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Autore: Hikari_Henko    05/01/2017    2 recensioni
Lovino Vargas rivela le doti di un ottimo studente,anche se si dimostra sufficiente verso la lingua spagnola. Per questo gli viene affidato un tutor, Antonio, il quale sarà pure il suo unico amico, l'unico con cui poi rivelerà le atrocità del proprio passato e, creando un forte legame con lui, proverà ad affrontarle.
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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-Perché tu sei mio.
In quel momento l’aria divenne più limpida, ricolma di pensieri mistici e gradevoli. La mente di Lovino venne per un momento paralizzata. Era stato colto di sorpresa, parecchio di sorpresa. L’acqua della canna che scorreva limpida era l’unico suono udibile.
Esitò prima di parlare: -C-che cazzo stai dicendo?
Lo spagnolo ancora gli dava le spalle. Le pupille del giovane cercavano il suo sguardo, ma allo stesso tempo lo temevano.
Appena Antonio accennò a voltarsi, Lovino cercò di sbarazzarsi di tutte le sue insicurezze, assumendo un’espressione decisa.
-Sei il mio studente. Non il loro.
“Tutto qui?” pensò l’italiano.
“Io… non posso proprio essere altro… per nessuno?”
“Nemmeno per te, Antonio?”
“Antonio…”
“Mi odi anche tu vero?”
“Mi odiate tutti”
-E poi…
“Come?  Deve… dirmi altro?”
-… poi sei una persona speciale, per me.
Lovino sentì il proprio respiro farsi più veloce e carico, come le sue pulsazioni. Cosa diceva lo spagnolo, di punto in bianco? Lo avrebbe fatto esplodere di imbarazzo.
-Che cazzo dici, coglione?
“No, non ascoltarmi…”
-Lovi, sei parte della mia vita ormai… non posso ritenerti poco importante.
-Ma se ci siamo appena conosciuti cazzo!
“No, ti prego, fammi stare zitto!”
-Non mi importa, diamine.
-Beh non me ne sbatte, ciao.
“Dio, perché devo sempre rovinare tutto?”
Il ragazzino fece per andarsene. Lo spagnolo non obbiettò. Non si guardavano negli occhi.
Poco prima dell’uscita, Lovino si bloccò.
“Non voglio che finisca così, cazzo”
Antonio stava ancora in piedi, nello stesso punto. Tuttavia alzò lo sguardo quando sentì dei singhiozzi. Piccoli, flebili singhiozzi. Delle piccole spalle che tremavano. La voce soffocata di un povero ragazzo in trauma… un forte desiderio di consolazione.
-Sei un coglione… un dannato coglione…- sussurrava l’italiano.
Lo spagnolo si avvicinò piano piano a lui. Quando gli fu dietro, lo avvolse nelle sue calde braccia.
Lovino continuava a farfugliare insulti. Prima sull’amico, poi su sé stesso.
-Cazzo… sono un idiota… mi dispiace…- sussurrava.
Si staccò lentamente dalla presa di Antonio, per girarsi, far piombare il suo viso umido sul suo petto e continuare a scusarsi.
“Scusa, scusa”il tutore non sentiva altro. Per loro il mondo ora era solo un concetto astratto, l’immaginario. Avvinghiati, sotto il tepore del freddo sole, erano gli unici a esistere ora.
Solo in quei brevi momenti Antonio si accorgeva di quanto fosse freddo il corpo di Lovino. Era così stupendamente freddo. Sentendo le sue mani ormai legate alla schiena di lui, non osava muoverle. Percepiva pure le candide dita del ragazzo che cercavano calore.
Rimasero stretti così, per un’ infinità di tempo che non era ancora abbastanza. Osservavano il vuoto, solo quello c’era per mantenerli attaccati al suolo. Oppure avrebbero iniziato a fluttuare fra le nuvole, verso un luogo sperduto, dove il loro tempo sarebbe stato infinito.
Si staccarono. Per scelta loro. Si scambiarono degli sguardi veloci. Antonio avvicinò le sue mani al volto del giovane, ancora rossastro per il pianto, per distogliere le ultime lacrime.
-Ti detesto…- gli disse l’italiano. Prese le sue cose e se ne andò davvero. Lo spagnolo lo guardava sorridendo. Prese un pomodoro da una cesta, con l’intenzione di mangiarselo. Poi si ricordò.
-ASPETTA, VARGAS! HO QUI UNO DEI TUOI RISULT- ma ormai era troppo tardi, l’altro se l’era data a gambe. Poteva ancora raggiungerlo.
Lasciò tutte le sue cose lì dove stavano, mise il pomodoro in tasca, coprì tutto col telo e iniziò a correre.
Correre, correre, sempre più forte e veloce.
“Continua a correre”
Antonio iniziò a risentire quella voce, la stessa degli anni prima.
“Corri, corri”
E non perse tempo. Quella voce gli diceva sempre quando era giusto iniziare a muovere le gambe.
Finalmente vide il famoso ricciolo italico che si spostava qua e là, finchè voltò l’angolo e si diresse verso delle scale per il primo piano dell’edificio. Antonio stava per chiamarlo, quando vide che, appena aprì la porta, grosse mani afferrarono il ragazzo per il petto e lo risucchiarono all’interno dell’appartamento misterioso. Seguirono urla, imprecazioni e suoni confusi. Lo spagnolo si avvicinò silenzioso, salì le stesse scale e poggiò il suo orecchio alla porta, udendo la voce di un uomo che insultava il suo Lovinito.
Per poi solamente avvertire la forza con cui il ragazzo si era liberato e corso in un angolo remoto della casa.
Antonio scese le scale. Si posizionò nella parte posteriore dell’edificio. Iniziò a salire mano a mano, sperando di non essere sentito o visto. Arrivò ad una finestrella socchiusa, da dove provenivano versi strozzati.
Bussò.
-Lovi- sussurò lui. Sentì un balzo. Apparve il giovane, che lo fissò incredulo. C’erano le sbarre alle finestre.
Non dissero nulla, Antonio guardò un po’ dispiaciuto Lovino, per poi sorridergli, allungargli delle dita che vennero afferrate affettuosamente, per poi porgergli il pomodoro che ancora aveva in tasca.
-Tieni. Ci vediamo domani.
-A domani.
A malincuore, lo spagnolo si buttò per atterrare quatto quatto a terra, fuggendo verso a scuola. Iniziava a piovere.
L’italiano lo fissò mentre si allontanava, annusando costantemente il profumino del vegetale, ritoccandosi i polpastrelli riscaldati dal tocco di Antonio. Era una sensazione così piacevole.
Richiuse i balconi, si rintanò nella sua stanza, aspettando il giorno successivo. 
   
 
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