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Autore: Cathy Earnshaw    30/12/2016    1 recensioni
La Terra dei Tuoni è un luogo popolato da creature magiche ed immortali, e una convivenza pacifica non è facile. L'equilibrio è fragile, la pace è labile e soggetta alle brame di potere. E quando i Draghi attaccano la capitale del Regno dei nani, questi reagiscono con violenza, ponendo i presupposti di una nuova guerra.
Nota: Tecnicamente "La guerra dei Draghi" è il prequel di "La Cascata del Potere", anche se la scrivo ora, a "Cascata" conclusa. Le trame non hanno grossi punti in comune, perciò l'ordine di lettura non deve essere necessariamente quello temporale.
Buona lettura!
Cat
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Capitolo 15
Il piano di Lantor
 
 
Horlon faticava a restare concentrato, anche se sapeva di non potersi distrarre. Storr non era l’emblema della pacatezza e il modo in cui aveva approcciato Kirik rasentava l’inquisizione.
«Erina è a letto, ora, e la colpa è vostra se si è sentita male! Spero che tu ti renda conto di quanto sia stata idiota la tua idea rinchiudere il tuo consigliere anziano come fosse un prigioniero di guerra!»
Kirik batté i pugni, ma Horlon notò che non mostrava la sua solita baldanza.
«Ah, quindi vorresti dirmi che se Richard tornasse da una missione che si è autonomamente assegnato accusandoti di aver causato una guerra, tu la prenderesti bene?!»
«Io non gli ho mai dato motivo di accusarmi di una cosa del genere!»
«Signori» intervenne Horlon. «Mi sembra che non sia un buon momento per urlarsi addosso, né tantomeno per arrestare i nostri amici. Si può sapere di cosa ti accusa Impialla, di preciso?»
Kirik si afflosciò sulla sedia con un sospiro.
 
Quando i suoi piedi ritrovarono l’appoggio del suolo, Frunn prese un respiro di sollievo.
«Che cosa ci fate voi qui?»
«Cerchiamo di salvare le tue chiappe naniche» rispose Mark.
Frunn guardò Impialla abbracciare il mago con fare paterno e si domandò che cosa potesse aver pensato Storr entrando in quella stanza e trovando lui e Horlon in quella situazione imbarazzante. Se ci pensava gli tornavano le vertigini. Deglutì.
«Qualcuno sa che siete qui?»
«Storr e Horlon» rispose Mark.
«Che cosa c’era scritto in quell’Oracolo?» intervenne Frunn.
Impialla si guardò intorno.
«Siete qui per incastrarlo?»
«Incastrarlo?» ripeté Mark.
«Che cosa diceva l’Oracolo?» domandò di nuovo l’elfo. «Non abbiamo molto tempo!»
Il nano li guardò di sottecchi.
«Vorrei non averlo mai letto» esitò. «Non è stato un caso che tutto sia cominciato da Altapietra.»
 
«Stavo valutando una visita alle miniere di Dàtkun.»
Storr spalancò la bocca e rimase a fissare il nano con la faccia di uno che non ha capito una parola, ma aveva capito, aveva capito benissimo, così come Horlon, che si obbligò ad uno sforzo di volontà per non mollargli un pugno – che tanto la barba avrebbe ammortizzato.
«Lo sai, vero, che Dàtkun è ancora nel loro territorio?» sibilò.
«Sì, lo so» rispose il nano.
Storr si riscosse.
«Mi stai dicendo che la mia città è ridotta in macerie per questo?! È inutile che tu adesso faccia quel musetto dispiaciuto! Come ti è saltato in mente di invadere il territorio di Bearkin? Hai idea di quanti anni di trattati e di diplomazia ci siano voluti per limitare le sue mire di espansione?»
«Non l’ho invaso!» si difese. «Era solo una proposta al vaglio del consiglio.»
«Se Impialla l’ha scoperto solo oggi, con quale consiglio la stavi vagliando?» sbottò Horlon.
Kirik sospirò.
«Lasciate che vi spieghi…»
«Farai meglio a suonare convincente considerati i risvolti della tua idea geniale.»
«Mi è giunta notizia della scoperta di un filone d’oro non ancora intaccato sul lato est dei monti Dàtkun. Il versante est è poco lontano dai miei confini, così ho pensato di sfruttare il giacimento. Era questione di poche miglia, e contavo di giustificarle come svista, disattenzione, o imprudenza. Ma il giorno prestabilito per sottoporre la questione al consiglio, Bearkin ci ha attaccati, e da quel momento in poi le cose sono precipitate.»
«Vorrei ben vedere! Sei andato a distruggergli le uova!» commentò Horlon piccato.
«Sì, va bene, non è stata un’idea brillantissima, lo ammetto.»
«Aspettate un attimo» intervenne Storr. «Se tu non avevi ancora infranto il suo confine, perché Bearkin ti ha attaccato?»
Kirik si strinse nelle spalle.
«Immagino avrà i suoi informatori, come tutti noi.»
Qualcosa scattò nella testa di Horlon. Ci era appena passato dal tradimento, e anche se tutte le scoperte delle ultime ore avevano ovattato molte cose, il dolore per la perdita di Lantor pungeva.
«Chi ti ha detto di quell’oro?»
Kirik esitò, la confusione sul suo volto si trasformò in allarme.
«È stato Regen. Ma lui non… insomma, non penserete davvero che sia una spia di Bearkin?»
Horlon e Storr si guardarono.
«Dov’è ora?» domandò il mago.
«È a guardia alla stanza di Impialla.»
Horlon scattò, seguito a ruota da Storr.
 
«Ma dai! Perché mai gli sarebbe  venuta un’idea tanto idiota?» domandò Mark incredulo.
«Non lo so, ma è ciò che ho letto.»
«Ma come facevano i draghi a saperlo prima che accadesse?» intervenne Frunn
«Qualcuno avrà fatto la spia» disse il mago.
«Certamente non Kirik» concluse Impialla, passandosi le mani sul viso.
«Non saranno stati in molti a saperlo. Dovremmo chiedere direttamente all’Imperatore chi ne era al corrente» suggerì l’elfo.
«E se…» Mark si interruppe. «Che cos’è questo casino?»
Dal corridoio giungevano grida e frasi concitate. Impialla balzò in piedi e si diresse alla porta, ma prima che potesse raggiungerla fu investito da una pioggia di schegge di legno.
Regen si lanciò nella stanza, mulinando una spada corta. Impialla rimase congelato, esposto a qualunque cosa fosse sul punto di entrare. Mark saltò davanti a lui appena in tempo per deviare l’incantesimo che stava per colpirlo.
«Che cavolo succede?!» gridò, preparandosi a contrattaccare.
«Aspetta!» intervenne Frunn.
Mark esitò il tempo sufficiente da rendersi conto che stava per attaccare Storr.
«Perché?» farfugliò.
«Ferma Regen!» gridò Storr facendo irruzione, seguito da Horlon e da Kirik.
Mark non se lo fece ripetere due volte e si volse verso il nano. Frunn ringraziò di non aver mai avuto problemi con i maghi come lui. Con un movimento impercettibile, Mark privò Regen dell’aria, obbligandolo a lasciar cadere l’arma e ad accasciarsi al suolo. Storr lo bloccò con malagrazia.
«Adesso facciamo due chiacchiere.»
 
L’ostinato silenzio di Regen mandava Horlon su tutte le furie. Che cosa poteva avere ancora da perdere? Kirik sedeva in un angolo, sepolto nella propria barba, e Storr aveva preso in mano le redini dell’interrogatorio, ma non si stava mostrando abbastanza intimidatorio.
«Io valuterei l’ipotesi di chiedere l’intervento di Mark. Mi pare che il nostro amico abbia gradito il suo scherzetto magico» disse.
Storr sembrò soppesare l’idea, poi rispose:
«Certo, se collaborasse…»
Regen si mosse, a disagio.
Horlon sospirò. Prese una sedia e si accomodò davanti al prigioniero.
«Senti… io e te siamo sempre stati buoni amici, e io mi considero una persona tendenzialmente accomodante. Oggi, però, c’è un problema: Lady Ailyn, una persona per la quale non avrei esitato a dare la vita, è morta, e così anche mio cugino, al quale volevo bene nonostante tutto. Adesso voglio risposte. Di chi è la colpa di tutto questo? Non ho intenzione di usarti delicatezza, non oggi.»
Regen non abbassò lo sguardo davanti a lui, e Horlon se ne sentì infastidito.
«Parli o no?!»
«Cosa ti aspetti che ti dica? È stato Lantor a muovere tutto» sbottò infine il nano.
«Lantor? Che cosa c’entra lui con te?»
«Lantor è il motivo per cui sono entrato in questo gioco ridicolo. Lui mi ha contattato, mi ha convinto che se avessi spinto Kirik verso quella miniera, il suo nome ne sarebbe stato abbastanza screditato presso il consiglio da costringerlo ad abdicare… e io avrei guadagnato il trono.»
«Ma ti sei bevuto il cervello?!» gridò Kirik dal suo angolino.
«E speravi che Bearkin si sarebbe limitato a screditarlo?» domandò Horlon incredulo.
«Non l’ho avvisato io, Bearkin. È stato Lantor. Di cosa sarei stato Imperatore se i draghi avessero raso al suolo il Regno?»
«Come possiamo crederti?» disse Storr.
«Sentite, io ci ho combattuto contro di loro. L’avrei fatto se fossero stati miei amici?»
Kirik si alzò e si avvicinò.
«Chi è quel tizio che trasmette i rapporti? È comparso la mattina dell’attacco a Shiren, ne sono certo.»
Regen si bloccò.
«Chi?»
«La mattina dopo la festa di Erina, un nano che non avevo mai visto prima di allora è venuto a trasmettere il rapporto quotidiano. Quando gli ho chiesto chi fosse mi ha detto di essere un tuo attendente. Da allora è sempre stato lui ad occuparsi della corrispondenza.»
L’elfo osservò attentamente la reazione di Regen a quella domanda e si convinse che non ne sapeva nulla.
«Allora?!» incalzò l’Imperatore.
«Io ero sicuro che fossi stato tu a convocarlo. Gli ho chiesto da dove fosse spuntato e mi ha risposto di essere il tuo nuovo attendente.»
«Storr» intervenne Horlon.
Il mago annuì e uscì.
 
Qualche minuto dopo, Mark comparve portando con sé un nano legato come un salame.
«È questo?» domandò.
Kirik annuì.
«È lui.»
Mark lo scaricò e scomparve.
Horlon studiò per un attimo il nuovo arrivato, chiedendosi che cosa potesse avere a che fare con Lantor. Il nano si guardava intorno con gli occhi sgranati.
«Bene» esordì Storr. «Chi sei?»
Il nano esitò.
«Piotr, signore.»
«Siamo sicuri?»
Piotr si fece piccolo piccolo.
«Lo sai perché sei qui, vero?» intervenne Horlon.
Il nano non rispose.
«Chi è stato a convocarti a Cyanor?»
«Il Capitano Lantor.»
L’elfo trasalì. Di nuovo lui.
«Certo, molto opportuno dal momento che un morto non può smentire» sbottò Storr. «Ma dai, è ridicolo! Perché mai avresti dovuto assecondare i desideri di un elfo?!»
«Mi ha promesso oro, oro che io non ho mai avuto.»
«E che ne è stato del vecchio attendente?» domandò Horlon.
«Morto.»
Kirik picchiò un pugno sul tavolo, senza commentare.
«Eri tu ad intercettare i messaggi degli informatori?» domandò Horlon.
Piotr annuì.
«Sapevi che Regen era in contatto con Lantor?»
«Io non ero in contatto con lui!» protestò Regen.
«No, non avevo idea che lavorassimo per la stessa persona.»
«Io non lavoro per Lantor!»
Storr alzò una mano per riportare il silenzio.
«Potremmo ritenere la parte di responsabilità del Comandante Regen limitata ai fatti che hanno dato origine al conflitto?» domandò cercando lo sguardo di Kirik e Horlon.
Il nano annuì, mentre l’elfo esitò.
«Io ci penserei bene su.»
Horlon si volse. In mezzo alla porta, Glenndois aveva l’aria stremata. Le occhiaie pronunciate e il pallore spettrale lo facevano sembrare più morto che vivo.
«Regen… sei stato tu a convincermi che Class dovesse essere fornita di una guarnigione, e in questo modo mi hai allontanato dal mio Re.»
Lo sguardo di Regen si indurì ulteriormente.
«È così?» balbettò Kirik. «Perché l’hai fatto? Io ti ho sempre considerato un figlio, Regen!»
«Lantor disse di volerla attaccare. Io gli ho creduto. Stavo solo cercando di rimediare al danno» disse.
Storr mollò un calcio ad una sedia, che si rovesciò.
«Sei veramente stato così scemo da fidarti ancora delle sue parole?!» ringhiò. «Io ho sentito abbastanza. Kirik, che si fa? Pensi tu al processo?»
Kirik annuì.
«Regen sarà affidato al tribunale marziale. Per quanto riguarda Piotr…»
Lasciò sospesa la frase, ma a Horlon non rimasero dubbi circa il suo destino.
 
«In pratica, tutto quello che è successo è stato a causa vostra» disse Frunn.
Ci impiegò un attimo di troppo a comprendere il motivo dell’espressione mortificata sul volto del Re. Si coprì la bocca con le mani.
«No, aspettate! Io non intendevo quello che ho detto, mi sono espresso male! Non volevo dire che la colpa è vostra!»
Horlon sorrise tristemente.
«Non preoccuparti, ho capito perfettamente. Apprezzo la tua brutale onestà.»
Frunn arrossì.
«Sire, non intendevo quello» insistette.
«…ed è qualcosa con cui dovrò fare i conti, presto o tardi. Però mi piacerebbe sapere perché ti preoccupi tanto di una frase costruita male ma in palese buona fede e, per contro, poi, discuti apertamente e a cuor leggero i pochi ordini perentori che ti do. Comincio a pensare che tu abbia una personalità multipla, Frunn.»
«Io discuto solamente gli ordini che ritengo ingiustificatamente masochistici» disse. «Ed è molto peggio quello che ho fatto poco fa.»
Negli occhi del Re comparve una scintilla di curiosità.
«Ah sì? Sulla base di quale parametro?»
Frunn sospirò. Solo con una vanga avrebbe potuto scavarsi una fossa più profonda.
«Devo veramente rispondervi?»
«Dopo la crudeltà che mi hai sbattuto in faccia, me lo devi.»
«Non voglio sembrarvi presuntuoso, ma ho ben chiare quali cose vi facciano infuriare e quali, invece, vi feriscano. “Leggervi”, da questo punto di vista, mi è sempre stato semplice. Obiettare un vostro ordine rientra nella prima categoria, e non ho paura di affrontare la vostra ira se so di aver agito con nobili propositi. L’espressione che vi ho suscitato prima, invece…» esitò.
«Invece?»
«Non la sopporto. Non era mia intenzione girare il coltello in una piaga aperta, non ve lo meritavate, e io sono un idiota senza il filtro tra il cervello e la bocca.»
Horlon scoppiò a ridere e Frunn sentì l’imbarazzo attenuarsi.
«Ti ho mai detto che sei uno sciocco?»
«Sì, Signore.»
«Bene!» prese un respiro profondo. «Ora dobbiamo occuparci di cose serie e non proprio piacevoli. Dobbiamo spedire messaggi urgenti ai miei uomini per convocare le truppe. Ma dove?» si morsicò il labbro. «Se io chiamassi tutti qui, congestionerei la città, senza contare che non sono ancora sicuro di voler combattere Bearkin sul suo territorio… tu cosa faresti?»
Frunn si rabbuiò.
«Non sono un esperto di strategia militare, mi dispiace.»
Horlon annuì.
«Forse potrei comunque chiamarli qui, e farli accampare nella Piana di Thann.»
«Troppo esposti, se volete evitare loro la fine dei nani…» Frunn guardò il cielo scuro attraverso la finestra e sospirò. «È molto tardi, Maestà. Forse dovreste farci su una dormita per evitare di prendere decisioni affrettate» esitò. «Magari potreste consultare vostro fratello per le questioni strategiche. Sono certo che saprà aiutarvi.»
Horlon fece un sorrisino scontento ma annuì.
 
«Se posso fare qualcosa…»
Aster lasciò cadere la frase e Oliandro gli sorrise.
«Hai già fatto molto. Ti ringrazio.»
Quando la porta si richiuse e l’elfo fu solo, però, il suo sorriso scomparve. Si alzò dalla scrivania e guardò fuori dalla finestra: dall’ufficio di suo zio si vedeva la scogliera, e nonostante fosse ormai calata la notte si intuivano le onde infrangersi sulla roccia. Gli elfi non erano progettati per morire. Forse era per quello che l’idea di non poterla vedere più lo atterriva tanto? Al solo pensiero che anche sua sorella avrebbe potuto condividere quella sorte si sentiva male. E il Re, ora, aveva deciso di attaccare, quindi altri rischi per suo padre, suo zio e Frunn. A quel punto sperava che la richiesta di tenere Lumia venisse estesa anche all’attacco frontale. Non era un codardo ma era certo che non sarebbe riuscito a combattere con l’ansia per tutti quei potenziali distacchi.
 
Nastomer era inquieto e non riusciva a comprenderne il motivo. Sì, d’accordo, non erano stati giorni leggeri, ma era una sensazione nuova, diversa. Quella mattina si era alzato presto e si era recato al molo per vedere il sole sorgere sul Lago di Nebbia, quasi si aspettasse una anomalia. Ovviamente il sole era sorto, senza stranezze e senza indecisioni. Aveva passato gli ultimi giorni ad aiutare Lady Ailyn a riportare la sua città alla normalità, ed ora? Tutto perduto, inclusa lei. Quando gli era stata offerta la possibilità di diventare stregone non aveva avuto molto tempo per riflettere, e anche se l’avesse fatto non avrebbe mai potuto immaginare quanto accaduto da quel giorno in poi. E pensare che per un momento aveva anche accarezzato l’idea di servirsi dei suoi nuovi poteri per cercare suo padre… sembrava passata una vita. Sempre che fosse sopravvissuto a tutto quel casino, a che pro cercare qualcuno che se n’era andato con la dichiarata intenzione di non tornare più?
Sentì i passi di Rowena avvicinarsi molto prima che gli si sedesse accanto.
«Come sta la tua ferita?» gli domandò scostandosi una cascata di capelli color miele dal viso.
«È guarita, grazie. Tu come stai?»
L’elfa si strinse nelle spalle e non rispose.
Nastomer si concentrò sui raggi tiepidi del sole.
«È arrivata una lettera di mio padre poco fa» mormorò Rowena. «Il Re sta convocando il suo esercito a Lenada, e si richiede anche la tua presenza.»
Nastomer sorrise amaramente. Doveva pur esserci un motivo se la bellissima Rowena lo cercava all’alba.
«Quando devo partire?»
L’elfa esitò.
«Mio padre si trova a Cyanor, ora, e preferirebbe non tornare qui, perciò ti chiede la cortesia di aiutare il Capitano Soren con i preparativi prima di recarti là.»
Nastomer annuì.
«Io resterò qui» concluse Rowena abbassando lo sguardo.
«Davvero?» domandò il ragazzo senza riuscire a contenere la sorpresa.
Non serviva una lunga frequentazione per capire che Rowena non aveva un’indole remissiva e che era tanto abile con l’arco quando lo stesso Soren.
«Non posso lasciare Spleen senza punti di riferimento. Dodo è a Lumia, mio padre andrà a Lenada… il mio posto è qui.»
Si trasse in piedi e posò una mano sulla testa di Nastomer.
«Non farti ammazzare» disse prima di tornare verso la città.
 
Horlon chiuse il proprio bagaglio con poca grazia e si volse. Suo fratello lo osservava con la mandibola contratta.
«Cosa c’è?»
«Non sono sicuro che attaccare sia la scelta giusta.»
«Nemmeno io.»
«Allora perché lo facciamo?»
Horlon sentì lo stomaco fare una capriola. Si avvicinò e gli posò le mani sulle spalle.
«Perché dobbiamo fare qualcosa, e a me non viene in mente altro. Ci stanno massacrando, Glenn.»
Glenndois abbassò lo sguardo e sospirò.
«Forse è come dici tu, ma non mi sento rincuorato.»
«Come procede l’evacuazione di Shiren?»
«Eskin è al lavoro.»
Horlon annuì.
Dei passi concitati lungo il corridoio li obbligarono ad interrompere il discorso. Il Re aprì la porta, mancando di un soffio Frunn, che stava per bussare.
«Sire!»
«Che succede?»
«Dodici draghi diretti su Phia!»
Horlon scambiò un’occhiata affranta con Glenndois.
«Frunn, trovami tre maghi d’Aria.»
   
 
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