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Autore: Aliaaara    11/01/2017    2 recensioni
Un dottore enigmatico che non va d’accordo con i tornadi.
Il secondo uomo di un Imperatore che schiaccia pisolini ovunque.
Una bizzarra attrazione.
E una convivenza forzata per una settimana sulla stessa nave.
Cosa porterà tutto questo?
________
Sorrisi soddisfatto “A quanto pare sarò in debito con te Portuguese-ya” dissi.
“Puoi sempre pagarlo in natura se vuoi” mi propose lui, voltando il viso per lanciarmi un sorrisetto malizioso.
“Con tutto il rispetto, ma non me la faccio con i ragazzini” ribattei.
“Ah no? Eppure la faccia da psicopatico ce l’hai” mi contraddisse “Hai pure le occhiaie”
Sbuffai una risata “Almeno io non vado in giro a torso nudo sventolando la mia ninfomania in faccia a chiunque”
Sul suo viso si formò un caloroso sorriso “Un vero peccato, lo apprezzerei” affermò prima di ridarmi le spalle ed uscire.
Che tipo. Ma davvero un soggetto simile era il secondo uomo più fidato di un Imperatore?
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fire Of The Sea
 



Primo Giorno_ Parte 2
 
















Feci una smorfia quando andò a premere sulla ferita sopra la clavicola con il cotone disinfettato. Ma era davvero necessario che me ne stessi a torso nudo in infermeria mentre quel… Ron mi torturava con la sua incompetenza medica?
“Mhpf…” non riuscii a trattenere un lamento quando tamponò la parte della ferita più esposta all’esterno e cercai di scansarlo, con pochi risultati.
“Sta fermo” mi ammonì lui continuando il suo lavoro.
Era fottutamente umiliante.
Io, Trafalgar D. Water Law, il Chirurgo della Morte, che mi facevo medicare da un inetto che aveva avuto difficoltà perfino a capire quale fosse il disinfettante.
Come c’ero finito lì? Ah, già un tornado, vero. Un fottuto tornado che non aveva avuto un cazzo da fare in quel momento che passare per quell’isola proprio durante il momento dello scontro con quel pirata da quattro soldi.
“Avevo detto che non ce n’era bisogno” mi sentii in dovere di ricordare.
Non era ancora passata la giornata, ed ero di nuovo lì dentro con quel tizio, quando avrei potuto andare fuori e seguire in giro capitano. Ovviamente per assicurarmi della mia stabile posizione su quella nave, mica per altri scopi.
“Certo” mi rispose Ron continuando mentre imbeveva ancora il cotone “Ma se non tieni pulita quella ferita, finirà per infettarsi. E tu non vuoi questo, no?” mi chiese. Non era del tutto ironico, ma neppure acido nella voce. Era una mescolanza strana tra le due cose.
Stette per avvicinarsi ancora a me ma glielo impedii alzando una mano “So benissimo cosa farà, non ho certo bisogno che me lo dica tu” feci in modo acido. Le sue conoscenze erano basilari, quasi superficiali, sulla materia. Questo mi infastidiva. Ero sempre stato del parere che per la medicina ci si dovesse interessare per impararla, altrimenti lasciala stare e basta.
Mi guardò serio in volto e stette per dire qualcosa ma inarcò un sopracciglio e domandò “Cosa sei, una specie di dottore anche tu?” e, anche se avrei voluto rispondergli che a differenza sua io ero un vero dottore, rimasi zitto, tanto che lui lasciò perdere a cosa per poter dire “Se lo sai allora vedi di non fare tante storie, ne hai bisogno”
Si avvicinò di nuovo ma io lo evitai ancora, facendogli segno di non avvicinarsi ancora a me “Non ho detto di non averne bisogno” lo corressi educatamente “Ho detto che non ce n’era bisogno del tuo aiuto”
Lo vidi lasciarsi andare in un sorrisetto “Per essere uno sempre zitto e impassibile sei parecchio arrogante, te l’hanno mai detto?” mi domandò.
Ghignai “In un certo senso, sì”
“Lo immaginavo” sbuffò stanco “Comunque… anche con tutta la forza di volontà che disponi, in una posizione simile ti è scomodo automedicarti” ragionò il ragazzo. Aveva ragione, certo, ma per quanto fossi caduto in basso in una situazione simile, avevo ancora il mio orgoglio.
“Non è un problema” insistetti, spostando per l’ultima volta quel batuffolo di disinfettante da me.
Ron alzò le mani in segno di resa “Come vuoi” fece posando al loro posto gli attrezzi per poi uscire dall’infermeria a passo spedito, probabilmente irritato dalla mia mancanza di rispetto e tatto. Ma tanto non me ne fregava niente.
Mi alzai dal lettino e presi gli attrezzi che mi servivano per medicarmi. Buttai il cotone e ne presi uno nuovo con le pinzette, lo bagnai nel disinfettante e lo applicai sulla ferita con lentezza, stringendo i denti quando la sentii bruciare “Merda, che male…” mormorai nella stanza tra me e me.


Sentii la porta aprirsi e non mi voltai a guardare chi fosse, già immaginandomelo “Ho visto uscire Ron borbottando qualcosa su come tu gli stia simpatico” disse Ace infatti con tono divertito “Ma che gli hai fatto?” domandò avvicinandosi.
“Gli ho solo detto che potevo fare da solo” mi difesi, mentre mettevo a posto gli attrezzi. Guardai la garza da una parte, indeciso se usarla. Non vedevo bene la mia ferita dato che era praticamente sotto il mio collo ma aveva smesso di sanguinare, probabilmente lasciandola all’aria fresca si sarebbe cicatrizzata prima dandomi meno noie. Anche se ora come ora mi bruciava parecchio, tirandomi i muscoli, forse era meglio prendere qualcosa per il dolore.
“Fare il dottore è il suo lavoro” ribatté lui.
Voltai lo sguardo e lo vidi nell’intento ti osservarmi il petto scoperto, un accenno di un sorriso di compiacimento in viso. Era proprio senza pudore.
Mi voltai verso la credenza e trafficai in cerca di qualcosa che potesse tornarmi utile “Le sue competenze mediche sono abbastanza basilari per essere il medico di bordo di una delle flotte di un Imperatore” commentai con ironia.
Lo sentii ridere alle mie spalle mentre io trovavo ciò che cercavo e lo prendevo “E allora?” chiese divertito “Deve saper chiudere qualche ferita, il resto non serve” commentò e questa volta non potei trattenermi io  dallo sorridere.
“E poi vengo accusato io di essere l’arrogante” affermai, ghignando mentre mescolavo le erbe in una ciotola, macinandole. Per essere superficiale quel medico, aveva un infermeria ben organizzata con tutto. Un vero spreco.
Guardai dietro di me con la coda dell’occhio e lo vidi nell’intento di squadrarmi il culo. Inarcai un sopracciglio a quella sfrontatezza e lui alzò lo sguardo, notando che lo avevo beccato e cercò di sorridermi in modo innocente, come una bambino. Oh, era pure arrossito. Quest’uomo le aveva tutte, non c’è che dire.
“La mia non è arroganza, è…” cercò di parlare ma si bloccò, probabilmente perché finalmente aveva notato che stessi trafficando con attrezzi di medicina “Sei un dottore per caso?” mi domandò, cambiando tono, l’imbarazzo del tutto sparito, rimpiazzato dalla curiosità.
Presi da un cassetto una siringa, la disinfettai per sicurezza per poi riempirla del liquido che avevo preparato “Cosa te lo fa pensare Portuguese-ya?” domandai con ironia.
“Sembri nel tuo habitat naturale” rispose.
Sorrisi di striscio, girando il braccio sinistro per indirizzare la parte interna verso l’alto “Dovrebbe essere un complimento?” chiesi provocatorio per poi iniettarmi quella roba.
Mi sentii subito meglio. Mossi appena il collo e sentii il dolore pian piano sparire, fino completamente. Avvertivo una certa stanchezza ma tutto sommato era appagante non sentire più quell’odioso bruciore. La medicina era magica, l’adoravo proprio.
“Una specie” rispose il tizio dietro di me.
Mi voltai allora verso di lui, l’accenno di un sorriso in volto “Parecchio scadente allora” lo presi in giro, per poi appoggiarmi con la schiena al ripiano medico, avendo bisogno di un sostegno.
Lo vidi sorridermi “Posso sempre fare di meglio” annunciò.
“Ad esempio?” lo istigai a continuare.
Ace si avvicinò a me “Ad esempio…” iniziò, facendo passare il proprio sguardo dal basso verso l’alto su di me per poi posarsi sui miei occhi, erano pieni di malizia i suoi, lascivi, luminosi e sì, parecchio intriganti.
Sentii le sue dita posarsi sul mio petto, non distolsi lo sguardo dal suo per vedere dove ma ero certo stessero tracciando il mio tatuaggio sul torace “Potrei cominciare da questi tatuaggi che ti adornano il corpo rendendoti incredibilmente sexy” finì di dire.
Era incredibile come il suo senso del pudore fosse inesistente “Come siamo espliciti, Capitano-ya” lo presi in giro, sapendo che non gli piacesse quel nomignolo.
“Ti ho detto di non chiamarmi così” si lamentò infatti, facendo una piccola smorfia contrariata, quando staccò le sue mani da me mi sembrò notare solo in quel momento quando fossero calde e roventi in effetti.
“Non lo neghi neanche un po’?” mi ritrovai a chiedergli, troppo impuntato per permettergli di cambiare argomento così.
Inarcò un sopracciglio “Cosa, il fatto che sei sexy? No, affatto. E dubito fortemente che tu ne sia inconsapevole” rispose, l’ironia nel suo tono di voce abbastanza presente per farmi sorridere.
“Parlavo del tuo modo spudorato di provarci con un altro uomo, Portuguese-ya”
Lo vidi sorridere ampiamente “Perché dovrei? Se la cosa ti da fastidio basta dirlo, tolgo subito il disturbo” si affrettò a dire per poi guardarmi con divertimento “Anche se, con la lingua che ti ritrovi, penso che se ti avesse dato fastidio lo avresti già fatto. O sbaglio?” mi chiese mentre si avvicinava ancor di più al mio viso  col suo.
Osservai le sue iridi nere splendere, sembravano due braci infuocate.
“No” risposi, sincero “Continua. Vediamo dove riesci ad arrivare” aggiunsi, con tono di sfida e un ghigno in volto.
Lui ricambiò il sorriso con uno di malizia “Oppure…” disse appoggiando una mano sul banco dietro di me, tenendo il braccio accanto alla mia vita, con uno spazio minimo tra le sue dita e il mio corpo in cui ci sfioravamo, mi sembrava di sentire quel calore affianco a me, così vicino, così allettante “Potremmo passare semplicemente al sodo, se preferisci” finì di dire, il suo respiro caldo sbatteva contro di me, i suoi occhi fissi nei miei, mentre una della sue gambe si insinuava tra le mie sfiorandomi il cavallo e bloccandomi totalmente contro quel ripiano.
“Capitano!” sentii urlare da fuori appena in tempo e Ace sbuffò infastidito prima di staccarsi da me, lasciandomi al freddo, come se il fuoco se ne fosse appena andato.
“Meglio che torni sul ponte” affermò mentre si sistemava il cappello in testa e si avviava verso la porta, non prima di avermi lanciato uno sguardo dicendo “La mia proposta rimane sempre valida” ed allontanandosi.
“Proposta?” ripetei, prima che uscisse “Pensavo di non avere diritti in quanto tuo schiavo” affermai.
Lui alzò un braccio, poi lo lasciò cadere sull’anta di legno della porta, come se stesse pensando sul da farsi “Ospite” mi corresse, voltò la testa su di me, accennando un sorriso “E… puoi rimanere a bordo fin quanto lo desideri, non ti obbligherà nessuno” affermò infine prima di sparire oltre la porta.
Rimasi un attimo a riflettere da solo, chiedendomi cosa sarebbe successo se ci avessero interrotti, se fossi andato fino in fondo. Non ne avevo idea, probabilmente no.
Nonostante ciò però mi ritrovai a sorridere.
Tutto stava andando come desideravo.



 


Guardai con un sopracciglio inarcato il viso del moro sprofondato in parte dentro il piatto, le punte dei capelli erano completamente inzuppate di brodo e il rumore di un russare abbastanza alto mi arrivò alle orecchie. Non pensavo che sarei vissuto abbastanza per assistere ad una scena simile. Vedere un narcolettico svenirti davanti non era roba di tutti i giorni.
“Succede spesso?” domandai. Attorno a me il resto degli uomini al tavolo sembravano abbastanza tranquilli della cosa.
Ron fu l’unico a degnarsi di darmi la sua attenzione “Mentre mangia sì, tutte le volte” rispose.
Osservai con attenzione il ragazzo addormentato nel posto a tavola di fronte a me, lo stesso che un ora prima aveva insistito come se ne valesse della sua vita che mi sedessi lì con loro per cenare.
“Quanto dura?” domandai allora. Qualcosa mi diceva che su quella nave non erano dei gran timidoni, visto il capitano, il leggero silenzio che aleggiava nell’aria doveva essersi creato per via della mia presenza.
Non che me ne fregasse, intendiamoci, ma d’altra parte non potevano sul serio credere che non me ne fossi accorto quanto entrai nella sala da pranzo e tutti si erano voltati verso di me zittendosi.
“Varia. Dai quindici minuti alle due ore” mi rispose sempre il presunto medico di bordo mentre masticava il suo sandwich.
Pane. La mia attenzione cadde su di questo. Era ovunque sopra il tavolo. C’era troppo pane.
“Allora Water…” sentii dire da qualcuno accanto a me “Eri per mare quando ti ha colpito il tornado?” domandò.
Presi una forchettata della mia carne e me la portai alla bocca “Ero su un isola” lo corressi, il tono piatto.
“Oh, che isola?” domandò interessato il mio interlocutore, sembrava attivo e emozionato nel parlarne, come se fosse una sua passione.
“Non lo so” risposi io monotono “Era deserta” aggiunsi masticando.
Il tipo al mio fianco si fece pensieroso da come lo sentii verseggiare mugolii “Che ci facevi su un isola disabitata?” domandò voltandosi verso di me.
Non mi voltai e non risposi poiché qualcuno lo fece per me “Glielo chiedi pure, Jack?” gli domandò qualcuno con tono irritato di cui riconobbi la voce grossa e bassa.
Alzai lo sguardo sul presunto ‘Jack’ e notai quanto fosse giovane anche lui. Sedici anni gli avrei dato, forse il più piccolo lì dentro. Capelli biondo cenere, occhi scuri, viso a punta e orecchie a sventola, nulla di che, roba già vista e rivista.
“Gli si legge in faccia che è un pirata anche lui, mi stupisco tu non ci sia già arrivato” continuò quella voce che avevo subito collegato all’uomo a cui stavo molto simpatico, Jura.
Quindi Portuguese-ya se n’era stato zitto. Mi stupì che non avesse dato la notizia subito non appena lo avesse scoperto, anche al resto della ciurma, sembrava che il fattore che anch’io fossi della pirateria non lo importasse o riguardasse neppure. Cosa strana, io almeno avrei tenuto la guardia alzata al posto suo, invece lui sembrava a dir poco tranquillo.
Jack mi guardò sorpreso “Sei un pirata?” domandò.
Mi limitai a face un cenno d’assenso al ragazzino, per poi tornare a mangiare “Non lo neghi neanche?” mi arrivò all’orecchio la domanda dell’uomo, aspra e dura.
“Perché dovrei farlo?” ribattei con un'altra domanda, mangiando un altro boccone e riempiendomi la bocca “Non ho mai avuto l’intenzione di nasconderlo” aggiunsi poi dopo alzando lo sguardo sull’uomo tre posti alla mia sinistra e dall’altra parte del tavolo, i miei occhi inespressivi si incontrarono con quelli scuri ed irritati di Jura che non sembrò soddisfatto della mia risposta. Un problema suo, non mio.
“Grande!” sentii dire dal ragazzino al mio fianco “Di che ciurma fai parte?” mi domandò tutto euforico.
“Jack…” fece qualcuno con il tono esasperato.
“Che c’è? Sono curioso” si difese questo verso quella persona.
“Non te lo dirà mai” voltai lo sguardo su Jura che ghignava “Perché è un bastardo” aggiunse e si levò in sala una piccola risata generale, lui era grosso e tozzo con qualche accenno di barba e pochi capelli neri in testa “Che c’è non dici niente?” mi domandò poi con tono di sfida “Andiamo, Water. Facci divertire, dì qualcosa…” aggiunse.
Riportai il mio sguardo sul piatto, affettandomi la carne “Non ho bisogno di dire qualcosa, non ho da dimostrare niente a nessuno” affermai “Mi abbasserei soltanto al tuo livello rispondendoti” aggiunsi duro.
“Abbassarti al mio livello?” ripeté disgustato Jura “Woah, scendi dal piedistallo pivello. Sei solo un ragazzino che ha preso il mare troppo presto” affermò con acidità, il sorriso scomparso dalla sua bocca.
Mi fermai “Ragazzino?” ripetei io freddo. Non era la prima volta che per mare mi avevano chiamato così, affatto, erano innumerevoli, ma non so come il tono che usò mi fece portare a galla ricordi spiacevoli.
“Il tuo capitano ha meno dei miei anni e tu sottostai ai suoi ordini” aggiunsi alzando lo sguardo sull’uomo “Chi è il pivello ora?” domandai.
Jack di fianco a me soffocò una risata, sotto l’occhiataccia di Jura “Attento a come parli” affermò questo infatti prendendo un coltello e puntandolo verso la mia direzione “Mi dispiacerebbe sfigurarti quel bel visino che ti ritrovi” minacciò.
Lo guardai con autosufficienza, mentre la grassa risata di qualcuno echeggiò nell’aria “Zeahahahah, mantieni la calma Jura. Ace non vuole che lo si sfiori con un dito il ragazzo.” affermò un uomo di grossa stazza in fondo alla tavola con barba ispida, capelli ricci mentre mangiava una crostata.
“Fatti i cazzi tuoi Teach, torna a mangiare” ribatté Jura verso il compagno che per tutta risposta rise ancora “Questo è un problema tra me e questo figlio di una cagna” aggiunse ancora l’uomo tornando a guardarmi male.
Iniziava a rompermi davvero “Tu lo chiami problema. Io lo chiamo complesso di inferiorità nei miei confronti” replicai.
“Inferiore io, a te?Ah!” domandò con incredulità Jura forzando una risata amara per poi farsi serio e sporgersi sopra il tavolo “Sentimi bene, idiota. Fammi il favore di toglierti dalle palle il prima possibile, mi sembra che tu stia già meglio infatti”
Mangiai un boccone “Il tuo capitano mi ha detto che posso rimanere fino a quanto lo desidero” gli dissi.
“Perché dovresti rimanere qui più del dovuto? A cosa punti?” mi domandò con leggera rabbia “Soldi? Non ne abbiamo, tutto quello che arraffiamo lo spendiamo per sfamare quel pozzo senza fondo” affermò indicando il capitano ancora addormentato sopra la sua ciotola che non accennava a riprendersi, in effetti prima che perdesse i sensi avevo notato il suo notevole appetito, chissà quanto spesso dovevano fermarsi a fare scorte.
“L’oro è l’ultimo dei miei pensieri” feci notare con tono piatto, annoiato.
“La fama allora” insistette.
“Neppure”
“Si come no. Tu vuoi un nome. Ti ho cercato sui manifesti e lì non risulta nessun Water” replicò quell’uomo con un tono sempre più accusatorio, di cosa non ne avevo idea.
Tanto che mi stancò, la fame mi era passata, abbassai le posate e alzai lo sguardo sul mio interlocutore “Dove vuoi andare a parare?” domandai alla fine, senza giri di parole o giochetti stupidi, volevo la verità schietta e cruda sul tavolo, subito.
Tutti erano zittiti ad ascoltare quella conversazione di botta e risposta come se fosse lo spettacolo della serata mentre Jura mi osservava con due occhi furenti e accusatori. Mi stava palesemente stancando. Prima mi insultava poi tergiversava su qualcosa di probabilmente insensato sul mio conto. Non vedevo l’ora di sapere cosa.
Quando aprì bocca praticamente ringhiò come un cane “Tu vuoi la testa del babbo, punti a quello” accusò e nella sala si alzò un mormorio lieve.
Come previsto, la cosa più insensata del mondo “Che?” affermai inarcando un sopracciglio scettico.
Lui andò avanti convinto “Pensi che rimanendo a bordo prima o poi ci riuniremo con lui. Pensi di poter arrivare alla testa del babbo con facilità e di farti un nome in un batter d’occhio” spiegò con disprezzo nella voce.
A me sembrava assurdo, ma così assurdo che sentivo che se mi sarei buttato a terra a morir dalle risate non mi sarei neppure accorto di starlo facendo. Certo, se io fossi uno che ride spesso.
Lo sembrò anche per il resto dell’equipaggio perché più voci contemporaneamente si elevarono “Oh, andiamo Jura, non è tanto sciocco da farlo” riuscii a distinguere tra esse quella di Ron.
“Io penso di sì” ribatté prontamente l’uomo non staccando lo sguardo da me “Per me è soltanto un ragazzino che ha preso il mare tanto per fare un dispetto ai propri genitori e che non ha idea di come giri il mondo, per questo tiene così alta la testa”
Sentii un formicolio lungo la schiena. Fu come un flash continuo di immagini, mi passò tutto davanti agli occhi di nuovo. Tutto quello che avevo passato, provato, era tutto lì, appena sotto la superficie e che si faceva sentire ancora vivo, come se quelle ferite bruciassero ancora nonostante fossero passati anni da allora.
Abbassai la testa, usai una mano per sistemarmi il cappello, abbassandolo leggermente sugli occhi. Per fortuna che avevo lasciato la spada al mio equipaggio, se fosse stata con me in quel momento non potevo essere certo che non ne avrei abusato.
Mentre gli altri cercavano di far ragionare l’uomo di quanto fosse ridicolo quello che aveva appena affermato aprii bocca “Non ho nulla di personale contro di te, gradirei tu dosassi le parole per non farmi ricredere di ciò” affermai freddo, gelido, duro, ma dal tono di voce era difficile capire cosa mi stesse frullando nella mia testa.
Certo, perché ero io. Parlavo con tono tranquillo e pacato di chi non poteva fregarsene di nulla mentre la tensione che emanavo sembrava quella di un congegno meccanico pronto ad esplodere. Era questo l’effetto che facevo quando la gente varcava il limite, quello di un mietitore che osserva la sua vittima con assoluta calma, indeciso su come spazzare via la sua anima.
Lo sentii ridere in mezzo la sala di nuovo zittita “Perché ci ho azzeccato?” domandò con tono derisorio “Altrimenti che mi fai? Mi colpisci col cappello?” domandò ridacchiando, una o due risate si aggiunsero.
Fanculo a tutto, non mi sarei fatto mettere i piedi in testa da nessuno.
“Jura adesso basta” sentii dire.
“Calmo Ron, voglio solo fare due chiacchiere” rispose l’energumeno.
“No, lo stai attaccando” ribatté Ron “Non mi sembra il caso di…” ma lo interruppi.
“Tranquillo Dottore-ya, è tutto a posto” intervenni “Ha solo espresso la sua opinione, io lo faccio sempre, è più che giusto che lui faccia lo stesso” risposi.
Sentii Jura sogghignare “Visto?” affermò ridendo verso il suo compagno “Sono solo due chiacchiere”
Sospirai “Che delusione. Questi sono gli uomini di un Imperatore? Siete molto sopravvalutati fuori di qui. Tuttavia…” affermai alzando lo sguardo glaciale sullo stronzo che lo vidi rabbrividire “…per il resto sembra che le voci siano vere. Il vecchio Barbabianca non si regge più in piedi tanto da passare il suo tempo nel tranquillo Mare Orientale a girovagare in attesa che giunga la sua ora”
“Prova a ripeterlo se hai il coraggio!” sentii urlare da qualcuno n sala.
Jura mi lanciò uno sguardo assassino “Attento a quello che dici bastardo” affermò a denti stretti “Una cosa è se te la prendi con me, un'altra con il babbo. Non sei nel posto giusto per lasciare certi commenti” mi fece notare.
Lo ignorai, sentivo le mani prudermi e la voglia di alzarmi e la voglia di stuzzicarlo era tanta “Tsk, babbo?” ripetei facendo una smorfia “Lo consideri un padre un codardo che scappa dalle stregue del Nuovo Mondo?” domandai.
Mi raggiunse subito e si sporse sul tavolo per afferrarmi per il colletto della felpa, più di una persona si alzò da tavola per intervenire “Credi di essere spiritoso?!” mi urlò in faccia digrignando tra denti.
Io ero calmissimo “Sto cercando di esprimere la mia opinione sui fatti” feci in tono innocente per poi aggiungere in tono più duro “E poi stai ben certo, che l’ultima cosa a cui punto è la decrepita testa di un vecchio smemorato. L’unica testa che poteri volere al momento è la tua”
Non appena finii di parlare il pugno che mi arrivò mi fece ritrovare a terra. Portai una mano alla guancia, passandomela fino alla bocca per poi osservarla se ci fossero tracce di sangue e ne trovai un poco. L’ultima volta che avevo preso a cazzotti qualcuno risaliva alla mia adolescenza, in quel momento avrei voluto la mia Nodachi insieme a me certo, ma non mi sarei tirato indietro a una scazzottata. Soprattutto con quell’energumeno del cazzo.
“Ora basta mi hai stancato!” stava dicendo l’uomo su di me pronto a riversarmi contro un altro colpo.
Era il doppio della mia stazza, dovevo inventarmi qualcosa.
“Jura, fermo!” urlò qualcuno quando questo caricò e scagliò il colpo.
“Vediamo adesso se fai ancora lo spiritoso!” disse e prima che il pugno mi colpisse mi spostai di lato, lasciandolo colpire il pavimento in legno che si incrinò, per poi rialzarmi in piedi facendo un passo indietro per tenermelo ad una certa distanza “Tutto qui?” mi domandò derisorio.
Per tutta risposta gli mostrai un sorriso sfrontato e questo bastò per farlo arrabbiare e fiondarsi su di me. Deviai il primo colpo e per un pelo anche il secondo, poi lo colpii nella bocca dello stomaco ma lo feci soltanto sobbalzare dalla sorpresa, che non appena si riprese mi assestò un pugno in faccia e mi spaccò così il labbro inferiore a destra. Ricambiai il gancio, e gliene diedi tre, che lui però contraccambiò con uno alla spalla che non deviai in tempo ma comunque mi allontanò abbastanza da lui da rifilargli un calcio nello stomaco e farlo finire a terra.
Approfittai dell’attimo per pulirmi il labbro sporco di sangue, perfetto, altre ferite da disinfettare, che rottura. Mi passai una mano sulla spalla colpita, la ferita sulla clavicola aveva iniziato a bruciarmi, doveva essersi riaperta.
Vidi Jura alzarsi da terra in fretta ma io non mi preparai a difendermi, sicuro che lo scontro fosse finito lì, dato che i suoi compagni avevano approfittato del momento per tenerlo fermo e bloccarlo.
“Jura basta!” gli gridò un uomo afferrandolo per le braccia.
“Lasciatemi! Voglio solo dargli una lezione” affermò arrabbiato “Deve imparare a stare al suo posto il moccioso!” aggiunse e per poco il povero Jack che provava a tenerlo bloccato per l’addome per poco fu sbalzato via.
“Ma che diavolo ti prende?!” urlò Ron, accanto a lui che assisteva alla scena, arrabbiato.
Jura posò gli occhi su di lui, furente “Mi prende che stiamo ospitando sulla nave un bastardo simile mentre dovremmo buttarlo in mare!” dichiarò esplicitamente “Non posso crederci che voi vi facciate fottere da questo qui con tanta facilità!” aggiunse.
Non mi trattenni dal commentare “Perché tu sei un esperto in materia, dico bene?” chiesi con un ghigno.
Gli vidi il viso prendere un colorito rosso “Bastardo!” gridò cercando di avanzare verso di me ma venne trattenuto “Vieni qui! Te lo tolgo io quel sorrisetto dal viso!” gridò.
“Basta Jura!” provò ad ordinargli Ron “Fermati!”
Fu inutile perché si liberò dalla stretta dei tre uomini che lo tenevano e venne verso di me “Lo uccido io questo qui” affermò e per poco cadde scivolando sulla birra versata a terra di prima “Prendi questo!” mi urlò contro scagliandomi l’ennesimo pugno.
Lo schivai con facilità “Non riesci neppure a stare in piedi, come pensi di farlo?” gli domandai rifilandogli poi un pugno in viso con tutta la forza che avevo.
Venne sbalzato indietro e fu costretto a mettersi una mano davanti al viso per i fiotti di sangue che uscivano dal naso, mi sa che glielo avevo rotto.
Guardò le sue condizioni e poi guardò me furioso “Mi hai rotto il cazzo marmocchio” affermò tornando alla carica mentre cercavano di bloccarlo ancora.
Però io ero stufo.
Ora basta, pensai. E unii le dita pronto a formare una Room, deciso una volta per tutte di sbarazzarmi di quel tipo che si avvicinava a gran velocità verso di me.
“Fermi subito! È un ordine!” risuonò nella stanza una voce autoritaria e immediatamente sia io che l’energumeno ci fermammo, voltandoci entrambi verso la figura del bel addormentato che si era svegliato.
“Capitano…” disse Jura come per voler dire qualcosa. Io rimasi semplicemente zitto e fermo, serio ed immobile sul posto, osservando Portuguese serio come non avevo mai visto.
“Cosa cazzo sta succedendo qui?” chiese infatti, duro e serio guardandoci entrambi uno a uno, aspettando che uno dei due rispondesse.
Jura saltò subito su “Non è come crede capitano, ha iniziato lui! Mi ha provocato ed ha insultato il babbo!” mi accusò guardandomi in cagnesco. Patetico.
“Non è vero, hai iniziato tu!” mi difese il dottore accanto a lui beccandosi uno sguardo omicida dal compagno.
“Taci Ron!”
“Taci tu! Stai dicendo un mare di cazzate per girare la situazione a tuo favore!” lo accusò, alterato anche lui.
“Ha insultato il babbo, lo avete sentito tutti” ribatté Jura guardando il resto degli uomini che rimasero zitti.
Ron provò lo stesso a contestare “Ma sei tu ch…” ma non finì di parlare che il capitano lo interruppe.
“Ho sentito abbastanza” decretò Portuguese, voltando poi lo sguardo su di me facendo così incrociare i nostri occhi “Tu hai qualcosa da aggiungere?” mi domandò.
Lo scrutai per un attimo, rimanendo in silenzio a ragionare per un secondo quale fosse la scelta migliore per il momento. Non era passata neppure una giornata che aveva già un tipo contro, di sicuro non ispiravo simpatia a tutti e al momento a parte il dottore e il capitano (forse anche il fantomatico Jack) nessuno era dalla mia parte. E nonostante questo, non avevo idea di quanto ci avrebbero messo i miei uomini ad arrivare.
“Ha ragione” affermai alla fine in tono sicuro “Ho detto ciò che non dovevo dire” aggiunsi “Non ero lucido, mi scuso con voi per il mio comportamento. Se vi ho offeso, non era mia intenzione”
Ci fu un attimo di silenzio, in cui tutti mi guardavano attoniti, come non si aspettassero per niente che mi autoaccusassi, anche Ace mi guardò con stupore e un sopracciglio inarcato, come se non riuscisse ad inquadrarmi o capire cosa mi frullasse in testa. Che ci provasse a capirmi, nessuno ci riusciva tanto.
“No tranquillo…” fece Jack spezzando il silenzio, in mia direzione “Non ce la siamo presa, non devi scusarti…” affermò.
Stette per dire qualcosa Ace ma Jura parlò prima di lui “Meglio che si scusi. Anzi, è già tanto se le accetteremo” volle precisare, la mano ancora sul naso sanguinante.
Voltai il mio sguardo verso di lui, e lo guardai nel modo più duro e freddo possibile “A dire il vero stavo parlando col resto dell’equipaggio”  gli feci notare “Con te non mi scuso affatto” aggiunsi.
Lo vidi digrignare i denti e guardarmi male “Bastardo…” mi chiamò.
“Quello che ho detto su di te, lo penso davvero. Ogni cosa” Aggiunsi con voce pacata, dosata e fredda per poi voltare il mio sguardo attorno a me, notando il tavolo dove prima mangiavo rovesciato a terra “A meno che abbiate ancora bisogno di me, mi ritirerei nella mia stanza. Ho finito di mangiare e sono stanco” affermai poi facendo qualche passo nella stanza verso la porta, affiancando così il capitano della nave “Portuguese-ya” salutai con un cenno della testa, appena ricambiato, superandolo e dirigendomi verso l’uscita dalla porta.
Sentii appena qualche urla in mia direzione da parte di Jura ma non me ne curai, perché venne soppresso subito dalla voce ferma e decisa del capitano. Apprezzai questa sua versione più decisa e responsabile, mi fece intendere che almeno sotto quella superficie da spavaldo pieno di sé, un capitano con le potenzialità giuste ci fosse.
Imboccai il sottocoperta e mi diressi in infermeria, dove mi distesi sul letto in cerca di un poco di pace. Mi passai la mano sulla bocca, per togliere le ultime tracce di sangue dal viso, poi posai le braccia dietro la testa e cercai di dormire. Era stata una giornata abbastanza pesante, per essere stata solo la prima.













Note dell’Autrice:

Ciao a tutti! Grazie infinite per aver letto e soprattutto chi ha recensito, sono contenta che la storia piaccia e spero tanto che continui a piacere. Fatemi sapere comunque, eh.
In questo capitolo le cose si sono fatte movimentare, a parte l’assenza del pudore di Ace abbiamo un Trafalgar esasperato dalle accuse, spero vi abbia fatto piacere. Voglio metterlo subito in chiaro: Non sono per nulla d’accordo con quello che dice Law sugli uomini di Barbabianca. Noi sappiamo poco di questa ciurma, troppo poco (troppo poco perfino su Ace)  ma durante Marineford ci è stato chiaro che non vengono visti bene perché Barbabianca è vecchio, non mira allo One Piece nonostante abbia tutte le qualifiche per trovarlo e piuttosto allarga la sua famiglia navigando nel Mar Orientale che è quello più tranquillo tanto da far credere di star perdendo colpi. Per quanto io lo adori per questi suoi principi, per chiunque altro personaggio in One Piece non è normale che un pirata faccia così. Non ho idea se Law sia dello stesso parere come tutti gli altri (per me non se ne è mai interessato e basta) oppure no, comunque sia se sapete qual è il passato di Trafalgar sapete che lanciargli certe accuse non deve fargli piacere e l’unico modo per ferire nell’orgoglio un uomo di Barbabianca è quello di insultare il capitano, di cui vanno immensamente fieri. Quindi vi prego, non insultatemi :)
Per chi volesse sapere come continuerà la difficile e complicata convivenza, ci vediamo la prossima settimana con il prossimo capitolo! Grazie ancora, alla prossima.
Bye-bye




 
  
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