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Autore: Aliaaara    04/01/2017    3 recensioni
Un dottore enigmatico che non va d’accordo con i tornadi.
Il secondo uomo di un Imperatore che schiaccia pisolini ovunque.
Una bizzarra attrazione.
E una convivenza forzata per una settimana sulla stessa nave.
Cosa porterà tutto questo?
________
Sorrisi soddisfatto “A quanto pare sarò in debito con te Portuguese-ya” dissi.
“Puoi sempre pagarlo in natura se vuoi” mi propose lui, voltando il viso per lanciarmi un sorrisetto malizioso.
“Con tutto il rispetto, ma non me la faccio con i ragazzini” ribattei.
“Ah no? Eppure la faccia da psicopatico ce l’hai” mi contraddisse “Hai pure le occhiaie”
Sbuffai una risata “Almeno io non vado in giro a torso nudo sventolando la mia ninfomania in faccia a chiunque”
Sul suo viso si formò un caloroso sorriso “Un vero peccato, lo apprezzerei” affermò prima di ridarmi le spalle ed uscire.
Che tipo. Ma davvero un soggetto simile era il secondo uomo più fidato di un Imperatore?
Genere: Avventura, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Portuguese D. Ace, Trafalgar Law
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Fire Of The Sea
 
 
 
 
 
 Primo Giorno_ Parte 1
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
“Allontanatevi tutti, subito!” gridai mentre il tornado si abbatteva a pochi metri da noi “Tutti dentro, ora!” aggiunsi in modo autoritario.
“Ma capitano…” sentii dire alle mie spalle dal mio vice.
Mi voltai su di lui, lanciandogli uno sguardo truce “È un ordine! Vi voglio tutti dentro il sottomarino, adesso!” affermai e l’orso non se lo fece ripetere due volte, correndo verso la destinazione.
Prima di raggiungere anch’io il mezzo mi assicurai che tutti i miei uomini fossero arrivati a bordo per poi precipitarmi verso di esso “Si sbrighi capitano!” mi urlava contro Penguin dal portone mentre il sottomarino stava per immergersi.
Riuscivo a sentire alle mie spalle il tornado che si avvicinava, cercando di attrarmi verso il suo turbine con la sua forza.
“Prendi!” gridai lanciandogli la mia Nodachi che afferrò al volo, cercando così di velocizzarmi. Sarebbe bastato usare i miei poteri per velocizzarmi e rientrare nel sottomarino ma dopo lo scontro avevo prosciugato tutto il mio potere e la ferita che mi avevano inferto mi doleva ad ogni respiro mentre correvo.
Ad un tratto una raffica di vento mi investì.
“Capitano!” sentii urlare mentre venivo sbalzato via e risucchiato dal vortice.
Mi sentii in balia della corrente mentre stringevo gli occhi e venivo catapultato lontano. Poi uno schianto contro qualcosa, infine caddi in acqua. Sentii le forze venirmi a meno e pian piano persi i sensi, lasciandomi sprofondare nel buio.
 
 
 


 
Quando riaprii gli occhi avevo un mal di testa pazzesco, mi uscii un mugolio di lamento mentre cercavo di capire dove fossi. Sopra di me c’era un soffitto in legno, quindi presumibilmente non ero morto ma in una stanza, sentendo poi il lontano suono delle onde che si infrangevano contro una parete, potevo dire all’interno di una nave. Sì, ma dove?
Ricordai quella strana isola, l’attacco da parte di quei pirati a sorpresa e il tornado che si era abbattuto su di noi poco dopo.
La mia ciurma.
Mi alzai seduto di scatto, e subito sentii una fitta alla testa che mi fece piegare in due. Portai una mano tra i capelli e sentii una consistenza familiare. Una garza medica.
“Finalmente ti sei svegliato” sentii dire da qualche parte nella stanza, mi voltai e vidi un ragazzo di circa la mia età che trafficava con delle fialette di medicinali mentre mi osservava ogni tanto con un sorriso appena accennato.
“Dove sono?” chiesi diretto. Non volevo giri di parole, presentazioni, ringraziamenti o tant’altro. Dovevo sapere se la mia ciurma stesse bene, se erano riusciti ad immergersi prima di essere presi in pieno e che non fossero stati così stupidi dal tornare fuori a cercarmi.
Il ragazzo si voltò verso di me sorridendo “Su una nave” mi rispose ovvio “Ti abbiamo trovato su degli scogli sta mattina, eri svenuto e abbastanza mal messo. Ti ho dato una sistemata alle ferite se non ti dispiace” affermò poi osservandomi mentre con del disinfettante si puliva le mani.
Ripensai alla garza che avevo sentito sulla mia testa, sovrappensiero la sfiorai, poi posai lo sguardo sul mio petto, trovandolo nudo e con altrettante bende sopra la ferita che mi ero inferto  appena sotto la clavicola. Indossavo sempre i miei pantaloni, leggermente malmessi e rotti su alcuni punti, per il resto sentivo l’odore di disinfettante in tutto il corpo, e notai come fossero state curate anche le altre lesioni e lividi che mi ero inferto per il corpo.
Anche se mi seccava ammetterlo, aveva fatto un egregio lavoro.
Ma non lo avrei ringraziato, no, questo mai.
“Tranquillo, qui sei al sicuro ora” sentii continuare dire dal presunto dottore affianco a me “Qualsiasi cosa ti sia successa, ora non hai da che preoccuparti” aggiunse.
Non risposi, non ne avevo l’intenzione. Alzai lo sguardo su il mio interlocutore, non accennando neppure ad un misero sorriso.
“Non c’era nessun altro?” domandai.
L’altro assunse una faccia confusa “Cosa?” domandò.
Cercai di non sospirargli davanti e mantenere l’irritazione che si stava facendo largo in me dettata dal nervosismo “Quando mi avete trovato, non c’era nessun’altro lì intorno? Qualcuno o i resti di qualcosa?” domandai alzando leggermente la voce, facendo risultare la mia voce grave.
Mi osservò un attimo, inespressivo, per niente stupito o infastidito dal mio comportamento, poi scosse la testa “No, c’eri solo tu. Nell’acqua c’era qualche pezzo di legno ma nient’altro” rispose.
Sospirai, almeno una buona notizia. O il mio equipaggio era riuscito a salvarsi oppure erano affondati, in ogni caso i pezzi di legno erano della nave dell’altro equipaggio che ci aveva attaccati.
“C’era qualcun altro con te?” provò a domandarmi il ragazzo.
“Non sono cose che ti riguardano” risposi freddamente. Salvato o no, erano affari miei quelli. E se avevo imparato qualcosa nella vita, era di non fidarsi mai troppo. Certa gente ti aiutava per i suoi scopi, altri ti sfruttavano, a nessuno poteva interessare di te. Beh, qualcuno forse c’era stato ma ormai era morto.
Lo vidi annuire, totalmente tranquillo “Meglio che vada a dire al capitano che ti sei svegliato. Era abbastanza preoccupato quando ti abbiamo trovato” spiegò.
A quelle parole tornai con l’attenzione sul dottore che stava uscendo dalla stanza. Della marina non lo era, almeno, altrimenti avrebbe portato qualcosa di formale con il loro logo. Quegli stracci che indossava erano più comodi che eleganti, semplici e abbastanza appariscenti che mi facevano pensare ad un tipo qualunque ma intravedevo il marchio di un tatuaggio, nascosto dalla manica della maglia.
In quel momento sperai davvero che fosse una nave da carichi perché con l'idea che mi ero fatto di quel tipo, mi aveva fatto presupporre altro. E qualcosa che proprio non mi piaceva.
 
 
Qualche minuto dopo il dottore tornò, ed era da solo. Aveva in mano un vassoio di cibo, da lontano intravidi del pane su di esso e trattenni una smorfia.
“Scusa se ci ho messo troppo, ti ho preso anche qualcosa da mangiare” spiegò porgendo il vassoio su un alto del mio letto sopra un ripiano  “Il capitano si è addormentato, ho riferito agli altri di dirgli di venire giù non appena si sveglia ma ci vorrà un po’. Quindi non appena hai finito qui se ti senti meglio possiamo salire sul ponte” mi disse per poi spiegare “Non hai riportato gravi danni o lesioni. La più seria è la botta che hai dato in testa ma non è nulla di preoccupante. Se riesci a reggerti in piedi puoi anche alzarti dal letto”
Non avevo bisogno di una spiegazione sulle mie condizioni, riuscivo a darmela da solo percependo i miei stessi sintomi, ma non ribattei dicendogli che ero un dottore anch’io e che poteva risparmiarsi i dettagli, mi limitai a stare zitto e a prendere il cibo che mi era stato offerto, dato che avevo fame. Evitai con cura il pane per poi mangiare tutto quello che stava sul piatto, palle di riso comprese.
“Che ore sono?” chiesi tra un boccone e l’altro mentre il dottorino mi osservava mangiare in modo compiaciuto.
“Le due” rispose.
“Insolito dormire alle due del pomeriggio per un capitano” commentai con ironia, non riuscendo a farne a meno.
Una risata lasciò le labbra del ragazzo “Il nostro è un eccezione. Non puoi mai sapere quando si metterà a dormire, è del tutto improvviso” aggiunse in modo divertito.
E un dubbio mi venne in testa “Narcolessia” affermai, un sopracciglio mi si inarcò leggermente “Mi stupisco che abbiate scelto qualcuno che soffre di un tale disturbo come capitano” aggiunsi ignorando il suo cipiglio sorpreso che aveva assunto quando avevo azzeccato la diagnosi.
Si riprese però e fece come se nulla fosse “Beh, è molto capace. Ci si può fidare di lui” affermò sicuro delle sue parole.
Sarà, ma io non avrei mai affidato la mia vita ad un tizio che potrebbe addormentarsi in qualsiasi momento.
Finii di mangiare e spostai la coperta del letto, tirando fuori i piedi e alzandomi, mi venne un capogiro e cercai di mantenere l’equilibrio finché non sentii il dottore prendermi il braccio per aiutarmi “Ehi, con calma. Non c’è alcuna fretta” affermò, lui non poteva sapere che io l’avevo invece.
Mi spostai dalla sua presa, reggendomi in piedi da solo “Ce la faccio” affermai brusco per poi voltarmi alla ricerca di qualcosa che trovai poco dopo su un altro lettino.
Feci due passi e presi la mia felpa gialla per poi indossarla. Mi guardai attorno, come se attendessi di vedere qualcosa che però non trovavo, solo dopo ricordai che la Nodachi l'avevo tirata a Penguin prima dell’immersione. Avrei voluto maledirmi di essermene separato ma probabilmente a quest’ora se non lo avessi fatto sarebbe andata persa in acqua. Al contrario però non  riuscivo a vedere da nessuna parte il mio cappello bianco.
Mi voltai verso il ragazzo “Avevo un cappello” affermai spiegando cosa cercassi.
Lui aprì leggermente la bocca a forma di ‘o’ comprendendo per poi rispondere “Penso ce l’abbia qualcuno di sopra. Devo averlo visto quando ti portavano qui di sotto”
Perfetto. Qualcuno mi aveva pure fottuto il berretto.
Senza aspettare che mi disse niente mi incamminai verso la porta “Ehi dove vai??” mi domandò il dottore.
“A cercare il mio cappello” risposi piatto mentre finivo nel corridoio del sottocoperta della nave, guardandomi attorno cercando le scale che mi avrebbero portato di sopra.
Nessuno toccava il mio cappello, punto.
Lo sentii raggiungermi alle mie spalle “Aspetta almeno che ti mostri dove andare, se hai così tanta fretta.” mi disse e mi feci da un parte, facendolo passare.
Mi guardò come se lo divertisse il mio atteggiamento scontroso ma non commentò e si limitò a farmi strada verso il ponte.
Quando arrivammo in cima venni accecato dalla luce ma cercai di non farci caso, ero troppo concentrato a vedermi attorno. La nave era abbastanza grande, di legno e su quel ponte dovevano esserci più di trenta persone al momento.
Osservai il dottore di bordo farsi avanti tra la gente, dirigendosi con un sorriso verso un tizio in particolare che non curai. Mi limitai a fare l’indifferente scrutando attorno i soggetti attorno a me, non trovando nessuno degno di essere classificato come soggetto normale. Pian piano si stavano voltando tutti verso di me, osservandomi sorpresi o incuriositi, non ricambiai nessuno sguardo, mi limitai a guardare in alto e strizzare leggermente gli occhi per vedere la bandiera che spiccava sull’albero maestro.
Riconobbi il nero e il teschio immediatamente.
Merda.
“Ehi capitano, ti sei svegliato finalmente” affermò il dottorino davanti a me, facendomi abbassare lo sguardo per osservare questo fantomatico uomo.
L’unica cosa che vidi fu un cappello arancione con delle perle, capelli neri, spalle toniche e muscolose con al collo un'altra collana di perle, era a torso nudo e metteva in mostra un tatuaggio con una scritta su il braccio sinistro, pantaloncini tenuti su da una cintura abbastanza appariscente e scarponcini.
Quello che però svettava su di tutto era il tatuaggio sulla schiena, grande e imponente, che ritraeva lo stemma della bandiera che svettava in alto. Un logo che avrei riconosciuto tra mille, quello di un imperatore. E non uno qualsiasi, ma Barbabianca.
“Mhm?” sentii dire dal soggetto mentre si voltava con un sopracciglio alzato per poi sorridere al dottore “Ron! Spero tu abbia buone notizie per me, perché mi sono appena svegliato con un bernoccolo sulla testa” commentò il soggetto.
Aveva sul viso una spruzzata di lentiggini, i capelli neri gli cadevano morbidi sul viso, la pelle leggermente sudata risplendeva sotto il sole ed era pallida e per nulla scottata, occhi neri come la pece e un sorriso che abbagliava più di qualsiasi altra luce. Certo, possedeva dei addominali niente male, ma doveva essere più giovane di me di qualche anno. Forse anche troppo giovane data la carica che investiva.
“Certo” rispose il dottore, Ron a quanto pare, che rise “Ti ho portato il nostro ospite. Aveva una certa fretta di venire fin quassù per incontrarti” commentò poi lanciandomi uno sguardo ghignante.
Gli riservai un occhiataccia, pensando che questo fosse il suo modo di vendicarsi per come lo avevo trattato fino a poco prima, e stetti per dirgli qualcosa di velenoso. Lo stavo per fare, quando però notai lo sguardo del capitano spostarsi su di me e lì mi dimenticai cosa stessi per dire. Quando incrociai i suoi occhi, lo vidi sgranarli un poco sorpreso alla mia vista, ma allo stesso tempo il sorriso che gli increspò le labbra lo illuminò fino agli occhi, facendoli brillare come il fuoco scoppiettante.
Mi passò un brivido per tutta la schiena, e non seppi dirmi il perché. Sapevo solo che la mia attenzione era tutta su quel tipo, che fosse perché mi incuriosiva o perché irradiava calore ovunque quando io ero abituato al gelo, non mi importava francamente. Sarei rimasto lì anche ore ad osservarlo se anche avessi voluto, ma avevo una certa fretta e uno scopo da mandare a termine, quindi non c’era spazio per tutto quello.
“Ah ma davvero?” affermò leggermente divertito il ragazzo, anzi compiaciuto della cosa.
Questa gente iniziava ad irritarmi, pirati o meno, di un imperatore o di un senzatetto, mi irritavano.
“Rivoglio il mio cappello” decisi di dire alla fine, con tono piatto, serio, nessuna emozione trasmessa, col solo intento di essere il meno possibile prevedibili i miei pensieri.
Una piccola risata generale coinvolse l’equipaggio quando il capitano fece un “Oh” leggermente spiazzato dalle mie parole ma che poi tornò allegro a sorridermi, facendo qualche passo avanti “Non penso sia un grosso problema” affermò distogliendo finalmente lo sguardo da me e puntarlo intorno, mi sentii come se avessi tenuto trattenuto il respiro fino a quel momento “Chi possiede il cappello del nostro naufrago?” domandò ai suoi uomini.
Si levarono un paio di voci fin quando un tizio dai capelli rossi si fece avanti “E va bene e va bene, ce l’ho io” affermò questo avvicinandosi a me con in mano il mio cappello “Tieni, amico” disse e me lo porse.
Lo afferrai e me lo rigirai tra le mani osservandolo, come se tutto si fosse aggiustato con quel semplice gesto, notando che non si era rotto su nessun punto fortunatamente, era tutto intero.
“Tranquillo non c’ho fatto niente, fratello” affermò ancora il rosso, dandomi una pacca sulla spalla come se ci conoscessimo da una vita.
Qualcuno ridacchiò ma io mi limitai a sospirare mentre mi mettevo in testa il berretto facendo attenzione alla garza medica, posando il mio sguardo sul rosso “Non sono tuo amico” ribattei per quello che aveva detto poco prima “Né tanto meno tuo fratello” affermai gelido.
Il tizio sobbalzò appena, guardandomi leggermente intimorito “Qualcuno qui è leggermente irritabile” disse qualcuno della ciurma lì presente.
Sentii ridere e mi voltai, per vedere il capitano afferrare per le spalle il dottore “Già, che gli hai fatto per renderlo così scontroso?” scherzò verso l’amico “Lo avrai fatto dannare!”.
L’altro rise “Assolutamente nulla credimi, è così da quando si è svegliato” spiegò.
“Ohh…” rispose allora il capitano tornando a guardare me con aria divertita “Quindi sei suscettibile per natura” affermò.
Io? Suscettibile di natura? Ma quando? Mi stavano sul cazzo gli idioti, era diverso.
Si staccò dal dottore e fece i passi che gli bastavano per trovarsi a meno di un metro da me, e lì notai che lo superavo di qualche centimetro in altezza “Comunque io sono Portuguese D. Ace il capitano della seconda flotta di Barbabianca e questi sono miei uomini.” affermò sorridente mentre si presentava, tirandosi leggermente indietro la visiera del cappello.
Anche lui..., pensai cercando di non mostrare la mia sorpresa quando scopri che anche lui aveva la D nel nome.
Era un bel ragazzo certo, ma come mai l’Imperatore lo avesse scelto per una carica così importante lo trovavo un mistero. Non lo conoscevo neppure, mai sentito in giro, ma comunque ero nuovo nel campo della pirateria e c’erano ancora tante cose che dovevo ancora imparare. Questo non voleva dire che mi sarei fatto mettere sotto i piedi da un Imperatore, certo, ma dovevo rimanere prudente.
“Tu sei?” chiese vedendo che non accennavo a dire nulla.
“Water” risposi solo, non volendomi sbilanciare al nome completo per sicurezza “Solo Water” aggiunsi.
Vidi sul suo viso comparire un sorrisetto per aver ottenuto quella piccola vittoria “Bene, Water. Benvenuto a bordo” Mi fece “Sono contento di sapere che sei tutto intero, non avevi una bella cera quando ti abbiamo ripescato. A proposito, ma che ti era successo?” domandò poi facendosi più serio.
Mi ripassò per la mente tutto quello che mi era successo il giorno prima e mi sentii stanco in poco tempo senza neppure averne parlato “Un  tornado mi ha sbalzato via” risposi semplicemente, omettendo dettagli.
Qualcuno si sorprese, altri furono scettici, Ace davanti a me sembrò prenderla abbastanza seriamente e annuì appena “Sei stato fortunato allora” affermò infatti “Non è cosa da tutti uscirne illesi come te” aggiunse poi sospirando appena prima di riportare lo sguardo su di me “C’era qualcun altro con te? Non so, amici, famiglia, compagni…” iniziò ad elencare ma io decisi di cogliere la palla al balzo e lo interruppi.
“Avreste un lumacofono? Dovrei provare a contattare qualcuno” dissi, quasi con pretesa.
Ace sembrò star per dire qualcosa ma la voce di un uomo dell’equipaggio lo sovrastò “Non ti sembra di esagerare?” domandò questo ma non mi voltai verso di lui, reputandolo superfluo “Ti sembra il modo di rivolgerti al nostro capitano? Portagli rispetto. Dovresti ringraziarlo, è per lui se tu adesso sei ancora vivo” affermò.
Il suo capitano si voltò verso il suo uomo “Tranquillo, Jura. È tutto a posto” provò a dirgli.
“Non è tutto a posto, ma lo hai sentit…” provò ad insistere ma sta volta fui io ad interromperlo.
“Non ho nessuna intenzione di ringraziare né lui né nessun’altro” affermai freddo voltandomi a guardare quell’uomo di mezza età.
“Che?” fece questo incredulo.
Continuai ad ignorarlo “Non ho chiesto a nessuno di essere salvato, è stata una vostra scelta, non di sicuro mia. E dato che non ho fatto questa richiesta non è un mio obbligo ringraziare. Soprattutto per qualcosa che non ho preteso” spiegai.
L’uomo diventò leggermente rosso in viso alle mie parole, probabilmente incazzato “Tu bastardo…” affermò “Non si parla di cosa si ha chiesto o meno ma di educazione!”
Innalzai leggermente gli angolini della bocca verso l’alto, osservandolo divertito mentre davo sfoggio del mio impareggiabile ghigno bastardo “Strano sentir parlare di educazione da un pirata” commentai con ironia.
Fece un passo avanti “Maledetto…” diceva, quasi pronto a venirmi a picchiare.
Ridicolo.
“Andiamo Jura, calmo” sentii dire da Ace davanti a me quando lo vidi fare qualche passo avanti.
 “Capitano…” provò a controbattere l’uomo.
Il capitano insistette “Tranquillo, non ha importanza se mi ringrazia o meno. A me non fa nessuna differenza, davvero” affermò scrollandosi le spalle e sorridendo di striscio al suo equipaggio, come se la cosa non lo riguardasse.
L’uomo di mezza età provò ancora ad insistere “Ma…”
Ed io ormai irritato mi ritrovai a rispondergli “Penso che Capitano-ya ti abbia appena dato una disposizione, non è rispettoso nei suoi confronti ignorarlo” affermai con una striscia di ironia verso quell’uomo che diventò rosso dalla rabbia.
“Tu taci prima che ti venga a dare una lezione!” mi minacciò infatti.
Ghignai “Non vedo l’ora di assisterla”
Stette per dire qualcos’altro quel tipo ma il suono della risata del capitano gli fece richiudere la bocca. Mi voltai verso Ace, trovandolo parecchio divertito da quella situazione.
“Andiamo, ti procuro un lumacofono” mi fece poi facendosi largo tra il proprio equipaggio verso la sua cabina. Prima di seguirlo lanciai un ultimo sguardo all’uomo di prima, alzai un angolino della bocca in un piccolo sorrisetto, per poi seguire il capitano della seconda flotta dell’uomo più potente al mondo.

 
 

 
 
“Ecco, è questo qui” affermò una volta dentro una cabina con un semplice letto e una scrivania con qualche scartoffia, tirando fuori poi il lumacofono per poi indicarmelo.
Osservai il ragazzo che mi sorrideva, per poi fissare  il lumacofono e fare qualche passo avanti.
Alzai la ricetrasmittente e prima di segnare il numero mi voltai verso il capitano che mi squadrava da capo a piedi non perdendosi un mio minimo movimento “Ti dispiacerebbe Capitano-ya?” chiesi, un velo di acidità nella mia voce.
Alzò le mani in segno di resa “Come vuoi” affermò prima di darmi le spalle muscolose e uscire dalla stanza chiudendosi dietro la porta.
Sospirai e composi il numero d’emergenza del lumacofono che tenevo nel sottomarino in caso si presentassero situazioni di questo genere e avessi bisogno di contattarli. Mi era tornato utile alla fine, e loro che dicevano che ero troppo paranoico.
Dall’altra parte la mia ciurma rispose subito, inutile dire che fecero un baccano dell’altro mondo quando gli dissi che ero io e che ero sano e salvo. A quanto pare non avevano avuto problemi quando si erano inabissati ma subito dopo essersi assicurati che il tornado si fosse placato erano tornati in superficie e si erano preoccupati nel non riuscire a trovare il mio corpo e almeno i miei resti. Gli diedi brevemente le mie disposizioni, gli dissi di venirmi a prendere usando la Vivre Card e di darsi una mossa, anche se non avevo idea di dov’erano loro e tantomeno dove fossi io. Poi riagganciai.
Stavo facendo mente locale fissando il lumacofono davanti a me, pensando alla mia prossima mossa su quella nave, cosa sarebbe stato meglio fare per permettermi la sopravvivenza fino l’arrivo della mia ciurma, quando sentii una voce alle mie spalle.
“Quindi sei un pirata anche tu, come immaginavo”
Mi girai e lo vidi sulla porta, la spalla appoggiata all’anta di legno, le bracciai incorniciate davanti il petto muscoloso. Di sicuro quel tipo non era male, aveva un po’ la faccia da ragazzino arrogante, ma in fondo ci stava anche bene.
Ghignai, pensando che dovevo immaginarmi che sarebbe rimasto ad ascoltare, d’altra parte ero sulla sua nave, e anch’io al suo posto lo avrei fatto.
“Cosa te lo fa pensare Capitano-ya?” domandai con un velo di sarcasmo, mettendomi nei panni del finto innocente.
Si staccò dall’alta e districò le braccia, avvicinandosi a me con passo lento “Non chiamarmi così, non sono il tuo capitano. Anche se mi piacerebbe…” affermò quando fu di fronte a me, a molto meno di un metro, passando gli occhi su tutto il mio corpo dal basso verso l’alto e viceversa.
“Ma davvero?” domandai divertito da quel comportamento così audace per un ragazzino.
Ricambiò il mio ghigno, guardandomi negli occhi, mentre poi con una mano mi afferrò il braccio e mi scoprì in parte il braccio dalla manica della felpa gialla rovinata “Questi me lo hanno fatto pensare fin da subito” disse alzandomelo all’altezza del viso lanciando un occhiata ai tatuaggi che, in effetti, non mi davano l’aria da bravo ragazzo di campagna.
Stranamente di solito ad un contatto così diretto mi sarei ritratto e avrei usato parole non propriamente gentili verso il mio interlocutore ma sta volta non lo feci. La sua mano stringeva con decisione attorno il mio braccio ma non con forza, come per paura di farmi male. La sua pelle scottava, mi sembrava bruciasse e non riuscivo a capire se me lo stessi immaginando o meno.
“E poco fa me lo hai confermato” finì di dire, mollando la mia mano, distogliendo lo sguardo dal mio e voltandosi per andare verso il tavolo a trafficare in cerca di qualcosa.
Trovò una bottiglia di vino, si girò verso di me e mi fece gesto se ne volevo un po’, negai col capo e lui fece spallucce, dirigendosi verso il proprio letto mentre la stappava e ne beveva un lungo sorso.
“Potrei sempre essere un tipo con molti amici e amante dei tatuaggi” cercai di contraddirlo. Non tanto per negare cosa in effetti ero davvero, piuttosto per vedere fino a che punto potessi spingermi con lui, comprendere come potessi giocarmelo a mio favore in modo tale da avere la garanzia di non venir buttato fuori bordo.
Si sedette sul suo letto, mi lanciò un'altra occhiata per intero e bevve un altro sorso dalla bottiglia “Sai, la tua sfrontatezza può essere vista in due modi” disse alla fine.
“Illuminami” gli feci.
Non se lo fece ripetere due volte “O sei troppo stupido per capire dove ti trovi” iniziò col dire lasciando la frase in sospeso per lasciarsi andare ad un leggero sorriso appena accentuato “Oppure sei perfettamente conscio di questo e abbastanza furbo da sapere che limiti non devi varcare per non finire nei guai” affermò infine.
“E tu quale delle due pensi io sia, Portuguese-ya?” gli chiesi, appoggiandomi indietro contro il tavolo e mettendo le gambe a riposo.
“Quando mi sei presentato davanti ero certo della prima, ora invece sono assolutamente sicuro della seconda” affermò scrutandomi bene in viso, aspettando una mia reazione che non vide arrivare ma che non ne fu sorpreso.
Incrociai le braccia davanti al petto “Questo mi mette in una buona o cattiva posizione ai tuoi occhi?” chiesi allora.
“Possiamo dire…” affermò e bevve, tornando poi a incrociare il mio sguardo “Più che buona” rispose infine, e calò un attimo il silenzio tra di noi, in cui ci limitammo a scrutarci, lui stesso però lo ruppe domandandomi “Allora, cosa ha detto che farà la tua ciurma?”
Inarcai leggermente un sopracciglio, facendomi serio “Pensavo avessi sentito tutto” affermai.
“No. Mi è bastato sentire le grida di felicità che provenivano da quell’aggeggio. Mi stupirei se il resto della nave non avesse sentito” rispose in maniera ironica “Allora?” insistette poi.
Lo guardai un attimo indeciso su cosa dire, mentre lui in un sorso trangugiava tutto il resto della bottiglia “Dipende quali sono le tue intenzioni con me Portuguese-ya” decisi di dire alla fine.
Lo vidi sogghignare “Beh, ovviamente non ucciderti, altrimenti lo avrei già fatto” fece “Potrei sempre venderti al mercato come schiavo, sono certo che potrei ricavarci qualcosa con te” aggiunse poi, lo sguardo scintillante e giocoso.
“Dubito che ricaveresti molto. Vista la mia costituzione non sarò il più ricercato per fare lavori forzati” cercai di farlo ragionare sulla cosa. Non avevo idea se la sua era ironia o meno, ma non volevo di certo scoprirlo.
“E chi parlava di lavori forzati?” chiese lui con un cipiglio divertito alzato “Io intendevo un altro tipo di lavori, magari più semplici da svolgere ma che fanno sudare in ugual modo” aggiunse poi, sporgendosi in avanti da seduto sul letto, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e ghignando.
Compresi velocemente cosa intendesse e non potei che rimanermene sorpreso e incuriosito da tanta audacia.
Quel tizio era davvero…
“Non dovrebbe pensare a certe cose un ragazzino come te, sei ancora piccolo” lo ribeccai mentre sul mio volto si intravedeva un accenno del mio ghigno.
Stava giocando, questo mi poteva permettere di girare la situazione a mio favore. Sapevo esattamente come fare.
Lo vidi fare una smorfia al mio nomignolo “Oh andiamo, avrai, quanto, ventidue anni? Due o tre più di me comunque…” affermò infatti leggermente infastidito.
“Ventiquattro a dire il vero” lo corressi, divertendomi a stuzzicarlo.
“Non cambia la cosa” rispose infatti schietto.
Si guardò la bottiglia di vetro vuota in mano “Quindi, che farai con me?” decisi di domandare alla fine.
“Navigherai con noi per ora” affermò dopo un po’, si rimise in piedi per poi darmi le spalle “Per il resto vedremo” aggiunse mentre si dirigeva alla porta “Forza andiamo” mi incentivò.
Sorrisi soddisfatto “A quanto pare sarò in debito con te Portuguese-ya” dissi.
“Puoi sempre pagarlo in natura se vuoi” mi propose lui, voltando la testa per lanciarmi un sorrisetto malizioso.
“Con tutto il rispetto, ma non me la faccio con i ragazzini” ribattei.
“Ah no? Eppure la faccia da psicopatico ce l’hai” mi contraddisse “Hai pure le occhiaie”
Sbuffai una risata “Almeno io non vado in giro a torso nudo sventolando la mia ninfomania in faccia a chiunque”
Sul suo viso si formò un caloroso sorriso “Un vero peccato, lo apprezzerei” affermò prima di ridarmi le spalle ed uscire.
Che tipo. Ma davvero un soggetto simile era il secondo uomo più fidato di un Imperatore?

 




 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note dell'Autrice:

Ciao a tutti, spero che questa storia possa interessarvi. Ci sono molto legata e ultimamente l'ho portata a termine e ho deciso di postarla.
Sinceramente non è una coppia di cui sono molto fan, infatti è stato un po' complicato scrivere di loro due. Però dopo la saga di Dressrosa mi sono fatta due domande, e mi sono chiesta se Ace e Law si fossero mai incontrati e se sì in che modo potesse essere avvenuto. Sono i miei personaggi preferiti e devo ammettere che sotto certi versi durante questa storia ho notato che sono molto simili. Vedrete poi se siete d'accordo con me o no.
Per quanto riguarda questo capitolo, Ace è un arrogante presuntuoso, lo sappiamo tutti (io lo adoro per questo), quindi penso sia un tipo abbastanza diretto a dire certe cose, se vede qualcuno che gli piace per me glielo dice e basta. Vedremo se Law sopravvivrà a questa vacanza forzata e come andrà finire.
Spero vi sia piaciuto, se volete fatemi sapere, l'importante è che leggete!
Al prossimo capitolo, a presto!
Bye-bye



 
  
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