dolorosa. “Se mi lasciassi, potrei farti vedere”, molla la presa e io ritraggo velocemente la mano per portarla alla tasca dei miei pantaloni. Scorgo un livido sul mio avambraccio e la mia furia diventa indomabile. “Questo è l’anello originale, se non sei troppo ottuso per renderti conto quello che porti al dito è solamente un falso. Valore affettivo eh? Non sai nemmeno distinguere ciò a cui tieni davvero” glielo poso sul palmo in malo modo ed esco a passo spedito. Riusciremo mai a fare una conversazione senza sbranarci? No, non finché lui continuerà ad essere ciò che è. “Aspetta” lo sento dietro di me, ma continuo a camminare. “Ellie” il mio nome mi fa venire i brividi pronunciato in quel tono di supplica, ma non mi fermerà. Una fitta al polso mi costringe ad arrestare la mia marcia e gli dono uno sguardo in cagnesco, privo di ogni controllo. “Ahia. Mi stai facendo male” gli faccio notare con rabbia. Mi guarda confuso, senza capire, poi rompe l’ultimo contatto fisico tra noi e scende il gelo. Non siamo lontani, anzi tutt’altro, ma non un millimetro dei nostri corpi si sfiora. Restiamo così a guardarci, senza dire nulla.  I respiri affannati producono l’unico suono. “Io…” sembra un cucciolo ferito, ma ne ho viste tante di persone come lui. Non sono intenzionata a cedere. “Tu cosa?” lo sprono, fredda, la voce più ghiacciata del colore dei suoi occhi. “Grazie”. Se fosse un film strappalacrime, ora rimarrei sorpresa dalla sua parola, mi scioglierei e mi lascerei abbindolare. Ma la vita non è un film ed io non sono un attrice. Sono una persona vera che pretende il rispetto che merita. Mi avvicino e lo vedo sgranare gli occhi. La mia gota sinistra sfiora la sua e la barba rasata mi accarezza ispida. “Impara a tenerti strette le cose che ami Signor Evans, altrimenti queste scivolano via” sussurro al suo orecchio prima di lasciarmi andare verso le porte di vetro dell’azienda.

-N/A-
Buonasera adorate! Innanzitutto colgo l'occasione per augurarvi un felice anno nuovo, ormai manca poco. Passando alla storia, questo capitolo è un po' più lungo degli altri e mi sono impegnata davvero molto, spero di cuore che vi sia piaciuto. Come al solito vi ringrazio di tutto e vi mando un bacio.
  
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