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Autore: Shadow Eyes    06/01/2017    2 recensioni
Una raccolta di storie brevi multi!verse, incentrate sul rapporto tra L e Misa.
1. Obsession;
2. Advantage;
3. Accuracy;
4. 33%;
5. Friendship;
6. Illogical;
7. The True You;
8. Troubling Thoughts;
9. A Moment in Time;
10. Everyday Magic;
11. Heart Song.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: L, Misa Amane
Note: Movieverse, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
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Obsession
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51. Troubling Thoughts {Death Note | Manga!Verse}




I don’t quite know
How to say
How I feel.
Snow Patrol – “Chasing Cars”





L chinò lo sguardo sulla mano destra: lo strato di pelle sottile del dorso s’era teso e gonfiato al punto da sembrare trasparente. C’era un che di morboso – se ne rendeva ben conto – nell’osservare quel processo, eppure non riusciva davvero a fare a meno di controllare lo stato dell’ustione minuto dopo minuto. Le occasioni in cui gli era capitato di ferirsi si potevano contare sulla punta delle dita, dopotutto, e la sua curiosità l’aveva sempre vinta a prescindere. A volte anche sul buon senso.
Afferrò tra il pollice e l’indice la garza che aveva abbandonato poco prima sulla scrivania, prendendosi qualche istante per saggiarne la ruvidezza tra i polpastrelli, portandosela poi davanti agli occhi per scrutarne l’intera superficie; il biancore della stoffa era quasi accecante.
«Uffa, Ryuzaki!»
Un volto familiare entrò nel suo campo visivo, affiancando la sua mano e spostandogliela di lato per attirare – e sospettava anche pretendere – la sua attenzione.
Forse avrebbe dovuto dirglielo.
«Quanto ti ci vuole per mettere un po’ di pomata e una benda?»
L rimase immobile, il braccio ancora a mezz’aria, a contare le pagliuzze dorate che facevano risplendere le iridi di Misa sotto la fredda luce dei neon del quartier generale.
Forse non era poi una così buona idea.
«… Non vedo perché i miei tempi debbano riguardarti, Amane.»
La giovane idol sbuffò al suo tono sgarbato, rivolgendogli uno sguardo di rimprovero che gli diede la strana impressione di stare trattenendo al suo interno un’implorazione ad affrettarsi.
«Ryuzaki...»
Chiuse gli occhi, sperando che non proseguisse.
«Per favore?»
Con un sospiro, L poggiò ancora una volta la garza sulla scrivania e afferrò il tubetto di pomata al cortisone, rigirandoselo tra le dita: contrariamente all’idea che sembrava essersi fatta l’amica, non aveva alcuna intenzione di boicottare la propria pronta guarigione. L’idea di toccare la vescica che si era appena procurato, tuttavia, non era particolarmente stuzzicante.
S’imbronciò. D’altra parte, passare il resto della giornata con una Misa Amane angosciata seduta accanto non aveva di certo più lati positivi, data la sua attitudine a vocalizzare ogni suo singolo pensiero. Anche il più insensato. Soprattutto il più insensato. Dubitava fortemente di avere sufficienti neuroni da sacrificare ai suoi soliloqui, al momento.
«… E va bene.»
Senza altra esitazione, svitò il tappo e, dopo avere fatto fuoriuscire una breve striscia di crema dal tubetto, l’applicò su tutta la superficie della scottatura con l’indice libero. La pelle arrossata si risvegliò sotto il suo tocco, formicolando fino a tornare a bruciargli.
«Oh, no… Oh, accidenti! Guarda quant’è rossa! ... Brucia, non è vero?»
L sollevò lo sguardo su Misa, notando quanto la preoccupazione le avesse imbiancato le guance, solitamente rosee. La risposta schietta che aveva intenzione di darle gli si fermò di traverso in gola.
«Ѐ sopportabile.»
Assurdo. Se qualcuno gli avesse detto che un giorno avrebbe lavorato spalla a spalla con un poliziotto che passava le giornate a inciampare nei propri piedi, ed un’emergente stella dello spettacolo, avrebbe cominciato a considerare la possibilità che il suo interlocutore avesse battuto il cranio contro una pietra particolarmente dura durante l’infanzia.
«Amane?»
«Mh?»
Eppure eccolo lì, a dispetto di ogni logica previsione, con un’ustione sulla mano ottenuta perché aveva deciso di schermare la suddetta idol dal caffè bollente del suddetto collega maldestro.
«Non è colpa tua.»
La sua voce aveva l’intonazione rilassata di chi stava parlando del tempo con un amico, ma ciò non impedì a Misa di sussultare a quelle parole, le labbra carnose chiuse in una linea pallida.
Come pensavo.
«Ho agito di riflesso. Se fossi riuscito ad afferrare meglio la tazza, non mi sarei scottato.»
Il detective si sporse verso di lei, arricciando le dita dei piedi attorno al bordo della sedia per mantenersi in equilibrio in quella posizione precaria. Col tempo aveva imparato ad individuare i momenti in cui la natura empatica dell’amica finiva per oscurarle il giudizio, facendola sentire in qualche modo responsabile di azioni o eventi al di là del suo controllo. Non che lo comprendesse a fondo, questo meccanismo, ma essere in grado di individuarne i segnali lo aiutava a capire quando intervenire per ristabilire un certo livello di sensatezza nel dialogo.
«Come vedi, non è necessario arrovellarsi oltre su chi ha causato cosa.»
Incrociando le braccia sotto il petto avvolto dalle strisce bianche e nere della blusa, Misa si lasciò cadere contro schienale della sedia, muovendo lo sguardo dalla sua espressione apatica, alla sua mano scossa da lievi tremori, indugiando sul rossore della pelle. L’incurvatura grave che avevano assunto le sue sopracciglia s’accentuò.
«Può darsi.», la sentì mormorare dopo qualche istante. «Ma ciò non toglie che quel caffè e quella tazza sarebbero finiti addosso a Misa, se non ti fossi messo in mezzo…»
«Corretto.»
«Non dirlo con quel tono, Ryuzaki… Così suona come una cosa da niente!»
«È una cosa da niente.»
«Ma--»
«Immagino tu sappia», tagliò corto lui, «cosa sia il libero arbitrio, vero, Amane?»
«Sì, ma questo che c’entra…?»
«Allora saprai anche che cosa decido o non decido di fare, non ti riguarda.»
L’aria nella stanza parve rarefarsi e i due si studiarono in silenzio, finché L decise di voltarsi per recuperare la garza dalla scrivania, interrompendo il contatto.
«O avresti preferito…», si ritrovò a chiederle, la voce venata di prudente curiosità. «Ustionarti al posto mio?»
Gli occhi di Misa s’allargarono, inchiodandosi sui suoi come quelli di un cervo abbagliato dai fari di una macchina. Una lieve sfumatura di rosso le accese le guance ed il detective seppe, dalla piega che le era appena comparsa sulla fronte, d’averle fatto una domanda alla quale non era certa di saper rispondere.
«Misa… Misa non voleva suonare ingrata, perché non lo è affatto.», si scusò, solenne, abbandonando nuovamente la sedia per avvicinarsi a lui. «Ma ogni volta che guarda la tua mano…!»
«Allora smettila di fissarla.»
«Quanto la fai facile, tu!»
Con enfasi teatrale, la giovane idol pestò il piede a terra, strappandogli di mano la garza.
«Sai che c’è? Misa ha una proposta: lascia fare la fasciatura a lei, così può sdebitarsi per quello che hai fatto!»
«Amane...»
«Su, qua la zampa!»
Preso alla sprovvista da quell’esortazione sopra le righe, L la osservò per un primo momento senza risponderle, incapace di stabilire se l’essere appellato come un animale da compagnia lo irritasse o meno.
«Non è necessario. Posso fare da solo.»
«Oh, andiamo, Ryuzaki!»
Dinnanzi ad un ulteriore corrugamento della sua fronte, Misa lasciò cadere la maschera da generale intransigente e ridacchiò, decidendo di allungare un braccio verso di lui per enfatizzare le proprie buone intenzioni.
«Puoi fidarti di Misa-Misa!»
Fiducia. Se avesse dovuto considerare quella parola con la dovuta serietà, era certo che la sua risposta le avrebbe spezzato il cuore.
Ah…
Le labbra gli si piegarono in una smorfia infastidita; quel singolo pensiero, gli aveva fatto contrarre in maniera sgradevole le viscere. Chissà, forse cominciava ad importagli un po’ troppo di cosa potesse o meno ferirla. In effetti, anche qualche minuto prima, aveva deliberatamente deciso di non dirle che le bende che gli aveva portato con tanta solerzia, non erano necessarie per un’ustione minore come la sua.
Sentendo l’agitazione fermentargli sempre più nello stomaco, si costrinse ad inspirare con lentezza, focalizzandosi sull’invito che quelle dita tese verso di lui gli stavano offrendo, prima di lasciare che l’aria gli lasciasse nuovamente i polmoni: le attenzioni di Misa Amane. Il bambino egoista che c’era in lui, non aveva dubbi a riguardo. Il detective paranoico, d’altro canto, gli stava lanciando occhiatacce ammonitrici dall’angolo razionale della sua mente.
«Ah, vedi? Rapido e indolore!»
Perso com’era nelle proprie elucubrazioni, L si rese conto d’aver appoggiato la sua mano su quella dell’amica solo quando percepì il calore di quel piccolo palmo accogliente sotto il suo.
«Non è poi così difficile!», cinguettò ancora lei, rivolgendogli un sorriso incoraggiante che parve vibrare, prima di spegnersi in una linea pensosa. «A te e Light… Proprio non piace il contatto con le persone, eh?»
Senza aspettare una sua risposta, Misa tese la benda tra le dita, cominciando ad avvolgerne un capo attorno al suo polso. L assecondò il silenzio che seguì, gli occhi neri intenti a contemplare la fasciatura prendere forma attorno alla sua pelle; c’era grazia nei movimenti della idol, ed una dimestichezza tale da fargli intuire che non era la prima volta che le capitava di farlo. Per quale motivo, però, rimaneva un mistero.
«Non è corretto.»
«Oh?»
«Quello che hai detto. Non è corretto.»
Il detective esitò, portandosi la mano libera alle labbra per mordicchiarne il pollice.
«Se sei tu a starmi vicino, non mi da’ fastidio. Non più, per lo meno.»
Finendo quasi per strozzarsi con la propria saliva, Misa sollevò il capo di colpo, i capelli una cornice d’oro attorno al pallore del volto; cercò freneticamente il suo sguardo, tra pigolii e balbettii incoerenti, frugandovi dentro con un’intensità che gli fece avvertire una sgradevole fitta la petto.
«O-Oh! Misa non può crederci! Davve-- Aspetta un attimo.»
Silenzio.
«Vuoi dire che prima ti infastidiva?»
«Sì.»
L’entusiasmo che l’aveva animata fino a qualche attimo prima parve esplodere in mille pezzi, facendola afflosciare su sé stessa come un palloncino.
«… Accidenti, Ryuzaki. Quanto sei freddo.»
Contrariamente a quanto sarebbe stato lecito aspettarsi (tenendo conto delle loro precedenti interazioni, per lo meno), Misa non vendicò l’offesa appena subita prendendolo a calci o pugni ma, sbuffando appena, scosse il capo, con gli occhi illuminati da quella che avrebbe potuto definirsi solo come divertita esasperazione.
«Quante volte Misa deve ripeterti che non ci si rivolge così ad una ragazza?»
«Avresti preferito che mentissi?»
Un’improvvisa fitta di dolore lo avvertì che la presa di Misa attorno alla sua mano s’era stretta un po’ più del dovuto.
Bizzarro.
Qualcosa, dentro di lui, lo fece sentire in dovere di ricambiare quel gesto, di stringerle la mano a sua volta. C’era qualcosa di storto in quel silenzio.
«... Amane?»
D’un tratto Misa sembrava… Triste.
Non riuscendo a trovare una risposta, tra le mille ipotesi che avevano preso a ronzargli nella testa, L decise di lasciare che l’istinto gli muovesse le dita impacciate lungo il polso della ragazza. Dopo una breve titubanza, glielo strinse con delicatezza, in attesa di un nuovo input.
«No, niente bugie.» La voce della idol era ridotta ad un bisbiglio. «Misa ti preferisce così come sei.»
Preso alla sprovvista, il detective non riuscì a dissimulare il sussulto che lo scosse a quella rivelazione, facendolo oscillare pericolosamente sulla sedia. Non che l’imbarazzo l’avrebbe fermato dal rovesciare quella situazione a proprio vantaggio, ovviamente.
«Amane… », cominciò infatti, chinando lo sguardo sulle loro mani, prima di tornare a scrutare Misa con la studiata innocenza di un bambino. «Sei conscia del fatto che non dovresti dire queste cose a cuor leggero? Potrei fraintendere.»
«Eh? Guarda che non è affatto facile dire... Be’, quel che ho detto!»
Con le guance gonfie, la giovane drizzò le spalle, pronta a proseguire il proprio discorso ma poi ci ripensò, portarsi una mano alle labbra. Fu affascinate osservare come le bastò un battito di ciglia, per arrossire fino alla punta delle orecchie.
«E poi n-non intendevo che mi piaci in quel senso, cretino d’un pervertito!»
Ah, interessante. Non ha usato la terza persona.
Fu il turno di L di sorridere, con una luce dispettosa ad assottigliargli lo sguardo. Di quel passo, avrebbe finito per sentirsi grato a quello scemo di Matsuda per quel piccolo incidente.










.:~*~:.

Ah, cominciamo l’anno nuovo con qualcosa di dolce! ♡ ... Tanto, durante l’epifania è legale ingrassare (???).

Ok, dunque, riassumendo l’episodio: L mente. Mente perché è allievo di Dottor House. Mente perché non vuole rinunciare alle attenzioni di Misa. Mente perché non vuole ferirla. E, alla fine del racconto, fa il finto tonto primo, perché Misa era triste e voleva trovare un sistema per distrarla. E, secondo, perché da vecchia volpe qual è, se ne approfitta anche per testare le sue reazioni hah hah hah XD
Confesso che scrivere dal punto di vista di L è divertente, perché vengono alla luce tante di quelle contraddizioni in quel che dice e quel che pensa... Però, miseria, quanto è complicato quel gufetto dannato. Lui teme di perdere i neuroni con le lagne di Misa, e io nel frattempo li ho già bruciati tutti per mettermi nei suoi panni.
Oh, well! X°DDD
Concludo dando il benvenuto ai nuovi lettori (yo~!), salutando i vecchi (yo~!), e ringraziando in particolare shera_darknight, che aggiunto questa raccolta tra le seguite! (*˙︶˙*)☆*°

See ya,

Shadow Eyes
  
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