Storie originali > Commedia
Segui la storia  |       
Autore: Piuma_di_cigno    08/01/2017    2 recensioni
Se potessimo sapere l'esatta data in cui un evento sconvolgerà la nostra vita per sempre, cosa faremmo nell'attesa? Quando Tessa si ritrova in questa situazione, risponde alla domanda in modo molto semplice: lei se ne starebbe a letto per giorni e giorni e sbatterebbe il mondo fuori dalla porta. Questo finché la sua amica Lia non piomba nella sua stanza la mattina presto e la trascina su un treno per una vacanza di una settimana che le cambierà la vita.
Una sola settimana e Tessa si ritrova a provare tutte le follie dell'universo: da tuffi notturni, a scorpacciate di marshmallow fino all'amore ...
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 15 - Partenze

 

Tornai in appartamento con cuore e anima in subbuglio, tanto che decisi di indossare un paio di scarpe da ginnastica e andarmene a correre nella speranza di dissolvere un po' la nebbia che si era formata nella mia testa.

Al centro troneggiavano le parole di Daniel che mi chiedevano di rimanere con lui; sconcertante era, più di tutto, l'incredibile sensazione di calore che mi aveva invaso le vene dopo la sua proposta. Dunque era questo, essere apertamente desiderati da qualcuno? Era questo che si provava quando si capiva di amare qualcuno e si scopriva che questo ricambiava?

Non sapevo se amavo Daniel, pensai mentre scendevo le scale e uscivo diretta sul lungo mare, ma c'era qualcosa in lui... qualcosa di luminoso. Mentre iniziavo a correre, dimenticando come sempre per l'impazienza di fare un po' di sano riscaldamento, ricordai che quel pomeriggio la mamma aveva la visita. Ed ecco quindi che le cose si complicavano ancora, perché oltre a lui e a me c'era anche questo: chiamare o non chiamare? Piangere o non piangere? Meglio non sapere e avere ancora speranza o sapere e togliere ogni speranza? Certo, c'era la possibilità che la visita fosse andata bene, ma non ci contavo. Non ci contavo più, ormai. Mia mamma aveva già avuto una recidiva e dubitavo seriamente che le cose potessero migliorare; quando ci pensai fu come se mi avessero dato un pugno nello stomaco e la scarica di adrenalina che mi attraversò le vene mi fece correre ancora più veloce, come se stessi scappando e fossi inseguita.

Respirai a fondo.

Ero arrivata lì spaventata e imprigionata dalla mia stessa vita, ma ora le cose erano cambiate. Ero più forte e forse avrei potuto essere più felice... forse era per questo che dovevo accettare la proposta di Daniel: per diventare più felice, forte e capire meglio le cose, facendo esperienze, divertendomi e continuando a fare come in questa settimana, vivendo ogni giorno come se fosse l'ultimo, mangiando schifezze con Lia, cercando di non pensare. Poi sarei tornata a casa e allora sarei stata d'aiuto, avrei resistito meglio.

E oltretutto magari era la cosa giusta. Magari il destino mi aveva dato una seconda possibilità e se io non l'avessi colta sarebbe andata in fumo e qualche entità divina si sarebbe persino infuriata con me perché ero un'ingrata e io non avrei mai più visto Daniel. Forse era questo che dovevo fare.

Ma... e i miei genitori? Cos'avrei detto loro? Dopotutto credevano che io fossi in un campo di inglese e la bugia poteva reggere per una settimana con la collaborazione di Lia, ma non potevamo mica mentire per mesi. Prima o poi avremmo dovuto dire la verità e allora tutti avrebbero scoperto com'erano andate veramente le cose e saremmo finite nei guai io, Lia e sua zia. Nessuna delle due avrebbe più potuto mettere piede fuori casa.

Oooooh, cosa dovevo fare? Perché nei libri saltava sempre fuori all'improvviso una fata madrina in questi momenti? Perché non saltava fuori anche per me? Detestavo queste scelte esasperanti, non sapevo mai cosa fare.

Tentai di concentrarmi sui miei passi e sul respiro cercando di correre più veloce che potevo in modo da svuotare la mente e smettere di pensare, ma non ce la facevo: continuavo a pensare a Daniel. Alla sua proposta. A Daniel che mi abbracciava. Alla sua luce. Ai suoi occhi. A come mi rassicurava sempre. A come conosceva tutti i miei pensieri.

No, non volevo rinunciare a tutto questo. Non volevo dirgli addio quella sera.

Mi fermai quando vidi apparire le scogliere all'orizzonte; dovevo aver corso molto più di quanto credessi, ora sarebbe stata una faticaccia tornare indietro. Guardai l'orologio che avevo al polso e rimasi sorpresa di notare che era quasi mezzogiorno. Tastai le tasche dei pantaloni alla ricerca del cellulare per mandare un messaggio a Lia e dirle che ero in ritardo, ma dovevo averlo dimenticato in appartamento perché con me avevo solo le chiavi. Che situazione interessante... A stento sapevo dov'ero.

Mi voltai e continuai a seguire di corsa il lungo mare nella speranza di vedere presto il faro. Ero stata proprio una stupida visto che non mi ero nemmeno degnata di guardare dove andavo. Mi maledissi per questo ancora di più quando, dopo un'ora che camminavo – troppo sfinita per correre – non ero ancora del tutto certa di sapere dove fossi. Mi pareva di riconoscere un negozio o due, ma non è che ne fossi così sicura da giurarlo.

In ogni caso non avevo scelta, perciò andai avanti finché, mezz'ora dopo, non vidi il faro. Finalmente! Presa dall'entusiasmo feci una corsa fino al faro, poi girai a sinistra nella strada laterale dove si trovava l'appartamento mio e di Lia e attraversai la strada, tra l'altro affamata come non mai. Era dalle sette di mattina che non mangiavo! Dopo tutta quella corsa l'unica cosa che il mio cervello elaborava era pollo. E burro di arachidi magari. E uova. Col pane? Col pane. E la salsa. Altro che Daniel e Daniel, avrei sposato chiunque mi avesse dato della pancetta in quel momento.

Tirai fuori le chiavi prima ancora di arrivare al cancello e un attimo dopo stavo già salendo le scale. Mi chiesi se Lia fosse già rientrata e riflettei sull'eventualità di dirle quello che mi era successo e l'idea che mi era venuta, ma poi pensai che non valeva la pena di mettere in allarme anche lei con le mie assurde riflessioni. Oltretutto la scelta era mia, ero io che dovevo decidere. Lia era mia amica, ma non poteva fare niente per me. Era meglio per lei se non ne sapeva niente.

Infilai le chiavi nella serratura e aprii la porta, aspettandomi tutte le domande dell'universo, ma quando entrai mi accolse solo il silenzio dato dal fatto che evidentemente Lia non c'era. Dove mai era andata? Mentre chiudevo la porta e mi toglievo le scarpe da ginnastica ricordai che mi aveva detto di avere un appuntamento con Raphael, quindi doveva essere con lui. Ecco un'altra preoccupazione, tanto per cambiare: le aveva detto della droga? Sospirai tra me e me e tirai fuori il pollo che avevo comprato il giorno prima. Tolsi la pellicola, lo misi in padella e accesi la tv tanto per evitare che l'appartamento sembrasse proprio vuoto; mentre mi occupavo del mio pranzo e cercavo il burro di arachidi negli armadietti, mi chiesi se effettivamente Raphael dovesse dirle la verità. Per esperienza sapevo che, indipendentemente dal proprio passato, una persona poteva essere tanto e tante cose e ognuno poteva avere i propri segreti, a condizione che non nuocessero agli altri. Era cambiato e aveva iniziato una nuova vita, era diventato migliore e più forte. Questo bastava. Se fossi stata Raphael avrei voluto che Lia conoscesse la persona che ero, non quella che ero stata e non c'era più... e lo stesso volevo che facesse Daniel con me.

Non ero quella che lui aveva visto mesi prima in ospedale. Le cose erano cambiate e per questo decisi che quella sera, prima di andare via, avrei chiamato a casa per sapere i risultati delle analisi e sapere com'era andata la visita.

Con un sorrisetto ripresi a cuocere il pollo e un profumino meraviglioso si diffuse in cucina facendomi venire l'acquolina in bocca. Non avevo trovato il burro di arachidi perciò mi accontentai di maionese e ketchup con un bel contorno di verdure. Prima o poi, in fondo, dovevo ricominciare a mangiare sano. Addentai il pollo con sonora soddisfazione appena fu pronto e in quel momento notai che erano già le due meno un quarto; dov'era Lia?? Ancora con la coscia di pollo in mano andai alla ricerca del cellulare, che trovai sepolto tra le coperte e accesi. Solo una chiamata persa da Lia, nient'altro. Sollevata, decisi che avrei finito di mangiare e poi l'avrei richiamata per sapere che fine avesse fatto.

Divorai tutto il pollo con tanto di salsa e ci volle qualcosa come un chilo di verdure prima che mi sentissi sazia. Solo dopo aver bevuto un litro d'acqua senza neanche prendere fiato e dopo essermi distesa sul letto cominciai seriamente a chiedermi se fosse successo qualcosa a Lia. Afferrai il telefono e digitai il suo numero; magari voleva qualcosa per pranzo. Meglio chiederglielo.

 

POV Lia

 

Raphael si fermò poco distante dall'appartamento e parcheggiò la moto, poi andammo a piedi. Sembrava stranamente contento, con quel sorrisetto in faccia. Dovevo ammettere che anch'io mi sentivo più allegra, mi ero divertita a passare la mattinata con lui anche se ora mi sentivo quelle frittelle sullo stomaco.

“Ti sei divertita oggi?”

“Sì.” vidi che sorrideva “A quando il prossimo appuntamento?” mi sorpresi io stessa della mia audacia. Di solito non mi sentivo così a mio agio con le persone appena conosciute, ma con lui era... diverso. Era rassicurante. Non faceva scattare in me nessun senso di allarme, non ero in allerta come con gli altri e non lo fui nemmeno quando mi prese la mano. Era strano sentirmi così.

“Tu quanto tempo hai?”

“Fino a...” ci riflettei su un attimo “Non ho più tempo.” conclusi infine sentendomi particolarmente giù di morale al pensiero che la mattina dopo io e Tessa saremmo partite. Ma io e Raphael ci saremmo rivisti in un modo o nell'altro, vero?

“L'avevo immaginato.” rispose lui “Però tu tornerai ancora da queste parti, giusto? L'estate è ancora lunga e tu mi hai promesso tre appuntamenti.”

Sospirai. Le promesse erano promesse.

“E' vero. Sì, penso che tornerò.”

“Mi dai il tuo numero?”
“Certo.” anche agli amici si dava il proprio numero dopotutto. Glielo dettai chiedendomi se davvero sarei tornata lì, se ci sarebbe venuta anche Tessa e se avrei rivisto lui; per un attimo mi domandai dove sarei stata tra qualche anno. Sarei riuscita ad entrare all'università di letteratura, come avevo sempre sognato? Ad andarmene?

“Grazie.” Raphael mi scrutò quando finii di dargli il mio numero “Ti chiamerò. Magari verrò io a trovarti.”

Sorrisi.

“Sarebbe bello” la frase rimase in qualche modo in sospeso quando incontrai i suoi occhi, blu come l'oceano, ed ebbi l'impressione che dietro quel sorriso sfrontato e superficiale ci fosse qualcuno che capiva la mia voglia di scappare, la mia voglia di cambiare la mia vita. Io e Tessa eravamo simili in questo. Forse lo eravamo anch'io e Raphael? Nonostante questo non volevo parlargli del mio passato, e molto probabilmente neanche lui voleva raccontarmi il suo.

“Le chiamate faranno parte della storia dei tre appuntamenti?” chiese con un sorriso che si apriva sempre di più.

“No, direi di no.”

Prima che potessi dire altro il mio cellulare squillò; guardai lo schermo e vidi che era Tessa. Era ora!

“Pronto?”

“Ciao Lia, cosa vuoi per pranzo?” il suo tono era davvero strano. Un misto tra felicità, tristezza ed euforia... e quando lei si sentiva così non era mai possibile prevedere cosa sarebbe successo.

“Niente grazie. Ho già mangiato... Ma va tutto bene?”
“Certo!”
“Sicura?”
“Assolutamente.” e cadde la linea. Con le sopracciglia aggrottate guardai Raphael, confusa, e lui scrollò le spalle come a dirmi che non dovevo pensarci troppo. Cominciavo in effetti a preoccuparmi per Tessa: andava tutto bene con Daniel?
“Ora devo andare” guardai Drake che mi sorrise e mi indicò il cellulare. “Ti chiamerò.”
“Okay. Noi ci salutiamo qui allora?”

“Temo di sì.”

“Ciao Raphael.”

“A presto Lia.”

Mi voltai per attraversare il vialetto, poi entrai nel condominio e mentre salivo le scale mi arrivò un messaggio: ognuno i suoi segreti, da Raphael. Ridacchiai e, afferrate le chiavi, aprii la porta dell'appartamento.

 

Quel pomeriggio Tessa non parlò molto. Sì, con Daniel andava tutto bene, no, non era preoccupata per le analisi, e sì era felice di tornare a casa. Queste furono le uniche cose che riuscii a cavarle di bocca, mentre io cominciavo ad avere un'idea decisamente poco adatta alla situazione: e se fossi rimasta lì? Avevo trovato una persona che mi capiva, ne ero sicura. Non volevo partire, non volevo tornare a casa, non ero pronta. Non avevo intenzione di parlarne con Tessa perché sapevo che non avrebbe mai condiviso i miei pensieri, responsabile com'era, e sapevo che non ci sarebbe stato modo di chiederle di reggermi il gioco una volta a casa; avrebbe detto che per il mio bene era il caso che i miei genitori sapessero dov'ero e cosa succedeva, soprattutto se ero da sola. E poi chissà quante me ne avrebbe dette...

Però era davvero un'idea allettante: rimanere lì ancora per un po', divertirmi come avevo sempre sognato di fare e smettere di pensare alla situazione a casa. Sarebbe stato davvero bello. Con quest'idea in testa mi addormentai sul letto mentre Tessa guardava la televisione immersa nel silenzio e seduta dall'altro lato della cucina.

 

POV Tessa

 

Odiavo gli orologi. Li odiavo quando ero a scuola e il tempo non passava mai, li odiavo quando mi dicevano che era tardi e dovevo andare a dormire e li odiavo quando si avvicinavano inesorabili a qualcosa che temevo. Le visite di mia mamma si concludevano sempre verso le quattro e mezza, alle cinque al massimo, e a quell'ora avrei chiamato per sapere com'era andata. E se fosse andata male? Sentii ogni nervo del mio corpo tendersi, il mio cuore battere più forte ed ebbi la tentazione di raggomitolarmi in una palla più piccola possibile e nascondermi lontano dove le brutte notizie non potevano raggiungermi. Perché doveva essere così? Perché doveva essere sempre così? Ero spaventata ma sapevo di non potermi tirare indietro. C'erano giorni in cui andavo avanti solo perché sapevo che prima o poi, a forza di studiare, forse avrei trasformato la mia vita in qualcosa di utile e avrei aiutato famiglie come la mia. Speravo davvero di diventare medico, un giorno o l'altro.

Guardai Lia che dormiva... era così tranquilla, lei. Tornare a casa non le dispiaceva. Era come diceva sempre mio padre, nella vita si era in fin dei conti da soli? O esisteva qualcuno capace di starci vicino?

Lanciai un'occhiata all'orologio. Tre e mezza. Che attesa straziante.

Mi alzai e rifeci il letto, poi riordinai il tavolo, lavai i piatti e sistemai un po' l'appartamento. Sistemai anche il bagno e la camera da letto, e solo alla fine con estrema riluttanza iniziai a fare le valigie: misi via quasi tutti i vestiti tranne quelli che indossavo, il pigiama e il vestito che avevo intenzione di mettere quella sera con relative scarpe. Non mi sarei certo risparmiata; era nero, corto e con la schiena scoperta. Volevo che quella fosse l'ultima sera? Allora era giusto godermela.

Guardai nuovamente l'orologio. Erano le quattro e un quarto. Mi misi a passeggiare nervosamente su e giù per l'appartamento, poi mi sedetti sul letto e fissai il cellulare accanto a me. Era acceso, per ogni evenienza. Lo afferrai e lo appoggiai sul tavolo della cucina, dove mi sedetti per mangiare un vasetto di yogurt al caffè con le mani che tremavano. Sudavo freddo dalla testa ai piedi: e se fosse andata male? E se mi avessero detto che la mamma era gravemente malata e non c'era più niente da fare? Oddio oddio oddio. Mi concentrai sullo yogurt per non scoppiare a piangere. Sembrava che qualcosa mi stringesse la gola in una morsa e quasi soffocai quando il cellulare iniziò a vibrare e sullo schermo comparve un nome che non mi sarei mai e poi mai aspettata di vedere a quell'ora: mamma. Presi il telefono e andai in terrazza per non svegliare Lia.

Poi risposi con il cuore in gola.

“Pronto?”

“Ciao tesoro! Allora, come stai?”

“Io bene mamma, e tu? Com'è... com'è andata la visita?”

Tutto dentro di me si attorcigliò e si contorse in attesa di quella risposta. Mi parve che persino il mio cuore si fermasse. Ero completamente immobile, diventata statua per un istante.

“Bene. Bene, il medico ha detto che le analisi erano a posto. Ora dovrò aspettare i prossimi controlli, ma sembra che possiamo sperare per il meglio.” tutto dentro di me si sciolse per il sollievo quando sentii quelle parole e fui invasa dalla voglia di piangere, saltare, urlare e ridere tutto insieme. O mio Dio, o mio Dio, o mio Dio. Cominciai a ringraziare non sapevo nemmeno io chi. Grazie, grazie, grazie. La mia mamma stava bene. La mia mamma stava bene. Stava bene. Stava bene. Per un attimo tutto dentro di me fu gioia luminosa.

Scoppiai a ridere.

“Sono proprio felice per te mamma. Proprio proprio felice!”

“Anch'io tesoro.”

“A questo punto... be' credo di doverti raccontare qualcosa. Sei seduta?”

“Sì...”

“Bene. Perché io non sono mai stata a un campo di inglese.” e le raccontai tutto. Avevo avuto l'incommensurabile fortuna di ricevere una bella notizia; ora dovevo dimostrarmene degna e così decisi che la verità era un bel modo per dimostrarmi degna di fortuna, perciò le spiegai ogni cosa. La sorpresa iniziale quando ero arrivata lì, l'arrivo di Daniel e Raphael e di come Lia era uscita con lui per ben due appuntamenti – cosa mai successa – e delle nostre feste. Non dissi che mi ero quasi buttata da una scogliera solo per preservare il suo cuore da un infarto, ma non nascosi niente del resto e lei ascoltò tutto. Alla fine, quando dai suoi commenti capii che non aveva intenzione di ammazzare me, Lia e la zia di Lia, le dissi cosa pensavo di fare.

“Be', devi decidere tu.” rispose lei “ormai sei abbastanza grande da capire cos'è meglio e cosa no e mi pare anche che nonostante tutto tu e Amelia ve la siete cavata...” ridacchiò “e io che non ti credevo neanche capace di prendere un treno! A questo punto direi che siete decisamente cresciute. A tuo padre verrà un colpo quando gli racconterò questa storia...”

Risi con lei, sollevata come non lo ero da secoli.

“Sì, vacci piano con lui. Non dirgli di Daniel o gli viene proprio un colpo.” mio padre era sempre stato geloso e se avesse saputo di un fidanzato minimo sarebbe venuto qui alle cinque del mattino per interrogarlo su lui e la sua famiglia. Non era proprio il caso.

“Bene, ora devo andare a preparare la cena” annunciò mia madre. Guardai l'ora perplessa.

“Ma mamma, sono solo le quattro e mezza!”

“Sì, ma tuo padre ha fame... è già andato in frigorifero a prendersi il salame che avevo comprato. Quell'uomo è una spesa continua...” sospirò lei. Io risi. “Va bene va bene. Ancora un po' e cenerete alle sei come le galline” scherzai io. “Vado anch'io, Lia dorme e voglio svegliarla. Ci vediamo quando torno, okay?”

“Va bene. Ciao tesoro, ti voglio bene.”

“Ti voglio bene anch'io mamma.”

Chiusi la chiamata e guardai le palazzine accanto alla nostra, il sole che pur essendo ancora alto aveva già perso un po' di luce e i bambini che giocavano a palla di fronte a noi. Le cose allora potevano davvero andare bene prima o poi. Sorrisi tra me e me. Quella sarebbe stata l'ultima festa, l'ultima volta in quel paradiso, l'ultima sera... O forse no?

Spazio autrice: ciao a tutti! Ho deciso di pubblicare il nuovo capitolo proprio l'ultimo giorno delle vacanze di Natale, prima dell'inizio della scuola, perché so che da ora in poi non avrò molto tempo per scrivere, perlomento fino alla fine di febbraio. Finalmente quindi la vita di Tessa sta cambiando e le cose per lei stanno diventando più semplici. E forse in questa nuova vita ci sarà spazio anche per Daniel, voi cosa ne dite? :) E come andrà quest'ultima festa? Questa serata ultima ma non ultima? :D
Vi lascio così ;) Aspetto le vostre recensioni!
Baci,
Piuma_di_cigno.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Commedia / Vai alla pagina dell'autore: Piuma_di_cigno