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Autore: Black Friday    09/01/2017    3 recensioni
Non lo avrebbero mai spezzato. La libertà a cui anelava era una vocazione, la libertà era la sua terra promessa.
Raccolta di fanfic di varia lunghezza con protagonista Anders e basata sul set di temi “12 Archetipi” di True Colors.
Il capitolo 4 partecipa alla prima edizione del Prompt Challenge, indetto dalla pagina Facebook di Dragon Age – Italia.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Anders
Note: Raccolta | Avvertimenti: Violenza
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Un uomo solitario





Wisdom is nothing more than healed pain
(Robert E. Lee)



Biondino,
non è stato facile scriverti questa lettera e la ragione non è un mistero.
Ancora non riesco a perdonarti il disastro di Kirkwall, non credo ci riuscirò mai, nonostante tutto non posso rinnegare la nostra amicizia o dimenticare la tua umanità, se ne è rimasta. Ed è per questo che manderò le mie spie a cercarti, ammesso che non ti sia già fatto ammazzare (o peggio... non ci voglio pensare).
Quando mi sono trovato queste informazioni per le mani, ho avuto il tarlo per giorni: dovevo farti avere due righe, perciò eccole, vedi di non sprecarle.
Sto collaborando con l'Inquisizione, l'unica cosa buona – lo ammetto – uscita dal casino che hai combinato; viaggiando in lungo e in largo per il Thedas ci siamo imbattuti in una comunità di Avvar. Questi mezzi barbari hanno una concezione tutta loro degli spiriti, penso potrebbe andarti a genio.
Vai al villaggio di Roccia Ursina nella Conca Gelida, cerca l'Augure, parla con lui, forse può fare qualcosa per la tua stabilità mentale. Ti lascio una mappa.
Cerca di non combinare altri guai, o morire da idiota.
Varric



Anders teneva tra le dita la carta ingiallita della lettera, poteva evocare alla perfezione l'immagine di Varric ogni qual volta la rileggeva. Lo vedeva in una delle sue giacche sgargianti scrivere a capo chino, le mani macchiate d'inchiostro, aveva l'impressione di sentire la voce roca del suo vecchio amico echeggiargli nelle orecchie con parole di biasimo e insieme calore. Aprire quella lettera significava ogni volta risvegliare una malinconia dolce amara che solleticava gli angoli della sua bocca lasciando affiorare un sorriso indecifrabile, emblema di colpa, tristezza e serafica rassegnazione. Se per Anders c'era mai stata una casa da qualche parte, tornarci adesso era escluso, non sapeva se avrebbe avuto abbastanza fegato da sopportare gli sguardi di disapprovazione. Le poche righe nel messaggio del nano erano diventate un appiglio nella sua solitudine deliberata, un'emarginazione prima forzata e che più tardi si era scelto.
Il sodalizio coi maghi ribelli in fuga da Kirkwall si era spezzato in fretta, senza rancore da parte sua date le circostanze; sapeva di rappresentare una minaccia per la sicurezza precaria del gruppo, era il ricercato numero uno e come se non fosse bastato Sebastian gli stava alle calcagna.
Allora si era dato al vagabondaggio, scansando i legami, evitando di esporsi, vivendo all'addiaccio o guadagnandosi il pane come guaritore girovago.
La sua vita sembrava un copione abusato: Anders il fuggitivo, di nuovo, alla ricerca di un'illusione di libertà verso i confini del Tevinter, per lo meno fino ad un episodio amaro che lo costrinse ad uno stop forzato.
Un'imboscata tesa da un grupp di ladruncoli: lo attaccarono, Anders era affamato, spaventato, stanco, aveva perso il controllo causando la morte di uno dei teppisti, poco più di un bambino. Quel giovane sangue versato per sua mano gli di permise tornare in sé, si arrese lasciando che lo derubassero e lo picchiassero fino a ridurlo uno straccio.
Rimase in shock per mesi in seguito all'evento, visse da eremita, rintanato in un rifugio diroccato al confine tra Orlais e Nevarra, attanagliato da una paura folle di nuocere ad altri innocenti. Era un guaritore, non un assassino, se lo ripeteva tra le lacrime. Insani propositi attraversarono la sua mente: uccidersi con le proprie mani o persino consegnarsi ai Templari e piegarsi al Rito della Calma, ma Giustizia fino all'ultimo si era opposto, mai e poi mai glielo avrebbe permesso. Serbava pochi ricordi lucidi di quei giorni, frammenti nebulosi d'un sonnambulo al limite dell'alienazione.
L'agente di Varric l'aveva scovato in uno stato pietoso. Era mattino, Anders si trovava in un bosco nei pressi del suo capanno, aveva reagito come un animale braccato pronto all'attacco, ma la spia era preparata e paziente, somigliava ad Hawke in qualche modo e infine lo persuase. Varric, ancora una volta, aveva dimostrato la sua astuzia e ad Anders non rimase altra scelta che rimettersi in sesto per partire daccapo verso il vago spettro di una speranza.
Cercò gli Avvar con un unico scopo marchiato a fuoco nel cuore: riprendere il pieno controllo di se stesso.

Ripiegò con cura la lettera e la ripose in una tasca, maneggiandola come una preziosa reliquia. Anche dal suo angolino in disparte la sala comune di Roccia Ursina suonava particolarmente chiassosa quella sera, lo scaldo accompagnava il baccano con note vivaci, la confusione non voleva cedere spazio all'intimità necessaria alla riflessione. Vinse il profumo del cibo che saliva dal suo piatto, il mago finì a lente cucchiaiate una zuppa di pesce prima che diventasse fredda e immangiabile. Ad uno dei tavoli un omone scontroso e uno smilzo impudente, occupati in un'eterna partita a dadi, infiammavano le scommesse e gli animi dei presenti, una scena affatto insolita per l'Anders di pochi anni prima. Non poté fare a meno di ridere in sordina, mentre passato e presente si sovrapponevano nella sua mente: rivide se stesso e Varric all'Impiccato, i boccali che fioccavano sul tavolo, il calore del camino contro la schiena e una partita di Grazia Malevola che nessuno dei due si decideva a voler vincere. Hawke e Isabela li avevano piantati in asso, prese da smanie più fisiche, pagando una stanza accanto a quella del nano e per Anders - in fin dei conti un uomo rimasto solo troppo a lungo - immaginarsi in mezzo alle due donne era stato un automatismo, accompagnato da tutta la disapprovazione del caro vecchio Giustizia.
Varric gli aveva lanciato un'occhiata ghignando, come avesse indovinato la sua fantasia, dopodiché aveva scoperto la sua ultima carta.
«Ehi Biondino, il tuo spirito guida lì dentro ti sta per caso dando delle soffiate?» Esclamò sputando birra all'ennesimo pareggio di fila.
«Credi che lo spirito della Giustizia mi permetterebbe di barare?»
«Già, non hai tutti i torti»
«Senti Varric, ne ho abbastanza delle carte, perché non ce la giochiamo a birra e salsicce? Il primo che scoppia paga tutto»
«Fammi capire, quindi toccherebbe sempre a me, perché non hai il becco di un quattrino»
«Vuol dire che ti arrendi? Se ti ritiri, vinco io»
«Come se fregarmi fosse facile, Biondino. Cominciamo a ordinare!»
L'atmosfera leggera di quelle serate spensierate sembrava quasi reale. Il rumore di un pugno sbattuto contro un tavolo e un rutto, cocci rotti a terra e grida, il baccano della sala lo distolse dai fantasmi dei tempi andati. Nell'aria c'erano tutte le avvisaglie di una bella rissa a cui si sarebbe sottratto senza pensarci troppo. Si alzò avvolgendosi in uno scuro mantello logoro, ma prima di poter varcare l'uscita venne bruscamente fermato «Ehi! Tu del Bassopiano!» Anders si voltò «Ho qualcosa per te. So che hai dei gatti nella tua baracca» annuì e guardò riconoscente l'uomo e l'involucro pieno di avanzi che gli pose tra le mani.
«Come sta tua moglie?» l'aveva curata per complicazioni durante la gravidanza.
«Molto meglio, straniero. Grazie» nessuna moina, dietro il ringraziamento uno sguardo diretto e sincero.

Provava simpatia per la gente ruvida e chiusa di Roccia Ursina, la poca confidenza che elargiva agli estranei era provvidenziale, permetteva ad Anders di focalizzarsi sul suo scopo, escludendo ogni altra distrazione, dalla sua cercava di stare in disparte, evitava di legare troppo con i paesani per quanto a dire il vero gli risultasse difficile non rendersi utile all'occasione.
Al suo arrivo nella comunità aveva implorato l'Augure di prenderlo come adepto, fu accettato con riserva all'inizio, era troppo rabbioso, disperato, impaziente.
«Dimentica te stesso, Anders» gli ripeteva la guida spirituale del villaggio «È nella calma che puoi ascoltare la vera voce degli dei. La volontà non può essere corrotta, né le energie sprecate nell'insensato quando lo spirito si avvicina immacolato alla divinità.»
Col tempo aveva imparato ad apprezzare la tranquillità e la raccolta compagnia dell'uomo, fatta di risposte ermetiche e domande aperte capaci di arricchire e sconvolgere la concezione di magia appresa nel Circolo.
«Non posso fare altro che mostrarti soltanto l'inizio di un sentiero, Anders. Sei tu il cercatore e la guida.»
Grazie ai suggerimenti dell'Augure aveva raggiunto livelli di concentrazione mai sperimentati, nel profondo di sé il placido blu, il silenzio cristallino, una pace che poco tempo prima sarebbe stata un miraggio, era persino riuscito a scorgere fievolmente l'insperato: i confini che separavano il vero se stesso da Giustizia.

Un mano screpolata impugnava il bastone, l'altra reggeva una lanterna benché Anders ormai conoscesse la strada verso casa a memoria, sembrava una sagoma fioca intenta a bucare l'oscurità. Abitava al limitare del villaggio in uno dei casotti dei barcaioli, arrivarci dal villaggio impegnava la durata di una passeggiata. Mentre gli stivali calpestavano terra battuta e assi, immaginava di vedere alla sua sinistra le scogliere frastagliate che cadevano a picco nelle acque calme. A differenza dei primi anni fuori dal Circolo, riusciva a entrare in risonanza con la natura, la Conca Gelida era una zona superba con una flora e una fauna fiere e selvagge.
Un passo dopo l'altro il suo sesto senso continuava ad avvertirlo di una stranezza nell'aria, un presagio sorto fin dal mattino: nessun pericolo, piuttosto il presentimento di qualcosa, o qualcuno, familiare e tuttavia insolito. Ci fu uno stridio tra le ombre e scorse i contorni di una civetta prendere rapida il volo, doveva avere il nido nei dintorni poiché Anders l'aveva vista altre volte; la seguì con lo sguardo finché gli fu possibile ed espresse un desiderio, immaginò disperdere in quel frullio d'ali le sue colpe, scagliando il dolore verso le stelle. Era un peso enorme da sostenere, ma si era persuaso di un fatto, una convinzione dalla quale aveva attinto nuove energie: se il Creatore gli aveva affidato quel destino, per amaro che fosse, gli aveva di certo concesso la forza necessaria ad affrontarlo, anche da solo.
Abbassò il capo poco prima rivolto al cielo e si ripeté che doveva unicamente badare al presente, ciò significava sbrigarsi e andare ad occuparsi di Miss Fluffy e Lord Tache, i suoi due gatti ormai di certo affamati.
Ripartì a testa bassa senza fermarsi ancora, con la sensazione mattutina sempre più marcata.
A pochi metri dalla sua baracca notò la luce oltre le scuri semi chiuse, formulò qualche ipotesi avvicinandosi guardingo all'abitazione, sentì un cavallo sbuffare nervoso, probabilmente legato al lato opposto della casa, fece un giro perlustrativo prima di spalancare la porta pronto ad attaccare o difendersi. Ciò che vide all'interno lo lasciò interdetto per un attimo, sgranò gli occhi in un'espressione di puro stupore alla vista della donna seduta accanto al fuoco a scaldarsi, un volto che nonostante il tempo passato Anders riconobbe subito.
«Bête d'un enchanteur! È stata un'impresa trovarti!»
«Sabine? Sei davvero tu?»
Si protese verso di lui senza aggiungere altro, circondandolo in un abbraccio. Anders le resistette all'inizio, in un moto di diffidenza, poi si lasciò andare rendendosi conto di quanto gli mancasse il contatto umano, la sensazione di vicinanza. Ora che la stringeva poteva persino richiamare alla memoria la sagoma del suo corpo, così caldo, sembravano trascorsi secoli da quando erano stati amanti. Intercettò un profumo floreale sulla pelle della donna, nonostante gli abiti che indossava odorassero di polvere ed erba.
Si staccarono e la guardò, ancora incredulo: Sabine Caron, la Comandante dei Custodi alla Fortezza della Veglia, mai e poi mai si sarebbe aspettato di rivederla. Portava i capelli corti adesso e aveva nuove deliziose rughe d'espressione che Anders non ricordava, eppure gli anni erano stati clementi con lei. Perché se ne stupiva? Aveva sempre pensato che la Comandante appartenesse a quella categoria di donne eternamente seducenti.
Non gli venne nulla di intelligente da dire tanta era la confusione «Sempre fresca come una rosa, non ho mai capito come tu ci riesca.»
«Mi piace essere in ordine, chéri. Vorrei poter dire lo stesso di te. Quando ti sei fatto un bagno l'ultima volta?» lo canzonò tappandosi il naso.
«La gente qui è meno schizzinosa degli orlesiani.»
Sabine fece spallucce al commento, avevano sempre trovato divertente punzecchiarsi a vicenda «Spero non ti dispiaccia se mi sono messa comoda» continuò angelica. Il focolare era acceso, una tazza fumante e un piatto con del cibo occupavano parte della superficie di un piccolo tavolo, sull'altra metà banchettavano due gatti con della carne essiccata.
«Affatto, mi hai risparmiato un lavoro»
«Vedo che ti piacciono ancora i gatti» constatò l'orlesiana coccolando una micina bianco nera che si stava strusciando contro le gambe del mago «Se può interessarti, Ser Pelosotto è ancora vivo e vegeto, l'ho affidato ai figli di mio fratello»
«Davvero?! Sono felice che non abbia fatto una brutta fine»
«Non l'avrei mai permesso» disse portando i pugni sui fianchi «era il mio regalo per te, dopotutto» e gli strizzò l'occhio.
Anders sorrise ricordando la gratitudine e l'affetto che provava per l'amica. Le loro strade si erano incrociate per poco ma era da subito scoccato qualcosa tra loro, la complicità di due persone sulla medesima lunghezza d'onda, pur conoscendolo appena si era prodigata davvero nel tentativo di sottrarlo alle grinfie dei Templari.
Le domande del mago sorsero spontanee superata l'iniziale confusione «Come mai qui? Come te la sei passata dopo Amaranthine?»
«Certo, Amaranthine. I bei vecchi tempi, n'est ce pas?» rispose caustica «Ad essere sincera la gloria è durata molto poco. Appena ho cominciato a mettere sul tavolo la questione dell'Architetto e a discutere le decisioni del Primo Custode mi hanno spedito ad addestrare reclute alle Tombe di Smeraldo. Una punizione, pensavano. Invece ero grata di lasciarmi dietro l'ipocrisia di corte e onorata di rimpiazzare Thalion, il mio vecchio mentore. Non che mi sentissi degna del compito, intendiamoci. È stato un periodo di rabbia e dolore, la delusione per le scelte dell'Ordine mi rendeva furiosa e scoprire che Thalion era partito per la sua Chiamata...» sospirò e scosse la testa «Lasciamo perdere.»
Presero posto di fronte al focolare e la Custode lo scrutò con gli acuti occhi celesti «Guardati» disse. I capelli del mago erano sciolti, ormai lunghi oltre le spalle e arruffati, mentre una barba folta ne nascondeva il viso incavato e lasciava emergere occhi nocciola febbrili e intensi «Hai ufficialmente l'aspetto del mio eroe tragico preferito»
«Non è divertente»
«Non è divertente il fatto che io debba salutare insieme a te Giustizia» rispose grave e addolorata «Che diavolo ti è saltato in mente Anders? Avrei dovuto insistere e portarti con me invece di lasciarti nel Ferelden...» pareva sinceramente rammaricata.
«Stronzate, Sabine!» sentì montare l'attacco di Vendetta e si costrinse a respirare, profondamente. Quando si sentì di nuovo centrato riprese «Non sarebbe cambiato niente.Ho fatto le mie scelte. Me ne sarei andato comunque, i Custodi erano una prigione tanto quanto il Circolo. Volevo scappare e Giustizia mi ha solo mostrato più chiaramente uno scopo per cui combattere da uomo libero. A volte si fa la cosa sbagliata, ammesso che sbagliata lo sia davvero, per il motivo giusto.»
«Vorresti farmi credere che lasciarti possedere da Giustizia non è come stare in una prigione?»
«Non puoi capire...»
«Ci puoi giurare!»
Alla concitazione si sostituì il silenzio. Fu Anders a prendere la parola per primo.
«Come hai saputo di me?»
«Nathaniel, prima. Siamo rimasti in contatto. Pensavamo fossi morto e quando ti ha incontrato nelle Vie Profonde a Kirkwall mi ha informato di tutto. Non hai idea di quanto fossi incavolata quando l'ho saputo, considerando che all'epoca avevo avuto per te quella specie di cotta. Mi sono sentita...» esitò prima di proseguire «...tradita»
«Pare io abbia un talento speciale nel deludere gli amici» ammise in tono amaro.
«L'ho sentito dire» commentò lei con aria di rimprovero «Dov'ero rimasta? Ah, certo, come ti ho trovato. Sei al corrente delle ultime sull'Inquisizione?» Anders annuì «Ahimè, ho partecipato alla follia della fortezza di Adamant e alla fine di tutto ho incontrato Hawke e lo scrittore, Varric Thetras, gente in gamba. Abbiamo parlato a lungo di te e del futuro»
«Hawke e Varric...» mormorò «Dovevo immaginarlo»
«Sono in contatto coi suoi agenti e le loro indicazioni mi hanno portato qui. Il viaggio sarà lungo, ma ho deciso di raggiungere Hawke nella sua crociata contro Weisshaupt. Prima però avevo bisogno di rivederti, la mia Chiamata si sta avvicinando e non c'entra Corypheus, sono stata Custode a lungo e tu Anders sei l'unico capitolo ancora aperto della mia vita. Perché non ti unisci a noi? Ci divertiremo a prendere a calci i burattinai dei Custodi. Non vorresti rivedere le Anderfells?» In verità si era ripromesso di non metterci mai più piede da quando lo avevano strappato alla sua famiglia, da ragazzino.
«Non sarebbe saggio. Devo pensarci, Sabine, non sono più la persona che conoscevi. Sto migliorando credo, ma sono troppo pericoloso, ho paura di perdere il controllo e onestamente non so se riuscirei a reggere un faccia a faccia con Hawke.»
Sabine strinse le mascelle e non aggiunse altro per un poco «Odio vederti così, mon ami» gli confessò carezzandogli una guancia «D'accordo! Ascolta, rimugineremo più avanti sul domani. Permettimi di stare con te finché non avrai deciso. Sarò più vecchia ma ho ancora la capacità di rendere le giornate meno tediose, sai?»
Il mago rise e rispose come avrebbe fatto l'uomo con cui la Custode aveva fraternizzato ad Amaranthine «Oh sì, lo ricordo molto bene! Canteresti qualcosa per me, Sabine? Mi è mancata la tua voce» se ne rendeva conto solo adesso.
Si sedettero l'uno accanto all'altra sul pagliericcio che Anders usava come letto, una spessa coperta sulle gambe e i gatti che li raggiunsero raggomitolandosi in grembo. L'orlesiana ammiccò complice e attaccò con la sua frase di rito, un vezzo scaramantico, così era da sempre all'inizio di ogni sua esibizione da bardo, Anders la ricordava bene e le fece eco: «Quantunque l'animo frema al ricordo e rifugga dal pianto, comincerò.»


~°~

Note:
Bête d'un enchanteur = Sciocco/Stupido di un mago
Chéri = caro, tesoro
N'est ce pas? = Non è vero/così?
“Quantunque l'animo frema al ricordo e rifugga dal pianto, comincerò” (cit. dall'Eneide)


Questa storia partecipa alla prima edizione del Prompt Challenge, indetto dalla pagina Facebook di Dragon Age – Italia, con i seguenti prompt:
Parole: 4. Lettera - 6. Incontro
Citazioni: 64. "A volte si fa la cosa sbagliata per il motivo giusto." (Castle)
Challenge "12 Archetipi": prompt "Saggio".

La one-shot ha avuto una lunga gestazione, soprattutto a livello di pianificazione delle idee. Si è sviluppata dalla scena centrale tra Varric e Anders, creata a partire da una serie di prompt che mi erano stati assegnati da Branwen. Poi mi sono chiesta che fine potesse aver fatto Anders durante Inquisition e questo è il risultato... headcanon a palate, insomma.
Dopodiché, volendo contribuire anche alla Challenge su DA Italia, intanto che stavo terminando la revisione ho individuato alcuni prompt che si incastravano alla perfezione e ho deciso di postarla come partecipante.
Last but not least, un enorme grazie ad Amatus, se volete leggere di splendidi Solas e Varric fiondatevi sul suo profilo!
  
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