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Autore: Najara    03/01/2017    3 recensioni
“Sono uscita a guardare le stelle e ti ho vista qua, sola a fissare le torce…”
“Guardavo le ombre, non le torce.”
“Sarebbe come dire che si guarda il cielo per fissare lo spazio tra le stelle e non le stelle.”
“Perché?”
“Perché le ombre sono solo ombre… un riflesso vuoto di ciò che invece è vero e vivo.”
“Non è vero.”
Storia scritta per il contest: "Fantastic Beasts-Non siamo solo mostri" indetto da onlyfanfiction e ripreso dal giudice sostitutivo Haykaleen.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Guardie

 

Il sole le sfiorò il viso disturbando il sonno e svegliandola. Bianca aprì gli occhi e li richiuse in fretta, una fitta di dolore che le attraversava la testa con violenza. Aspettò che passasse e, lentamente, riprovò.

Si trovava in una piccola stanza spoglia a parte la branda su cui si trovava lei. Era al castello, questo lo seppe subito e dopo un poco comprese di essere in una delle stanza adibite ai malati. Ma lei non era malata. Tentò di alzarsi e una seconda fitta alla testa la bloccò portando, assieme al dolore, anche delle vividi immagini. Il viso cinereo di Ileana e il sapore del suo sangue ebbero il potere di farla piegare in due dalla nausea. Non vomitò, ma riuscì a controllarsi solo dopo diversi conati. Cosa aveva fatto?

“Respira, mia piccola luna.” La voce pacata del coboldo riuscì a calmare il suo cuore.

Cornel, cosa ho fatto?” L’essere sospirò e, con una calma che non gli si addiceva, si sedette sul pavimento della stanza.

“Non è questa la domanda giusta: cosa sei? Questo è quello che dovresti chiederti.” Bianca chiuse gli occhi combattendo con le immagini che vedeva nella sua testa, cercando disperatamente di dare un senso a ciò che nel profondo sapeva di aver fatto.

“Cosa sono?” Chiese infine riaprendo gli occhi e trovando il coboldo fermo a osservarla.

“Sei figlia di tua madre e di tuo padre.”

“Questo non mi aiuta…” Mormorò lei, incapace di arrabbiarsi per la laconicità del protettore del castello.

“Tua madre era Ariana, ma tuo padre… lui è il Signore delle Tenebre, l’antico vampiro che domina le terre del profondo Nord.”

“No.” Mormorò lei mentre una voce suadente e fredda gli solleticava la memoria.

“Sì, vide tua madre una notte e la desiderò. Nulla si può rifiutare al Signore delle Ombre e malgrado tua madre avesse una forte volontà non riuscì a sottrarsi. La possedette e al mattino la lasciò tornare al suo gruppo di Guardie, ma una vita già germogliava il lei: tu.”

“Perché non l’ho mai saputo?”

“Nascesti di giorno e questo ti salvò, perché eri sola con i tuoi genitori quando cadde la notte e la parte che era di tuo padre prese il sopravvento in te, trasformandoti in un essere assettato di sangue. Il tuo padre adottivo conosceva la verità e tua madre era una donna forte e caparbia, chiamò in aiuto me: lo spirito protettore del castello. Mi invocò e mi supplicò di aiutarla.” Dalle mani lasciò cadere i frammenti che avevano composto la pergamena. “Creai l’incantesimo, legandoti al mondo dei vivi e dandoti la vita che i tuoi genitori desideravano, nascondendoti al contempo al tuo potente padre.”

“Ma la pergamena è stata spezzata…”

“La pergamena è stata distrutta e con essa l’incantesimo. La tua seconda natura è uscita allo scoperto; nascosta per anni desiderava solo nutrirsi e così ha fatto.”

“Ileana.” Mormorò Bianca abbassando il volto, ricordando la paura della donna, l’orrore che aveva letto in lei. “Ora crede che io sia un mostro, non vorrà mai più…” Si interruppe colpita da un pensiero: “Io sono un mostro.”

“Cos’è un mostro? Solo ciò che non capiamo. Solo tu puoi definire te stessa.”

“Cosa devo fare?” Chiese in una supplica Bianca, la voce rotta, gli occhi che si riempivano di lacrime.

“Non posso mostrarti la via da seguire, decidi chi vuoi essere e vivi una vita piena, non più a metà, né ombra né luce.” Il coboldo si avvicinò sfiorandole il braccio che portava ancora il piccolo bracciale intrecciato, poi sparì mentre la porta si apriva.

La ragazza ricacciò indietro le lacrime cercando di prepararsi a ciò che sarebbe giunto.

“Bianca… sono contento di vedere che stai meglio.” Il comandante della Guardie era un uomo grande e dall’aria decisa, che raramente aveva visto da vicino e con cui, lei, mai aveva parlato.

“Mio signore, mi dispiace molto per quello che è successo… io…” L’uomo alzò la mano fermandola.

“Abbiamo discusso a lungo, tutta la notte in realtà. La tua… natura… ci era sconosciuta.” Bianca sentì il cuore stringersi. “La Guardia è composta da umani e malgrado il fatto che tua madre l’ha servita con onore, è chiaro che…” Si interruppe, sospirò e guardò verso la finestra.

“Signore, non mandatemi via. Il castello è la mia casa.” Il comandante tornò a guardarla.

“La Guardia esiste per proteggere. Al suo interno non c’è posto per una minaccia. Tu, Bianca, sei una minaccia.” Lo disse senza cattiveria, ma con una dolcezza che Bianca non avrebbe mai sospettato in un uomo tanto possente e autoritario. “Lo capisci questo?” Chiese e lei sentì gli occhi bruciare perché per quanto avesse sempre saputo di non far davvero parte delle Guardie, esserne gettata fuori ora le provocava un dolore atroce.

“Io… lo capisco.”

“Bene.” Si alzò repentinamente, come se si sentisse sollevato nel aver compiuto il suo dovere.

“Come sta Ileana?” Il comandante la fissò a lungo, Bianca sentiva la sua ombra agitarsi: era indeciso tra verità e menzogna.

“Ha la febbre alta.”

“Starà bene?”

“Lo speriamo tutti.” Questa volta la sua risposta fu un secco saluto, le fece un ultimo cenno della testa e si voltò. Quando la porta si aprì, Bianca notò le due Guardie in posizione davanti a essa. Era sorvegliata, come un prigioniero pericoloso.

“Quando?” Chiese ancora e di nuovo l’uomo si volse a guardarla.

“Al tramonto.” Bianca sentì il nodo attorno al collo stringersi. “Non possiamo attendere di più.” Il comandante se ne andò e la porta si richiuse.

Ritrovandosi sola scivolò fuori dal letto e raggiunse la finestra, le fitte di dolore stavano scemando e lei poté reggersi in piedi. Aprì le imposte che erano appena accostate, e osservò il cortile del castello. Con struggente dolore accarezzò le ombre, quasi schiacciate del mezzogiorno, cercando di imprimersi nella mente quel posto che sapeva non avrebbe rivisto mai più.

Alla fine ce l’avevano fatta: l’avevano allontanata. Con rabbia scacciò le lacrime dal suo volto e tornò nel letto. Non avrebbero visto la sua debolezza, non meritavano le sue lacrime.

 

“Bianca dy Nimic, il tuo sacrificio per le Guardie non sarà dimenticato.” L’intero corpo era schierato nel cortile interno del castello, tutti in armatura, gli elmi calcati in testa, le naginate lucenti tese verso il cielo. Il comandante se ne stava ritto e impettito, in uniforme. Sembravano tutti ad un funerale e in realtà era esattamente quello che facevano, perché si nasceva Guardia e si moriva Guardia; e lei era morta per loro, solo così poteva andarsene. Bianca rimase di spalle alle porte del castello, aperte per lei, in attesa dell’ultimo raggio di sole.

Malgrado la sua volontà che tentava di trattenerlo, il sole scese, lento ma inesorabile, sprofondando tra i monti della valle, sparendo alla vista e portando con sé i suoi luminosi raggi.

L’astro era tramontato, la salma poteva andare a riposare. Solo che era lei la salma e quella notte non avrebbe riposato. Fece un passo e si voltò, dando la schiena a quegli uomini e a quelle donne che non l’avevano mai veramente voluta tra di loro. Un secondo passo e fu alla porta.

“Fermati.” Il bisbiglio la sorprese. Cornel era una piccola figura nascosta tra le ultime ombre del sole e le prime delle torce che i servitori stavano accendendo.

“Non posso: sono stata cacciata.”

“Se lasci il castello, lasci la mia protezione.” Le ricordò. Bianca poteva sentire gli occhi di tutte le Guardie puntate sulla sua schiena, intenti a chiedersi perché non compisse l’ultimo passo. “Lui sta venendo per te.” Sibilò il coboldo agitando le braccia.

“Devo andare.” Dietro di lei si udì un rumore, forse il comandante veniva a darle una spinta. Avrebbero creduto che era troppo debole persino per andarsene dignitosamente. Alzò un piede e su di lei calarono le tenebre.

“Figlia.” La voce questa volta non risuonava nella sua mente, no, era forte e vera eppure altrettanto inconsistente.

L’uomo davanti a lei era imponente. Avvolto in un lungo mantello nero sembrava confondersi nella notte che avanzava. Era ombra, comprese Bianca, pura ombra, il suo corpo era falso, così come era stata falsa la sua di ombra. Un corpo vuoto: morto. Istintivamente fece un passo indietro, sentendo le ombre del castello assieparsi attorno a lei protettive.

“Guardie!” Urlò il comandante, doveva aver scorto la minaccia perché nel suo tono risuonava la paura.

Sul viso del Signore delle Tenebre comparve un sorriso divertito e Bianca poté scorgere il luccichio bianco delle sue zanne.

“Figlia, vieni da me.” Bianca sentiva la voce dell’essere accarezzarla e fece un secondo passo indietro. “Perché mi temi? Io posso darti tutto ciò che desideri.” Il vampiro fece un passo verso di lai aprendo le braccia, il suo corpo era ammantato da una lucente armatura e una spada spuntava dal suo fianco, minacciosa eppure non quanto i suoi occhi neri e freddi, su di un viso pallido come la luna. Bianca sentì quegli occhi scavare dentro di lei, alla ricerca di ciò che in lei era più profondo.

“Insieme.” Quella parola risuonò nel silenzio del tramonto. Le Guardie sembravano aver smesso di respirare e Bianca ebbe l’impressione che tutto fosse immobile alle sue spalle.

“Insieme?” Non riuscì ad impedirsi di chiedere. L’essere davanti a lei sorrise.

“Io e te, insieme, possiamo essere parte di qualcosa. Sono solo da centinaia di anni.” La malinconia colorò la sua voce, colpendo Bianca con un senso di comprensione che non aveva mai provato prima. “Insieme possiamo appartenerci. Io ti donerò tutti ciò che desideri, perché tu mi donerai tutto ciò che desidero: una figlia. La fine della solitudine.”

Bianca percepì un brivido, il sole era ormai un ricordo e dentro di lei vi era qualcosa di oscuro che premeva per uscire. Il vampiro piegò la testa, il sorriso onnipresente sulle sue labbra sembrò crescere.

“Sei forte, controlli la tua ombra.”

“Non voglio quella parte di me.” Disse allora lei e il vampiro scosse la testa, un sospiro sfuggì dalle sue labbra.

“Non rifiutare la parte migliore di te, accoglila, impara a domarla e potrai essere tutto e fare tutto. Guarda.” Il vampiro alzò il braccio e nel suo pugno apparve una naginata, nera e splendidamente intarsiata, sembrava fatte di onice. “È tua, è fatta d’ombra eppure può uccidere tanto velocemente come una d’acciaio e legno.”

Bianca fece un passo avanti attirata da quell’arma meravigliosa che dentro di lei aveva sempre voluto. Ma il vampiro non aveva finito: “E lei, lei è già tua, l’hai morsa, ti basterà chiamare la sua ombra perché obbedisca a ogni tuo più piccolo desiderio.” I suoi occhi si fissarono in un punto alle spalle di Bianca che si voltò. Ileana stava avanzando nello spiazzo, il volto bianco e gli occhi tesi, ma il passo fermo di chi ha visto un mostro e ha deciso di affrontarlo di nuovo.

“Fermo!” Ordinò il vampiro quando Gheorghe fece un passo verso la donna nel tentativo di intercettarla. Il giovane soldato si bloccò, come ancorato al terreno, incapace di disobbedire.

“Questa Guardia, ti ha umiliato, dandoti un Nome nell’antica lingua indegno del tuo potere.” Il vampiro fece un passo avanti e si sbloccò. I suoi occhi fissarono con rabbia la porta aperta che lui non poteva varcare. “Fammi entrare.” Sibilò all’aria. Bianca vide Cornel rabbrividire nell’angolo in cui era nascosto, ma il coboldo non cedette. “Invitami a entrare.” Chiese allora fissando Bianca. “Possiamo nutrirci di loro, insieme.”

Bianca si voltò a guardare le Guardie, erano pallide e tese, ma sembravano pronte a lottare, le voleva morte?

“Io…”

“Figlia, ti hanno sempre odiata, definita un mostro, disprezzata e ora ti hanno bandita trattandoti come un morto. Non devi loro niente. Fammi entrare.” Il vampiro aveva una voce suadente, armoniosa eppure il castello lo temeva e lei amava il castello. Con pochi passi uscì dalla porta trovandosi davanti al vampiro che sorpreso, la fissò.

“Verrò con te, ma loro… lasciali in vita, padre.” L’essere rimase in silenzio per un lungo istante poi annuì.

“Bianca!” La voce di Gheorghe spezzò il silenzio e la ragazza si voltò sorpresa. “Bianca, quell’essere è un demone!” La giovane fissò il giovane guerriero senza parole, incapace di comprendere il perché quell’uomo sembrava volerla proteggere.

“Taci, sciocco, mia figlia è stata generosa con voi, ma io potrei decidere di non esserlo.” La minaccia sembrò far rabbrividire tutti nel cortile, ma Gheorghe non si mosse fissandola con intensità. Vi erano sentimenti discordanti sul suo volto, ma la sua ombra era netta e forte come sempre. Lei poteva leggervi colpa e un senso del giusto e dell’onore che lottavano contro la paura. Gheorghe voleva riscattare la sua anima per l’azione che li aveva portati tutti lì, a quel momento.

“Va bene così, Gheorghe, non c’era posto per me tra di voi.”

“Sì che c’era.” Questa volta era stata Ileana a parlare.

“Ora basta!” Il vampiro si voltò fissando le Guardie. “Invitatemi a entrare!” La sua voce risuonò nella mente di tutti, molte Guardie si tapparono le orecchie gemendo dal dolore, ma la voce di un’anima più debole delle altre pronunciò le parole che il Signore delle Tenebre desiderava: “Entra.”

Fu come l’abbattersi di un muro, il vampiro si protese in avanti avvolto dalle ombre penetrando nel castello come una nube nera. Le sue dita si allungarono per afferrare Gheorghe, ma il comandante si parò davanti al figlio, la naginata tesa il un affondo che penetrò l’ombra senza trovare la carne. Una risata crudele si riversò sulle pietre del castello.

“Sciocco!” Le mani del vampiro artigliarono il collo dell’uomo sollevandolo da terra con estrema facilità. “Sarai il primo a morire.” Disse l’essere, affondando i denti nella carne del collo indifeso del comandante della Guardia.

“No!” Quando Bianca arrivò alla porta il cadavere dell’uomo cadde a terra, la ferita al collo spiccava rossastra nel contrasto del volto bianco e ormai privo di vita.

“Nutriti con me.” Ordinò l’uomo. “Libera l’ombra e sarai tutto ciò che vuoi, potrai fare tutto ciò che vuoi!”

“Imbecille.” La voce bassa e sofferente di Ileana risuonò nel cortile mentre le Guardie inchiodate ai loro posti dal potere del vampiro assistevano impotenti alla scena e fissavano con orrore il corpo del comandante.

Era la seconda volta che l’essere pronunciava quelle parole, ma questa volta la replica di Ileana riportò alla mente di Bianca le frasi che si erano rivolte al cimitero.

“Come osi?” Le ombre del vampiro si avvolsero attorno alla ragazza che fu sollevata in alto.

“Padre!” Questa volta il vampiro si voltò a fissarla e un sorriso apparve sulle sue labbra.

“Giusto: lei è tua.” Lasciò la donna cadere a terra, ma davanti agli occhi increduli di Bianca, Ileana si rialzò, fissandola con occhi vacui.

“Cosa le hai fatto?”

“Ti mostro come controllarla.” Affermò il vampiro facendola volteggiare tra le ombre come un pupazzo vuoto, fino a quando non le si inchinò davanti. “Tendi il polso, permettile di nutrirsi di te e sarà tua schiava per sempre.”

“Non voglio…”

“Se non lo fai tu, lo farò io.” La minaccia scivolò sulla pelle di Bianca come una lama e finalmente lei si liberò della seduzione che l’essere aveva posto su di lei, per la prima volta non guardò più la maschera che indossava, ma guardò l’ombra e lo vide per davvero. Era vuota fame, famelico e crudele desiderio: tenebra e non l’ombra che lei amava. “Fallo!” Sibilò l’uomo tirando qualcosa dentro di lei, svegliando l’ombra che l’incantesimo del coboldo aveva rinchiuso per così tanto tempo.

Bianca sentì la propria testa scattare all’indietro mentre i suoi capelli diventavano bianchi come la luna e i suoi occhi neri come onice.

“Nutriti, figlia mia e poi lascia che lei si nutra di te.” La voce del vampiro era di nuovo suadente. Bianca sorrise, mentre i suoi occhi si fissavano su Ileana. Prese la testa piegata della ragazza e la ruotò permettendo ai loro occhi di incontrarsi, ma non lesse paura, non lesse neppure il vuoto del controllo del vampiro, no, lesse infinita dolcezza.

“Va tutto bene.” Mormorò la donna e Bianca affondò con rabbia i denti nel suo collo. Bevve con forza, ma senza piacere, provando dolore per quel gesto, senza capirne il motivo.

“Basta, o la ucciderai.” La voce del vampiro era divertita. “Ora tocca a lei, porgile il braccio.” Bianca staccò i denti dal collo dalla giovane e Ileana crollò a terra, incapace di reggersi sulle sue gambe.

“Bianca dy Nimic. Sorgi come Guardia, vivi come Guardia e muori come Guardia.” La voce di Gheorghe era un mormorio. La Guardia era accanto al corpo del padre, ma ora alzò gli occhi su di lei. “Non dimenticare mai: nasciamo per proteggere, moriamo per proteggere, siamo un solo corpo: siamo Guardie. Tu sei una Guardia.”

Bianca rabbrividì, sentiva quelle parole scivolare nel suo inconscio e risvegliare la parte di lei che aveva sempre desiderato essere parte di quel nobile corpo, parte di qualcosa da amare, qualcosa da proteggere e che l’avrebbe sempre protetta.

“Finisci con questa donna e poi ci occuperemo di loro.” Il vampiro la avvolse con le sue ombre, forte, suadente, eppure era solo un imbecille. Abbassò lo sguardo sul corpo riverso di Ileana e le accarezzo il volto, era così bella, anche adesso, priva di forze, pallida e indifesa.

“Non sei un mostro fino a quando non decidi tu di esserlo.” Questa volta era Cornel a parlare, con un gesto di stizza il vampiro scagliò lontano il coboldo che sparì nella notte.

Bianca passò le mani tra i capelli d’oro di Ileana, cercando di ricordare il suo sorriso: era così luminoso.

“Perché sei uscita dal castello? Perché sei venuta fino a qui?” Chiese allora, si ferì le labbra nel parlare, ma la presa della sua ombra su di lei non si rafforzò nel sentire il gusto del sangue, non questa volta.

“Ho sentito che avevi bisogno di me.” Mormorò la giovane un debole sorriso che appariva sulle sue labbra.

“Non mi temi?”

“Sì, come si teme il fuoco: la cui bellezza affascina e la cui ombra mette in guardia.” Bianca sentì il cuore stringersi nel riconoscere le sue stesse parole. “Può bruciarci, ucciderci, eppure ne abbiamo bisogno, perché senza di lui non possiamo vivere. Se devi prendere la mia volontà e rendermi schiava, fallo, non potrei sopportare di vederti diventare solo il vuoto tra le stelle.” Una singola lacrima scivolò lungo il volto di Ileana e Bianca sentì il suo corpo cambiare tornando a essere quello debole, umano e privo di ombra a cui era abituata.

“No.” Disse e alzò gli occhi fissandoli sul vampiro.

“Allora morirai. Assieme a tutti gli altri.” L’ombra la colpì con forza scaraventandola indietro, tra le Guardie. Bianca colpì il duro selciato con un gemito, finendo tra le gambe dei soldati. Per un istante credette che si sarebbero scostati da lei con disgusto, ma poi si rese conto che si stavano chiudendo formano il cerchio di protezione che gli aveva visto fare tante volte in addestramento, la voce di Gheorghe forte e limpida nella notte.

“Guardie in formazione!”

“Sciocchi!” Urlò il vampiro avventandosi sui primi con rabbia. Bianca si tirò in piedi mentre la notte si riempiva dei gemiti dei suoi compagni. Perché sì, per quanto l’avessero sempre allontanata e odiata ora erano lì per lei, pronti a morire, perché lei era una Guardia. Cercò di uscire dal cerchio, ma una mano decisa la spinse indietro, al sicuro.

Cosa poteva fare? Non voleva che morissero tutti per lei.

“Ora sei tra due mondi, mia piccola luna, scegli: abbraccia il tuo potere e sfida tuo padre o respingilo e trova un’altra soluzione.” Il coboldo si era materializzato accanto a lei.

“Non puoi fermarlo?”

“Lo avrei fermato per sempre se non fosse stato invitato a entrare, sono vincolato da quella legge magica tanto quanto il vampiro.”

“Cosa posso fare io? Non voglio ritornare ad essere il mostro che si è nutrito con gioia di Ileana.”

“Allora trova un altro modo.”

Bianca vide Gheorghe gettato di lato e Ileana recuperare la naginata dell’uomo per farsi avanti. Il vampiro rideva mentre alzava la grande spada, divertito dal combattimento tanto quanto dal pasto che presto avrebbe fatto. Non aveva più tempo.

“È solo ombra.” Mormorò Cornel un attimo prima di scomparire nel selciato.

Lui era ombra che controllava le ombre e lei era sua figlia, forse… Un  grido di dolore la fece trasalire, Ileana si teneva il braccio, la naginata era caduta lontano e la sua camicia bianca si stava colorando di vermiglio. Il vampiro si tese su di lei, la spada già rossa pronta a bere altro sangue.

Fermo!” L’intera piazza si immobilizzò, mentre lei tendeva le mani con orrore. Bianca sbatté le palpebre, stupefatta. Con passo incerto oltrepassò le Guardie tese nello scontro e in esso bloccate, fino a raggiungere suo padre, che la seguì con lo sguardo, sul volto aveva il ghigno divertito con il quale intendeva uccidere Ileana.

“Non puoi tenermi così a lungo.” Sibilò l’uomo il cui viso iniziava a scongelarsi. “Io sono il Signore delle Ombre!” L’urlò penetrò nella testa di Bianca che strinse i denti mentre il vampiro si liberava sciogliendo l’incanto. Le Guardie incespicarono liberandosi a loro volta, incredule. “Il tuo potere è forte.” Mormorò l’essere e poi si avventò su di lei, piantandole i denti nel collo. Bianca si dibatté invano e quando lui la lasciò andare cadde a terra accanto a Ileana che si stringeva il braccio ferito.

Il vampiro si leccò le labbra con un sorriso.

“Potere.” Mormorò. La sorpresa che aveva bloccato i soldati si sciolse e molte naginate furono spinte verso il vampiro nella speranza di trovarlo distratto. “Fermi.” Mormorò con grazia l’essere e sorrise di nuovo. “Potere, sì, ne hai molto. Potrei decidere di tenerti in vita e nutrirmi di te per sempre.” Il suo sorriso divenne crudele e Bianca rabbrividì mentre il vampiro si voltava e Ileana si tendeva per mettersi tra lei e il demone. “Sì. Ora però sono stufo, credo di essermi divertito abbastanza per una notte sola.” Guardava le Guardie e Bianca capì che quello era il suo momento, il momento che aveva atteso tutta la vita, avrebbe impugnato una naginata e avrebbe difeso i suoi compagni e il castello.

Con un gesto fluido raccolse da terra l’arma, ma non quella in ferro e legno troppo pesante e troppo terrena per l’essere che doveva sconfiggere, no, prese l’ombra dell’arma di Ileana e con gesto fluido la conficcò nel corpo fatto d’ombra di suo padre.

Il vampiro gridò voltandosi verso Bianca, il volto deformato dal dolore e dalla rabbia.

“Come osi?!”

“Io non ti appartengo, sono una Guardia e appartengo a questo posto.”

“Tu sei ombra come me, sei un mostro come me!” Il vampiro si dibatteva, ma lei lo teneva inchiodato a terra.

“Tu sei un mostro, io ho deciso di essere solo me stessa, in bilico tra ombre e luce, capace di vedere la bellezza in entrambe e di vivere in entrambe.”

“Sciocca!” Urlò rabbioso il vampiro cercando di afferrarla con gli artigli protesi. Solo allora Bianca vide il corpo sul quale il vampiro aveva tessuto le sue ombre, il corpo bianco e vuoto ora era lì, davanti a lei.

“Un paletto di legno!” Cornel comparve nell’ombra che il vampiro stava cercando di addensare nel tentativo di colpirli.

“Figlia! Non permettere che mi uccidano!” La voce del vampiro era pietosa ora e Bianca esitò, bastò un istante e il vampiro poté liberarsi dalla sua morsa d’ombra. “Sciocca e debole! Avresti dovuto uccidermi quando potevi.” La sollevò avvolgendole le mani attorno al collo, mani di carne, mani che erano state vive un tempo. “Sarai anche una Guardia, ma nessuno verrà a salvarti, morirai davanti ai loro occhi patetica creatura.”

Bianca chiuse gli occhi, malgrado si agitasse la presa del vampiro era ferrea e mortale. Il dolore era atroce. Sentiva la fine vicina eppure era in pace, sarebbe morta come una Guardia, avrebbe potuto essere sepolta assieme ai suoi genitori, degna di essere ricordata per aver tentato di difendere il castello; e, soprattutto, sarebbe morta sapendo di essere stata amata.

I suoi occhi si fissarono sulla macchia indistinta che sapeva essere Ileana: la donna si stava muovendo. Per un istante il suo cervello in manca di ossigeno faticò a comprendere l’importanza di quel movimento poi ricordò che non si era fermata all’ordine del padre, non era rimasta bloccata come tutte le altre Guardie. Con un sussulto comprese che quel dettaglio era di fondamentale importanza, non solo per lei, ma anche per suo padre. Il vampiro strinse le dita infastidito nel veder sorgere sul suo volto un sorriso soffocato poi un sussulto scosse le braccia che la reggevano e Bianca cadde a terra. Respirò con un rantolo mentre gli occhi tornavano a vedere con chiarezza. Accanto a lei, steso al suolo, c’era l’essere che aveva chiamato padre e dal suo petto fuoriusciva l’asta di legno di una naginata. A stringerla, con i denti stretti dal dolore, ma gli occhi determinati vi era Ileana.

“Non è possibile, tu eri sotto il mio controllo.” Mormorò il vampiro mentre si spegneva. La donna indicò il morso che lei le aveva procurato.

“Si può essere sotto il controllo di un solo demone alla volta e, io, sono sua.” La sua voce era fievole, ma nei suoi occhi brillava l’orgoglio per quella fiera lotta in cui Bianca aveva vinto contro le tenebre e contro se stessa.

Il vampiro tentò di rialzarsi, ma il suo corpo si trasformò in polvere e le ombre caddero attorno a lui sfilacciandosi e sparendo nella notte. Era finita.

Le Guardie tornarono a muoversi, molte rimasero a terra e Bianca osservò tra tutti il corpo del comandante, poco distante Gheorghe si avvicinò zoppicando, aveva un grosso livido sul volto e il braccio che stringeva al petto era storto in maniera innaturale, sul suo volto vi era una smorfia di dolore, ma l’uomo la ricacciò indietro non appena vide il padre sollevato da due Guardie.

“Mi dispiace.” Mormorò Bianca.

“No. Dispiace a me. Tutto questo è colpa mia e porterò la colpa finché vivrò.”

Gheorghe io…”

“Permettimi di eseguire di nuovo la cerimonia del Nome.” Sul suo volto vi era una profonda serietà, assomigliava di più al padre adesso e meno al ragazzo arrabbiato e aggressivo che aveva strappato la pergamena dell’incantesimo solo il giorno prima. Bianca annuì senza capire cosa volesse fare.

“Guardie, schierate.” Ordinò e i soldati si sistemarono di nuovo in ranghi, molti erano appoggiati alle loro lame a causa delle ferite, ma nessuno si tirò indietro. Gheorghe si voltò verso di lei, il volto serio.

“Sorgi come Guardia, vivi come Guardia e muori come Guardia. Bianca dy Nimic Frică.” Pronunciò. Nell’udire quelle parole Ileana sorrise e Bianca sentì il cuore fremere d’orgoglio.

Ogni Guardia che poteva ancora farlo alzò l’arma al cielo e ripeté in coro il suo Nome: ora lei era Bianca Senza Paura. Ora lei era una Guardia.

 

  
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