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Autore: Layla    30/12/2016    1 recensioni
Tamao Ishida è una delle tante schiave senza nome che lavorano come sarte per la yakuza.
La sua vita cambierà il giorno in cui deciderà di scappare e finirà per nascondersi nel pullman dei Pierce The Veil e si unirà a loro. Scoperta dall'Immigrazione verrà sposata da Jaime, per cui ha una cotta, riuscirà a farlo innamorare di lei o il loro rimarrà solo un matrimonio di facciata?
Yukari Yidashi è la merchgirl dei Pierce The Veil cotta di Vic Fuentes, ma non è detto che sia lui l'uomo che davvero ama.
Forse è una persona del suo passato che aveva considerato sempre e solo un amico.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaime Preciado, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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13)Circuiti del cuore fusi

 
Yukari p.o.v.

 
Il mio volo parte tre ore dopo quello dei ragazzi, la città di San Diego diventa mano a meno sempre più piccola e non mi è mai parsa tanto estranea come oggi.
Il mare, le case, i grattacieli, le strade, i paesaggi che conosco così bene hanno qualcosa che li rende diversi, io sospiro. Non sono loro a essere diversi, sono io.
Io e solo io.
Spinta dall’erba ho fatto la peggior cosa che potessi fare: dichiararmi a Vic e non dimenticherò tanto facilmente il suo sguardo sconvolto e la sua freddezza.
Mi porto le mani davanti al volto e singhiozzo, poi decido di berci su, piangere non servirebbe a nulla, non qui. Quando passa l’hostess prendo una lattina di birra tedesca bella tosta, voglio qualcosa di forte che mi mandi k.o. almeno per un po’, giusto per non pensare, giusto per non rivivere quei momenti.
Tamao aveva ragione, non è bene fumare erba, avrei dovuto darle retta, invece di fare la solita ribelle, ma d’altronde la fumo da quando avevo quindici anni e non mi era mai successo niente.
Ok, l’ho presa sottogamba, mi sono dimenticata che sotto erba tendo a parlare troppo e mi ci sono giocata il lavoro. Come potrei lavorare con i Pierce The Veil dopo ieri sera?
Bevo la mia birra, pensando che è amara come la vita.
Ne bevo altre due lattine prima di addormentarmi e stare disconnessa per tutto il volo che mi porta a Londra, solo quando siamo sopra la città un’hostess mi sveglia dicendomi che è arrivato il momento di allacciare le cinture.
Rivedrò Lee e il pensiero mi strappa un sorriso autentico.
Io e i Bring Me The Horizon siamo amici dai tempi dell’asilo, anche se mia madre ha sempre disapprovato che avessi solo amici maschi, quando hanno creato la band si è messa le mani nei capelli. Mia madre è una storica dell’arte, ha più familiarità con i quadri antichi che con la modernità. Mio padre invece è il primario di uno degli ospedali della città e ha consolato mia madre dicendo che la musica era un bell’hobby.
E mia madre si è calmata ed è arrivata a farsi piacere la loro musica, sconvolgendo buona parte dei suoi conoscenti quando la trovavano nel suo studio a scrivere articoli o saggi al ritmo del metalcore della band e delle urla di Oli.
Sarà bello rivedere i miei amici, anche se Tamao mi ha messo la pulce nell’orecchio sul fatto che Lee posa provare qualcosa per me. Penso che lo capirò in questo soggiorno e spero di non spezzare un cuore, ci tengo a lui.
A proposito di Tamao, dovrò chiamarla quando arrivo, gliel’ho promesso.
L’aereo atterra e Londra mi accoglie con una giornata di pioggia, nulla di strano in tutto ciò, abitando qui ci si può dimenticare che esiste una cosa chiamata sole e io ci ho studiato per un bel po’musica.
Come essere manager e tecnico del suono, pensavo di entrare a lavorare in una casa discografica, ma poi un soggiorno come ragazza alla pari negli Stati Uniti ha cambiato tutto.
Ho conosciuto i ragazzi e sono diventata la loro merchgirl, forse sarebbe stato meglio rimanere qui, dannata voglia di girare il mondo!
Il comandante annuncia che possiamo scendere dall’aereo, io prendo il mio bagaglio a mano, estraggo un ombrello dalla borsa e seguo il flusso dei passeggeri.
Scendo la scala e mi affretto verso il terminal, ritiro i miei bagagli e poi seguo le indicazioni per gli arrivi internazionali, finisco per ritrovarmi nella classica sala affollata di persone.
Sposto il peso da un piede all’altro e mi guardo intorno alla ricerca di Lee, finalmente scorgo un ragazzo non molto alto con il cappuccio nero della felpa alzato che fa dei deboli cenni nella mia direzione.
Sospirando di sollievo fendo la folla e lo raggiungo, appoggio le due valigie a terra e sorrido.
“Ciao, straniero.”
“La straniera sei tu, dovevi stare via sei mesi e invece ci sei rimasta un secolo.”
Dice divertito poi prende le mie valigie e le solleva senza sforzo, è sempre stato muscoloso lui, io invece ero la mingherlina della situazione.
“Quattro messicani mi hanno rapita.”
La mia voce ha un tono un po’amaro e lui se ne accorge.
“È successo qualcosa, Yukari?”
“Sì, ma non mi va di parlartene qui.”
Taglio corto io, lui annuisce e insieme usciamo.
Bentornata a Londra, Yukari.
“Dove hai parcheggiato la macchina, Malia?
Spero non in culo ai lupi, perché piove dannatamente forte.”
“Non so cosa ti sia successo, ma speravo ti avesse addolcito la lingua.
Sembravi più dolce al matrimonio di Jaime.”
“Quella era un’occasione speciale.”
“Hai l’alito di un vecchio alcolizzato.”
Io alzo le spalle.
“Avevo bisogno di dormire e questo è uno dei modi più veloci di farlo.”
“Un giorno mi dirai cosa ti è successo.”
“Davanti a una tazza di the e poi anche tu devi dirmi cosa ti è successo.
Kean si è fatto accidentalmente sfuggire che tu e Deni avete rotto, perché non me l’hai detto?”
“Vado a prendere la macchina.”
Si avventura sotto la pioggia, lasciandomi la terribile mezza impressione che c’entri io, spero che Deni non sia una ragazza vendicativa o dovrò difendermi a colpi di kendo, ammesso e non concesso che io trovi un bastone.
Poco dopo la macchina di Lee si ferma nella zona taxi, che è al riparo grazie a Dio, e io carico le mie valigie, poi entro alla svelta per non intralciare nessuno.
Partiamo sollevando tsunami di acqua, un temporale di quelli cattivi ci voleva per accogliermi in questa città di pazzi e di strani ricordi.
Lee infila nel lettore cd un cd dei Bring Me The Horizon.
“Sai qual è il più grande traguardo della band?”
“Uhm, no.”
“Non dirlo a Oli, ma è stato farci apprezzare da tua madre.”
Io scoppio a ridere.
“Okay, lo terrò a mente.”
E così la tensione è spezzata.
Sarebbe stata dura farsi un viaggio di tre ore di macchina in un completo e imbarazzato silenzio, Lee non è un gran chiacchierone di natura e se offeso si chiude in un mutismo assoluto.
“Quindi siamo single tutte e due.”
“Parrebbe di sì, non vedo l’ora di tornare a Sheffield.”
“Pensavo saresti andata a Londra a leccarti le ferite.”
Io mi rilasso contro il sedile.
“I miei amici sono a Sheffield e poi il mio appartamento a Londra è occupato, ho dato le chiavi a Jaime.”
Lui corruga la fronte.
“Come mai?”
“Per la luna di miele con Tamao, baka!”
“Certo. In realtà non mi sono sembrati innamorati al matrimonio, cioè lei era palesemente cotta, ma lui non sembrava ricambiare del tutto i suoi sentimenti.”
“In un certo senso hai ragione.”
“E allora perché si sono sposati?”
Rimango in silenzio per qualche minuto, valutando se dirgli o meno la verità, poi decido di sì. Lee è mio amico da una vita e posso fidarmi di lui.
“Ok, ti dirò. Tu devo giurare che non dirai nulla e nessuno, nemmeno alla tua band.”
“Ok, va bene.”
Prendo fiato.
“Dopo il concerto che la band ha tenuto a New York l’abbiamo trovata nel nostro tourbus, sporca e denutrita: era appena scappata da un laboratorio clandestino. Tamao cuciva vestiti tutto il giorno fino a che è riuscita a scappare. Me lo ha raccontato lei in giapponese perché quando l’abbiamo trovata parlava poco o niente l’inglese.
Abbiamo deciso di tenerla con noi perché era una ragazza in pericolo, di sicuro i proprietari del laboratorio la stavano cercando perché non poteva permettersi che qualcuna delle sue schiave scappasse o peggio ancora raccontasse tutto alle autorità.
Le ho insegnato l’inglese, tinto i capelli di biondo e abbiamo comprato dei vestiti. Lei si è innamorata quasi subito di Jaime, ma essendo lui fidanzato con Jess ha lasciato perdere, una brava ragazza non ruba i ragazzi delle altre e lei era stata allevata per essere una brava ragazza sottomessa.
Più o meno un mese dopo sono arrivati quelli dell’immigrazione, non era difficile immaginare chi ce li avesse mandati, e le hanno dato un mese di tempo per mettersi in regola o sarebbe stata espulsa dal paese.”
Lui annuisce.
“Perché non l’avete lasciata tornare in Giappone? Di sicuro ha una famiglia lì.”
Io rido senza allegria.
“Una famiglia che l’ha venduta a quindici anni come schiava!
Per lei è pericoloso tornare in Giapponese, l’avrebbero ammazzata senza tanti complimenti. Jaime ha deciso di sposarla perché odia quelli dell’Immigrazione, hanno rimandato in Messico una sua cugina, così il suo fidanzato psicopatico le ha fatto la pelle.
Si sono sposati per questo motivo, ma Tamao lo ama e Jaime è attratto da lei. Spero che in questa luna di miele lui capisca che la ama e che si mettano insieme sul serio. Sono davvero carini insieme.”
“Adesso capisco. È una storia complicata.”
“Abbastanza, ma ce la faranno. Ne sono sicura.”
 “Se lo dici tu.”
Sono tentata di chiedergli di Deni, ma decido di lasciare perdere, per lui deve essere un argomento doloroso, non è molto fortunato con le ragazze.
Alla fine la stanchezza ha la meglio su di me e mi addormento dopo un’ora scarsa di viaggio, cadendo in un sonno senza sogni.

 

Dopo un paio d’ore sento qualcuno scuotermi vigorosamente, apro gli occhi e metto a fuoco la sagoma di Matt Nicholls. Lo guardo sorpresa.
“Tu cosa ci fai qui?”
Balbetto.
“Pensavi davvero di arrivare a Sheffield ed evitare una festa al tuo arrivo?”
Mi chiede sornione.
Mi slaccio la cintura di sicurezza e scendo dalla macchina, ci sono proprio tutti: Matt e la sua ragazza Chloe, l’altro Matt, Oli e Hannah, Jordan e sua moglie Emma e – ovviamente – i miei genitori.
“La banda dove l’avete lasciata?”
Borbotto insonnolita, Lee ha detto a tutti del mio ritorno, non ha tralasciato nessuno.
“Tutti questi anni negli Stati Uniti non ti hanno resa più dolce.”
Commenta Oli.
“Parla quello dolce per antonomasia, devo farti l’elenco delle stronzate che hai fatto?”
“Non dire parolacce.”
Interviene quietamente mia madre Aisa.
“E bentornata nel Regno Unito, è bello vederti di tanto in tanto.”
Io non commento. Ha scelto poche parole, ma pungenti, in una sola frase mi ha ricordato che non mi sono fatta vedere molto negli ultimi anni.
“Scusa, sono stata impegnata.”
“Immagino di sì, adesso però recupereremo il tempo perduto.”
La guardo senza capire.
“Adesso usciamo a cena, poi ti lascio festeggiare e domani mi racconti tutto quello che è successo.”
Lancio un’occhiata disperata a mio padre Joe, ma lui scuote la testa, non posso evitare l’interrogatorio di mamma.
“Mannò, non ti voglio annoiare.
La vita in tour è molto noiosa, vero ragazzi?
Si fanno sempre le stesse cose e non si possono mai visitare le città per bene.”
“Al contrario. Oli mi ha detto che la vita in tour è molto interessante e possono succedere parecchie cose.”
Io fulmino il frontman dei Bring Me The Horizon per non avere tenuto la bocca chiusa, lui alza le spalle.
“Poi ho saputo che una tua amica si è sposata e vorrei sapere i particolari.”
Anche questo viene dalla boccaccia di Oliver, lui ha eletto mia madre a suo confessore sin da quando eravamo bambini ed è stata lei a dare il suo benestare al suo matrimonio, sospetto che il suo parere abbia contato più di quello della sua vera madre.
“Domani, Aisa. Adesso lascia che Lee e Yukari portino in casa le valigie.”
Io ne prendo un paio, lui prende le altre due e apre il cancellino pedonale della sua villa sulle colline di Sheffield, un bel posticino tranquillo di solito.
Non appena siamo in casa lo fulmino con una delle mie occhiatacce.
“Perché l’hai detto a tutti persino ai miei?”
“Io l’ho detto solo a Oli, veramente.”
“Perché non l’hai scritto sui muri di Sheffield?
Dirlo a Oli è come dirlo a tutti, lo sai che non sta mai zitto.”
“Yukari, non potevi schivarli per sempre.”
“Lo so, ma avrei potuto farlo fino a quando non mi sarei sentita pronta a parlare con loro, soprattutto con mia madre. Vorrà sapere tutto di Tamao e di Vic, pensi che non l’abbia capito che io avevo una cotta per lui?”
“Mi dispiace, Yukari.”
“Ormai è fatta. Scusa se sono stata brusca con te.”
“Come mai sono l’unico con cui ti scusi?”
“Non lo so, sarà la tua faccia da bonaccione, penso sia impossibile restare seriamente arrabbiati con te se tu guardi le persone con quegli occhioni blu da cucciolo.”
Lui arrossisce di botto.
“Io non guardo le persone con occhi da cucciolo!”
“Sì, che lo fai!
Lo fai da quando ti conosco e non te ne sei mai accorto, ma lasciamo perdere, ci aspettano.”
Taglio corto io.
“Ti odio quando fai così.”
“Così come?”
“Quando fai la stronza menefreghista, dovresti piangere ogni tanto, non ti farebbe male.”
Io abbasso gli occhi per seguire il disegno delle piastrelle.
“Tu invece dovresti smetterla di dire tutto quello che ti passa per la mente.”
Esco da casa sua a passo di marcia, colpita in un punto molto profondo, Lee non parla molto spesso ma – come mia madre – non lo fa invano, basta qualche parola e colpisce duramente.
Fuori c’è un’atmosfera di festa, i ragazzi chiacchierano tra di loro e con i mie genitori, mia madre sembra particolarmente orgogliosa di Oli e ha qualche buon motivo per esserlo: non solo lui ha smesso con la ketamina, ma si è anche sposato.
“Eccoci qui!”
Dico con la mia voce più falsa seguita da Lee, che cerca di adeguarsi senza troppo successo al mio sorriso, gli altri sembrano comunque non farci troppo caso. Salgono tutti in macchina e io e il mio amico finiamo per imitarli, anche se l’atmosfera non è delle migliori.
“Si può sapere perché diavolo ti sei arrabbiata?”
Io rimango chiusa nel suo mutismo e non gli rispondo.
“Ecco, che lo rifai. Perché tagli fuori tutti?”
Io continuo a rimanere in silenzio.
“Yukari, non sei più al liceo in un’ora di buco.
Non vinci nulla continuando a stare zitta, l’epoca del gioco del silenzio è finita.”
Io però continuo a tacere, l’epoca del gioco del silenzio non finirà mai per me. Io sarò sempre quella che si chiude in sé stessa se le cose vanno male, fa parte del mio carattere e della mia educazione.
Le ragazze non piangono se non è strettamente necessario, soprattutto non si piange per nessun ragazzo, perché nessun ragazzo è degno delle tue lacrime. A forza si sentirmelo dire mi si è inculcato dentro con forza.
Seguendo la macchina di Oli arriviamo fuori da una pizzeria che non urta la su sensibilità vegetariana, parcheggiamo e poi scendiamo dalla macchina. Sono di nuovo ributtata in un caos di voci allegre, pacche sulle spalle e gioia per il mio ritorno a cui mi sforzo di rispondere come meglio posso.
Entriamo e una cameriera gentile ci conduce al nostro tavolo, il locale è piccolo e carino. Ha le pareti dipinte di giallo tranne per un tromp l’oeil sull’ultima che rappresenta una visuale di un posto di mare tipicamente italiano. I tavoli sono semplici e decorati con delle linde tovaglie bianche e le piastrelle sono decorate con degli arabeschi verdi, gialli e blu.
Ci sediamo al nostro tavolo e ci vengono lasciati i menù, io inizio a sfogliarlo pur sapendo già cosa ordinerò: una semplice margherita doppio pomodoro.
“Carino questo posto, non mi ricordo di esserci mai stata. È nuovo?”
“L’hanno aperto due mesi dopo che te ne sei andata.”
Mi risponde Oli.
“La cucina è buona e ci vengo spesso.”
“Capito, deve essere davvero buona perché fai sempre un sacco di storie per ogni ristorante, Sykes.”
Lui sbuffa.
“Si può sapere perché sei così acida?”
“Non lo so, sarà il ciclo.”
“Oh, oh! Cadiamo nelle stronzate.”
“Oli non dire parolacce.”
Ripete mia madre.
“Scusa, Aisa.”
L’arrivo della cameriera per le ordinazioni ci salva dal riprendere questa conversazione, che Dio la benedica!
Io ordino la mia solita pizza, margherita con doppio pomodoro e Oli una pizza alle verdure senza pomodoro, mia madre una al prosciutto.
Mangiamo e tutti e due cercano di strapparmi qualche aneddoto sulla vita in tour, ma io non apro bocca, non mi va di parlare con nessuno dei due, che poi la vita in tour non è poi così interessante davvero.
Mangiamo il dolce e beviamo il caffè e poi sono lasciata nelle mani dei ragazzi, cosa diavolo avranno organizzato?
“Cosa devo aspettarmi?”
Chiedo con una punta di preoccupazione a Oli che sogghigna maligno.
“Oggi si va indietro nel tempo! Andremo nel primo locale in cui la band ha suonato.”
Io sgrano gli occhi.
Era un buco frequentato da metallari che quasi hanno pestato la band e da cui mi sono dovuta difendere con il kendo grazie alla collaborazione di un manico di scopa presente nel locale.
“Sei matto?
Ci faranno la pelle, ti ricordi come ci hanno conciati l’ultima volta?”
Lui ride come un matto,  ma non mi risponde, quando fa così lo prenderei a pugni!
“Sono sicuro che te la caverai a meraviglia, l’ultima volta il tuo numero con la scopa ha spaventato un po’ di uomini barbuti!”
“Oli! A volte sei terribile!”
“Sei sparita per anni e ci hai dato talmente poche notizie che una punizione te la meriti.”
“Oh certo! Sono sempre io quella che deve venire punita! Ne ho piene le scatole, me ne vado a casa!”
“Lee viene con noi.”
“Hanno inventato i taxi!”
Sputo acida e comincio a comporre un numero sul mio smartphone, ma lui mi ferma.
“Si può sapere cosa ti prende?”
“Vuoi proprio sapere cosa mi prende?
Mi sono dichiarata a Vic e lui mi ha respinto, perciò Sua Maestà Sykes mi scusi se non sono dell’umore giusto per festeggiare soprattutto in mezzo a un gruppo di gente che ci vorrà linciare non appena ci vedrà!”
Riprendo la mia chiamata e chiedo a un taxi di venirmi a prendere.
“È davvero successo?”
“No, mi piace inventare palle per stare al centro dell’attenzione.
Andate, per favore!”
Lui fa per aprire bocca, ma io lo anticipo con un urlo frustrato.
“Vai fuori dalle palle!”
Lui si allontana con Hannah, tutto il gruppo mi guarda e solo Jordan decide di disubbidire.
“Come mai non te ne vai?”
Gli chiedo.
“Non mi fido a lasciare una ragazza da sola la notte, starò qui con te finché non arriva il taxi.
In silenzio.”
Aggiunge anticipandomi, io annuisco.
Ben presto i ragazzi se ne vanno e rimane solo il tastierista che inizia a giocare con il telefonino, mentre io accendo una sigaretta e trattengo le lacrime.
La vettura ci mette un quarto d’ora e Jordan se ne va dopo che sono salita a bordo, detto al taxista l’indirizzo della casa di Lee.
“È ricca, signorina.”
“Nel caso se lo stia chiedendo i soldi non fanno la felicità.”
Lui tace sorpreso dal tono acido della mia risposta, non sono incline ai rapporti umani ultimamente e lui guida in silenzio per le strade della città in cui sono cresciuta.
Arriva alla villa di Lee, io lo pago e poi entro all’interno, non appena raggiungo il divano mi ci butto a peso morto e comincio a piangere le lacrime che ho trattenuto fino a ieri sera.
Singhiozzo come un animale ferito e lascio che le lacrime miste a trucco macchino uno dei cuscini di Lee, sono sicura che potrà ricomprarlo se le macchie non dovessero venire via. Non si può dire lo stesso del dolore che c’è nel mio cuore, è come una spina caparbiamente piantata lì che non vuole saperne di andarsene.
Continua a fare male a ogni lacrima, a ogni volta che rivivo lo sguardo disgustato di Vic, quello di un ragazzo che non vuole tradire la donna che ama. Io sono quella fuori posto, quella che deve pagare, non mi illudo di continuare a tenere il lavoro dopo la mia confessione.
Ho rovinato tutto con le mie mani per una stupida canna, non toccherò mai più dell’erba in vita mia, fa troppi danni e non ho ancora chiamato Tamao, ma onestamente non sono in grado di avere una conversazione con nessuno ora come ora. Sono troppo arrabbiata, umiliata e confusa.
E le lacrime continuano a cadere senza accennare a fermarsi, sono praticamente un rubinetto aperto che non si riesce a chiudere. Davvero Oli credeva che riuscissi a festeggiare il mio ritorno?
È solo una fuga per leccarmi in pace le ferite, niente di più.
Sono solo una codarda alla fine, quella della ragazza forte è solo una maschera che porto per ingannare gli altri e temo di esserci riuscita fin troppo bene.
Alla fine mi addormento stremata dalla mia crisi di pianto, in posizione fetale sul divano di casa Malia senza nemmeno coprirmi. Mi sveglio molte ore più tardi nel cuore della notte quando Lee apre la porta di casa e bestemmia perché inciampa nel portaombrelli, se conosco bene il signor Sykes li avrà fatti bere fino al limite del coma etilico.
“Lee?!”
Chiamo alzandomi e pulendomi il viso con un fazzoletto, la luce si accende e un barcollante Lee entra nella stanza.
“Ho bevuto troppo.”
Borbotta.
“Vedo.”
Dico asciutta.
“Sei ancora arrabbiata?”
Io scuoto la testa.
“Hai l’aria di uno che deve vomitare in cinque secondi, ti porto in bagno.”
Mi avvicino a lui e avvolgo uno dei suoi fianchi con le mie braccia, avvicinando pericolosamente i nostri volti.
“Sei bella, mi piaci da tanto tempo, Yukari.”
Biascica.
Io non so cosa dirgli, ma le parole sono inutili, subito dopo lui si attacca alle mie labbra investendomi con una zaffata di odore di birra.
Dovrei staccarmi da lui e non complicare le cose, ma io non so fare le cose ne modo giusto quindi quando lui forza le mie labbra con la lingua io glielo concedo e mi ritrovo coinvolta in un bacio mozzafiato.
Cosa diavolo significa?
Sento i circuiti del mio cervello fondersi e la confusione salire a onde.
Ho paura.

 

Angolo di Layla.

Grazie mille a Nico_Ackerman per la recensione e buon anno!
   
 
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