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Autore: myqueasysmile    04/01/2017    1 recensioni
La scuola.
Il canto.
La musica.
La famiglia.
Queste sono le cose più importanti nella vita di Elisa, ragazza diciottenne dal carattere molto introverso e complicato.
Una ragazza che adora il fratello, che spera di conoscere il suo "eroe" e che ancora non ha idea di cosa sia l'amore.
Ma poi arriva lui, completamente inaspettato, che un po' alla volta le stravolge la vita.
Forse riuscirà a farsi avvicinare da lei, lei che tende ad allontanare tutti e starsene per conto suo. O forse no.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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«Va meglio adesso?» chiese dopo qualche secondo, mentre stava preparando la tavola.
«Sì, è solo la testa che mi fa ancora male. Mi è uscito il bernoccolo a quanto pare» risposi passandomi una mano sulla nuca e facendo una smorfia.
«Dopo chiamo il preside» disse guardandomi.
«No ti prego, non dirlo a nessuno!!» lo pregai agitandomi.
«Elisa, lo sai che quello che hanno fatto è sbagliato. È giusto che siano punite!» replicò lui avvicinandosi a me e mettendomi una mano sulla spalla.
«Lo so, ma sarebbe peggio. Già credono che io sia la tua preferita perché hai scelto me e quella canzone, grazie mille!» dissi acida.

Lui incrociò le braccia al petto «Ho scelto te perché fai canto, e quella canzone perché so che ti piace e la sai cantare. Ho visto la tua reazione stamattina quando ve l'ho fatta sentire, eri felice» disse fissandomi negli occhi.
«Sì be', finché non ho scoperto di doverla cantare io. Io non sono Mika» replicai ricambiando il suo sguardo «Non ci riuscirò mai!».
«Vedremo!» concluse lui andando a scolare la pasta.

Lasciai perdere e andai a posare Spark sul divano.
«Prof, posso andare in bagno?» chiesi dal salotto.
«Sì, nel corridoio, la prima porta a sinistra» rispose lui dalla cucina.
Ci andai e mi lavai le mani. Poi mi guardai allo specchio. Avevo ancora gli occhi rossi e lucidi. Fanculo!

Tornai in cucina e presi posto di fronte a lui, davanti a un bel piatto di pasta.
Mangiammo in silenzio, poi lo aiutai a spreparare. Tornai in salotto e mi sedetti a fianco a Spark, premendomi le dita sulle tempie. Mi appoggiai allo schienale e chiusi gli occhi. Maledetto mal di testa!

«Ecco qua!». Aprii gli occhi e presi la pastiglia e il bicchiere che mi stava porgendo. La buttai giù, poi gli restituii il bicchiere «Grazie!».
Lui tornò e si sedette accanto a me.
«Mi dispiace, scusa per tutto questo» mormorai evitando di guardarlo.
«Non dirlo nemmeno, dispiace a me per quello che ti hanno fatto» disse lui alzandomi il mento e facendo incontrare i nostri occhi.

«Non è colpa tua, è colpa mia che non mi sono difesa, ho perso l'equilibrio e ho battuto la testa» borbottai. «E comunque non ha senso, avrebbero potuto proporsi loro con quelle voci del cazzo! Ora sembro una drogata, con questi occhi...».
«Non è vero, sei bellissima!».
Io arrossii e distolsi lo sguardo.

«Ascolta, adesso ti sdrai un po' così ti passa il mal di testa, poi ti faccio vedere una cosa e proviamo con Happy Ending» disse alzandosi «Io intanto mi correggo i compiti».
«Mmh, va bene, buon divertimento!» dissi sarcastica mentre si allontanava.

Mi sdraiai sul fianco, portando il micetto tra le mie braccia. Lui mi leccò un po' la mano, poi si rigirò e si mise a ronfare. Chiusi gli occhi e mi riposai un po'.

«Spark, perché mi stai leccando?» mormorai riaprendo gli occhi un po' di tempo dopo.
Mi ritrovai davanti il micetto grigio che mi guardava. Era così carino. Lo accarezzai con la mano e lo avvicinai a me dandogli un bacio.
«Sei bello come il tuo padrone» gli sussurrai all'orecchio.

«Me lo stai viziando?».
Sobbalzai e guardai sopra di me.
«Mi hai fatto prendere paura» dissi «Comunque sì, è troppo carino!».
«Come va?» chiese allungando il braccio e accarezzando in testa il micio.
«Bene» risposi tirandomi su, poi mi alzai dal divano tenendo Spark.
«Allora vieni con me!» fece lui.
«Io... forse dovrei andare a casa. Non voglio disturbare...» dissi guardando l'ora.
«Ma figurati, e poi guarda Spark. Ha tutta l'aria di voler rimanere in braccio a te per sempre» rispose lui prendendomi per il polso e portandomi di sopra.

Rimasi a bocca aperta. C'era un pianoforte a coda nero nel centro della stanza, la quale si affacciava sul salotto. Poi, vicino alla parete c'erano tre chitarre elettriche e due acustiche. Lì vicino degli amplificatori e i vari cavi. Era il paradiso!
«Wow!» dissi ammirando la stanza mentre accarezzavo distrattamente il gattino «Suoni il pianoforte? E la chitarra?».
Lui sorrise con aria divertita annuendo. Poi si sedette sullo sgabello del piano e posizionò le dita sui tasti incominciando a suonare. Happy Ending.

«Forza, provaci!» disse voltandosi e incitandomi.
Annuii e feci un bel respiro, ma quando fu ora di iniziare mi bloccai. Lui mi guardò e smise di suonare «Ehi, che succede?».
«Io...» cominciai, evitando i suoi occhi «Io non ci riesco...».
«Perché?» chiese dolcemente.
"Perché ci sei tu, ecco perché!" pensai.
«Non ho mai cantato di fronte ad altri a parte la mia insegnante e Marco...» spiegai intimorita.
Lui si alzò e mi venne di fronte, poi allungò la mano, alzandomi il viso «Guardami».
Alzai gli occhi, perdendomi in quei pozzi azzurri.
«Non devi aver paura di cantare davanti a me, Elisa, ti ho già sentita e sei brava. Lo penso davvero» disse con la sua voce rassicurante.
«Mmh, ok».

Si risedette e ricominciammo. Riuscii a cantare tutta la canzone, fortunatamente senza fare grandi errori.
«Grande, dovresti seguire le orme di tuo fratello» disse tornando di fianco a me.
Io lo guardai, aggrottando le sopracciglia «Sai meglio di me che non durerei in un programma del genere col carattere che ho, mi hai visto oggi...».
«Forse non sembra, ma tu sei forte. Lo so».
Io scrollai le spalle non sapendo cosa dire, e riportai gli occhi su Spark.

Ritornammo di sotto e quando gli dissi che sarei andata a casa insistette per riaccompagnarmi.
Spense il motore davanti a casa mia e mi guardò. Ammirai ancora il suo viso. Quegli occhi azzurri che ogni tanto animavano i miei sogni e quei capelli castani un po' spettinati che gli davano un'aria da figo.
Scese dalla macchina e fece il giro, venendomi ad aprire la portiera e porgendomi la mano.
La presi e scesi dalla macchina, poi gliela lasciai.

«Grazie mille per oggi» dissi torturandomi le mani e sentendomi un filino nervosa.
«Cos'è che ti rende così nervosa ora?» chiese facendomi portare lo sguardo su di lui.
Io arrossii. «Oh, ehm... è che lei, cioè... tu...» cominciai balbettando.
Lui rise.
«Non ridere uffa, non aiuta!».
«Va bene. Qual è il problema?» chiese infilandosi le mani in tasca.
Feci un respiro. «Ok, è che non so come rivolgermi a te. Oggi abbiamo parlato come se tu fossi Marco, tu però non sei mio fratello ma il mio prof e io ti sto dando del "tu" e mi sembra di mancarti di rispetto...» dissi fissandomi le mani.

«Ah, ecco. Intanto parlare insieme non è vietato, avevi bisogno di qualcuno e c'ero io, per fortuna aggiungerei. Poi, mi sembra normale che tu mi dia del "tu" fuori da scuola, in più ci siamo già parlati perché sei la baby-sitter di mio nipote e ci conosciamo...».

«Ok, scusa se ho detto che era colpa tua, non è vero» aggiunsi alzando gli occhi su di lui.
«Non preoccuparti» rispose «Basta che tu stia bene».
Io annuii. «Grazie davvero per tutto, buona serata!».
Lui sorrise «Anche a te, ci vediamo!». Sorrisi e lo guardai tornare in macchina, poi entrai in casa.

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«Ciao Eli!!» esclamò Marco. Era lunedì sera ed era appena entrato in casa. Appoggiò la valigia per terra e mi stritolò in un abbraccio da orso. Sorrisi e gli baciai la guancia. «Ciao Marco!».
«Preparati, mercoledì vieni con me a Milano!» mi sussurrò all'orecchio.
Io spalancai gli occhi «Davvero?». Lui annuì, e io gli saltai in braccio, facendolo ridere.
«E la scuola?» chiesi aggrottando le sopracciglia.
«Rilassati, ho parlato con mamma e papà, recupererai quei cinque giorni».
«Cinque? Marco ti amo!!» esultai stringendolo.
Lui scoppiò a ridere.

«Mi sei mancato un casino fratellino» dissi più tardi, quando eravamo seduti di sopra sul divano.
«Anche tu stellina, mi farò perdonare in quei cinque giorni. Ci sarà una sorpresa per te!» disse lui.
«Ma così mi fai stare in ansia» protestai facendolo ridere.
«Dai, raccontami cosa hai fatto mentre ero via!».
«Le solite cose, ho fatto da baby-sitter a Stefano, che tra l'altro vuole conoscerti, le lezioni di canto, poi abbiamo iniziato col coro a scuola... e mi tocca fare la parte solista» riassunsi.
«Forte! Che canzone?» fece lui.
«Happy Ending» risposi guardandolo.
«Be', allora sarai perfetta lo so!» commentò tirandomi a lui e baciandomi la fronte.
Alzai le spalle «Se lo dici tu».
Lui rise.

Guardammo ancora un po' la tv, finché non decisi che era ora di andare a letto.
«Io vado a dormire» dissi alzandomi dal divano.
Lui sbadigliò senza ritegno «Anch'io. Sono distrutto, quando torno a casa devo sempre recuperare il sonno perduto...».
Si alzò anche lui e spense la tv. Feci qualche passo verso le nostre camere.

«Marco?» chiesi fermandomi.
«Mmh?» chiese lui guardandomi.
«Dormiamo insieme?» chiesi facendogli gli occhi dolci.
Lui mi fissò «Stavolta da me».
«Ok» risposi scrollando le spalle. Recuperai il cellulare da camera mia e lo raggiunsi nella sua camera. Era in maglietta e boxer. Obiettivamente era davvero un bel ragazzo.

Si infilò sotto le coperte e io lo raggiunsi. Impostai la sveglia e appoggiai il telefono sul comodino.
«È un po' più complicato di quando eravamo piccoli, stai attenta a non cadere giù» disse dopo qualche secondo.
«Per quello si va meglio da me, alla peggio mi schiacci sul muro...» risposi dandogli la schiena.
«Vieni qua dai!» fece lui prendendomi per la vita e attirandomi più vicino al suo corpo.
«Posso abbracciarti?».
«Non serve mica che me lo chiedi!» risposi ridendo.
«Be', lo sai, non sei più una bambina. Potrebbe darti fastidio...».
«Finché tieni le mani a posto è tutto ok» risposi sbadigliando.

«Notte sorellina, ti voglio bene!» sussurrò dopo aver spento la luce, circondandomi con un braccio.
«Buonanotte Marco, io te ne voglio di più» risposi chiudendo gli occhi.
«Non è vero...» lo sentii borbottare prima di addormentarmi.

  
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