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Autore: Lady R Of Rage    10/01/2017    2 recensioni
In un’altra vita, Mettaton è stato un tiranno. Un dittatore totalitario, subdolo e crudele quanto inquieto e spaventato, che ha costretto il proprio regno in un regime di terrore per il quale ha pagato con la propria vita.
Nel presente, Mettaton scopre segreti su sé stesso che non avrebbe mai immaginato. Viene messo davanti a un lato del proprio essere che non avrebbe mai voluto vedere, che odia e teme allo stesso tempo. E quando le richieste d’aiuto non ottengono risposta, dovrà prendere in mano la situazione da solo.
E salvarsi: perché la sua vita non è uno spettacolo e il finale lo sceglie lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphys, Asgore Dreemurr, Mettaton, Papyrus, Sans
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie '#MTTBrandVitaDiM...'
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Interludio: Realizzazione

Non sapeva per quanto a lungo avrebbe pianto, ma sapeva che l’aveva fatto fino a svuotarsi. 
L’odio cresceva, si acuiva, gli stringeva le viscere come una mano giunta a soffocarlo. 
“Che faccio? Che faccio? Adesso cosa faccio?” si chiedeva freneticamente in mezzo a singhiozzi convulsi. Aveva preso a pugni i cuscini del divano, sbattuto la testa contro il materasso, urlato così tanto e così forte da far raschiare l’amplificatore nella sua gola. Ma che importava? Re Mettaton I meritava quello e altro.
Il ludibrio e le umiliazioni non lo spaventavano più: di fronte alla prospettiva di diventare un tiranno e un assassino ogni inquietudine che mai avesse avuto impallidiva completamente. Non gli importava più nemmeno dell’umana, o della possibilità di salire in Superficie con la sua anima. Tutto quello che aveva, voleva ed era gli sembrava misero e ripugnante. 
E si odiava, si odiava…
“Devo andarmene per sempre”. Se non ci fosse stato lui, nemmeno Re Mettaton I avrebbe potuto esistere. “È l’unico modo, lo so, lo sento…”.
Pensò alle Cascate. Alla Discarica, dove spesso Alphys si ritirava a riflettere. Ci era venuto spesso anche lui, quando era ancora Happstablook. C’era un promontorio che dava su un baratro senza fondo. L’acqua scorreva oltre il bordo e scendeva giù, giù, sempre più giù, fino a svanire per sempre… proprio come anche lui avrebbe voluto fare…
“No, non pensarlo. È sbagliato. Pensa ai tuoi fan… pensa ad Alphys, a Blooky… Ne soffrirebbero così tanto…”
Ma avrebbero potuto superarlo. Avrebbero dovuto, per il bene di tutti. Meglio nessuno al governo che uno come lui.
Mugugnò. Avrebbe dovuto alzarsi dal divano, ma non vi riuscì. Non aveva voglia di fare niente. Fosse stato per lui, sarebbe rimasto su quel divano per sempre. Si sarebbe infilato sotto i materassi, coprendosi tutto con i cuscini e con il rivestimento, svanendo per sempre dalla sua vita e dal suo destino. 
“Una star che si nasconde. Il fondo del barile”. 
Ad un tratto, un tocco sulla spalla lo fece sobbalzare. Si tirò su in mezzo ai cuscini, di scatto, levando le mani al  soffitto come se di fronte a lui ci fosse stato il plotone d’esecuzione.
Tutto quello che vide, invece, fu uno scheletro alto, vestito in modo vistoso, che lo guardava con espressione eccitata stringendo l’una nell’altra due mani coperte da grossi guanti rossi. 
“Papyrus”. Il nome del fratello di Sans gli balenò in mente. E ricordò anche un altro particolare: era un suo grande fan. 
-Non ci posso credere, abbiamo Mettaton in casa! È incredibile! In casa nostra… la più grande star del Sottosuolo…- Gli strilli estatici dello scheletro, che sembrava sul punto di mettersi a saltellare sul posto come un Pyrope, traboccavano di eccitazione pura e genuina. 
Per un attimo, Mettaton pensò di scendere dal divano e interagire con lui. Una chiacchierata con un fan gli avrebbe sicuramente fatto bene all’umore. Ma un attimo dopo si ricordò che Mettaton non c’era più: al suo posto c’era Re Mettaton I, il dittatore triste dalle mani sporche di polvere, e lui non meritava alcun fan. 
-No!-. Portò le mani al volto, ritraendosi il più possibile verso lo schienale del divano. Papyrus lo guardava con aria interrogativa, e la sua espressione di spaesamento fu una pugnalata secca e profonda. “Io dovrei far sorridere i miei fan, non allontanarmi da loro”.
-Non guardarmi… ti prego… non parlarmi! Non merito di… non devo, non posso…-. “Una stella non balbetta in questo modo”. Si accorse di aver ricominciato a piangere forte; anche senza lacrime visibili, i singhiozzi si udivano chiari e distinti. 
-Non ti senti bene?- L’espressione di Papyrus avrebbe potuto sciogliere tutta la neve di Snowdin, da quanto era piena di calore. -Su, vieni qui.-
E detto questo, lo scheletro allungò le mani verso di lui, circondandolo in una stretta
Il robot si irrigidì. “Non può, non deve.”. Lui era Re Mettaton I: abbracciarlo significava assentire a tutte le atrocità che aveva commesso. Significava voltare le spalle alle vittime della sua furia, alle decine di mostri gettati in carcere, e alla dolce Alphys, che più di tutti aveva pagato la follia di suo figlio. Cercò di fare resistenza, ma il muro alle sue spalle non gli lasciava via d’uscita. Le manopole rosse di Papyrus lo presero da dietro la schiena e lo trassero verso il petto dello scheletro, invitandolo ad affondare lo schermo nel suo body da battaglia bianco. 
-Non agitarti, Mettaton.- sussurrò dolcemente la voce stridula, ma gentile, di Papyrus. -Qualunque cosa sia, adesso la risolviamo insieme. Sono un tuo grande fan: per me è un piacere aiutarti.-
-N-no…- Mettaton deglutì, ma non riuscì ad allentare la stretta. -Non puoi… non puoi aiutarmi… ormai è fissato… è deciso…-
-Shhh…-.
La mano di Papyrus si appoggiò sullo schermo. -Sei molto scosso. Mi dispiace che tu stia male. Hai problemi con uno show, per caso? Io non me ne intendo, ma voglio comunque aiutarti.-
Mettaton non riuscì a proferire parola. Papyrus gli appariva troppo ingenuo, troppo dolce, per poter essere turbato con le nefandezze di Re Mettaton I. Sentiva che avrebbe dovuto andarsene in quel preciso istante, infilare la porta e sigillarsi nella propria camera finché l’umana non se ne fosse andata. 
Ma aveva paura, troppa paura per ragionare. E la presenza di Papyrus di fianco a lui, suo malgrado, gli dava un immenso conforto. 
“Tu non puoi odiarmi, non puoi sapere quante cose orribili ho fatto. Mi adori per quello che tu credi che io sia. È giusto che tu te lo goda, prima che il disastro abbia inizio.”
Si lasciò andare alla stretta dello scheletro, abbandonando ogni resistenza. Ormai aveva abbandonato ogni ipocrisia: se quello che stava per succedere era vicino come sentiva, avrebbe dovuto concedersi almeno un po’ di conforto per non piombare nell’isteria dal primo momento. Si sentiva spezzato dentro, come se qualche circuito nel suo corpo fosse venuto a mancare, e se avesse potuto sarebbe scappato via, rinchiudendosi in camera a piangere e strapparsi i capelli. 
Ma non lo fece. Aveva un bisogno disperato di un po’ di conforto, e un fan era la persona perfetta per ricordargli che, nonostante tutto, anche lui poteva essere amato.
Papyrus si mise più comodo sui cuscini, senza staccare lo sguardo dal robot di fianco a lui.
-Quando hai un problema, dovresti parlarne con quelli a cui vuoi bene. Io ho sempre mio fratello Sans su cui contare, o la mia amica Undyne.- “Undyne è morta. Tu non lo sai, ed è giusto che continui a non saperlo.” -Tu con chi parli, quando sei giù?-
-Con la dott…- Mettaton si interruppe. Alphys non ci sarebbe stata più fra poco. La consapevolezza lo fece ammutolire, e rimase a fissare Papyrus con aria inebetita.
Lo scheletro alto tacque per qualche momento. Poi riprese: -Puoi parlarne con me. Ti ascolto quanto vuoi. Sono sicuro che sei un eccezionale conversatore.-
-Su questo non ci sono dubbi.- Mettaton riuscì a imporsi di fare una battuta, e si sentì improvvisamente leggero nel vedere il suo interlocutore che sorrideva. 
-Il problema è che non mi sento bene con me stesso. Sono… sono una persona cattiva. Diciamo così. E non so come fare a smettere.-
Papyrus appariva basito.
-Una persona cattiva? Ma perché mai, Mettaton? Sei così simpatico, vivace, espressivo, bishounen…-
“…crudele, egoista, sanguinario, assassino, codardo…”
-…elegante, carismatico e dolce. Cosa c’è di cattivo in te?-
-Non capiresti, mi dispiace.- sospirò Mettaton. -Non sono assolutamente come sembro. Non sono come dici tu. Ho fatto delle cose orribili… ho ferito i miei amici…-
Sentì l’aria abbandonargli il corpo, e dovette appoggiarsi a fatica sullo schienale del divano.
-Ognuno può essere una buona persona, se solo lo desidera.- disse Papyrus. Si sedette al suo fianco e gli circondò la spalla col braccio. -Tu ti senti cattivo, ma se volessi, potresti essere la persona più buona di tutte. Persino più buono di Re Asgore in persona.-
“Così dice.”. Mettaton sospirò ancora, stringendosi nelle braccia come se le viscere rischiassero di scivolargli via dallo stomaco. L’espressione di Papyrus avrebbe potuto illuminare una stanza, da quanto appariva accesa e radiosa. “Potrebbe avere ragione. Potrebbe davvero esserci per me una possibilità, se solo lo voglio.”
Sans lo aveva lasciato sul divano a piangere, un’azione che se commessa da qualcun altro lo avrebbe fatto inalberare, ma non riusciva a odiarlo. In fondo, Re Mettaton I se lo meritava. Era lui che odiava, a lui era rivolto il suo disprezzo. Quello che Mettaton voleva disperatamente sapere era quanto spazio ci fosse davvero fra lui e il tiranno triste. Forse erano davvero due facce della stessa medaglia, il passato dello stesso futuro. O forse no.
Forse Re Mettaton I era solo… una possibilità. Una scelta, come nei quiz: poteva essere selezionato, oppure trascurato in favore di un’altra possibilità più invitante. Sans aveva vissuto la realtà di Re Mettaton I troppe volte per concepire una possibilità di cambiamento: lui no. Per lui era qualcosa di nuovo e inaspettato, e anche nel pericolo, Mettaton amava le novità.
“Re Mettaton I non sapeva cosa lo aspettava. Era sciocco, emotivo, accecato dal rimorso e dall’avidità. Io ho la fortuna di conoscere in anticipo la mia sorte: posso almeno provare a prenderla in mano.”
Soffocò gli ultimi singhiozzi e prese la mano di Papyrus. Lo scheletro alto si voltò a guardarlo, sorridendo quanto prima.
-Credo di sentirmi meglio.- disse Mettaton. -Mi è passato tutto.-
-Sono molto felice.- esclamò Papyrus. -Ti ammiro davvero tanto, e vederti triste mi ha fatto davvero male. Se vuoi, puoi restare per cena. Posso prepararti degli spaghetti con i bulloni.-
“Io non mangio bulloni.” pensò Mettaton. “E nemmeno spaghetti”. Ma non lo disse: sospirò un’ultima volta, e stringendo le proprie mani l’una nell’altra si rivolse di nuovo a Papyrus. 
“Governerò, se mi tocca. Ma non come Re Mettaton I, bensì come Mettaton. Ho solo bisogno di una guida, e so già dove potrei trovarla.”
-Papyrus.-
-Sì?-
-Potresti farmi un piccolo favore?-

Angolo della Lady:
Per questo capitolo ho fatto abbastanza fatica. Ero sicura di dover mettere un capitolo incentrato su Papyrus, perché avevo davvero delle belle idee per farli interagire. Ormai è chiaro che non amo la Papyton, e cerco di tenerla lontano da questa storia, ma un'interazione mi sarebbe piaciuta davvero. Mettaton ha affrontato la durezza ineluttabile di Sans, e adesso si trova nelle mani di Papyrus, che gli fa cambiare umore con facilità. Non credo ancora che abbiano tanta chimica, ma per lo meno 
Sì, Mettaton si odia. Ma adesso ha voglia di reagire, e nel Terzo Atto vedremo la sua azione. 
Sì, Mettaton deve soffrire perché lo dico io.
Accetto teorie sul piano che è venuto in mente a Mettaton per salvarsi la vita.
A presto.
Lady R
  
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