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Autore: Erin87    27/05/2009    5 recensioni
"Non ebbe alcun bisogno di chiedersi dove fosse, nonostante il luogo che lo circondava fosse il più differente possibile da ogni sua ipotesi, quando si era soffermato a immaginarlo; e nell’ultimo anno ci si era soffermato parecchio".
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La prima cosa a colpirlo fu il totale silenzio.
Una cacofonia di urla di terrore e di paura, di incantesimi e di ordini gridati da una parte all’altra, improvvisamente si era zittita.
Dopo aprì gli occhi, e arrivò la consapevolezza della luce. Era quella luminosità calda e soffusa che precede il crepuscolo nelle sere d’estate.
E poi il calore. Il tepore della luce mischiato a qualcosa di più indefinito, la sensazione che in un modo o nell’altro fosse tutto finito, e che non avrebbe più sofferto.

Non ebbe alcun bisogno di chiedersi dove fosse, nonostante il luogo che lo circondava fosse il più differente possibile da ogni sua ipotesi, quando si era soffermato a immaginarlo; e nell’ultimo anno ci si era soffermato parecchio.
Quello che lo inquietava lievemente, piuttosto, era il non sapere cosa fare, a quel punto. Il posto era deserto, e a parte quell’onnipresente luce, non vedeva nulla. Avrebbe voluto sedersi per terra e aspettare, cosa non lo sapeva bene neanche lui: forse aspettare che qualcuno lo venisse a prendere, aspettare per sperare che altrove tutto andasse per il meglio; forse invece voleva solo aspettare per prendere davvero coscienza di ciò che era successo, e perchè la realtà di ciò che aveva perso gli cadesse addosso come un macigno.
La luce nel frattempo si stava facendo meno accecante e gli permetteva di intravedere qualcosa, come se avesse capito che finalmente era pronto. Alla sua sinistra vide finalmente una panchina, e davanti a se qualcosa di terribilmente simile a dei binarie. La vastità di quel luogo sospeso tra la vita e il nulla riecheggiò del suo riso amaro: avevano ben ragione a chiamarlo “ultimo viaggio”.
Si sistemò comodamente sulla panchina, composto, educato, così tipico di lui. Non aveva più dubbi ormai; sapeva che quando fosse stato il momento, il suo treno sarebbe arrivato. E si accinse ad aspettare.

 

Per quel che ne poteva sapere, poteva aver aspettato un minuto quanto un secolo. Si era incantato a fissare la panchina del binario davanti al suo quando percepì uno sferragliare di rotaie. Si alzò in piedi, certo che fosse il suo, e rimase persino un po’ deluso quando si accorse che il treno era diretto al binario di fronte. Frustrato, si risedette, passandosi una mano sugli occhi. Avrebbe passato lì l’eternità, su un binario luminoso?
Una volta ripartito il convoglio, alzò gli occhi, per riposarli sulla panchina di prima, diventata ormai l’unico elemento di nota in quel niente; ma con un sussulto di paura e di gioia vide che a condividere la sua solitudine, oltre che la famosa panchina, c’era ora una figura  molto famigliare, quasi identica a un’altra, lasciata nella sua vita di prima.
James Potter sorrise come mai lo aveva visto, e si affrettò ad attraversare le rotaie per raggiungerlo.
“Sei invecchiato” lo accolse.
Remus Lupin non seppe che rispondere. Poteva solo stare a guardarlo a bocca aperta. Si fissò su ogni particolare del suo vecchio amico, tentando di memorizzare tutto, come per recuperare i quasi vent’anni di lontananza, come se fosse indegno di un amico non ricordarsi perfettamente di lui. Come aveva potuto dimenticare che dopo quell’incidente sulla scopa gli era rimasto il segno, sotto l’occhio? E il maglione che portava, quello in cui l’avevano sepolto, chi glielo aveva regalato, Sirius o Lily? Non lo ricordava. E il modo che aveva di inarcare le sopracciglia. E come storceva le labbra quando tentava di reprimere un’emozione forte. Ritornò tutto, tutto di un colpo.
James aveva un’espressione strana: era infelice per la sua morte, ma non poteva nascondere che rivederlo gli stesse procurando un’intensa gioia. Cercava di nasconderlo, temendo di risultare insensibile. Oh, era tutto così tipico di lui!
“Anche tu non hai una bella cera” gracchiò infine.
Rimasero un momento lì, ad osservarsi, tentando di prolungare quel momento. Poi non seppero quali braccia si mossero per prime. Remus scoprì con gioia di poterlo stringere forte, che questo la morte non glielo aveva ancora tolto.
“Mi dispiace Rem, mi dispiace così tanto” sussurrò James, quando si sciolsero.
“Lo so. Anche a me” sospirò l’altro “E ora, che si fa?”.
“Ora aspettiamo un po’” fece sedendosi, e invitando l’amico a fare altrettanto.
 “Quando arriverà il mio treno?” chiese Lupin.
“Non lo so, ma non ci metterà molto. Ma non sei obbligato a prenderlo” spiegò gentilmente l’amico.
“Che intendi dire?”.
“Se volessi rimanere, nessuno potrebbe impedirtelo. Sai, come fantasma”.
Lupin guardò un momento davanti a sé, perdendosi in quella fastidiosa luminosità.
“No. Preferisco andare avanti”.
“Non avevo dubbi” sorrise Potter, stringendogli brevemente un braccio.
Scese il silenzio, e James non si affrettò a romperlo. Sapeva che Remus doveva venire a patti da solo con quello che stava succedendo, e che bombardandolo di domande non sarebbe venuto a capo di nulla.
Lupin era inquieto. Una parte di lui voleva che quel maledetto treno facesse la sua spettrale comaparsa e decidesse del suo destino. Odiava stare in bilico, e voleva vedere sua moglie. L’aveva vista cadere: era poco avanti a lui. Non sapeva dire se Dolohov l’avesse ucciso perché più forte, o perché dopo averla vista scivolare al suolo aveva abbassato la bacchetta. Un’altra parte, prepotente, voleva  solo fuggire, tornare giù, o ovunque fosse la vita. Povero Teddy. Si sentiva in colpa. Quando aveva abbassato la bacchetta, aveva fatto una scelta. Aveva scelto Dora e implicitamente aveva abbandonato suo figlio. Era così, aveva scelto di lasciarlo solo, anche se non razionalmente. Cosa avrebbe pensato suo figlio da grande?
Si voltò a guardare il suo amico, che aspettava con espressione incerta.
“Com’è stato per te?” chiese.
James sospirò forte. “Com’è stato per tutti, Lunastorta. Orribile”.
L’altro annuì, felice di sentirgli di nuovo pronunciare quel soprannome.
“E poi?”.
“E poi … e poi tenti di conviverci. L’idea di Harry da solo, in pericolo, in casa di quelle bestie era intollerabile. Ma è un ragazzo forte, se l’è cavata alla grande” sorrise “e da stasera inizierà una nuova vita”.
Remus sgranò gli occhi “Credi che stasera la guerra finirà?”.
“Sì, credo proprio di sì” James Potter adocchiò brevemente il suo amico “Anche Teddy sarà forte. E ha intorno tante persone fantastiche che gli vogliono un gran bene e che si prenderanno cura di lui. Non sarà mai solo. E capirà. Non sentirti in colpa per ciò che è successo”.
Lupin si guardò intorno, con aria supplice “Non posso proprio tornare indietro? O se non io almeno Dora. Ti prego, James”.
Il suo amico scosse lievemente la testa, triste “Non dipende da me, Rem” sussurrò “L’unica cosa che puoi fare ora è accettare”.
“Devo accettare di aver abbandonato mio figlio?” si infervorò Lupin.
“No” rispose Potter “Direi piuttosto accettare l’idea di essere morto per regalargli un mondo felice”.

 

Il tempo passò su di loro impassibile e innocuo. Stavano ancora su quella panchina ad aspettare molto più di un treno.
“Gli altri stanno tutti di là?” chiese Lupin.
“Sì, tutti quanti. Ci sarà anche Dora”.
“Lily è andata a prenderla?”.
“No” rispose James “lei è andata a recuperare Piton. Credo ci metteranno un po’ a tornare, hanno molto da dirsi. No, è andato Sirius”.
Lupin sorrise alla menzione dell’amico. Era vero, c’era anche lui. E ci sarebbero stati i suoi genitori. E Silente, e Lily, e Malocchio e tutti gli altri. Ci sarebbe stata Dora, e anche lei probabilmente era triste e spaventata come lui. La consapevolezza di doversi dividere tra chi amava lo lacerava. Ma aveva già lasciato sola Dora una volta, quando più aveva bisogno di lui. Non poteva farlo di nuovo, non questa volta. Avevano bisogno l’uno dell’altra. E Teddy era al sicuro.
Si sporse verso il suo amico con aria più serena e un mezzo sorriso, e James comprese che Remus aveva vinto la sua battaglia.
“Il treno arriverà fra pochissimo” annunciò felice.

Un altro sferragliare in lontananza e questa volta Remus sapeva che non ci sarebbero stati errori. Lo aspettò tranquillo, finalmente consapevole, senza più ansia.
“E’ vero che Neville Paciock l’ha fatto vestire da donna?”.
Lupin sgranò gli occhi e si girò di scatto verso James: il suo amico aveva le labbra viola a furia di premerle e le guance gonfie.
“Patetico” ghignò, mentre James si liberava in una grassa risata  “Patetico. Non ci vediamo da sedici anni e questo è tutto quello che riesci a chiedermi??”.
Guardò il suo amico ridere e non potè fare a meno di unirsi a lui. Mio Dio, era dovuto morire per tornare a casa.
James salì sul treno ancora uggiolando dal ridere e Remus rimase un passo indietro, un piede sullo scalino e uno ancora sul binario. Un ultimo sguardo alla luce, alla panchina. Sì, poteva farcela. Ce l’avrebbero fatta tutti, anche Teddy. Soprattutto Teddy.

La porta del convoglio si chiuse con uno schianto deciso dietro di lui e il treno ripartì sbuffando vapore. 

 

  
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