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Autore: Cry_Amleto_    07/01/2017    0 recensioni
[Stony ! ]
Tratto dalla FanFiction.
"Tony, con la testa poggiata sulla spalla di Steve, sorrideva, sentendosi per la prima volta in vita sua Completo in modo assoluto, il Vuoto che lo tormentava un lontano ricordo. E Steve... Steve, con gli occhi chiusi, il naso sprofondato nei capelli di Tony a respirarne l'aroma, stringendo a sé l'altro e sentendo il suo calore riscaldare il blocco di ghiaccio che era divenuto il suo cuore, si sentiva felice. Felice come mai prima di allora, perché adesso aveva uno Scopo, un Motivo, per continuare quella guerra che da tempo non credeva più sua. E questo Scopo, questo Motivo, lo stava stringendo tra le braccia."
Genere: Angst, Azione, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Lost'
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[Two Halves]

...Anywhere, I would've followed you
Say something, I'm giving up on you...
(...Ovunque,ti avrei seguito
Dì qualcosa, sto rinunciando a te...)

La stanza era immersa nel buio. L'unica fioca luce, giungeva dalla televisione accesa che rimandava immagini che lui non coglieva, il volume talmente basso da essere nient'altro un indistinto mormorio di sottofondo. Il braccio lasciato penzolare oltre il divano, lui steso su quest'ultimo completamente abbandonato, si portò con l'altra mano una bottiglia di Whisky ormai vuota alle labbra. La mise in verticale, intontito, cercando di berne l'ultima goccia rimasta sul fondo. Quando capì di essersi scolata ormai anche questa, si mise in piedi, traballando, e si trascinò fino al mobile che aveva di fronte per prendere altro Whisky. Prese una bottiglia, e rimase a fissarla per un po' cercando inutilmente di leggere cosa fosse, attraverso i fiumi di alcool già ingeriti. Poi con un movimento scoordinato che doveva essere una scrollata di spalle, si fece crollare nuovamente sul divano portandosela alle labbra e bevendone un lungo sorso.

«Mr. Stark» disse con la sua voce robotica F.R.I.D.A.Y., l'AI a cui aveva personalmente dato vita e che aveva sostituito J.A.R.V.I.S. quando quest'ultimo era diventato Visione «E' atteso difronte all'entrata del laboratorio.»

«E sai cosa me ne interessa, F.R.I.D.A.Y.?» disse alzando la bottiglia, come a fare un brindisi «Assolutamente nulla!» Ma poi, con un altro lungo sorso, si alzò ugualmente, sostenuto da chissà quali forze invisibili, e si diresse verso il proprio laboratorio, sbuffando frasi quasi sconclusionate su come il mondo avesse bisogno di lui fin troppo spesso.

Anthony Edward Stark, il genio plurimiliardario, proprietario della grande e potente Stark Industries, membro della squadra speciale Avengers con le vesti di Iron Man, era ubbriaco. Di nuovo.  Il motivo era semplice: l'alcool era l'unica cosa che potesse aiutarlo a stordirlo, a lasciargli qualche attimo di pace. Perché da quando avevano affrontato Ultron, da quando aveva affrontato Wanda e la sua visione apocalittica, non riusciva a non pensarci. Doveva fare di più, di più, sempre di più. Non bastava più essere Tony Stark, non bastava più essere Iron Man. Quindi aveva trascorso gli ultimi mesi chiuso in laboratorio, con occasionali uscite dovute alla mancanza di alcool in quest'ultimo (le sue scorte andavano ad esaurirsi sempre più velocemente, e aspettare il giorno successivo per il rifornimento era diventato quasi impossibile). E poi... poi c'era il Capitano. Quel bel faccino tutto regole e integrità morale, che non faceva che guardarlo dall'alto in basso con quegli occhi di ghiaccio che – non lo avrebbe mai ammesso neanche a sé stesso – sembravano guardarlo per davvero, scrutargli l'anima e comprenderlo. E per quest'ultimo motivo odiarlo.

"Ciò che vede non deve piacere molto al Capitan Ghiacciolo" pensò mentre il suo solito sorrisetto sarcastico gli sollevava gli angoli della bocca.

Eppure, per chissà quale motivo, passava le notti tormentato da sogni, anzi, incubi che lo vedevano responsabile della dipartita di quest'ultimo. E la disperazione che provava era reale, così reale da costringerlo ad ubbriacarsi per cercare rifugio nello stato comatoso senza sogni che l'alcool regala.
Si sentiva perseguitato da quegli occhi che lo incolpavano, lo incolpavano di non essere abbastanza, di non essere all'altezza, di non essere degno della fiducia che la squadra, che il Mondo, riponeva in lui. Occhi a cui non poteva sfuggire, occhi che lo accusavano, condannavano e giustiziavano. Occhi che lui, nonostante tutto, si era ritrovato a cercare, a desiderare. E ciò lo sconvolgeva, perché desiderare l'indesiderabile non era nel suo DNA: tutto ciò che voleva l'otteneva, e se questo era impossibile, allora lo inventava. Ma con Steven Grant Rogers... Era tutta un'altra storia. Così, non sapendo cosa fare e frustato da ciò, aveva preso a litigare furiosamente con quest'ultimo, ad incendiare discussioni ogni volta in cui si incrociavano, finendo ad azzuffarsi quando riusciva a spazientire del tutto l'altro. Era quello l'unico modo in cui riusciva a sfogare quella sua frustante sensazione, e per prendersela con il Capitano, accusandolo di aver scatenato in lui quelle emozioni così... terribilmente... Qualcosa. Ecco, non riusciva a classificarle. Erano un Qualcosa di completamente sconosciuto. E - non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura - lo spaventavano a morte, nonostante fossero incredibilmente piacevoli.

Quasi a prendere forma dai suoi pensieri, vide materializzarsi davanti a lui le larghe spalle di Rogers difronte alla porta chiusa ermeticamente del suo laboratorio.
Il suo cuore fece un balzo ed ebbe un lampo di lucidità. Che però passò troppo in fretta.

«Eh, Capiscle, potevi aspettare un paio di ore, se proprio volevi riscaldarti i muscoli in una zuffa. Non sono il tuo personale sacco da boxe disponibile a ogni ora del giorno, sai?» disse appoggiandosi pesantemente contro il muro, il solito sorrisetto sulle labbra, gli occhi resi lucidi dallo stato di ebrezza, facendo voltare di scatto il Capitano.

«Stark.» disse, in tono di rimprovero, vedendolo in quello stato. Poi gli occhi di quest'ultimo non poterono fermarsi dallo squadrare da capo a piedi l'inventore, soffermandosi sulla sua mano fasciata rozzamente.
«Che hai fatto alla mano?» gli domandò, aggrottando le sopracciglia.

L'altro scosse le spalle con nonchalance, senza perdere il sorrisetto. In quel momento, appoggiato al muro e con le braccia incrociate, poteva sembrare perfettamente sobrio, se non fosse stato per la luce febbrile che gli brillava negli occhi.

«Che ci fai qui a quest'ora?» chiese invece, mentre il sorrisetto gli si faceva più marcato, assumendo una sfumatura derisoria «Se hai fatto implodere l'ennesimo pc, potevi anche aspettare domani mattina.»

Il Capitano sbuffò spazientito dal naso, passandosi poi una mano tra i capelli folti. Neanche lui poteva dire con esattezza cosa ci facesse lì in quel momento, ma qualcosa l'aveva spinto ad arrivare, nel cuore della notte, lì, davanti alla porta del miliardario. Trovarlo in quello stato non era stato del tutto una sorpresa (ultimamente l'inventore passava più tempo sbronzo che lucido): solitamente gli avrebbe fatto una lavata di capo e gli avrebbe minacciato di andare a riferire tutto a Fury (benché non avesse mai attuato quella minaccia – e Tony lo sapeva fin troppo bene). Ma quella sera... Quella sera si ritrovò a guardare nei scuri occhi l'inventore, scavando nel suo sguardo, cercando di carpirne emozioni che l'altro non avrebbe mai espresso.

Sotto la pressione quasi materiale di quello sguardo, l'inventore indietreggiò leggermente, stringendo maggiormente le braccia intorno al petto, come a proteggersi, ma era troppo intontito, e sapeva che, ormai, la maschera di Tony Stark era caduta per mostrare solo Tony.
Un Tony con tutte le sue insicurezze, un Tony con un odio incommensurabile per se stesso, un Tony che sa di non essere nient'altro che un piccolo uomo.
E ciò che Steve vide, oltre tutte quelle maschere che l'altro continuamente indossava, lo lasciò esterrefatto, come se avesse appena assistito a qualcosa di inimmaginabile, e probabilmente era proprio così.

«Non ho fatto esplodere nessun pc... Solo... Beh, non lo so neanche io. Scusami se ti ho disturbato» rispose il Capitano, e con quella frase finale avrebbe dovuto congedarsi, ma non riusciva a staccare il proprio sguardo da quello dell'altro.

Stark sgranò leggermente gli occhi, sprofondando in quelli di Rogers, perdendosi in quelle mille sfaccettature turchesi. Riprese bruscamente possesso delle proprie facoltà mentali – le poche che gli rimanevano almeno – spostando risoluto lo sguardo.
Aveva appena fatto dietro front per tornare alla sua bottiglia abbandonata, quando si sentì afferrare dal Capitano. Tony guardò penetrante la mano dell'altro intorno al proprio braccio, fin quando Steve non mollò la presa con un certo disagio.

«Stark... ehm... Tony, tutto bene?» gli chiese preoccupato da ciò che aveva scorto nello sguardo nell'altro, sotto tutte quelle verità che pur aveva trovato. Ossia il Vuoto, il Nulla totale. Era come se qualcuno gli avesse strappato via quella luce che lo caratterizzava, come se questa non fosse che stata sempre una mera illusione.

«Certo, Capitano, tutto a meraviglia» gli rispose l'inventore con un sorrisetto indolente che non raggiunse gli occhi.

A questo punto l'altro non seppe più cosa dire, quindi lasciò che fosse l'istinto a guidarlo.
E così il Soldato fece passare le proprie braccia muscolose sotto quelle del Genio, sostenendolo, come se finalmente le due parti di una calamita che avevano per tanto tempo lottato per restar divise, si fossero fuse in una.

Da canto suo, l'inventore rimase talmente sorpreso che non riuscì a proferire parola, e quel sostegno lo rassicurava così tanto che non ebbe le forze per staccarsi.

«Ti porto a letto. E devo assolutamente pulirti quella ferita prima che si infetti.» disse sicuro Steve, con una nota dolce nella voce.
Probabilmente Tony non avrebbe ricordato niente di quella notte il giorno successivo, pensava il Capitano, ed era plausibile che non si sarebbe chiesto più di tanto come fosse riuscito a tornare a letto. Era forse per quel motivo se si stava comportando in quel modo così... diverso, da come si era sempre comportato verso quell'uomo che era stato sempre convinto di odiare. Ma non riusciva ad ingannare nemmeno sé stesso: gli sembrava Giusto prendersi cura dell'altro, come se fosse nato, beh, cose se fosse stato ritrovato e scongelato, solo per quello. E le proprie labbra, di solito tese in un espressione neutra e seria, si sollevarono in un sorrisetto spontaneo, nato da qualcosa che non riusciva a controllare. Un Qualcosa che neanche la logica più ferrata poteva spiegare.

   
 
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