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Autore: PawsOfFire    03/01/2017    5 recensioni
Russia, Gennaio 1943
Non è facile essere i migliori.
il Capitano Bastian Faust lo sa bene: diventare un asso del Tiger richiede un enorme sforzo fisico (e morale) soprattutto a centinaia di chilometri da casa, in inverno e circondato da nemici che vogliono la sua testa.
Una sciocchezza, per un capocarro immaginifico (e narcisista) come lui! ad aggravare la situazione già difficoltosa, però, saranno i suoi quattro sottoposti folli e lamentosi che metteranno sempre in discussione gli ordini, rendendo ogni sua fantastica tattica fallimentare...
Riuscirà il nostro eroe ad entrare nella storia?
[ In revisione ]
Genere: Commedia, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Furia nera, stella rossa, orso bianco'
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Mi trovavo in Infermeria, con la testa che mi scoppiava e la Furia distrutta che pesava sulla mia coscienza.
“Non proprio distrutto” mi corresse Biermann, rollando una nuova sigaretta.
“Lo definirei più...inagibile, ecco. Costa meno riciclarne uno vecchio che rimettere in sesto questo. Sia obiettivo, capitano. Non possiamo sprecare tempo e uomini per...Capitano Faust?”
“Voglio morire” miagolai, stendendomi nuovamente a letto, mostrando i denti dal dolore come un cane rabbioso.
Il dolore fisico si sommava a quello psicologico, non so spiegarlo. La Furia per me era una di famiglia, un po’ come i miei uomini.
“Non sia tragico. Sorrida e si goda le ferie. Vedrà che le cose si sistemeranno. Ne arriverà uno migliore. La guerra è piena di armi quanto il mare di pesci” Biermann si accomodò accanto a me, dandomi una specie di dolorosissima pacca sulla spalla fasciata, fumandomi praticamente in faccia. Tossii.
“Un altro Tiger? È quasi improbabile. In tutta l’unita ce ne sono...erano...ne è rimasto uno”
“Che ne pensa di un cacciacarri? come quello di Schneider...”
Rabbrividii.
“Non è un carro armato, quello! È un rettangolo con un cannone...”
Discutemmo a lungo di queste futilità mentre in me si faceva largo la disperazione nell’essere rilegato ad un carro di seconda categoria.
Dormii a lungo e feci un sogno terribile. Ero in una specie di enorme campo militare o, almeno, così sembrava. La terra battuta era stata sostituita da rigogliosa erba verde sulla quale era stata montata un’unica, minuscola, tenda.
Addentrandomi mi resi conto di non essere solo. Al centro c’era il dottor Biermann con il suo enorme e ghignante sorriso. Era seduto a gambe larghe e stava bevendo una bottiglia di Cognac, mentre due infermiere dai succintissimi abitini lo ricoprivano di attenzioni. Mugolai, sistemandomi sommessamente la cravatta, cercando di evitare di guardare cotanta delizia.
“Ah, Sergente Faust” disse il medico, esalando un disgustoso e tiepido fetore alcolico.
“Io non sono un Sergente Herr Biermann, io-”
“Oh, no, Signor Faust. Come tale ha bisogno di una vettura capace di soddisfare al meglio il suo ammirabile grado...”
Ed improvvisamente, in mezzo alla tenda completamente vuota, si materializzava un incubo ancora più profondo.
Un tristissimo Panzer I mi scrutava da lontano con le sue minuscole torrette come le antenne di una raccapricciante blatta. Piccolo e goffo, sembrava un giocattolo, un orrido scherzo della natura. Ero sconvolto e spaventato. Le mie gambe cedettero e divenne tutto nero, mentre la voce di Biermann si insinuava nella mia testa, ripetendo: “Sergente Faust, Sergente Faust...”
Mi svegliai grondante di sudore nel colmo della notte. Dovevano essere le tre, poiché, da qualche parte remota del campo, l’urlo del soldato che sognava di svegliarsi morto straziò l’aria.
Tutto il resto taceva. Le luci erano spente.
Nessun altro rumore.
“Ehi, ragazzo” Un sussurro mi chiamò. O almeno, pensai fosse rivolto a me, visto che ero l’unico sveglio nella tenda.
C’era un uomo. Era difficile distinguere l’età dei soldati, poiché in guerra tutti sembravano invecchiare più velocemente. Tranne per me, ovviamente. Dimostravo portentosamente la forza dei miei quasi ventisei anni…
“Si, tu. Che mi stai ignorando”
“Sono il Capitano Faust, Herr. Si rivolga a me con la riverenza che mi spetta” sibilai, voltandomi verso di lui.
“Mi presento. Sono Lagenberg. Hilbert Lagenberg. Mio padre è svedese ma le assicuro che sono un ottimo cittadino naturalizzato tedesco. Mi hanno recuperato qualche ora fa dopo essere stato investito da una motocicletta. Folle vero? Lei stava russando come un ghiro quando mi hanno portato qua”
“Sono le tre di notte” Gli feci notare, sibilando più forte.
“Pazienza, sono tutti gonfi di sonniferi! Sono il miglior cecchino naturalizzato tedesco di tutto il Reich. E adoro le motociclette. Lei non ama le motociclette? Ne ho una, rubata ad un russo. L’ho riverniciata io stesso. L’ho battezzata “dama dei venti” Dovreste vederla, è meravigliosa”
Non sono disposto ad ascoltare le vanterie altrui. A meno che loro non vogliano ascoltare le mie.
In tal caso, declinerò le loro parole con gentilezza e tornerò ad esporre le mie.
“Ne riparliamo domani, va bene? Buonanotte”  mi voltai sul fianco dolorante, dandogli la schiena.
L’uomo borbottò un poco, prima di tornare a dormire.

 


 

Mi prese in parola. Nella tenda filtrava la prima luce del mattino ed un sottile vociare riempiva l’immensa stanza. Ero riuscito a prendere sonno dopo molto tempo. Un sonno tormentato e senza sogni, ma almeno fu sanatorio.
Il sedicente cecchino mi svegliò. Mi chiamò a lungo, fin quando decisi a voltarmi, almeno per impedirgli di disturbarmi.
Si palesò la sua figura.
“Ma lei porta gli occhiali!” Fu uno shock per me. Mezzi fondi di bottiglia trasparenti che gli ingrandivano gli occhi come una specie di moscone.
“Oh, sì. Ma non preoccuparti. Sono il miglior cecchino miope naturalizzato tedesco che esista sulla faccia della terra” e ridacchiò, iniziando un fastidioso monologo sulle motociclette.
Lo ignorai. Preferivo pensare a quanto la mia nazione fosse caduta in basso per arruolare un tipo del genere. Lo consideravo uno spreco di risorse.
Però, in un barlume di genio, mi ricordai che il Generale definiva anche me uno spreco di risorse.
Ma era la mia parola contro la sua. Decisi che, indubbiamente, avevo ragione io e scacciai il futile pensiero.
“E’ tutto molto interessante, indubbiamente” Aggiunsi, sbadigliando come una bestia feroce, facendo attenzione a mostrare tutti i miei splendidi denti perché l’ho detto, ho un sorriso bellissimo. In guerra pochi soldati possono vantarsi di una dentatura così splendida.
“Ma lei è solo un triste e povero cecchino salvato di fortuna dalla nostra divisione Panzer. Io sono un Capitano. Guardi qua, che belle mostrine. Non le fissi troppo, si consumano. Le motociclette non fanno per noi. Usiamo mezzi ben più prestigiosi e meglio armati. Sa com’è il discorso. Vince sempre la canna più lunga. Due metri e mezzo dovrebbero bastare” Ghignai, esponendolo a tutto il mio incredibile charme. Rimasi circa venti secondi immobile, aspettando un qualsiasi tipo di reazione da parte sua.
“Meraviglioso. Assolutamente meraviglioso. La mia moto ha una potenza straordinaria. Spero l’abbiano portata qua. E se l’avessero rubata? Capisca, buon uomo. RUBATA! Rabbrividisco al pensiero che...”
Mi stava completamente ignorando. Quando Biermann mi disse che a breve sarei potuto tornare in servizio, gioii. Quel finto cecchino aveva entrambe le gambe spaccate, dunque sarebbe rimasto su quel lettino più di quanto potessi sopportarlo prima del collasso.

 

 

Dopo una permanenza che parve eterna, il mio inferno finii ed io uscì dall’infermeria. Coincidenza, era il giorno del mio compleanno, il primo aprile. Liberarmi di quell’uomo fu un regalo.
Avevo problemi ben più importanti a cui pensare che alle sue motociclette.
I miei uomini, ad esempio.
Ero al corrente del fatto che Tom si fosse beccato lieve ustione, esattamente come Maik. Allo stesso tempo, sapevo che gli altri due si erano dati alla macchia, restando piacevolmente illesi.
Ad aggravare la situazione, nessuno dei due venne a trovarmi durante la mia convalescenza.
Ferito nell’orgoglio, ne approfittai di quella effimera giornata libera per cercarli, ritrovandoli intanati in una tenda come topi impauriti, intenti a giocare ad un gioco di carte dall’aria poco divertente.
“Oh, Capitano! Siamo felici che stia bene!” Klaus mi corse incontro in un mix tra finto stupore ed accoglienza fittizia. Martin si limitò a farmi un cenno con la mano, abbassando uno sguardo colpevole.
“Non preoccupatevi. Sono sano come un pesce, ora. Vi voglio efficienti e reattivi da adesso. Al lavoro!”
“Ma Capitano, non abbiamo alcuna mansione da svolgere...”
“Balle, vi voglio efficienti e reattivi. Efficienti e reattivi...”
Ad un certo punto una voce misteriosa sbucò dalle mie spalle. Timidamente scostò la tenda, infilando la testa tra i due lembi di tessuto.
“Egregio Signor Capitano Faust, sono lieto finalmente di averlo trovato ed incontrato” Era un giovane meccanico dall’uniforme completamente sporca, pescato da chissà quale base aerea nelle vicinanze. Futilità. Quei meravigliosi titoli erano musica per le mie orecchie. Si mise sull’attenti, batté i piedi e mi fece il saluto. Uhm. Avanti, la prego, continui…è meravigliosamente imbarazzante. Mi comportai da uomo e lo ignorai.
“Egregio Signor Capitano Faust, la pregherei con il massimo rispetto di seguirmi per mostrarle una nuova arma bellica di altissima efficienza”
Fui titubante. Inizialmente pensai che fosse uno scherzo di cattivo gusto. Insomma, non riuscivo a capire perché ci fosse bisogno di una specie di civile per una notizia così importante. Il giovanotto era così ligio al dovere e rispettoso che non me la sentii di dire di no. Lo seguii assieme ai miei uomini che, titubanti, smisero di giocare a carte ed iniziarono a tremare. Ci spostammo velocemente in Kubelwagen verso il limitare del campo dove sorgeva l’enorme capanno dove, tecnicamente, stazionavano gli aerei ma, in questa speciale occasione, evidentemente qualche pezzo grosso aveva fatto appello affinché anche i nostri mezzi corazzati potessero godere del riparo.
“Egregio Signor Faust, le prometto che ne rimarrà soddisfatto. È stato un lavoro molto impegnativo ma vedrà, sarà lieto del nostro umile lavoro svolto per la patria!”
Lo ignorai di nuovo. Se avessi mostrato alcuni segni di cedimento forse il giovane avrebbe smesso di adularmi. Sarebbe stato drammatico.
Immenso e rettangolare, l’hangar ospitava una due file di carri, moto e macchine che alcuni meccanici stavano provvedendo a riparare o a curare nella loro piccola routine quotidiana, come riempire i serbatoi di benzina o sostituire le munizioni, in modo tale che fossero pronti ad inizio missione.
Alcune compagnie erano già sul posto. Sistemati, si preparavano ad effettuare gli ultimi accorgimenti prima di partire.
Tra le file di caccicarri, Panzer IV e contraerea uno dei mezzi era stato coperto da un brutto telo verse sporco.
“Egregio Signor Faust, la pregherei di sollevare il telone. Anzi. Mi scusi per la sfrontatezza, saremo noi a farlo per lei”
Il meccanico chiamò a raccolta un paio di uomini. Saltellando sul corazzato come grilli, sfilarono la copertura da quello che si prospettava il mio mezzo.
Dalle pieghe del tessuto fui lieto di constatare che i miei incubi peggiori non si erano avverati.
Ciò che trovai sotto fu, incredibilmente, la Furia, il mio adorato Tiger. Lo riconoscerei tra mille.
“Non è stato facile recuperarlo. Il fianco era stato distrutto ma fortunatamente i controlli erano ancora funzionanti. Abbiamo dovuto sostituire alcuni componenti, ma eccolo.
Lieto anniversario, Capitano Faust” *










 

Note finali:
*  Un po' di Gossip. Bastian Faust è nato il primo aprile 1917
In questo capitolo compie ventisei anni. Nel suo equipaggio, il più vecchio è Klaus con i suoi trentasei anni compiuti.  A seguire, Maik, Bastian, Martin e Tom, il più giovane, che ne ha ventidue. 

 
   
 
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