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Autore: Francesca_H_Martin    14/01/2017    1 recensioni
E se un veggente indicasse il momento esatto della vostra morte, sareste disposti a tutto pur di evitarlo? Anche perdere voi stessi?
Genere: Fantasy, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 ANGOLO AUTRICE: Eccomi tornata con un nuovo capitolo della mia storia originale "Oblivion". Finalmente ci addentriamo un po' di più nella storia, iniziando a conoscere meglio i personaggi e incontrandone anche di nuovi.
E' davvero divertente creare un mondo completamente tuo, dove i personaggi e tutto il resto sono frutto solo della tua fervida immaginazione.
Così come è bello, però, è anche molto molto difficile.
Sarei immensamente grata se, nel caso vi piacesse o no, lasciaste un qualsiasi tipo di recensione. Mi rendereste  felice!
Un grazie come sempre a chi leggerà e a chi commenterà <3
Buona lettura!
PS: ho inserito un link con la canzone photograph di Ed Sheeran, ascoltatela per una migliore lettura <3

 

σвℓινισи

— chapter 3—

“Tнє ¢ιя¢ℓє”




Alex si preparò in fretta e furia quella sera.
Non pensava minimamente di esserne capace, fare tutto velocemente era una delle cose che odiava di più al mondo.
Per l’occasione speciale aveva deciso di indossare un vestito elegante, uno di quelli che ti mette in risalto tutte le forme; guardandosi allo specchio le sue gote si arrossarono per la vergogna.
Forse era davvero un po’ troppo, anche per un fisico statuario come quello di Nicole.
Gli occhi di Alex ancora dovevano abituarsi all’idea che la sua immagine riflettesse una realtà ben diversa da quella a cui era abituata.
Era davvero strano trovarsi nei panni di un’altra persona.
Tante volte aveva visto il film “quel pazzo venerdì”, cercando in ogni modo di immedesimarsi in quella situazione e di sforzarsi ad immaginare una sua ipotetica reazione, così , per gioco.
Ora invece non doveva sforzarsi per capire cosa realmente si provasse: era come se ti strappassero via un pezzo della tua essenza, un segno indelebile e personale che riusciva a farti sentire te stessa al cento per cento.
Un fischio si fece eco nel silenzio di quella stanza, interrompendo quel vortice di pensieri che la testa della ragazza stava elaborando.
Era Floyd che, poggiato sullo stipite della porta, fissava Alex con occhi scintillanti.
—Bene bene, stenderai tutti stasera con questo vestito! —disse il ragazzo entrando nella stanza e gettandosi sul letto della sua amica Freya.
Prese il cuscino che si trovava sotto quella trapunta bianca e velocemente lo pose sotto la sua testa.
—Non pensi sia un tantino…esagerato? —Alex gli chiese questo guardandosi allo specchio e inclinando la testa di lato.
—Sembri Madonna nei suoi anni d’oro. Smettila di farti paranoie e vieni con me, è arrivato finalmente IL momento! —Floyd si alzò dal letto con un balzo e si avvicinò ad Alex.
—Prima che mi dimentichi…Io e Freya volevamo darti una cosa. Potrà sembrarti strano perché ancora non ci conosciamo del tutto, ma io mi fido di lei e delle sue sensazioni.
Per noi sei una a posto, Nicole. Ricordati che potrai contare su di noi quando vorrai. Questo è il pensierino di benvenuto. —Floyd cacciò dalla tasca della sua giacca una specie di collana argentata con un piccolo ciondolo raffigurante una lettera greca.
Alexandra era un’appassionata di letteratura, amava tutto ciò che riguardasse la mitologia, per questo sapeva benissimo di che lettera si trattasse.
Omega.
Il ragazzo le avvolse il collo con quella catenina e dopo un attimo chiuse quel minuscolo gancetto.
Gli occhi della ragazza emanavano un’abbagliante luce.
Si guardò nello specchio e iniziò a strofinare quel ciondolo-quasi come se lo stesse accarezzando-persa in chissà quale meandro della sua mente.
Il cuore le batteva forte; le sembrava davvero strano che due ragazzi da poco conosciuti potessero essere così gentili e disponibili.
Forse perché quasi mai aveva incontrato persone altruiste e buone, forse perché proprio lei era un tipo di persona che riusciva molto più facilmente a vedere il bicchiere mezzo vuoto che mezzo pieno.
Questa volta però voleva vederlo mezzo pieno, voleva abbandonarsi a quella sensazione di calore e pace interiore che quasi mai aveva sentito in vita sua.
Questa volta voleva fidarsi.
E lo avrebbe fatto.
—E’… è bellissimo. —Alex si girò e strinse Floyd in un abbraccio.
Floyd arrossì, abbassò lo sguardo e si scompigliò i capelli.
—E’ il simbolo portafortuna di questo orfanotrofio. Spero porti tanta fortuna anche a te. — finalmente il ragazzo si spostò un passo indietro e le sorrise.
—Grazie Floyd, davvero. Ringrazierò anche Freya appena la vedrò. E’ stato un gesto meraviglioso. —.
—Non devi ringraziarci, è stato un piacere! Ah, a proposito di Freya…Evitiamo i particolari “abbraccio, arrossire, scompigliamento dei capelli” perché potrebbe fraintendere. —.
Alex sorrise sotto i baffi.
—E tu non vuoi che fraintenda perché…—La ragazza iniziò a gesticolare guardando Floyd con sguardo accusatorio e provocatore.
—E’ inutile che fai quella faccia, non è niente di quel che pensi. Freya è come se fosse mia sorella, siamo arrivati insieme qui. E’…ridicolo. Semplicemente ridicolo.—il suo sguardo era buffo. Gli sembrava così assurdo ciò che la ragazza gli stesse dicendo, anche se quella gocciolina di sudore che stava scivolando giù dalla sua tempia  faceva pensare ad Alex tutt’altro.
—Ridicolo, certo. —Alex lo disse sorridendo, mentre Floyd fece una smorfia e arricciò il naso.
—Andiamo, oh vostra maestà. Non siate scortese, ormai tutti vi stanno aspettando. La regina non può arrivare in ritardo alla sua festa, no? Prego, si sbrighi! — Floyd fece un mezzo inchino e incominciò a ridere mentre Alex gli diede una piccola spintarella.
—Che idota. —.
 
 
⇝Ω⇜
 
Nathan si trovava in uno di quei stretti corridoi del seminterrato, proprio accanto alla grande sala dove si sarebbe tenuta la festa di benvenuto.
Era poggiato al muro con aria preoccupata e nervosa, si vedeva lontano un miglio che qualcosa lo turbava.
Ogni due-tre secondi si guardava intorno, come se stesse aspettando impazientemente qualcuno o qualcosa.
Ispirò ed espirò diverse volte; solo quando un ragazzo gli si avvicinò, il suo battito impazzito ritornò regolare.
—Sei arrivato, Jake. — le parole uscirono dalla bocca di Nathan come un flebile sussurro.
—Si, sono venuto. Non so neanche io cosa ci faccio qui. Ora infatti dovrei and…—
—Dovresti andare dalla tua ragazza, lo so. —Nathan lo interruppe. Nonostante sembrasse una persona tutta d’un pezzo, le sue mani tremavano, così come la sua voce. —Io però so anche perché sei qui e lo sai anche tu. —.
Nathan si avvicinò a Jake di qualche passo mentre quest’ultimo retrocedeva ogni volta che l’altro avanzava.
—Allontanati, non costringermi ad usare la forza. —disse Jake, spintonandolo con una spalla.
Nathan istintivamente lo tirò e lo bloccò vicino una delle tante porte di legno del corridoio.
—Abbiamo un conto in sospeso io e te. Puoi anche far finta che non esista, sappi però che non potrai per sempre nascondere la verità a tutti.
 Io so la verità, ma non devi preoccuparti, questa faccenda rimarrà tra di noi. Custodirò il tuo segreto. —Nathan sussurrò queste parole nell’orecchio di Jake.
Erano state così semplici e chiare ma allo stesso tempo crude e devastanti da inondare il corpo di Jake di brividi di freddo.
Il ragazzo ormai non riusciva a proferir parola.
Nonostante il cuore gli battesse più forte di un tamburo, senza mostrare il minimo segno di inquietudine Jake si aggiustò il colletto della camicia e si liberò dalla presa di Nathan, lasciandoselo alle spalle e continuando a camminare senza mai girarsi indietro.
—Bene bene… Che succede qui? —a parlare questa volta fu James, che era arrivato giusto in tempo per assistere alla scena.
—Niente. Non succede nulla. —replicò Nathan, fingendosi calmo e sereno. —Quindi…la ragazza nuova è arrivata. —continuò, cercando di cambiare subito argomento.
—Già. —disse James con il solito tono impassibile e freddo, mentre si dirigevano verso la sala.
—E com’è? —Gli chiese Nathan, guardando l’amico. Vide che anche lui, nonostante la maschera da duro e tenebroso che indossava, in realtà era abbastanza agitato e strano. Ormai lo conosceva da un po’ per rendersi conto che sotto quella massa di indifferenza si nascondeva qualcosa di incomprensibile ma di presente e reale. Un’emozione, uno stato d’animo confuso o poco chiaro, pensò.
Era  davvero una cosa insolita per James, Nathan lo sapeva bene.
—E’ quella lì. —James, che si trovava ormai davanti la porta socchiusa della grande sala, indicò all’amico Alex.
—Sembra una ragazza molto sveglia, secondo me ci darà del filo da torcere. —.
—Lo penso anche io. —disse James, fissandola un’ultima volta prima di entrare.
 
 
⇝Ω⇜
 
Alex ormai si trovava già da un po’in quella sala brulicante di gente.
Arthur in poco tempo le aveva presentato già tantissime persone, tra le quali quasi tutti gli spocchiosi rampolli della società. Era riuscita a sopportare tutte quelle frasi senza senso e tutte quelle fandonie da altolocati solo grazie a Floyd e Freya, i quali non l’avevano lasciata un attimo da sola.
Le avevano dato tutte le indicazioni possibili su come non morire di noia, rimedi efficaci come quello di sorridere sempre senza ascoltare una parola di ciò che dicessero o, in caso di domande, annuire ogni volta come risposta.
Per loro era una specie di manuale che serviva a far sopravvivere alla serata, così senza pensarci due volte su Alex l’aveva seguito alla lettera.
Aveva funzionato.
Si stava per avvicinare all’ultimo rappresentante di un altro famigerato orfanotrofio quando di fronte a lei vide entrare James, il ragazzo che l’aveva fissata per chissà quanto tempo e per quale assurda ragione qualche ora prima.
Istintivamente si fermò, come se non riuscisse più a camminare.
Si sentiva inspiegabilmente strana, come se si trovasse da sola in quella stanza con lui. Non capiva perché anche solo un suo sguardo le provocasse un turbinio di emozioni che le attraversava lo stomaco fino ad esplodere in quel cuore ormai scalfito.
Non aveva provato mai una cosa del genere; come poteva anche solo sentire questo per una persona che non conosceva affatto?
Eppure sentiva di conoscerlo da sempre.
Il ragazzo la guardò a sua volta, fermandosi di scatto.
Quel secondo sembrò alla ragazza eterno. Tornò alla realtà solo quando, facendo finalmente un passo avanti, si scontrò per sbaglio con una ragazza bionda dallo sguardo furioso.
Sembrava una barbie, così come quella ragazza bassina che la affiancava, tranne per il fatto che la bionda emanava cattiveria da tutti i pori.
—Guarda dove vai la prossima volta, imbranata! —disse ad Alex. Non ci volle un lampo di genio per farle capire che lei era la Regina George di cui avevano parlato Freya e Floyd.
Il tono arrogante della ragazza cambiò improvvisamente subito dopo che “la schiavetta” le sussurrò qualcosa all’orecchio.
Ora sembrava dolce e gentile, ma Alex sapeva bene che era tutta finzione.
—Oh, scusami. Non sapevo fossi la nuova. Io sono Penelope e lei è la mia amica Thori. E’ un piacere conoscerti. —Penelope strinse la mano di Alex, poi guardò con aria disgustata Freya e Floyd che si trovavano accanto la ragazza.
—Proprio perché sei nuova, ti perdono. Una persona del tuo calibro non dovrebbe farsela con immondizia ambulante. Sorrynotsorry.
Vieni con noi. —la barbie gigante le sorrise.
Preferisco restare con, come li chiami, questa “immondizia ambulante” piuttosto che con una vipera come te. Sorrynotsorry. Alex fece una smorfia e si allontanò, seguita da Freya e Floyd.
Mentre si allontanava sentì Penelope sbraitare e qualcosa simile ad una parolaccia seguita dal suo nome.
Freya e Floyd invece gongolavano come non mai.
—Te l’ho già detto che ti adoro, vero? Ti adoro. — disse Freya, sorridendo come un ebete.
“Prova. Prova. Ok, il microfono funziona.”
La voce di Arthur risuonò in tutta la stanza, interrompendo quel frastuono causato dall’insieme delle voci dei presenti.
—Come ben sapete, questa è la festa di benvenuto di Nicole. Ormai già l’avete conosciuta tutti. —disse Arthur, sorridendo alla ragazza.
Alex si sentiva a disagio; aveva tutti gli occhi puntati addosso, non era mai stata il tipo capace di stare al centro dell’attenzione.
Nonostante fosse all’apparenza molto sicura di sè, nascondeva in realtà una timidezza e un’insicurezza che spesso la bloccavano e le facevano rinunciare a cose che forse a volte desiderava con tutta se stessa.
Abbassò lo sguardo e le sue guance assunsero un colorito roseo mentre Arthur continuava a parlare.
—Come ben sapete, con questa festa non vogliamo solo accoglierla in società; questa festa serve principalmente per accoglierla nella nostra allargata famiglia. Da oggi in poi Nicole sarà una di noi. —La riguardò un’altra volta, poi dopo qualche secondo ricominciò a parlare: —Cos’è la famiglia?
Bè, se dovessi scegliere un altro nome per far comprendere al meglio il significato di quella parola, sceglierei sicuramente fiducia.
Senza fiducia non c’è famiglia.
Riponi fiducia in noi, ma soprattutto in te stessa e vedrai che non sbaglierai mai. —. Un applauso fragoroso partì improvvisamente.
Arthur sorrideva entusiasta.
Dopo aver ringraziato, continuò il discorso: —E’ proprio sulla fiducia che si basa questa serata.
Ormai tutti gli ospiti conoscono la nostra usanza. Stasera Nicole, fidandosi delle sue sensazioni, sceglierà la persona sulla quale, più di tutti, potrà fare affidamento.
Una sorta di angelo custode o di bodyguard, come lo chiamano i miei ragazzi. — Un risolino strozzato uscì dalla bocca di Floyd, per questo Freya si affrettò a dargli una gomitata nello stomaco.
—E ora che ho detto tutto, diamo inizio al cerchio! —.
Tutti i ragazzi della fondazione Whisper si disposero a cerchio intorno ad Alex.
La ragazza cedette di un battito.
Si guardava attorno con aria spaesata, quasi impaurita.
Non aveva idea di ciò che avrebbe dovuto fare, per questo guardò Freya in modo interrogativo.
L’amica con dei gesti cercava di tranquillizzarla, infatti Alex subito si calmò vedendola.
Di certo non avrebbe dovuto uccidere nessuno, quindi poteva stare serena, pensò tra sé e sé.
All’improvviso Alex sentì arrivare Arthur alle sue spalle sussurrandole qualcosa e si concentrò su quelle parole, prendendo un bel respiro.
—Ora mia cara Nicole ti benderò. Tutti saranno in silenzio.
Ascoltala. Ascolta la tua vocina, la voce della tua coscienza e segui il cuore.
I ragazzi gireranno e al mio stop si fermeranno.
Quando dirò stop  tu camminerai  nella direzione che sentirai, fino ad arrivare ad uno di loro.
Quando lo farai, toglierai la benda e la persona di fronte a te sarà il tuo punto di riferimento, quella su cui potrai fare sempre affidamento. Tutto chiaro? —.
Alex rimase un attimo in silenzio.
Guardò davanti a sé tutti i suoi compagni. Alcuni ancora non li conosceva e altri… preferiva davvero non conoscerli.
Quella scelta sarebbe stata davvero importante per lei, sperò con tutta se stessa che quella sua vocina non l’avrebbe tradita giusto in quel momento.
Prese aria e un si convinto le uscì di bocca.
—Ok, allora. Via! — Arthur le mise la benda e gli altri ragazzi iniziarono a girare in cerchio.
Dopo qualche secondo uno “stoop” arrivò forte e chiaro alle sue orecchie.
L’unica cosa che riusciva a vedere era nero.
Era come se un vortice l’avesse risucchiata, come se quella paura e quell’ansia di sbagliare avessero creato un vuoto profondo nel suo petto.
Il cuore le batteva a mille, ma la voce della sua coscienza rimbombava forte nella sua testa.
Fece due passi verso sinistra, dando l’illusione di continuare per quella strada, quando all’improvviso cambiò direzione, dirigendosi nel lato opposto alla porta di ingresso, dove c’era il palchetto sul quale Arthur aveva parlato poco prima.
Continuò a camminare finchè non sbattè contro qualcuno.
Visto l’impatto, sembrava forte e muscoloso.
Pregò nella sua testa che non fosse Adam.
In quel caso si sarebbe maledetta a vita.
Velocemente si tolse la benda e la persona che si trovò di fronte la fece rimanere spiazzata: James.
Alex si sentì svenire. Non era normale l’effetto che quel ragazzo sconosciuto aveva su di lei.
Forse era paura; forse timore, visto il suo sguardo da killer spietato. Magari era solo vergogna.
Alla ragazza mancarono per un attimo le forze: stava per cadere all’indietro quando James la prese per un braccio e la tirò a sé.
La testa di Alex sprofondò nel suo petto.
Sentiva il rumore dei battiti del ragazzo mentre sperava con tutta se stessa che non sentisse i suoi perché troppo accelerati.
Il viso di Alexandra si colorò di rosso, ma nonostante questo riuscì a fare un passo indietro e a guardarlo.
—…Grazie. — le uscì con così fatica che per un attimo pensò di essere diventata muta.
James non rispose.
La guardò di nuovo mentre Arthur li raggiunse e si pose in mezzo ai due.
—Bene, da oggi in poi James è il tuo bodyguard. La tua coscienza ha voluto questo. Penso sia davvero un’ottima scelta.
Ora come ultima prova, devi fidarti davvero di lui.
Ballerai bendata con James, facendoti guidare. Vediamo se riuscirai a non calpestare nessuno. —Arthur rise, comunicando al DJ di mettere una canzone.
 
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Furono aperte le danze.
James si avvicinò pian piano ad Alex e delicatamente la bendò.
La strinse forte a sé e iniziò a trasportarla  in giro chissà dove.
Alex nonostante il vuoto che aveva davanti a sé, sentiva le mani del ragazzo che con forza le cingevano la schiena.
Brividi di freddo le attraversavano tutto il corpo fino ad esplodere come fuochi d’artificio nel cuore.
—Io…Io sono A…Nicole. Sono Nicole. —.
Stupida maldestra. Che cosa idiota, sa che mi chiamo Nicole, pensò tra sé e sé.
Il ragazzo rimase in silenzio, continuando a trasportarla qui e lì.
Alex sembrava che stesse volando.
—Potresti…Potresti dirmi il tuo nome. Sai…Visto ciò che è successo oggi, penso che staremo spesso a contatto…Cioè…Hai capito cosa intendo. —Alex arrossì immediatamente, mentre James sorrise sotto i baffi.
—Sono James. Scusami ma sono un ragazzo di poche parole. —.
—Magari è per questo che ho scelto te. Odio troppo parlare con gli altri perché ne sono incapace. Trovo difficile aprirmi con chiunque. Preferisco tenere le cose tra me e me o al massimo tra me e il mio computer. Di sicuro non… non mi crederai perché sto parlando a raffica ma a volte lo faccio quando sono nervosa. — Alex si maledì un secondo dopo aver detto quelle parole.
James le spostò una ciocca di capelli dal viso e senza un motivo la mano gli tremava, meravigliandosi di se stesso.
—E sentiamo…perché sei nervosa? —.
“Nicole! Nicole è finito il ballo, dobbiamo andare! Mi devi raccontare tutto dalla tua prospettiva, preparati che stanotte faremo le ore piccole!”.
Freya si avvicinò correndo, tolse la benda all’amica e la portò via con sé, lasciando James lì che guardava Alex un’ultima volta prima che sparisse dalla sua visuale.
  
 
 
Ormai era tarda notte.
Alex era rimasta dopo la festa a parlare per ore e ore con Freya di tutto ciò che aveva provato in quella strana serata.
Solo qualche minuto prima di scendere in cucina, Freya si era addormentata, così ne aveva approfittato per bere un bel bicchiere di latte caldo.
Appena aprì la porta, fu sorpresa nel vedere che qualcuno aveva avuto il suo stesso pensiero: Adam.
Si trovava poggiato sul mobiletto del lavandino, con una tazza fumante in mano e con il suo solito sguardo da sbruffone.
—Oh, ecco miss popolarità. Sei diventata famosa a quanto dicono. Penso che nessuno però abbia capito realmente come sei. Tutta quella gente avrà avuto un abbaglio bello forte. —mentre parlava aveva quel sorrisino fastidioso che le faceva contorcere le budella.
—Almeno ho avuto la fortuna di non beccare te. Penso che in quel caso mi sarei suicidata direttamente. —Alex sorrise in modo provocatorio.
—Ah bene, ora la ragazzina ha acquisito anche il senso dell’umorismo. Vuoi anche un applauso per caso? —disse Adam facendo due battiti di mano.
—Sono scesa giù per rilassarmi un attimo, non per essere disturbata dalla persona più irritante di questa Terra. —Alex aprì il frigo per prendere il latte e lo versò nella tazza.
—Stessa cosa, ragazzina. Ora però puoi chiamare il tuo James per salvarti dal mostro cattivo, no? —Adam si avvicinò alla ragazza e si poggiò al frigo.
—Allontanati, potresti mischiarmi quella rara malattia chiamatasi “idiozia”. Sai, è abbastanza rischioso respirare la tua stessa aria. —.
Adam stranamente sorrise compiaciuto.
—Ci si vede ragazzina. Ah, salutami il principe azzurro quando lo vedi, mi raccomando. — Si voltò percorrendo la cucina e uscì finalmente da quella stanza, confondendosi con il buio.
 
 
   
 
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