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Autore: _Charlie_    05/01/2017    1 recensioni
Il pericolo incombe.
Le streghe della Congrega si preparano a fare ritorno.

Arya Mason è una ragazza di sedici anni che vive a Rozendhel, Virginia. Ha lunghi capelli color rosso ciliegia, occhi verdissimi, e un passato da dimenticare. Una Visione, una Chiave ed un Portale segneranno l'inizio di una guerra da cui non potrà tirarsi indietro.

Ma quali sono le schiere del Bene? Innanzitutto, esistono davvero?
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 32:

 

Il Rifugio

 

 

Il vento, bandito dalla città, proseguì il suo eterno viaggio. Non vi era più alcun tipo di speranza contenuta nei suoi gesti: si lamentava nei boschi, schivando i pini e spolverando di tanto in tanto quell'ispido tappeto di aghi e foglie secche. Si era allontanato parecchio, ma non sembrava importargli granché. Non aveva alcuna intenzione di fare dietro-front, di tornare sui suoi passi.
Per quale ragione avrebbe dovuto farlo? D'altronde, è impossibile risvegliare un morto! Ormai, si era arreso... si era abbandonato all'idea che tutto sarebbe rimasto così, appassito.

Lentamente, anche il sole stava per uscire allo scoperto – facendo capolino all'orizzonte, tra le nuvole rosee dell'aurora.
L'estate era arrivata in anticipo e soltanto in quegli attimi era possibile godere di un clima fresco e per nulla torrido; un clima che piaceva a tutti, ed in special modo a quella piccola macchia di inchiostro che sfrecciava nell'aria, insinuandosi leggiadra nel cielo, coraggiosa e silente.
Il vento fece fatica a raggiungerla: era fin troppo veloce per lui, con quelle piume nere che vibravano eleganti ad ogni suo tocco. Le carezzò i capelli rossi, avvolgendo la sua figura danzante in lievi spirali invisibili, le solleticò il naso ed infine fece per accompagnarla a terra.
Non appena i lacci degli anfibi s'impigliarono ai ciuffi del prato, Arya sbatté le ali un'ultima volta – serrandole, successivamente, con un colpo secco delle spalle, inarcando la schiena.
Diede una rapida occhiata all'ambiente circostante: si trovava in una vastissima radura, spoglia e taciturna. A farle compagnia erano soltanto quei pochi platani che si ergevano attorno ai ruderi di una città caduta e dimenticata da fin troppo tempo. I raggi solari filtravano attraverso i loro fori, svegliando la pietra ed il muschio che li influenzava.
Chi mai avrebbe sospettato che sotto a quelle costruzioni tanto vecchie si trovasse il nascondiglio di una popolazione altresì antica, ormai costretta a vivere nella clandestinità e nella paura di essere scoperta e uccisa?
Arya congedò il vento e si abbandonò su di un masso, lo sguardo concentrato altrove.
La radura, infatti, posta su una collinetta, le donava una vista magnifica del bosco che si estendeva ai suoi piedi: le cime dei pini sfregavano contro il cielo, mentre frinivano i grilli e ticchettavano i pettirossi.
Serrò le palpebre ed inspirò profondamente, immaginando cosa ci fosse al di là di quella somma pace.
Nonostante fossero trascorsi dei lunghissimi mesi dal giorno in cui era riuscita a scappare dalla Dimensione, Arya non aveva mai trascurato il ricordo della sua città: Rozendhel.
Era solita chiedersi se un giorno vi avrebbe mai rimesso piede e, soprattutto, in che stato l'avrebbe ritrovata. Le notizie che provenivano dalle spie di Rhona non erano delle più felici. Erano terribili, e peggioravano di momento in momento.
Arya riaprì gli occhi e tirò un pugno contro il masso – il palmo della mano destra prese a sanguinarle copiosamente.
Era stanca, stufa e... neanche lei sapeva più quali fossero i sentimenti che si davano battaglia all'interno del suo petto. A tratti si sentiva addirittura spaventata, come se il peso della situazione le piombasse di punto in bianco sulle spalle, schiacciandola, facendola accasciare a terra e scoppiare in un interminabile pianto. In quei casi era doveroso per le streghe del Rifugio tentare di tranquillizzarla, di farle capire che quelle visioni nella sua mente non appartenevano altro che al passato... che adesso, si trovava in un luogo sicuro.
« Arya? »
Fu costretta a tornare alla realtà, voltandosi.
« Che ci fai qui fuori? » Le domandò una sciupatissima Beckah, le mani affondate nelle tasche della vestaglia: « hai rubato un'altra piuma di Bartek, non è vero? Devi smetterla! »
« E perché? » Sbottò Arya, alzandosi in piedi: « ultimamente ne perde parecchie. Ne abbiamo in abbondanza! »
« Sì, ma... » incespicò l'altra, poi aggrottò le sopracciglia: « che cosa ti sei fatta alla mano? »
« Niente » tagliò corto Arya, intuendo che quella ferita sarebbe divenuta ben presto un caso di Stato. Tentò di portarsela dietro alla schiena, ma fu fatica sprecata; nascondere un qualcosa a Beckah, difatti, era sempre stato impossibile. La raggiunse con un'espressione corrucciata, la stessa che era solita sfoggiare ai tempi in cui Taissa rompeva un piatto o si divertiva a prenderla in giro.
Si scambiarono un'occhiata, la figura dell'una riflessa negli occhi dell'altra.
« Medicamentum » iniziò Beckah e, in un attimo, il sangue si placò e la ferita parve già vecchia di qualche giorno.
« Grazie » sussurrò Arya, come se quella parola fosse in realtà una bestemmia o una delle cose peggiori da dire ad un altro essere umano.
Continuarono a studiarsi: nelle sue pupille, Arya poté notare la figura di una ragazza dai lunghi capelli color rosso ciliegia, con il volto magro e l'aspetto di chi ha trascorso la notte sotto un ponte.
Allo stesso modo, anche Beckah non sembrava passarsela tanto bene: era pallida, con i capelli intrecciati e le occhiaie che le divoravano il viso.
« Perché ti sei svegliata così presto? » Le domandò Arya – al collo le pendeva il medaglione dorato.
« Ho sentito che ti alzavi, quindi ho aspettato un po'... credevo fossi andata in mensa a prendere una bottiglia d'acqua » Beckah si mise a braccia conserte: « e invece non tornavi più. Quindi, ho intuito che fossi uscita di nuovo di nascosto ».
« Ah, ecco. Ho svegliato anche Quinn? »
La ragazza agitò il capo, poi le afferrò un polso: « torniamo in camera, forza. O vuoi andare a fare colazione? »
Arya sembrò rifletterci su per qualche istante: in realtà, non avrebbe voluto fare nessuna delle due cose. Aveva le idee piuttosto chiare e, finalmente, aveva il coraggio di riferirle a qualcuno: « voglio andare a parlare con Rhona ».
Proprio come aveva previsto, Beckah prese a scrutarla con cotanta attenzione che per lunghi istanti non batté nemmeno le ciglia: « e perché? » Chiese infine, cauta.
« Siamo state qui per troppo tempo, Beckah! » Iniziò Arya, tentando in ogni modo di risvegliare la sua coscienza: « non pensi che dovremmo fare qualcosa? Riprenderci la nostra città? »
« Certo, e rischiare di mandare al massacro altre persone! » Sbottò l'altra, allentando la presa dal suo polso: « hai visto cos'è successo al matrimonio, no? Vuoi che si ripeta una cosa del genere? Non siamo pronte per affrontarli tutti! »
« E allora lasceremo la situazione così com'è? Che si sviluppi da sola? – Fece una pausa, ammorbidendo il tono di voce – le persone stanno morendo anche lì, Beckah! Mentre noi... noi cosa stiamo facendo? Cosa sta facendo Rhona? »
Beckah le lanciò un'occhiataccia, la più fulminante che avesse nel repertorio: « hai intenzione di partire per Rozendhel? Da sola? »
« Come potrei? » Ribatté Arya, infastidita: « non sono la strega che tutti credono che io sia. Sono vulnerabile, ho bisogno dell'aiuto di ognuna di voi ».
Per la prima volta, Beckah notò l'erba e i fiori selvatici. Sul suo volto chino, si alternavano espressioni divertite ed angosciate. Arya si domandò se ce l'avesse fatta.
« Tu sei la strega più forte, non sminuirti » Beckah si aprì in un sorriso: « riusciremo a riprenderci Rozendhel, ne sono certa... ma non oggi. Devi avere pazienza ».
« E quando pensi che potremo farlo? » La ragazza inarcò la fronte: « immagina quante persone stanno perdendo la vita anche adesso! »
« Lo so, Arya » Beckah l'afferrò nuovamente per una mano: « ma non è questo il momento ».
Avanzarono lungo tutta la radura, passando attraverso i ruderi e calciando l'erba secca.
Il sole era ormai sveglio e sfiorava attento le loro cicatrici – troppo numerose, troppo profonde.
Ad un tratto, Beckah fletté le ginocchia, accertandosi che quello fosse davvero il punto in cui si trovasse la botola: sebbene fossero lì da qualche mese, aveva ancora delle difficoltà nell'orientarsi.
Scostò del fogliame con noncuranza, studiò la terra e poi esclamò convinta: « okay, è qui! »
Si rimise in piedi e unì le mani, pronta per quella solita filastrocca che le streghe del Rifugio avevano inventato per lasciar fuori demoni, umani e chissà quale altra creatura dei boschi.
Arya si guardò attorno, come se stesse facendo da palo ad un suo compagno rapinatore. Se solo qualcuno le avesse notate, avrebbero esposto al pericolo l'intera Comunità.
« Il mio nome è Beckah Gray » iniziò la ragazza, gli occhi socchiusi: « strega-guerriera dell'Impurità e amica della Natura. Insieme ad Arya Mason, Ex-Custode della Chiave e Guardiana del Fuoco Aureo, ti ordino di aprire le porte e di lasciarci entrare ».
La terra rispose con un silenzioso “click” e, immediatamente, apparvero una botola ed una rampa di scale di pietra – la quale, inghiottita dall'oscurità, donava l'impressione di condurre verso un luogo orribile, oscuro... verso l'Inferno.
Ormai abituate alla situazione, le streghe richiamarono due luminose sfere bianche e si inoltrarono così in quella galleria lercia ed estremamente umida.
La botola si serrò non appena poggiarono piede sul primo gradino.
« Odio questo posto! » Esclamò Beckah, accertandosi che Arya l'avesse effettivamente seguita: « guarda quant'è sporco! In più, faccio fatica a respirare! »
« Chiederò a Rhona di sistemare anche questo! » Rispose l'altra, la fronte imperlata di sudore.
« Quindi hai proprio intenzione di parlarle? »
« Ovvio » disse Arya, secca: « tu puoi anche aspettarmi in mensa. Credo che a quest'ora si siano svegliati anche Oliver e Logan ».
« D'accordo » si arrese Beckah: « poi fammi sapere come va ».
Il tunnel di pietra le condusse dinanzi ad una porta di legno, sulla quale si trovavano incisi scarabocchi e immagini sconosciute. Arya non si era mai chiesta che cosa volessero dire o quale fosse la loro storia. Li ignorava tutte le volte, prendendo un respiro profondo e allungando la mano verso il pomello – il quale era solito reagire con un breve tremolio.
Spalancata la porta, le due streghe giunsero nell'ingresso del Rifugio: un'enorme sala circolare, dal pavimento intarsiato in un marmo lucente e da una serie di colonne doriche che si ripetevano ad intervalli regolari lungo tutto il perimetro.
L'oro decorava ogni cosa: i fregi che correvano sulle pareti, i numerosi lampadari e persino le minuscole decorazioni del soffitto.
Una balconata divideva la sala dal centro del Rifugio, in cui pendeva un pino di enormi dimensioni, installato a testa in giù, verdissimo e dalle radici dorate che si intrecciavano nel lucernario più alto.
Arya adorava quella postazione – il panorama che riusciva a scorgere da lì era semplicemente unico, magico a tutti gli effetti.
Il primo piano del palazzo era quindi costituito dall'ingresso e dalla mensa, il secondo ed il terzo erano invece riservati alle camere degli ospiti, mentre il quarto era di proprietà esclusiva di Rhona – il capo delle Streghe della Natura. Era stata proprio quest'ultima a prendere la decisione di trasferirsi lì sotto, ed era stata sempre lei a mutare la terra in un luogo sicuro e accogliente.
Tuttavia, attorno alla sua figura aleggiava un'aura misteriosa ed ermetica, ma non eccessivamente intimidatoria: era una donna di gran fascino, che preferiva consumare i pasti nella tranquillità del suo studio, e lavorare giorno e notte per poter riprendersi Rozendhel.
Arya nutriva una profonda stima nei suoi riguardi, ed era soprattutto per questa ragione che odiava ammettere a sé stessa che il lavoro, che ella stava compiendo, non era ancora arrivato ad un qualsiasi risultato soddisfacente.
Doveva parlarle, convincerla a fare la prima mossa. Dovevano far scoppiare una guerra, insieme.
« Arya? » La chiamò Beckah, irritata: « Arya, ci sei? »
« Scusa, non ti avevo sentita » Arya sbatté le palpebre, tornando in tempo presente: « questi rumori sono davvero insopportabili! »
L'unica pecca di quel luogo, infatti, risiedeva nell'assenza di attimi di pace. C'era un continuo movimento di streghe che si rincorrevano per i corridoi, maghi che erano soliti fermarsi dinanzi al pino e interrogarsi sui problemi che affliggevano il mondo e, ancora, creature alate che svolazzavano di tanto in tanto, strepitando versi incomprensibili e lanciando forti fragranze.
Era un mondo distante anni luce dalla Terra, in cui si respirava ossigeno e magia.
« Lascia stare » Beckah si arrese: « vado in mensa a mettere qualcosa sotto i denti. Salutami Darren ».
Arya inarcò le sopracciglia e, perplessa, vedendo la sua amica allontanarsi, chiese: « Darren? »
« Buongiorno, bellissima! » Le labbra del ragazzo le sfiorarono il collo, facendola sobbalzare.
« Buongiorno anche a te » Arya si voltò, celando un sorriso con autorità: « come andiamo? Dormito bene? »
Darren Hart fece spallucce, gli occhi ancora impastati di sonno: « diciamo di sì! Non riesco proprio ad abituarmi a questi dormitori... le pareti sembrano fatte di cartongesso. C'è troppo baccano! »
Rispetto ai giorni che avevano preceduto il matrimonio, i suoi capelli si mostravano un tantino più lunghi e disordinati. Inoltre, quella mattina, indossava una canotta bianca che gli sottolineava il fisico scolpito, dei pantaloncini color mare ed un paio di infradito di gomma.
Nel bel mezzo della sala, una strega dai capelli fucsia lo squadrò dalla testa sino ai piedi – l'espressione inviperita.
« Ti capisco » riprese Arya: « io quando non riesco a dormire salgo in superficie a sgranchirmi un po' le ali ».
« Fai bene! » Le disse Darren in uno sbadiglio: « percepisci ancora del dolore quando ti spuntano? »
La ragazza scosse la testa, tornando indietro nel tempo, alla prima volta che aveva consumato una piuma di Bartek. Allora, Hazelle si trovava ancora in vita e Quinn, invece, era un demone privo di una qualsiasi morale. Quante cose erano cambiate...
« Comunque » disse, cambiando totalmente argomento: « stavi andando a fare colazione? »
Darren annuì: « anche tu? »
« Sto salendo al quarto piano, in realtà. Voglio parlare con Rhona ».
« A quest'ora? Non credi sia troppo presto? »
Arya sembrò rifletterci su per qualche istante, poi disse: « non credo stia dormendo, in caso vi raggiungo più tardi ».
« E se ti volessi accompagnare? » Darren alzò un sopracciglio.
« Sta' tranquillo » la ragazza gli diede una pacca sulla spalla, frustando l'aria con i suoi lunghi capelli rossi: « e poi sei conciato malissimo! Vatti a mettere qualcosa di decente indosso! »
« Ma non è vero! » Darren fece una smorfia e, alzando la voce, disse: « ci vediamo dopo, allora! »
« A dopo! »
Dunque, Arya prese a correre per tutto l'ingresso – circumnavigando la balconata: passò dinanzi all'ufficio “oggetti smarriti”, all'entrata del refettorio (una sala immensa, aperta 24 ore su 24, in cui le pareti cambiavano colore ogniqualvolta che ci metteva piede) e, infine, spinse un'ennesima porta di legno, raggiungendo così una nuova rampa di scale a chiocciola che la condusse direttamente al quarto piano.
Sebbene non l'avesse dato a vedere, rifletté sugli ultimi gradini, aveva apprezzato molto la proposta di Darren: dalla notte in cui avevano raggiunto il Rifugio, il loro rapporto era tornato quello di sempre... o meglio, erano tornati ad essere solo amici. Difatti, Arya evitava ogni suo bacio e la notte preferiva dormire tra le lenzuola gelide del suo letto piuttosto che tra le sue grosse braccia. Gli avvenimenti del matrimonio e la permanenza a tempo indeterminato in quel luogo avevano contribuito ad indurirle la corazza che portava indosso.
Rispetto ad alcune sue compagne streghe, non era più riuscita a tornare a Rozendhel: le spie di Rhona le avevano dunque riferito che la sua casa era stata rasa al suolo, che il suo coniglio era morto soffocato tra le macerie, e che in tutto ciò le uniche cose che erano riuscite a recuperare erano state il grimorio di Hazelle, il grimorio trovato in biblioteca e la fotografia che Oliver le aveva regalato al compleanno. I demoni le avevano persino rubato tutti gli abiti – adesso, utilizzava perlopiù le magliette di Darren, che le calzavano a mo' di vestito e che riportavano i nomi delle band più famose nella storia della musica. Quella mattina, infatti, ne indossava una nera degli ACDC.
Scosse la testa e s'impose il coraggio.
Non appena la suola dei suoi anfibi sfiorò il pavimento del quarto piano, una voce meccanica annunciò la sua visita: « Arya Mason, Ex-Custode della Chiave e Guardiana del Fuoco Aureo. Strega dell'Impurità ».
Arya deglutì, azzardando un passo in quel tacito deserto. La sala era identica a quelle dei piani inferiori – ad eccezione del panorama, poiché lì le radici del pino si mostravano enormi ed il lucernario aveva le stesse fattezze di una finestra di un gigante.
Arya decise di non sporgersi dalla balconata e continuò diritta, fino all'unica porta che trovò alla sua destra.
Per qualche istante, tentennò sulla soglia. Poi, allo scadere dell'eternità, decise di bussare.
« Entra pure » le disse Rhona dall'interno: « ti stavo aspettando ».
Arya ritirò la mano e la porta si spalancò, silenziosa, su uno studio piuttosto intimo e di piccole dimensioni: il parquet era scuro, il soffitto decorato da tante piccole sfere di luce bianca; lo spazio era occupato solamente da una scrivania in legno di quercia ed un letto a baldacchino affiancato ad un armadio verde; sulla parete di sinistra, invece, riposava un arazzo antico che riproduceva la sofferenza e la disperazione di una madre – tra le braccia, il cadavere di un neonato.
Poco più giù, in piedi, accanto ad una torre di documenti e fotografie, si trovava una bellissima venere nera: un fiume d'inchiostro le scivolava sulla schiena, mentre un paio di ametiste brillava sul suo volto dai lineamenti morbidi. L'abito scuro le risaltava le curve dei fianchi ed il seno prominente, e sulle spalle, inoltre, aveva uno scialle di seta viola – un dono che portava la firma della moglie di Daoming.
« Vieni avanti, Arya » la invitò Rhona, accennando ad un sorriso – le labbra piene e sensuali: « ero impaziente di rivederti ».
« Anch'io » la giovane Mason si avvicinò, chinando il capo. Era poco più bassa di lei: « non era mia intenzione disturbarla, comunque. Volevo soltanto parlarle di... ».
« Rozendhel? » Chiese Rhona, sfiorando con le sue dita affusolate gli orecchini di filigrana nera che aveva indosso: « anch'io ».
« Davvero? » la ragazza rimase a bocca aperta: « mi dica tutto, allora! Sono impaziente! »
« E sono anche buone notizie » la donna allungò un braccio in direzione di una nuova poltrona, apparsa senza che Arya se ne accorgesse: « siediti pure, non rimanere in piedi ».
« Certo! »
Presero posto, l'una di fronte all'altra – la sola scrivania a dividere i loro corpi.
Rhona rimase a fissarla per qualche secondo, senza proferire parola. L'oceano viola dei suoi occhi incavati prese a scrutarla nel profondo, come se avesse la capacità di raggiungere e di leggere anche il minimo segreto.
Arya scostò lo sguardo.
« Nell'arco di questi mesi, ho avuto molto lavoro da compiere » iniziò Rhona, le mani intrecciate ed i gomiti abbandonati sul tavolo: « nel silenzio più totale, ho inviato un messaggio ad ogni singola strega del pianeta. Ho chiesto aiuto alle Creature più disparate della Comunità Magica, ricevendo tanti consensi e pochi rifiuti ».
« Ha inviato un messaggio anche alle Streghe dell'Impurità? » La interruppe Arya.
« Ad ogni singola strega del pianeta » ripeté Rhona, la voce piatta: « ti sarai accorta, giovane Arya, che qui, nel mio Rifugio, convivono senza problemi Impurità e Natura. Sogno un mondo del genere, in cui le streghe tornino ad essere unite... e, presto o tardi, credo proprio che diverrà realtà ».
« Mi dica il suo piano ».
Rhona accennò ad un sorriso privo di gioia: « ho spiegato loro la situazione riguardante la caduta di Rozendhel. Alcune di loro temono il ritorno di Morgante e, per questo, non hanno accettato di venire qui. Tante altre, invece, sono rimaste affascinate dalla tua storia... l'erede di Zehelena, un tempo Custode della Chiave, Guardiana del Fuoco Aureo, discepola della leggendaria Hazelle, che è riuscita a sopravvivere alla Dimensione. Hanno accettato di venire per merito tuo. Per loro sei una fonte di ispirazione, giovane Arya. Non vedono l'ora di conoscerti ».
Quelle parole fecero battere all'impazzata il cuore di Arya, la quale percepì immediatamente un conato di vomito all'idea di dover incontrare così tanta gente. Che razza di fama aveva acquisito? Come poteva essere una fonte di ispirazione verso un'intera Comunità Magica se ogni minima cosa, ormai, le scaturiva uno spiacevole attacco di panico? Deglutì, nervosa.
« Partiremo oggi stesso, Arya » riprese Rhona.
« Partire? » Domandò lei, ancora più confusa di prima: « per dove? »
« Per la Muraglia del Drago. È lì che le streghe prendono le decisioni più importanti. Da secoli! » Rhona proseguì: « dovremo portare anche tutti i tuoi amici, umani e non ».
« Per quale motivo? » Chiese Arya: « non sto capendo nulla, sinceramente ».
« Per non nascondere nulla ai nostri compagni. Fidati di me... come quella volta ».
La ragazza ebbe un ultimo flashback: adesso si trovava nella sua vecchia casa, al primo piano, accanto al suo letto. Sul comodino, un contenitore d'argento ed un foglio che recitava: “buon compleanno, Arya. Spero che questo regalo ti sia utile. Spalma la crema sulla ferita e tornerai come nuova. A presto – R.”
« Va bene » riprese alla fine: « ma voglio dirle ancora una cosa ».
L'espressione sul volto di Rhona cambiò, sembrava sorpresa.
« Rozendhel deve tornare agli umani. Non voglio che venga distrutta da Morgante! » Arya prese un lungo respiro, accorgendosi che il suo stomaco stava iniziando a reclamare la colazione: « non voglio che nessun'altra persona innocente muoia in questa guerra. Mi promette, quindi, che faremo tutto il possibile per agire in tempi brevi? »
« Ovvio » rispose Rhona, secca: « ma ci sono tante altre cose da fare prima: questo incontro, la ricerca dei Frammenti e... ».
« La ricerca dei Frammenti? » La interruppe Arya, l'espressione shockata: « quindi, ha capito la loro utilità? »
La venere nera annuì: « le leggende narrano che siano necessari per l'evocazione del Demone Supremo chiamato Incubo. Morgante sta tentando di distruggere l'Universo, non c'è altro da aggiungere. Non appena tutti i Frammenti si riuniranno, la Sfera della Leggenda sarà in grado di scatenare la fine del mondo ».
« Ecco un altro motivo per agire immediatamente! » Esclamò Arya, convinta: « ed io so dove possiamo andare a recuperarne degli altri ».
Nonostante sapesse quanto Rhona odiasse i demoni, la ragazza non poté fare a meno di nominare ancora Nathaniel. Era nella biblioteca insieme a lui quando Castigo li attaccò per la prima volta, sottraendo loro i Frammenti. In quell'occasione, essi avevano suggerito ad Arya un luogo nascosto in cui avrebbe potuto trovarne degli altri, un luogo che tutti conoscono come “le Scogliere di Moher”.
« Non è un caso che i Frammenti si trovino lì » le disse Rhona: « i tuoi sogni rivelano che anche Hazelle frequentava quel luogo, insieme a Zehelena. Non capisco come possa essere possibile, ma... ».
Arya inarcò le sopracciglia: « che cosa? »
« Ho come l'impressione che lo spirito di Zehelena risieda lì e protegga i Frammenti da Morgante » Rhona tornò a fissarla con sospetto – le sue pupille si erano dilatate così tanto da inghiottire le iridi viola: « magari, i tuoi sogni sono solo un messaggio... magari, Zehelena sta tentando di comunicare con te ».

 

 

 

 

 

 

 

  
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