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Autore: KukakuShiba    09/01/2017    12 recensioni
DESTIEL teen AU
Il mondo del giovane Dean Winchester incontrerà inevitabilmente quello di Castiel Novak, nuovo vicino di casa, affetto da un handicap invisibile. Insieme, i due impareranno qualcosa di prezioso sull'amicizia, sull'amore e sulla vita.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fanart di Naenihl

 
CAPITOLO DISCIASSETTE
 
Date parole al vostro dolore,
altrimenti il vostro cuore si spezza
 
William Shakespeare
 
 

 
Dean parcheggiò l’Impala davanti al garage di casa e spense il motore, senza però scendere dalla macchina.
Il viaggio di ritorno dalla scuola era stato silenzioso. Dean aveva tenuto gli occhi incollati alla strada per tutto il tempo. Durante il tragitto, la sua rabbia aveva oscillato come un pendolo, sfiancando la sua mente. La preoccupazione per Castiel che non tornava e il panico che lo aveva assalito, quando non sapeva dove fosse, lo avevano pungolato, portandolo ogni volta sul punto esplodere. La figura di Castiel rannicchiato, i suoi occhi blu sciupati dal pianto e la sua voce rotta, invece, lo avevano richiamato indietro.
E anche lì, nell’abitacolo, Dean era in balìa di emozioni contrastanti, alternando momenti in cui avrebbe voluto solo girarsi verso l’altro e gridargli contro, ad altri in cui avrebbe voluto abbracciarlo e basta, senza dire nulla.
Rimase così, indeciso sul da farsi, per diversi minuti. In seguito si passò una mano sul viso e, sospirando, aprì la portiera e scese dalla macchina.
 
Castiel aveva guardato fuori dal finestrino per tutto il tempo del percorso verso casa. Poco prima di uscire dalla scuola, gli occhi di Dean lo avevano guardato duramente, amplificando così il senso di colpa che il giovane provava nei suoi confronti, perché Dean non solo si era preoccupato, ma si era anche arrabbiato. Castiel era consapevole di aver sbagliato e che avrebbe dovuto dire all’altro che qualcosa non andava, prima che fosse troppo tardi. Ma la sensazione di sentirsi un peso per il suo ragazzo era stata troppo forte, e così si era imposto di gestire la situazione da solo, sbagliando pertanto due volte.
Castiel tenne lo sguardo fisso sulle proprie mani, per timore di incrociare quello di Dean. E quando Dean uscì dall’abitacolo, esitò un attimo, per poi imitarlo.
 
I due ragazzi percorsero il marciapiede, fianco a fianco, senza proferire parola. Una volta arrivati davanti a casa Novak, Castiel indugiò. Non voleva che la serata si concludesse in quel modo e, soprattutto, non voleva che le cose tra lui e Dean rimanessero così. Pertanto, prima di salire i gradini del portico, si girò, cercando gli occhi verdi dell’altro.
Dean rispose allo sguardo, senza dire nulla. Il ragazzo era ancora combattuto, perso nell’indecisione di non sapere cosa fare. Una cosa però la sapeva: non poteva andarsene, senza prima aver parlato con lui.
Di fronte al silenzio di Dean, Castiel si voltò e, con lo stomaco stretto in una morsa, si diresse verso la porta d’ingresso. All’improvviso, una mano calda gli prese il polso, attirando la sua attenzione e costringendolo a girarsi di nuovo.
“Stai bene?” – chiese Dean.
Castiel schiuse le labbra, esitando.
“Sì…” – rispose infine.
Il biondo si prese un momento, mordicchiandosi l’interno della guancia.
“Ma a scuola non stavi bene…”
Castiel abbassò lo sguardo e scrollò la testa.
“Cas?” – lo richiamò Dean, cercando le dita dell’altro con le proprie e intrecciandole insieme – “Perché non me l’hai detto?”
“Dean…” – tentò il ragazzo
“Ti avevo detto di dirmi se qualcosa non andava” – lo interruppe il giovane.
Castiel si morse un labbro.
“Perché non l’hai fatto?” – insisté l’altro.
“Mi dispiace…”
“Lo hai già detto, ma io voglio sapere il perché” – ribatté Dean – “Perché sei sparito così, invece di venire da me? Mi hai fatto spaventare a morte!”
Castiel distolse lo sguardo e non rispose. Con la mente, ripercorse tutto quello che era successo poche ore prima, e si rese conto di non sapere nemmeno da dove iniziare. Era stato tutto così intenso da poterne sentire ancora gli effetti, sebbene ora fosse lì, davanti a casa, e al sicuro, con Dean.
Quello che il giovane aveva passato, nel corso degli ultimi anni, lo aveva devastato a tal punto da non avere parole per esprimerlo. Sapeva di poterne parlare con Dean, di potergli confidare quello che non aveva mai detto neanche alla sua famiglia, ma, contemporaneamente, l’idea di farlo gli toglieva l’aria dai polmoni e lo soffocava. Forse non era ancora pronto, forse aveva bisogno di più tempo. O forse aveva semplicemente paura, perché riportare a galla tutto quanto, avrebbe fatto dannatamente male e lui non era sicuro di poterlo sopportare.
Dean rimase ad osservare l’altro, soffermandosi con lo sguardo sulla sua mascella tesa, sugli occhi blu che evitavano di incrociare i suoi, sulle labbra increspate in una linea serrata. Castiel era in difficoltà e Dean se ne accorse. Il biondo si sentì improvvisamente in colpa nei confronti del ragazzo, perché l’ultima cosa che voleva era metterlo a disagio. Però Dean voleva anche capire cosa fosse successo, cosa avesse spinto l’altro a comportarsi in quel modo. Il giovane Winchester si prese un attimo per pensare e, infine, giunse ad una conclusione, l’unica possibile in quel momento: il benessere di Castiel aveva la priorità e lui avrebbe fatto di tutto per far sentire l’altro a suo agio. Dean strinse di più le dita tra quelle di Castiel e si avvicinò a lui, posandogli delicatamente una mano sulla guancia.
Castiel chiuse gli occhi e sospirò leggermente sotto il suo tocco. E quando sollevò le palpebre, vide Dean, di fronte a lui, che gli sorrideva.
“Io sarò qui” – disse Dean, accarezzandogli lo zigomo con il pollice – “Quando…quando vorrai parlarmene, io sarò pronto ad ascoltarti”.
I lineamenti del viso di Castiel si rilassarono un po’ e il giovane schiuse di poco le labbra.
“Ma…” – proseguì l’altro – “Promettimi che lo farai…”
Castiel non disse nulla, limitandosi a guardarlo con i suoi grandi occhi blu.
“Promettimi che, quando sarai pronto, me lo dirai” – insisté l’altro – “E che questa volta manterrai la promessa”.
Castiel rimase a guardarlo ancora qualche secondo. Infine sollevò una mano e coprì dolcemente quella di Dean sul suo volto, godendo del suo calore.
“Sì, te lo prometto…”
 
 
°°°
 
 
Gli occhi di Dean erano puntati contro il soffitto, mentre le sue dita giocherellavano piano con i capelli di Castiel.
Erano passate due settimane da quel venerdì e i due giovani avevano continuato a fare quello che facevano tutti i giorni, come se nulla fosse. Ogni pomeriggio Dean, di ritorno da scuola, si fermava a casa dell’altro per fare i compiti e solitamente il pomeriggio passato insieme si concludeva con dolci coccole sul letto. In quei giorni Dean aveva tenuto fede a quanto si era ripromesso di fare quella sera, sul portico di casa Novak: far star bene il ragazzo dagli occhi blu. E così, da allora, non erano mancati baci, carezze e attenzioni, che Castiel ricambiava con la stessa intensità e con lo stesso trasporto.
Quel pomeriggio, tuttavia, in un momento di tranquillità, Castiel si era addormentato e ora sonnecchiava con la testa appoggiata sul petto del biondo. Inizialmente Dean era rimasto un po’ perplesso, ma poi, sentendo il giovane così rilassato, aveva deciso di lasciarlo fare e di non disturbarlo.
Dean ne approfittò per far vagare la mente, cullato dal respiro regolare di Castiel, in sincronia con il suo. Il giovane Winchester aveva deciso di aspettare che il suo ragazzo si confidasse con lui e che gli dicesse cosa fosse accaduto quella sera a scuola. Ed era quello che aveva fatto, se non fosse che, più passava il tempo, più la speranza che Castiel parlasse diventava flebile. A dire il vero, in alcuni momenti, Dean avrebbe voluto tirare fuori l’argomento e ricordare all’altro la promessa fatta, ma poi aveva preferito lasciare le cose come stavano e concedergli ancora un po’ di tempo. Castiel gli aveva fatto una promessa e Dean aveva deciso di dargli fiducia.
All’improvviso Castiel si mosse leggermente, mugolando qualcosa di incomprensibile contro la maglietta di Dean. Batté le palpebre un paio di volte e poi sollevò di poco la testa, incontrando così gli occhi verdi di Dean che lo osservavano.
“Mi sono addormentato…?” – biascicò il ragazzo, con la voce ancora impastata dal sonno.
“Sì” – sorrise Dean.
“Scusa…” – borbottò Castiel, stropicciandosi l’occhio con le nocche della mano.
“Non ti preoccupare” – lo tranquillizzò il biondo, accarezzandogli dolcemente la schiena.
“È che…” – sospirò l’altro – “Oggi Naomi ha parlato tanto e mi sono stancato…”
Dean non rispose e si limitò a guardarlo. Castiel non si lamentava mai, ma Dean sapeva che per lui era difficile seguire il labiale per tanto tempo. E proprio per questo, Dean si era domandato più volte perché il ragazzo non avesse scelto una via più semplice e non frequentasse una scuola speciale. Il giovane glielo aveva chiesto una volta, ma la risposta di Castiel era stata piuttosto enigmatica.
 
“È complicato”
 
Pertanto, Dean aveva catalogato l’argomento scuola come fosse tabù, e aveva deciso di non chiedere nulla a Castiel per non turbarlo, mantenendo questa decisione anche dopo che si erano messi insieme. In verità, però, Dean aveva sentito spesso la domanda bruciargli in gola, pizzicargli la punta della lingua, in un accanito tentativo di prendere forma sulle sue labbra. In un certo senso si sentiva in diritto di sapere, di conoscere meglio il passato dell’altro, soprattutto da quando condividevano un forte sentimento reciproco. Castiel sapeva tutto di Dean: delle sue scorribande in giro per il quartiere con Benny, quando erano bambini; di quando il padre lo aveva messo per la prima volta la volante dell’impala; o di quante volte lui e Sam erano finiti nei pasticci per aver combinato un guaio in casa. Dean, invece, non conosceva molto dell’altro e, per quanto riguardava quello che gli era successo, lo aveva appreso solo dal racconto di Amelia, perché Castiel non aveva mai detto nulla.
“Cas” – disse all’improvviso.
“Dimmi”.
Dean esitò, umettandosi le labbra.
“Posso farti una domanda?”
“Sì, certo…”
“Promettimi di non arrabbiarti, però…”
Il ragazzo dagli occhi blu corrugò la fronte, confuso.
“È una cosa che ti ho già chiesto…” – iniziò il biondo, cauto – “Poco dopo che ci siamo conosciuti…”
Castiel inclinò leggermente il viso, con aria interrogativa.
“Mi avevi detto che non vai in una scuola speciale perché è complicato…” – disse Dean, tutto d’un fiato.
Dean sentì il corpo di Castiel irrigidirsi tra le sue braccia e, d’istinto, aumentò l’intensità delle carezze sulla sua schiena.
“Voglio dire…” – si affrettò poi a dire – “Non sarebbe più facile per te frequentarne una? Sai, seguire le lezioni e…tutto il resto” – continuò, gesticolando.
Castiel distolse lo sguardo e appoggiò la testa contro il petto dell’altro, senza rispondere.
Dean serrò la mascella, pentendosi subito di avergli fatto quella domanda.
Castiel chiuse gli occhi e sospirò forte.
Nelle ultime settimane il giovane aveva sentito in modo particolare la vicinanza dell’altro. Dean lo aveva riempito di attenzioni e premure e, soprattutto, non aveva più chiesto nulla riguardo quel famoso venerdì sera. Tuttavia, il giovane Winchester gli aveva fatto intendere che prima o poi avrebbero dovuto parlarne e che, quando sarebbe accaduto, lui sarebbe stato pronto ad ascoltarlo. Dean gli aveva dato tempo, fiducia e gli era stato accanto, rispettando la sua scelta di non parlare di quanto successo a scuola, non subito almeno. Castiel era consapevole che, prima o poi, avrebbe dovuto dirglielo, ma la decisione di farlo non arrivava mai, o forse Castiel aveva bisogno solo di una piccola spinta, di un tocco gentile che lo spronasse a fare un passo avanti, di una mano tesa, pronta a stringere la sua.
Castiel riaprì gli occhi e puntò il mento contro il petto di Dean, incrociando il suo sguardo apprensivo.
“Credo che sia arrivato il momento di mantenere la promessa che ti ho fatto…”
Dean spalancò gli occhi e socchiuse le labbra, visibilmente sorpreso. Non si sarebbe mai aspettato che la situazione potesse prendere una piega simile.
“E…” – esitò il moro – “Quello che ti devo dire ha a che fare anche con la tua domanda…”
Il biondo aggrottò le sopracciglia, perplesso.
Castiel si prese una pausa e puntò gli occhi altrove, mentre Dean continuava ad accarezzarlo.
“Quando eravamo nella tua scuola…” – iniziò Castiel, dopo un po’ – “Io ho ricordato alcune cose…” – proseguì, tornando a guardare l’altro.
“Ricordato?” – fece eco Dean.
Castiel annuì.
“Io…” – continuò poi – “Mi sono ricordato di…” – si interruppe, non riuscendo a proseguire.
Il giovane serrò le palpebre e prese un profondo respiro. Era difficile, così difficile da fare quasi male.
“Di quando sono diventato sordo…” – riuscì a dire infine, sollevando di nuovo le palpebre.
Questa volta fu Dean ad irrigidirsi, spiazzato dalle parole dell’altro. Di fronte alle confessioni di Castiel, Dean si sentì smarrito e incapace di reagire. Non disse nulla, limitandosi ad annuire, incitando così l’altro a proseguire.
“Sai…la sordità non è stata improvvisa” – riprese Castiel – “È stata una cosa graduale, anche se…più veloce di quanto avessi voluto. E ad un certo punto…ho dovuto lasciare la scuola…”
Castiel deglutì un paio di volte.
“Mentre camminavamo per andare in palestra, ho visto l’ufficio del preside e…i ricordi mi sono comparsi davanti all’improvviso. Era…era come se stessi vivendo ancora quel giorno…”
“Quale giorno?” – si sforzò di chiedere Dean.
“Il giorno in cui i miei genitori hanno deciso il mio ritiro dalla scuola…”
Il volto di Castiel era teso e Dean sentì lo sgomento crescere dentro di lui.
“Io non volevo andarmene” – disse amaramente il moro – “Ma non potevo più continuare…ed è stato terribile…uno dei giorni più brutti della mia vita…” – ammise, con voce spezzata.
Dean strinse di più a sé il ragazzo con gli occhi blu, cercando di contrastare l’angoscia che provava in quel momento.
Rimasero così, stretti l’uno all’altro, per un po’ di tempo.
“Quando sei uscito dalla palestra, non…non dovevi andare in bagno, vero?” – domandò Dean, cercando l’attenzione dell’altro.
Castiel si morse un labbro e scrollò la testa.
“Cos’è successo, allora?” – chiese ancora il biondo.
“Altri ricordi…” – sospirò il giovane Novak – “Io…non riuscivo a fermarli, arrivavano uno dopo l’altro e io… non ce l’ho più fatta”.
“Altri ricordi di scuola?”
“Anche…”
Il giovane fece una pausa.
“Sono stato in una scuola speciale, una volta…”
“Davvero?”
“Sì, solo per un giorno. Mia madre e mio padre mi hanno portato a vederla, ma…” – si interruppe, facendo una smorfia di disappunto.
“Ma?”
“Non volevo stare lì…non volevo andare in una scuola speciale”.
“Perché?”
Castiel sfiorò la maglietta di Dean con i polpastrelli delle dita, prendendosi del tempo per rispondere.
“Perché non volevo essere diverso…” – disse poi, quasi in un sussurro – “E andare in quella scuola…avrebbe significato accettare di esserlo…”
Dean fu travolto da quelle parole e non riuscì a dire nulla. Il giovane Winchester si rese conto di quanto dolore dovesse esserci dentro quel ragazzo con gli occhi blu e, soprattutto, di cosa avesse passato quella sera nella scuola, quando quei ricordi erano riaffiorati dalla sua memoria. A quel pensiero Dean sentì una fitta al petto, e nella sua mente gli sembrò di rivedere Castiel in quel corridoio, a lottare da solo contro il proprio dolore. E la fitta al petto aumentò d’intensità nel momento in cui si chiese il perché non gli avesse detto nulla, o non fosse subito andato da lui, come invece gli aveva chiesto di fare.
“Perché?” – esordì allora il biondo.
Castiel socchiuse leggermente gli occhi.
“Perché non mi hai detto nulla?” – riprese l’altro.
Il moro aprì la bocca per dire qualcosa, ma poi la richiuse subito.
“Ti ho chiesto più volte se stavi bene e mi hai detto sempre di sì” – incalzò Dean – “Mi hai detto una bugia…”
Castiel sentì la colpa nei confronti dell’altro montare dentro di lui.
“Mi dispiace…”
“Lo so che ti dispiace, ma…” – sospirò pesantemente il giovane – “Cas, perché non sei venuto da me? Perché non mi hai detto niente?”
Castiel abbassò lo sguardo, per poi risollevarlo, poco dopo.
“Cosa avresti fatto?” – chiese.
“Non capisco…”
“Cosa avresti fatto…se te lo avessi detto?”
“Beh…” – rimuginò Dean – “Non so, avrei fatto qualcosa, ti avrei port-”
Il ragazzo si interruppe, di fronte allo sguardo fin troppo eloquente dell’altro.
“Oh…” – aggiunse poi, schiudendo la bocca.
Dean sentì la fitta al petto espandersi, e prendere possesso del suo stomaco, insieme alla consapevolezza del perché Castiel non gli avesse detto nulla quella sera. Da un lato Dean avrebbe dovuto aspettarselo, ma dall’altro il giovane era convinto che quel problema appartenesse al passato, o che comunque non lo riguardasse direttamente, dal momento che lui stesso era stato molto chiaro su questo argomento.
 
“Cas, tu per me non sei un peso. Non lo sei mai stato. Capito? Mai”
 
“Credevo che avessimo chiarito questa storia di sentirti un peso tempo fa” – sottolineò.
Castiel si morse un labbro, ma non rispose. Non riusciva a non sentirsi così, non riusciva a spiegare il perché si sentisse così, perché il timore di essere un peso per gli altri gli annebbiava la mente, manipolando le sue azioni e oscurando tutti gli altri pensieri. Non riusciva ad evitarlo, era come se fosse talmente radicato in lui da non riuscire ad allontanarlo senza strappare via anche una parte di sé stesso.
“Io…” – tentò, senza poi riuscire ad andare avanti.
Dean vide l’altro di nuovo in difficoltà, come quella sera davanti al portico. E si sentì ancora con le mani legate, impotente di fronte a quello che provava il suo ragazzo. L’unica cosa che poteva fare era continuare a rassicurarlo.
“Ehi” – esordì, accarezzandogli la guancia con la punta delle dita – “Te l’ho già detto una volta e te lo ripeto anche adesso, e se vuoi continuerò a ripeterlo finché non ti convincerai”.
 Castiel lo guardò.
“Tu non sei un peso, ok?”
Il moro fece per aprire bocca, ma l’altro lo interruppe prima ancora che potesse parlare.
“Come faccio a fartelo capire?” – si lamentò Dean.
Castiel sospirò pesantemente. Non è che non capisse quello che Dean gli diceva, ma la convinzione di essere un peso per gli altri, e soprattutto per Dean, era quasi soffocante e lui non era in grado di contrastarla. E più il giovane cercava di lottare, più essa si faceva beffa di lui.
Dean si mosse leggermente, sollevando i fianchi e sfilando il telefono dalla tasca dei jeans. Digitò velocemente qualcosa sul display, sotto lo sguardo interrogativo dell’altro. All’improvviso Castiel avvertì una vibrazione contro la gamba e corrugò la fronte. Si scostò dal biondo, girandosi su un lato e prendendo il telefono dalla tasca. Quando sbloccò lo schermo, i suoi occhi si spalancarono e saettarono subito su quelli di Dean.
 
[17:40] – Da Dean a Cas
Non sei un peso. Sei solo Cas. Il mio Cas.
 
“Quando penserai di essere un peso per me, prendi il telefono e leggi questo messaggio” – sorrise Dean.
Castiel rimase immobile ad osservare l’altro.
“Me lo prometti?” – riprese il biondo.
Il ragazzo dagli occhi blu abbozzò un sorriso e annuì.
 
 
°°°
 
 
Castiel si chiuse la porta d’ingresso alle spalle e scese i gradini del portico. L’aria tiepida di inizio aprile era piacevole sulla pelle e portava con sé un odore particolare, dolce, delicato. Quel tipico odore che fa assaporare l’arrivo dell’estate, ma che contemporaneamente non fa dimenticare l’inverno appena passato. Il ragazzo diede una rapida occhiata al cielo. Sebbene fosse già buio, si potevano ancora intravedere delle impercettibili striature viola sulla linea dell’orizzonte, segno inequivocabile che le giornate si stavano allungando. Il giovane percorse il vialetto, con il sguardo rivolto verso la casa accanto, e sorrise. Poco più in là Dean lo stava aspettando, appoggiato allo sportello dell’Impala. Quando fu abbastanza vicino, Castiel notò che l’altro aveva gli occhi abbassati sul display del cellulare, mentre i lineamenti erano marcati dal gioco di ombre creato dalla luminosità dello schermo.
“Ciao, Dean” – esordì, attirando così la sua attenzione.
“Ehi” – sorrise il biondo, sollevando il viso.
Il ragazzo dagli occhi blu sorrise di rimando.
“Sei pronto?” – chiese Dean, scostandosi dalla portiera e infilando il telefono nella tasca dei jeans.
“Sì” – annuì il moro – “Dove andiamo?”
“Sorpresa”.
Castiel inclinò leggermente il viso e poi scrollò la testa, ridendo.
“L’ultima volta che me lo hai detto, siamo finiti in un parco lontano da qui” – disse.
Dean ridacchiò, avvicinandosi.
“Non è proprio un parco, ma…” – aggiunse, mordendosi poi un labbro per non svelare di più.
Castiel socchiuse gli occhi, cercando di indovinare cosa intendesse l’altro, invano.
“Vengono anche gli altri?” – domandò poi.
“Ehm…no” – rispose Dean, esitando.
“Perché?”
Il giovane Winchester spostò il suo peso da un piede all’altro, indugiando.
“Dean?”
“Ecco…avevo programmato di starcene un po’ soli, io e te…” – ammise, sfiorando la mano dell’altro con la punta delle dita.
Castiel schiuse le labbra, sorpreso, e poi sorrise dolcemente, ricambiando il tocco di Dean.
“Va bene…”
A quelle parole Dean arrossì leggermente, per poi scostarsi di poco e aprire la portiera dal lato del passeggero, invitando Castiel a salire con un cenno del capo. Il giovane si accomodò sul sedile e, quando lo sportello si chiuse, seguì con lo sguardo la figura di Dean che aggirava il cofano dell’auto, per poi raggiungerlo nell’abitacolo. Il biondo inserì le chiavi nel quadro e accese il motore. Prima di partire, però, allungò una mano e prese quella di Castiel nella sua, stringendola teneramente. Non lo aveva fatto prima perché erano troppo vicini a casa e qualcuno avrebbe potuto vederli. A volte questo aspetto della loro relazione pesava a Dean, perché avrebbe voluto tenere per mano l’altro ogni volta che lo desiderava, non importava dove fossero, e invece si doveva trattenere. E questo era anche uno dei motivi per cui, ultimamente, preferiva stare da solo con il suo ragazzo, chiuso nel bozzolo protettivo delle loro stanze o ricercando un po’ più di intimità sui sedili posteriori dell’Impala, lontano dallo sguardo indiscreto del mondo che li circondava.
“Dean?” – lo richiamò Castiel, distogliendolo dai suoi pensieri – “Va tutto bene?”
Il ragazzo incrociò gli occhi di Castiel e per qualche secondo si perse nel loro blu. Infine sorrise e annuì.
“Andiamo” – disse poi, puntando la macchina verso la strada e guidandola verso il luogo prescelto per la serata.
 
Castiel si guardò intorno curioso, cercando di scorgere qualcosa al di là del parabrezza, inutilmente. Dean aveva fermato l’Impala di fronte ad una recinzione, oltre la quale il buio sembrava inghiottire ogni cosa. In lontananza alcune luci brillavano timidamente nell’oscurità, mentre un lampione lì accanto rischiarava debolmente l’abitacolo.
“Dove siamo?” – chiese il giovane, voltandosi verso l’altro.
Dean prese il cellulare e sbloccò lo schermo, accentuando così la luminosità dell’abitacolo.
“Siamo vicini al fiume” – spiegò il biondo, sorridendo.
“È…è molto buio…” – disse Castiel, esitando.
“Che c’è, Cas? Non mi dire che hai paura del buio” – sghignazzò Dean.
Castiel corrugò la fronte, risentito.
Dean continuò a ridacchiare e rimise il telefono in tasca. In seguito si sollevò, per poi scavalcare il sedile anteriore e lasciarsi andare pigramente su quelli posteriori.
Il moro si voltò leggermente e rimase a guardarlo. I suoi occhi blu erano più scuri nella penombra, ma non perdevano quel magnetismo che Dean aveva imparato a conoscere quando li aveva incrociati la prima volta, sul portico di casa Novak.
“Non mi raggiungi?” – sorrise malizioso Dean, incitando l’altro con un cenno della mano.
Castiel cercò di trattenere un sorriso, invano. Fece leva con una mano e scavalcò anche lui il sedile, per poi andare a sedersi accanto a Dean. Il giovane Winchester non perse tempo e ricercò subito le labbra di Castiel, accarezzandole dolcemente con le sue, per poi mordicchiarle teneramente. Castiel si fece più vicino e appoggiò una mano sul petto del ragazzo, sospirando. Dean lo strinse a sé, approfondendo il bacio, e i due giovani si lasciarono andare, perdendosi l’uno nelle attenzioni dell’altro. Ad un tratto Castiel si mosse, senza interrompere il contatto, e si mise a cavalcioni sull’altro, che si abbandonò contro lo schienale. Le dita di Dean si strinsero attorno alla vita di Castiel, per poi ricercare abili l’orlo della maglietta e scivolare sulla sua pelle calda e morbida, facendolo sussultare leggermente. Il ragazzo dagli occhi blu accarezzò a palmo aperto il collo del biondo, mentre i loro respiri si infrangevano tra di loro, diventando una cosa sola.
“Dean…” – ansimò Castiel sulle sue labbra, scostandosi leggermente – “Il tuo telefono…”
“C-cosa…?” – mormorò Dean, stordito da quell’onda di passione che li aveva travolti.
“Il tuo telefono…” – ripeté il moro – “…sta vibrando contro la mia gamba…”
“Oh…” – si limitò a dire Dean.
Il giovane sollevò leggermente il fianco, aiutato da Castiel che gli lasciò lo spazio per muoversi, e sfilò il telefono dalla tasca. Il display luminoso si frappose tra loro due, spezzando quell’intimità che invece era stata facilitata e spronata dalla penombra.
Dean rimase qualche secondo a fissare lo schermo, con lo sguardo serio. Poi batté due volte le palpebre e rimise il cellulare al suo posto, rivolgendo infine la sua completa attenzione a Castiel.
I due giovani ripresero a baciarsi con più intensità di prima, ricercando di continuo il calore e il sapore dell’altro. Il tocco delle labbra di Dean si posò lieve sul collo di Castiel, che inclinò di poco la testa per permettere al suo ragazzo di continuare.
“Dean” – sospirò forte il moro – “Il telefono…”
Il giovane Winchester continuò a baciare e a succhiare la pelle del suo collo come se nulla fosse. Castiel lo richiamò un paio di volte, senza successo.
“Dean” – tentò ancora, allontanandosi in maniera decisa e incrociando il suo sguardo.
Dean alzò gli occhi al cielo e sbuffò, per poi prendere svogliatamente il telefono dalla tasca e guardare il display. Fece scorrere il dito sullo schermo, mordicchiandosi una guancia.
“C’è qualcosa che non va?” – chiese Castiel, vedendo l’altro indugiare.
Dean sollevò lo sguardo ed esitò un attimo.
“No, no” – si affrettò poi a dire, portandosi in avanti e lasciando andare il cellulare sul sedile anteriore.
E quando ricercò gli occhi di blu di Castiel con i suoi, sorrise.
“Allora…dove eravamo rimasti?”
 
 
°°°
 
 
“Dean, smettila di rubarmi le patatine” – disse Castiel, socchiudendo gli occhi e rivolgendo al ragazzo di fronte a lui un’aria di finto rimprovero.
Il giovane Winchester cercò di nascondere il suo ghigno divertito con le dita della mano, mentre mordicchiava una patatina, impunemente rubata all’altro.
Era sabato sera e i due ragazzi si trovavano da Rudy per mangiare una pizza. Una volta arrivati al locale, Castiel aveva sperato di trovare anche Charlie e gli altri, ma era rimasto deluso perché Dean gli aveva detto che sarebbero stati solo loro due da soli. Il moro aveva provato a mascherare la sua delusione, senza successo. Non che gli dispiacesse stare da solo con Dean, anzi, ma erano già due settimane che non vedeva gli altri. Dean poteva stare con loro tutti i giorni, a scuola, mentre Castiel aveva la possibilità di incontrarli solo durante i week-end. E dalla sera della partita, nel liceo del biondo, erano usciti con loro solo un paio di volte.
“Devi imparare a condividere, Cas” – ridacchiò Dean, sporgendosi in avanti e prendendo un’altra patatina dal piatto di Castiel.
“E tu devi imparare a farti bastare il tuo cibo” – ribatté piccato l’altro, per poi cedere di fronte all’espressione sfacciata di Dean e ridere a sua volta.
All’improvviso, l’attenzione di Castiel fu catturata dal display illuminato del cellulare appoggiato sul tavolo, accanto a lui.
Il giovane si pulì le mani con il tovagliolo, per poi allontanare il piatto con due dita.
“Dai, finiscile pure” – sorrise a Dean, prima di prendere il telefono e sbloccare lo schermo.
Castiel socchiuse leggermente gli occhi, mentre apriva l’applicazione dei messaggi.
 
[21:43] – Da Charlie a Castiel
Avete finito di fare i piccioncini solitari, voi due?
 
Castiel corrugò la fronte, perplesso. Rilesse il messaggio una seconda volta, cercando di comprendere il significato, invano.
 
[21:44] – Da Castiel a Charlie
In che senso? Non capisco…
 
[21:44] – Da Charlie a Castiel
Nel senso che tu e Dean siete completamente spariti dalla circolazione. Non siete scappati a Las Vegas per sposarvi, vero?
 
Il ragazzo dagli occhi blu abbozzò un sorriso, ma contemporaneamente sentì la perplessità crescere, di fronte all’affermazione dell’amica.
 
[21:45] – Da Castiel a Charlie
Non siamo spariti dalla circolazione…e ti assicuro che non siamo fuggiti a Las Vegas.
 
[21:45] – Da Charlie a Castiel
Beh, meno male! Anche perché non ve lo avrei mai perdonato ;)
 
[21:46] – Da Charlie a Castiel
Comunque, è vero che siete spariti dalla circolazione, non vi fate vedere da quasi due settimane e mi manchi :(
 
Castiel sorrise teneramente davanti al display.
 
[21:47] – Da Castiel a Charlie
Anche tu mi manchi, ma non è vero che io e Dean non ci siamo fatti vedere, voi avete avuto altri impegni.
 
Castiel sollevò le palpebre e si soffermò a guardare Dean, intento a finire le patatine, con una soddisfazione dipinta sul viso che fece divertire il moro. Il cellulare vibrò di nuovo nella sua mano.
 
[21:49] – Da Charlie a Cas
Quali impegni?
 
Castiel picchiettò l’indice sul bordo del telefono, indugiando.
 
[21:52] – Da Castiel a Charlie
Lo scorso venerdì Benny doveva rimanere a casa a badare al fratello più piccolo e Chuck doveva uscire con Becky, mentre sabato tu eri ad un raduno di cosplay.
 
[21:52] – Da Charlie a Castiel
Non ero a nessun raduno di cosplay, sabato scorso.
 
[22:53] – Da Charlie a Castiel
E io Benny, Chuck e Becky siamo andati al bowling venerdì, ma Dean mi ha detto che avevate altri programmi…
 
Castiel sollevò le sopracciglia, sorpreso. Le parole dell’amica lo colsero impreparato. Strinse leggermente le labbra, facendo mente locale. Forse si era confuso, eppure si ricordava che Dean quella sera gli aveva detto che…
Dean.
Castiel puntò gli occhi su Dean e, quando il biondo incrociò per caso il suo sguardo, sorrise. Il ragazzo dagli occhi blu esitò un attimo e ricambiò il sorriso, per poi tornare a concentrarsi sullo schermo e sull’ultimo messaggio di Charlie. Quanto detto dall’amica, strideva con quello che gli aveva detto Dean e il giovane si sentì un po’ confuso. Castiel si prese un momento per pensare. Charlie non aveva motivo di dire una cosa invece che un’altra, ma nemmeno Dean. E allora perché questa incongruenza? Il moro indugiò ancora un attimo e poi digitò qualcosa sullo schermo.
 
[21:56] – Da Castiel a Charlie
E sabato?
 
Dopo aver inviato il messaggio, il giovane restò in attesa di una risposta, che però non arrivò subito. All’improvviso qualcosa gli sfiorò il dorso della mano e lui sussultò leggermente. Di fronte a lui Dean lo guardava, con aria interrogativa.
“Tutto bene, Cas?”
“Sì”.
“Ok…ehm, vuoi il dolce?”
“No, grazie” – rispose il moro, agitando una mano davanti a sé.
“Io invece ho proprio voglia di una bella crostata” – sorrise sornione l’altro – “Vado a vedere se ce l’hanno” – aggiunse, alzandosi in piedi.
“Ok” – annuì Castiel, per poi seguire la figura del giovane che si allontanava dal tavolo.
Castiel vide il suo ragazzo avvicinarsi al bancone e parlare con una cameriera. Poteva vedere le sue spalle, la sua nuca, le sue mani che gesticolavano. E si ritrovò di nuovo a sorridere.
La vibrazione del telefono gli solleticò il palmo, distraendolo.
 
[22:04] – Da Charlie a Castiel
Sabato c’era lo street food in centro, ma stessa storia…avrò inviato a Dean quasi mille messaggi per convincervi a venire, ma non c’è stato niente da fare…a quanto pare ti vuole tenere tutto per sé ;)
 
[22:05] – Da Charlie a Castiel
E due week end fa c’era la fiera di primavera ed è strano che non siate venuti, perché da quando lo conosco Dean non ne ha mai persa una.
 
Castiel aggrottò la fronte, perplesso. Se possibile, la sua confusione crebbe davanti a quelle parole. Perché Charlie stava dicendo delle cose completamente diverse da quelle che lui conosceva? Davvero l’amica aveva chiesto a Dean di raggiungere lei e gli altri? E se così fosse stato, perché lui non ne sapeva niente? E perché Dean non gli aveva nemmeno accennato questa fiera? L’unica cosa che Castiel sapeva era che Dean gli aveva detto che sarebbero stati solo loro due, esattamente come la settimana precedente, esattamente come quella stessa sera… Cosa stava succedendo?
Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto dal ritorno di Dean, che si sedette nuovamente al tavolo per gustare la fetta di crostata che aveva portato con sé. Castiel si soffermò a guardarlo, indeciso sul da farsi.
“Dean” – lo richiamò infine, sistemandosi meglio sulla sedia – “Charlie mi ha mandato un messaggio”.
Il giovane Winchester sollevò gli occhi dal piatto e smise di masticare per qualche secondo, per poi riprendere lentamente.
“Dice che ultimamente non ci siamo fatti vedere” – proseguì il moro – “Ma tu mi avevi detto che loro avevano altri impegni” – aggiunse ricercando gli occhi dell’altro.
Dean rispose allo sguardo, ma non disse nulla.
“E invece lei dice che non è vero” – sottolineò ancora il ragazzo dagli occhi blu.
Dean distolse lo sguardo e giocherellò con la forchetta nell’impasto della crostata.
Di fronte alla reticenza del biondo, Castiel sentì la delusione farsi strada in lui, mentre la consapevolezza che Dean gli avesse mentito prese pian piano forma nella sua mente. Perché? Perché Dean gli aveva detto una bugia? Perché dirgli che gli altri non sarebbero usciti con loro, quando invece non era vero?
“Dean” – lo richiamò di nuovo – “Perché mi ha detto una cosa così?”
Dean evitò ancora di guardarlo, mordicchiandosi una guancia.
Castiel sospirò. L’atteggiamento di Dean non aiutava, anzi, se possibile, contribuiva solo ad alimentare le sue domande. Il ragazzo, allora, si sforzò di pensare a cosa avesse spinto l’altro a non dirgli la verità e a tenergli nascoste quelle cose. Castiel si morse il labbro, riportando la sua attenzione sul display del cellulare.
 
…a quanto pare ti vuole tenere tutto per sé ;)
 
I suoi occhi tornarono rapidi su Dean. Possibile che…
 
“Ecco…avevo programmato di starcene un po’ soli, io e te…”
 
Castiel schiuse le labbra, sorpreso. Era davvero così? Davvero Dean si era inventato tutte quelle scuse per passare più tempo da solo con lui? A quel pensiero, Castiel sentì un lieve tepore nel petto e abbozzò un sorriso.
“Se volevi stare da solo con me, bastava dirlo” – disse piano, sorridendo.
Dean sollevò la testa di scatto e lo guardò, attonito.
“Non c’era bisogno di fare tutto questo” – continuò l’altro, dolcemente – “Ti sei perso anche la fiera”.
Il giovane Winchester serrò la mascella e strinse forte la forchetta nella mano.
“Potevamo andarci insieme...” – aggiunse Castiel, continuando a sorridere.
Dean impallidì, mentre i suoi occhi vagavano disperati nel vuoto, come se fossero alla ricerca di qualcosa, e Castiel se ne accorse.
Di fronte al repentino cambiamento del suo ragazzo, il sorriso di Castiel si affievolì fino a scomparire e il giovane osservò l’altro con aria interrogativa, mentre una strana sensazione sembrò intorpidire lo spazio attorno a lui.
 
“E due week end fa c’era la fiera di primavera…”
 
Quella percezione continuò a gravitargli intorno, iniziando a tamburellare, dapprima con tonfi sordi e lontani, e poi via via più vicini e distinti.
 
“…ed è strano che non siate venuti…”
 
La sensazione continuò ad avanzare, a stringersi intorno a lui, e Castiel la sentì quasi come una presenza buia e opprimente dietro di sé, così vicina da sentire il suo fiato gelido sul collo, facendolo rabbrividire.
 
“…perché da quando lo conosco Dean non ne ha mai persa una.”
 
Un sibilo gli attraversò il cervello, facendogli stringere i denti, mentre la sensazione si era appoggiata sulla sua spalla, gravandone il peso, e invitandolo a voltarsi.
Castiel deglutì un paio di volte.
“A meno che...tu non volevi che andassimo insieme…”
La sensazione lo strattonò violentemente, costringendolo a girarsi e a vedere in faccia la realtà.
“Non volevi che ci andassi anche io…”
 
“Ecco…avevo programmato di starcene un po’ soli, io e te…”
 
“…che andassi in un posto con tanta gente…”
Dean serrò le palpebre, mentre i lineamenti del volto si tesero dolorosamente.
Castiel spalancò gli occhi, quasi inorridito di fronte alla muta ammissione dell’altro. In quel momento, tutta la situazione si tinse di una luce diversa, statica e soffocante, che si rifletté subito come un’ombra densa e opprimente nella mente del ragazzo. La sensazione che aveva attanagliato Castiel poco prima, si dissolse come per magia, lasciando il posto ad un dolore sordo, che il ragazzo poteva sentire sulla propria pelle, nell’aria che respirava, nella profondità del suo essere. Il giovane chiuse gli occhi, disgustato da quella nuova sensazione che era peggiore persino della precedente, perché assumeva i contorni dolorosi della consapevolezza: in quelle ultime settimane, Dean aveva evitato in tutti i modi situazioni che avrebbero potuto metterlo in difficoltà, e lo aveva fatto rifiutandosi di uscire con gli altri.
Castiel si sentì ferito dal comportamento di Dean, perché, per quanto fossero buone le sue intenzioni, il ragazzo, così facendo, lo aveva fatto sentire davvero un peso.
 
[17:40] – Da Dean a Cas
Non sei un peso. Sei solo Cas. Il mio Cas.
 
All’improvviso, Castiel sentì riemergere a galla il senso di colpa nei confronti di Dean, che lo schiacciò, immobilizzandolo e amplificando il dolore che imperversava in lui. Dean aveva rinunciato ad uscire con gli amici, sacrificando quello che gli piaceva fare, come quella fiera di cui Castiel non sapeva nulla, per non metterlo in difficoltà, per non farlo sentire a disagio…per non ripetere quello che era successo al cinema e nella scuola.
Una mano si posò delicatamente sopra la sua, richiamandolo. Castiel fece saettare i suoi occhi su quelli di Dean, che lo guardavano terrorizzati.
“Cas…”
Le labbra di Castiel iniziarono a tremare, e con uno scatto il giovane ritrasse la mano.
“C-come hai potuto farlo?” – disse, con voce incrinata – “Tu…come?!” – continuò, alzando la voce e attirando l’attenzione di sguardi curiosi intorno a loro.
“Cas, ti prego…” – tentò Dean, allungando di nuovo la mano sul tavolo in cerca di quella dell’altro.
Ma Castiel non gliene diede il tempo, perché scattò in piedi, dirigendosi poi verso l’uscita del locale, senza neanche incrociare lo sguardo di Dean.
“Cas!” – lo richiamò il biondo, invano – “Cazzo!” – smozzicò, alzandosi dalla sedia.
Con un gesto rapido prese il portafoglio dalla tasca dei jeans e ne tirò fuori qualche banconota, per poi abbandonarla velocemente sul tavolo, ed allontanarsi. Quando uscì dalla pizzeria, Dean si guardò in giro, alla ricerca del ragazzo con gli occhi blu, finché non lo vide camminare lungo il marciapiede, poco più in là. Con uno scatto si mise a correre e, quando lo raggiunse, lo prese per un braccio, facendolo così voltare.
A quel tocco, Castiel si divincolò malamente, per poi rimanere fermo, di fronte a Dean.
“Cas, aspetta, parl-”
Castiel distolse bruscamente lo sguardo, prima che Dean potesse finire di parlare.
“-liamone un attimo…” – continuò Dean, pur vedendo che l’altro si stava rifiutando di leggere il suo labiale.
Davanti a quell’atteggiamento, il biondo provò un moto di stizza improvviso e allungò una mano, prendendo il suo mento con due dita e costringendolo così a guardarlo.
“Ascoltami quando ti parlo!” – ringhiò.
Di fronte a quelle parole, il volto di Castiel si tese, allibito, mentre il blu dei suoi occhi divenne dolorosamente lucido. Il giovane allontanò bruscamente la mano di Dean, spingendo poi via il ragazzo, con la forza della disperazione.
“Giusto…perché io posso farlo, vero, Dean?” – ribatté, sardonico.
Dean serrò la mascella e strizzò le palpebre per un attimo.
“Dannazione, Cas! Lo sai che non intendevo dire questo, è che…” – disse esasperato, facendo cadere stancamente le mani lungo i fianchi – “Ti prego, Cas…”
Castiel gli riservò un’ultima occhiata colma di risentimento, per poi voltarsi e allontanarsi in fretta, mettendo più distanza possibile tra lui e il giovane Winchester.
 
 
°°°
 
 
Il mondo fuori dal finestrino scorreva tranquillo, con una calma e una noncuranza che stridevano con il caos emotivo che invece albergava nel cuore e nella mente di Castiel. Il giovane era sprofondato nel sedile del passeggero, mentre i suoi occhi blu erano persi in un vuoto indistinto davanti a sé.
 
“Potevamo andarci insieme...”
“…ed è strano che non siate venuti…”
“A meno che...tu non volevi che andassimo insieme…”
 
Castiel chiuse gli occhi, lasciando che la vibrazione del motore lo cullasse e gli desse un po’ di pace e di respiro, invano.
 
“Ascoltami quando ti parlo!”
 
Il ragazzo spalancò di nuovo gli occhi, mentre le lacrime iniziarono a pungere e a spingere prepotentemente per uscire. All’improvviso, qualcosa gli toccò il braccio e lui si girò, incrociando lo sguardo di Balthazar, seduto al posto di guida. Il bagliore rossastro del semaforo davanti a loro, si rifletté nell’azzurro dei suoi occhi e sui lineamenti del suo viso, accentuando la sua preoccupazione.
“Stai bene?” – chiese il maggiore.
Castiel esitò e infine annuì, poco convinto.
“Cassie…” – sospirò l’altro – “Lo sai, vero, che in questo momento la tua faccia dice il contrario?”
Il più piccolo si morse il labbro e non rispose.
“Si può sapere cos’è successo?” – chiese Balthe – “E non rispondermi ‘niente’, perché è la volta buona che mi arrabbio”.
“Davvero, non è successo niente” – rispose piatto il minore.
“Sì, certo…” – disse il più grande, con una punta di sarcasmo – “Quindi il fatto che tu stasera sia uscito con Dean e che stia tornando a casa con me è tutto normale?”
Castiel non disse nulla.
“O il messaggio che mi hai mandato, nel quale mi pregavi di venirti a prendere?” – incalzò il maggiore.
Il giovane fece una smorfia, ma non proferì parola.
Una sfumatura verde riempì l’abitacolo, costringendo l’auto a ripartire e lasciando cadere il discorso nel vuoto.
 
Balthazar si chiuse la porta alle spalle e appoggiò le chiavi dell’auto sul mobile accanto all’ingresso. Con la coda dell’occhio vide il fratello dirigersi verso le scale, diretto al piano di sopra. Allungò un passo e lo raggiunse, posando una mano sulla sua spalla e richiamando così la sua attenzione.
“Se non mi vuoi dire quello che è successo non importa, ma…io sono qui se hai bisogno, ok?” – disse, ricercando i suoi occhi.
Castiel sostenne il suo sguardo per qualche istante e poi annuì.
Balth abbozzò un sorriso e tolse la mano dalla spalla dell’altro, lasciando che il più piccolo si allontanasse, sparendo sulle scale.
 
Castiel fece qualche passo nella sua stanza, e si lasciò andare stancamente sul letto, appoggiando la testa contro il cuscino. L’odore di Dean sulla federa riempì l’aria nei suoi polmoni, sopraffacendolo. Dean. In quel momento il nome del giovane Winchester era al centro del turbinio di emozioni che sferzava in lui, un punto dal quale partivano scosse che scuotevano le poche certezze del suo mondo. Come aveva potuto fargli questo? Come aveva potuto ferirlo in quel modo? Tenerlo lontano dal mondo circostante, come se fosse una cosa fragile, ma soprattutto…facendolo sentire un peso, un fardello da portarsi dietro.
 
[17:40] – Da Dean a Cas
Non sei un peso. Sei solo Cas. Il mio Cas.
 
Una scintilla di rabbia si accese con fervore, infiammando facilmente i suoi sentimenti, già fortemente provati da quanto successo quella sera. Sollevò leggermente il fianco e sfilò il telefono dalla tasca, sbloccando poi lo schermo con un rapido gesto.
 

[17:40] – Da Dean a Cas
Non sei un peso. Sei solo Cas. Il mio Cas.
 
Castiel si soffermò a guardare il display, mentre la sua mente veniva soffocata dalla combustione che ardeva ormai dentro di lui. Fece scorrere un dito e digitò qualcosa, per poi abbandonare il cellulare sul materasso e affondare il viso contro il cuscino.
 
Messaggio cancellato.
 
 
 
 
 
 
 
 


~ L’Angolo Dell’Autrice Disadattata ~
 
Ciao a tutti!
Il confronto tra Dean e Castiel che tutti aspettavamo è arrivato e, in un primo momento, ha sortito un buon effetto, avvicinando i due ancora di più. In seguito, però, Dean ha oltrepassato una linea di confine, oltre la quale non avrebbe dovuto spingersi. Di certo, l’ha fatto con tutte le buone intenzioni possibili, mosso anche dalla preoccupazione per Castiel, dopo aver assistito agli episodi del cinema e della scuola. Tuttavia, il suo non aver agito alla luce del sole, ha fatto in modo di farlo passare subito dalla parte del torto. Per quanto riguarda Castiel, invece, la sua reazione è abbastanza forte, ma è proprio dettata dal fatto che, il modo di gire di Dean, ha amplificato il suo sentirsi un peso per lui.
Alla fine, si è venuta a creare una situazione difficile, aggravata da quel “ascoltami”, scappato così, senza cattiveria, che però è riuscito a rendere ancora più netto il divario che si stava creando tra loro.
E adesso cosa succederà? Chissà…in ogni caso, raccontatemi le vostre impressioni, sono curiosa di sapere cosa ne pensate!
Vi lascio al consueto angolo “varie ed eventuali”.
Alla prossima!
Sara
 
 
 
~ Varie ed eventuali ~
 
1) Il fiume che attraversa una parte di Lawrence è il Kansas River, conosciuto anche con il nomignolo Kaw. Questo nome deriva dalla popolazione nativa americana che viveva nel MidWest degli Stati Uniti (i Kaw o Kanza, ai quali sono stati affibbiati altri nomi, come “People of the South wind” o anche “People of water”).

   


2) Rudy è una pizzeria di Lawrence, situata lungo la Massachusetts Street, un lungo viale pieno di negozi e ristoranti. E’ sulla stessa via del 705 Restaurant (dove John e Mary hanno cenato durante la festa di compleanno di Dean) e il Liberty Hall (cinema).

      


3) Fan art!


                                        
   
 
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