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Autore: Lady R Of Rage    23/01/2017    1 recensioni
In un’altra vita, Mettaton è stato un tiranno. Un dittatore totalitario, subdolo e crudele quanto inquieto e spaventato, che ha costretto il proprio regno in un regime di terrore per il quale ha pagato con la propria vita.
Nel presente, Mettaton scopre segreti su sé stesso che non avrebbe mai immaginato. Viene messo davanti a un lato del proprio essere che non avrebbe mai voluto vedere, che odia e teme allo stesso tempo. E quando le richieste d’aiuto non ottengono risposta, dovrà prendere in mano la situazione da solo.
E salvarsi: perché la sua vita non è uno spettacolo e il finale lo sceglie lui.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alphys, Asgore Dreemurr, Mettaton, Papyrus, Sans
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie '#MTTBrandVitaDiM...'
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Atto III: Presa Di Posizione

Quando arrivarono alla fine del corridoio, Mettaton si fermò e si rivolse a Papyrus dopo minuti interi in cui erano stati in silenzio. 
La Persona del Fiume era stata più che felice di traghettare i due mostri verso New Home. Da lì, lo scheletro aveva fatto da navigatore, conversando incessantemente su Sans, su Undyne, su Alphys, sull’umana, su sé stesso, e persino su . Mettaton l’aveva seguito a poca distanza, stringendo le dita attorno ai lembi del mantello, ritraendosi appena qualcuno si avvicinava, e supplicando nella sua testa chiunque potesse sentirlo che le sue speranze non fossero infondate.
Si fermarono sotto l’uscita, guardandosi in modo strano sotto le luci dorate della Sala del Giudizio. Poi Mettaton si tolse il cappuccio ed estrasse da un suo comparto interno un piccolo specchietto pieghevole.
-Segui il corridoio fino in fondo.- disse Papyrus. -Lo troverai laggiù nella stanza coi fiori, non ti puoi sbagliare. Ti riceverà sicuramente. Sei sicuro che non vuoi che venga con te?-
-No, tesoro.- rispose Mettaton. Iniziò a ravviarsi i capelli, guardandosi nello specchietto.
-Torna pure a casa. Tuo fratello avrà bisogno di una buona cenetta, dopo una giornata passata a non lavorare.-. Papyrus aveva parlato così tanto, che ormai Mettaton rubava le sue espressioni abituali.
-Vorrei dirti che… questa nuova forma è bellissima, assolutamente bellissima. Ti sta così bene, e…-
-Non ora, tesoro. Per favore.- Mettaton allungò la mano verso lo scheletro. -Non sono davvero dell’umore giusto.-
Lo scheletro annuì. -Buona fortuna, Mettaton.-
Poi si voltò verso l’altro capo del corridoio e si allontanò di corsa.
Mettaton sospirò, riponendo lo specchietto. 
-Ormai non si torna indietro.- si disse.
Si incamminò lungo il corridoio, stringendosi nel mantello come per proteggersi dal freddo.

Aveva incontrato Asgore Dreemurr una volta sola, quando era ancora una simpatica scatoletta chiacchierina, e di lui non ricordava quasi niente. La sua memoria robotica annoverava un muso bianco e peloso, due occhi luminosi occhi verdi, e un massiccio tridente appoggiato in un angolo.
Non fu del tutto certo su come reagire, dunque, quando il re gli si avvicinò calorosamente, stringendogli una mano con dignitosa amicizia.
-Non ti avevo riconosciuto, Mettaton. Questa tua nuova forma è davvero magnifica, ti sta d’incanto. Cosa ti porta da queste parti?-
-Vorrei porvi delle domande, con vostra licenza.-
Slacciò la fibbia del mantello e cominciò a sfilarselo, cercando di leggere il volto del suo re.
“Alphys dice che costui sarebbe un individuo simpatico e gioviale, ma io non lo conosco quanto lei. So soltanto che ha ucciso degli umani, e su questo punto di vista non posso permettermi di biasimarlo, dato che anche io l’avrei fatto. Speriamo che per una volta, lei non mi abbia mentito”.
Ma il caprone sorrise, annuì, e lo guardò con un’aria priva di qualunque malizia.
-Non sono mai stato a un’intervista… ma penso di poterci riuscire. Risponderò volentieri a tutte le tue domande.-
-Sono in incognito, Vostra Maestà. Non si tratta di un’intervista né di un servizio. Vorrei parlarvi cordialmente da suddito a sovrano.-
Mettaton ripiegò il mantello sul braccio destro e si avvicinò al re con cauti passi, cercando di non calpestare i fiori del giardino coi suoi pesanti stivali col tacco.
-Vi chiedo inoltre di parlare in una stanza più raccolta, Vostra Maestà. Non mi sento a mio agio, ultimamente, e preferirei esporvi i miei pensieri in un luogo discreto.-
Asgore rimase titubante per un attimo; poi annuì nuovamente, e allungò la grossa e pelosa mano verso quella di Mettaton, coperta da un guanto di finissima seta candida.
-Vieni pure nel mio salotto. È molto gentile da parte tua venirmi a trovare. Qui è molto solitario, e un carattere come il tuo ravviverà sicuramente questi paraggi.-
-Vi ringrazio, Vostra Maestà. Purtroppo in questo momento non sono in vena di complimenti.
Aveva scelto di indossare la sua forma EX, in gran segreto, nella convinzione che Asgore si sarebbe fidato meglio di lui se avesse avuto un volto per mostrare le proprie emozioni anziché fissarlo in modo impersonale con uno schermo di lucette. Per un attimo aveva temuto che il sovrano si sentisse ingannato dalle sue espressioni, che per quanto il grosso caprone ne sapeva potevano benissimo essere frutto di una mimica recitativa. Più parlava con Asgore, però, più si convinceva che non c’era nulla di indagatorio, né di lontanamente sospettoso, nel modo con cui lo guardava. Capì che lo vedeva come un suddito qualsiasi in cerca di consigli, non come un attore che recitava una parte, e gliene fu così grato che dovette trattenersi dall’abbracciarlo in ringraziamento.
-Chiamami pure Asgore e dammi del tu. Sei mio ospite.-
Capì che Asgore si era accorto che era infelice e stava tentando di metterlo a suo agio. Lasciò che il Mostro Boss lo conducesse per un lungo corridoio, a ritroso verso la sua casa. Mettaton non aveva fatto tanto caso all’arredamento, passando di là per la prima volta, ma mentre seguiva Asgore fino al salotto si rese conto di quanto essa fosse disadorna e umile. Sembrava la dimora di un uomo qualsiasi, nemmeno tanto ricco. Gli tornò in mente la terza foto dell’astuccio, quella nella stanza dalle pareti rosa, e si sentì incredibilmente crudele e frivolo.
-Hai davvero un’aria triste.- commentò Asgore dolcemente quando si sedettero al tavolo del salotto. I fiori dorati nel vaso al centro emanavano un profumo dolciastro, che i sensori di Mettaton colsero e riconobbero immediatamente. Era il profumo di Alphys, e l’ennesima riprova del suo irreparabile egoismo.
Asgore aveva una teiera pronta, e dal beccuccio fuoriusciva un sottile getto di fumo. Mettaton non poteva bere, ma rimase comunque a guardare il re mentre versava il suo tè in una tazza.
-Sono un po’ giù, senza dubbio. Si tratta di questioni personali, probabilmente non ti interessano. Noie da star.- rispose Mettaton. 
“Non posso dirglielo. È giusto che non sappia nulla.”. Su questo, l’androide era graniticamente determinato. “Non oso pensare a cosa farebbe se sapesse che il suo successore potrebbe essere un tiranno. Mi ucciderebbe, o peggio. Dovrò usare tutta la mia parlantina per ottenere ciò che mi serve senza ferirlo”.
Asgore annuì in modo comprensivo. -Quando mi sento triste, nulla mi rilassa più di una bella chiacchierata. Di cosa volevi parlarmi, Mettaton? Sono felice di ascoltarti.-
Mettaton si passò una mano nei capelli. Guardò Asgore nel profondo dei suoi occhi, che avevano una calda tonalità di marrone, e parlò.
-Ho una sola domanda da porti. Secondo te… quali sono le caratteristiche di un buon sovrano?-
Asgore tacque, per pochi attimi, massaggiandosi la barba con la mano pelosa. Aveva un’aria così ingenua e innocente, ma nonostante tutto, nemmeno Re Mettaton I avrebbe osato nuocergli.
Poi riprese, e Mettaton si raddrizzò sulla sedia rigido come uno spillo.
-Io credo, Mettaton, che un buon sovrano sia innanzitutto una persona in grado di fare sacrifici. Qualcuno che sa porre il bene collettivo al di sopra del proprio, al punto da lottare per esso e… se necessario, anche annullarsi.-
Mettaton non perse tempo ad analizzare l’ombra che aveva velato gli occhi scuri di Asgore.
“Io non sono sicuramente in grado di fare questo.” pensò, stringendosi nelle spalle. La prospettiva era decisamente sfavorevole, per come il dialogo era iniziato: lo spirito di sacrificio era qualcosa che Mettaton era ormai disposto ad ammettere di non avere.
Deglutì, studiando i disegni del pelo sul muso dei Asgore.
-Ma lo spirito di sacrificio… è così fondamentale?-
Asgore annuì, dilatando le narici: -Credo che sia la caratteristica essenziale di un buon re: quella che distingue più di tutte un re degno del suo nome da un misero tirannello che…-
Il re si interruppe, e Mettaton non lo biasimò: non osava studiare l’espressione nella quale il suo volto metallico si era contratto. 
-Non ti senti bene?- domandò Asgore, allungando tempestivamente le mani verso il suo volto. Gli tastò la fronte con il palmo, come un bambino febbricitante, e Mettaton ridacchiò nonostante tutto: era quasi impossibile sentirsi inquieti parlando con lui. 
-Hai la batteria scarica? Oppure è l’olio che…-
-Sto bene, davvero. Sono solo un po’ provato dagli ultimi tempi.- Mettaton si passò una mano nel ciuffo, guardando mestamente verso il tavolo. “Un re che si lascia interrompere: ho davvero fatto bene a parlarci”. -Questo discorso… dello spirito di sacrificio, mi inquieta parecchio. Sembra così…-
-Difficile?- il sorriso di Asgore era largo e limpido come uno specchio. -Dipende tutto da te. Io non credo nella sfortuna e in concetti simili: penso che quello che una persona è, dipende solamente da lui o da lei.-
Mettaton annuì, implorando la stretta nel suo stomaco artificiale di allentarsi. Ormai beveva le parole di Asgore come olio, e se ne sarebbe nutrito anche a costo di sentire sulla lingua il sapore del fiele.
-Un mio compagno d’arme, Gerson delle Cascate, diceva sempre così: “se non ti dai da fare con le stoviglie, non aspettarti di trovare la pappa pronta.”-
Qui, Mettaton dovette stringere le mani attorno alla sedia per smettere di tremare. Gerson era stato uno dei suoi vicini quando ancora era Happstablook. Avevano chiacchierato, ogni tanto, in certi momenti in cui aveva avuto bisogno di allontanarsi da Napstablook e dalle lumache. A volte lo aveva persino sentito cantare. Ma gli appunti di Re Mettaton I parlavano chiaro: lui lo aveva ucciso. E per cosa, poi? Per non essersi prostrato al suo passaggio. “Quale mostro pretende una cosa simile?”.
Prese un profondo respiro, pregando che Asgore non si fosse accorto del panico nei suoi occhi. “Se ne esco vivo, parola d’onore: devo offrirgli qualcosa.”
-Ma se posso chiedertelo, Mettaton… come mai hai tanta curiosità in fatto di governo?-
Aveva previsto una domanda simile. Non batté ciglio, e diede la risposta che si era preparato. 
-Per il Sottosuolo.- disse calmo. -Voglio rendermi davvero utile per la comunità. Fare del bene, capite? Offrire qualcosa di più che dei balletti in televisione.-
“Chissà com’era lo show di Re Mettaton I. Anche se mi farebbe malissimo, vorrei tanto vederlo. Me lo immagino, tutto luccicante e sorridente, che balla spargendo polvere in giro a ogni posa.”
-Undyne ci difendev… difende dagli umani con la sua forza; Alphys ci sostiene con la sua intelligenza. Tu ci governi con rettitudine e bontà. Io so solo cantare e posare. Credo di poter fare di meglio.-
-Tu dici?-
Asgore sorrise di nuovo. Ogni sorriso appariva luminoso e onesto come il precedente. Solo guardandolo, Mettaton si sentiva al sicuro. Re Mettaton I, nelle foto, non gli assomigliava affatto. Le sue labbra erano fredde, sottili; il suo sorriso era artefatto e privo di emozioni.
-Eppure, io penso che il tuo show sia benefico per tutti noi quanto lo sono le lance di Undyne.- 
-Non lusingatemi, vostra maestà. Sono soltanto una macchina anti-umani. Ho parecchi limiti d’azione.-
-Non una semplice macchina. Alphys mi ha parlato molto di te. Hai un anima come tutti quanti noi. Fu questo ad attrarmi, di te. Hai del calore vitale nel tuo corpo. Come tutti noi.-
-Ma la mia mente è quella di una macchina.- Mettaton sussurrò quelle parole senza neanche guardare Asgore in faccia. -Un oggetto programmato per uccidere umani.-
“Ultimamente mi dedico ad altro, tipo a cannoneggiare a morte la gente che non mi adora, ma a volte mi occupo anche degli umani.”. Preferì non nominare Happstablook: ormai sapeva che Re Mettaton I lo teneva prigioniero da tempo, una mano guantata premuta sulla bocca e un braccio telescopico stretto come un cappio attorno al piccolo corpo rosa. Poteva quasi sentirlo piangere dentro di lui, implorando la libertà. A ogni singhiozzo Re Mettaton I stringeva più forte la presa.
-Io non sarò un tecnico- riprese Asgore -Ma so per certo che non è così. Anni fa, quando mio figlio Asriel…-
Asgore tacque per un attimo, guardando il soffitto, respirando più forte nel silenzio pesante della stanza. Poi si rivolse di nuovo al suo ospite, tormentandosi le dita. 
-Quando era più piccolo, io e mia moglie gli regalammo per il compleanno un umano meccanico. Era un oggetto delizioso, perfetto nei minimi particolari, e lui poteva controllare i suoi movimenti con un telecomando che teneva in mano. Lo faceva camminare, saltare e combattere. Poteva farlo muovere per ore e ore.-
Mettaton si intenerì: adorava i giocattoli umani. Non aveva mai avuto figli e non poteva comprendere cosa significasse per Asgore estrarre quel ricordo. Poi pensò ad Alphys, e si sentì di nuovo mancare. “È questo che hai provato …mamma?”
In preda al panico tornò a guardare il muso sorridente del suo re: -Ma tu… tu, Mettaton, tu non hai alcun telecomando. Tu ti muovi libero come e dove vuoi. Nessuno ti comanda, nessuno ti manipola. Sei un robot, ma la tua anima pulsa come le nostre. E vedo nei tuoi occhi che sei leale e coraggioso come tutti i nostri guerrieri.-
-Sono belle parole.- disse Mettaton. -Purtroppo non mi rassicurano. Non c’è nulla di leale o coraggioso nel fare balletti in televisione. So cucinare, cantare e ho delle belle gambe. Che salvezza può portare al Sottosuolo?-
Asgore sorbì piano un sorso di tè. -Io conosco il mio popolo. Alcuni di loro ancora ricordano com’era la vita al di sopra della Barriera, prima della Guerra. Sono tristi, annoiati… privi di prospettiva. La libertà non sembra ancora giungere. Chissà fra quanto tempo cadrà qui un settimo umano.- Mettaton preferì non dirgli che un settimo umano era caduto da poco, e si limitò ad annuire, chiedendosi dove Asgore stesse andando a parare. 
-Ma tu… tu rappresenti qualcosa, per loro. Una speranza. Qualcosa da seguire e ammirare. Apprezzo molto la costanza con cui ti dedichi al tuo compito per il bene dei tuoi fan. So che i tuoi programmi li rendono molto felici… li consolano, li rilassano. Hanno qualcosa di nuovo da aspettarsi dalla vita. Qualcosa che non avrebbero mai avuto se non fosse stato per te. Se posso permettermi… credo davvero che potresti essere un buon sovrano.-
Mettaton trattenne il fiato, incapace di proferire parola. Un re che sapeva zittire una star con tanta grazia doveva essere davvero un re eccezionale. 
E fu in quel momento che capì che poteva farcela. 
“Il Sottosuolo ha bisogno di me. Mi merita, mi apprezza. Hanno contratto con me un debito che devo e voglio pagare. Qui hai fallito, Re Mettaton I. Credevi di essere il creditore del tuo pubblico, e non a caso, quel pubblico ti ha insegnato a stare al tuo posto. Una star, una vera star, è un eterno debitore. Per ogni applauso ricevuto, deve rendere cento volte tanto. Lo fa col sorriso sulle labbra, senza mai provarne rimorso. E così farò anche io: il mio debito è immenso, ma sento di poterlo saldare. Dopotutto, non è tanto diverso dallo spirito di sacrificio”.
Sentì le lacrime salire ai suoi occhi. Se avesse potuto, sarebbe scoppiato a piangere in quel momento, tra le braccia di Re Asgore Dreemurr, soffocando nel suo vello morbido tutte le emozioni che ogni secondo venivano alla luce dentro di lui.
Ma non pianse, perché ogni attimo che passava, la paura e l’impotenza scivolavano via come neve ormai disciolta, e si disperdevano lontane lasciando il posto a una ritrovata speranza. 
“Re Mettaton I grida e batte i pugni, rinchiuso in una cella da qualche parte dentro di me. Lasciamolo gridare: se tutto va come deve, fra qualche tempo non lo sentirò più.”.
-È il caso che vada, Vostra Maestà.- disse alzandosi dal tavolo. -Ho uno show molto importante, domani mattina. Devo concludere le prove il prima possibile.-
Avrebbe seguito il copione di Alphys, stavolta. Niente Attacco Del Robot Killer, niente rivelazione, niente bombe e niente discorso finale. Avrebbe fatto felice la sua amica come da dovere. La Superficie poteva aspettare: aveva un regno da governare nel Sottosuolo.
-Ti ringrazio per la visita, Mettaton. È stato bello trascorrere tempo assieme.-
-Sono io che devo ringraziarvi, Vostra Maestà. Non avete idea del servigio che mi avete reso.- Mettaton raccolse il mantello piegato da sopra la sedia e se lo drappeggiò sulle larghe spalle. -Cercherò di fare tesoro il più possibile delle vostre parole e della vostra saggezza.-
Prima di calare nuovamente il cappuccio sulla propria testa si voltò un’altra volta verso di lui.
-Spero di vederti presto, Mettaton.- disse Asgore.
“Non credo che ci vedremo mai più, invece”.
Fece per inchinarsi per il congedo, ma ad un tratto, qualcosa dentro di lui cedette. 
L’androide sentì la sua testa farsi vuota, come se una bolla d’aria ne avesse riempito le cavità. Dilatò gli occhi, allungando il braccio verso Asgore.
Poi sentì le gambe cedere sotto il suo peso.
Si accorse di essere disteso a terra, sullo stomaco, coperto per metà dal mantello.
Intravide Asgore accorrere nella sua direzione, chinarsi a terra, allungare la mano verso di lui.
-Non mi sento…-
L’immagine del re si scompose in un mosaico di colori indistinti, per poi rimescolarsi in una cappa di nero che lo avvolse completamente, spegnendo ogni luce e soffocando ogni suono.

Angolo della Lady:
Rapido, perché dopodomani ho un esame universitario e ho SONNOh.
Il dialogo fra Mettaton e Asgore doveva essere dall'inizio il punto focale della storia. La primissima scena che sapevo avrebbe fatto parte di una fanfiction sul King Mettaton Ending chiamata Il Prezzo Del Potere era il dialogo con Asgore. Il resto è venuto dopo. 
Avrò riscritto questa scena almeno tre volte, e nemmeno adesso sono sicura di non aver scritto un'ammucchiata di clichè. Sono abbastanza soddisfatta del risultato, tutto sommato. Ho persino cercato qualche fanart e fanfiction per ispirarmi, ma ho trovato solo le zozzerie cosmiche di Dongoverlord, che shippa Asgoton e disegna robaccia smuttosa. Per non parlare poi di una fyccyna dove un Mettaton con organi femminili chiedeva a un "daddy" Asgore di "intrattenerlo" facendo di lui il suo "sextoy". Ma io boh...
Se avete consigli miglioratori da darmi, fatelo. La storia sta per finire, e Mettaton è di nuovo in grossi, grosserrimi guai.

Lady R
 
  
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