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Autore: Emmastory    05/01/2017    4 recensioni
Un mese è passato, e la povera Rain si scopre sola dopo la partenza per il pericoloso regno di Aveiron da parte del suo amato Stefan, che l'ha lasciata in compagnia della loro piccola Terra, di una promessa, e di una richiesta. Conservare l'anello che li ha uniti, così come i sentimenti che li legano. Nuove sfide si prospettano ardue all'orizzonte, e armandosi di tenacia e forza d'animo, i nostri eroi agiranno finchè un'ombra di forza aleggerà in loro. (Seguito di: Le cronache di Aveiron: Oscure minacce.)
Genere: Avventura, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le cronache di Aveiron'
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Le-cronache-di-Aveiron-IV-mod
 
 
Capitolo XXXII

Sereno avvenire

Erano passate solo poche ore, e nonostante il disperato tentativo di tornare alla Casa il prima possibile, al solo scopo di portare avanti la nostra nuova missione, le condizioni di Samira sembravano essere peggiorate. Non era ferita, ma le sue mani erano fredde, al contrario del suo corpo e della sua fronte, che erano invece bollenti. Come sempre, Soren passava il tempo accanto al letto in cui era fortunatamente stata adagiata, cambiandole a intervalli regolari il panno bagnato che le era stato posato sulla fronte. Non importava quante volte gli consigliassimo di riposare e darsi pace, lui era troppo preoccupato per la sua amata, e non intendeva lasciarla da sola. “Tranquillo, starà bene.” Continuavo a ripetergli, terminando ogni volta quella frase con un sorriso. “Ne sei sicura?” mi chiese, dopo ore passate in silenzio a fissare la sua tanto amata moglie sperando ch riaprisse gli occhi. “Mortalmente.” Risposi, sorridendo ancora e conservando la segreta speranza di riuscire a confortarlo. “Ha ragione.” Disse poi qualcuno alle nostre spalle, entrando in quella stanza quasi senza farsi notare. Colto alla sprovvista, Soren si voltò, guardando negli occhi la donna che ci avevo promesso e offerto aiuto. Quasi d’istinto, la guardai anch’io, notando che perfino Stefan sembrava rapito dal colore dei suoi occhi. Azzurri come il più vasto oceano, parevano averlo ipnotizzato. Guardandola, azzardai che fosse sulla cinquantina, e per tale ragione, non fui gelosa. Ad ogni modo, dovetti realmente ammettere di non poter evitare di guardare alternativamente sia lei che Stefan. “Perché continuava a fissarla? Che la conoscesse? Che gli ricordasse qualcuno?” non lo sapevo, ma ero comunque determinata a scoprirlo. “Si riprenderà.” Disse a Soren, avvicinandosi lentamente e posandogli una mano sulla spalla. “Come fa a saperlo?” le chiese lui, quasi irritato da quella sorta di supposizione. “Hai davanti a te una dottoressa.” Fu la risposta che ne seguì, pronunciata stavolta da qualcuno di completamente diverso. A sentire quella voce, ci voltammo tutti. Era Lady Fatima. Era entrata nella stanza approfittando della porta ancora aperta, e guardava la donna con fare tranquillo. “Mi chiamo Janet.” Disse quindi la donna, che avevamo ora scoperto avere una professione. Proprio come il padre di Stefan, si occupava di riportare i malati in salute, e incredibilmente, a sentire quel nome, Stefan ebbe una reazione inaspettata. “M-Mamma?” la chiamò, dubbioso e incerto. “Stefan? Sei davvero tu?” chiese lei, voltandosi verso mio marito soltanto un istante dopo. In completo silenzio, lui si avvicinò, e nello spazio di un momento, i due si abbracciarono. “Ti credevo scomparso.” Piagnucolò, stringendo fra le sue braccia il figlio che non vedeva da tempo. “Sono qui, e non sono solo.” Rispose, sorridendo leggermente, e scambiandosi con me una veloce occhiata d’intesa. “Cosa? E loro chi sono?” si informò, guardandoci entrambi negli occhi, mentre tenevo in braccio Terra “Lei è mia moglie, mentre questa è tua nipote.” Rispose Stefan, facendo le veci di entrambe. “Sono Rain, e lei è Terra.” Aggiunsi, presentandomi educatamente a quella che ora sapevo essere mia suocera. “Piacere di conoscerti, Rain.” Mi disse, sorridendo e tendendomi amichevolmente la mano. Sorridendo, l’afferrai e gliela strinsi, e appena un attimo dopo, il suo sguardo si posò sulla bambina. Mantenendo il silenzio, Terra mi fece capire di voler scendere dalle mie braccia, così la lasciai andare, e solo allora, Janet le carezzò una guancia. Timida come sempre, la piccola mostrò diffidenza, ma per fortuna Stefan riuscì a spiegarle tutto. “Su, saluta. È la nonna.” Le disse, regalandole poi un leggero sorriso. In quel momento, la bimba si fece più coraggiosa, e avvicinandosi, l’abbracciò dolcemente. Con l’arrivo della notte, Lady Fatima ci mostrò le nostre camere. Ringraziandola, le occupammo senza protestare, anche se questo non accadde a Soren, ancora caparbio e deciso a restare al fianco di Samira. “Voglio esserci quando si sveglierà.” Mi aveva detto, poco prima che salutandolo, lasciassi quella sorta di infermeria, andando quindi definitivamente a dormire. Ad ogni modo, Lady Fatima me lo impedì, pregandomi di restare sveglia ancora per qualche tempo. “Devi vedere qualcosa.” Mi disse, invitandomi con un gesto della mano a seguirla. Confusa, non feci che seguirla, raggiungendo poi quella che era la sua stanza. Sapevo bene che Rachel avrebbe certamente dormito con lei, ma ero curiosa. Mi chiedevo infatti cos’avesse da mostrarmi, e i miei dubbi sparirono solo quando vidi una piccola culla in legno proprio accanto al suo letto. Avvicinandomi lentamente, ci guardai dentro, e fu allora che finalmente, la vidi. Rose. La mia amata bambina. Aveva quasi un anno, e non la vedevo da mesi. Il desiderio di prenderla in braccio e coccolarla era fortissimo, ma dovetti desistere. In fondo stava dormendo, e non avrei mai voluto svegliarla. “Ho avuto buona cura di lei, sta tranquilla.” Mi disse, riuscendo con quelle parole a far scomparire ogni mio dubbio sul suo attuale stato di salute. Con un semplice sorriso, la ringraziai, e sporgendomi in avanti, carezzai il tondo e paffuto visetto della mia piccola. Per pura fortuna non si svegliò, e pur dormendo, vagì lievemente. A quel suono, il mio cuore quasi si sciolse, e sorridendo, annuii. In completo silenzio, l’avvolsi in una coperta, portandola quindi con me. Mi assicurai di non svegliarla e di non fare troppo rumore, e una volta arrivata, crollai completamente, cadendo preda del sonno accanto a Stefan. Il battito del cuore della mia piccola mi aiutò a dormire, e fra un minuto e l’altro, sognai, immaginando per la nostra famiglia e per i miei cari amici, un sereno avvenire.
   
 
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