Film > Le 5 Leggende
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Autore: Roiben    14/01/2017    1 recensioni
Ancora poco, solo qualche metro, e infine sarà libero.
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«Tu chi sei?»
«Boogeyman, e tu?»
«Katherine»
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emily Jane Pitchiner, Kozmotis 'Pitch' Pitchiner, Nuovo personaggio, Pitch
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La Strada Verso Casa'
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capitolo 27 – Esperimenti




Katherine, improvvisamente, spalanca gli occhi e annaspa, scossa da un’emozione inaspettata e turbolenta. Si sporge maggiormente verso Pitch, ancora inginocchiato di fronte a lei. Il suo sguardo è palesemente allarmato e Pitch se ne rende conto un attimo prima di ritrovarsela inspiegabilmente fra le braccia.


«Cosa succede?» domanda, agitato e confuso.


Lei continua a fissarlo, la sente tremare nella sua stretta. Le sue piccole mani si posano sul viso dello spirito e sembrano cercare qualcosa; una conferma, forse.


«La tua pelle. Ha…» deglutisce, la sua voce è un mormorio spaventato «brillato, per un attimo» termina rabbrividendo.


«Cosa?» rantola Pitch, scostandosi appena e fissandola sconvolto.


«Io… uhm, non so. Era… come quelle cose di luce e… e…». Al posto del resto della frase, dalle sue labbra esce un singhiozzo strozzato e qualche lacrima bagna le sue guance.


Pitch si riscuote dalla propria incredulità e, delicatamente, stringe le braccia attorno all’esile figura di Katherine.


«Shh, calma, è tutto a posto» cerca di tranquillizzarla, invano.


«No» mormora lei, apparentemente inconsolabile. «Stai… Stai bene?» vuole accertarsi, il suo cuore ancora troppo in subbuglio.


«È tutto a posto» ripete lui, usando la voce più calma gli riesca di trovare. «Sto bene» assicura, per quanto ci sia ben poco di sicuro al momento.


Sospira, spossato. Se deve proprio essere completamente onesto, che stia bene non è del tutto esatto. Al momento, il suo stato oscilla fra panico e senso di impotenza. Molto sgradevole, in effetti.


Passa leggermente un pollice sulla guancia umida e arrossata di Katherine, in un gesto che vuole essere rassicurante. Ma i suoi occhi si posano, di loro volontà, su quelle sue mani che si muovono nello stesso modo di sempre, pur essendo così diverse, quasi estranee. Se non fosse che, in fondo ai suoi ricordi sepolti, sa di averle già viste in un passato molto lontano.


«Pitch» pigola la piccola voce di Katherine, ovattata dalle sue vesti.


«Mh?».


«Che cos’è accaduto?».


«Qualcosa è cambiato» ammette suo malgrado Pitch. «E qualcosa sta ancora cambiando, temo» aggiunge, il pensiero rivolto ai nuovi, recentissimi sviluppi.


Cos’altro deve aspettarsi? La sua mente è una distesa di rovine; i ricordi, le informazioni, i sentimenti. Tutto sparso, tutto così confuso, poco oltre il suo controllo.


«Non sei più uno spirito?» chiede Katherine, in un certo senso incuriosita.


«Lo sono ancora. Se non lo fossi, a quest’ora non esisterei più» ragiona soprappensiero.


Lei sussulta, evidentemente sconvolta da quella prospettiva, e lui si dà mentalmente dell’idiota per aver fatto ciò che fanno solo gli sciocchi e ottusi: aprire bocca senza aver acceso il cervello.


«Pitch» soffia Katherine, spaventata.


«Non devi preoccuparti. Né tu né io siamo in pericolo». “Per il momento” aggiunge fra sé, pensando a tutte le possibili variabili che si troverà a dover affrontare in un probabile futuro.


«Allora quella luce cos’era?» vuole a tutti i costi sapere Katherine, che non si capacita di come una cosa così diversa dal suo Pitch possa non essere un possibile pericolo.


«Conseguenze» risponde lui.


Pitch ha una teoria e, giacché è lì, all’aperto, ha tutta l’intenzione di provarne la validità. Però c’è Katherine lì con lui, che è già molto spaventata e che lo sarebbe ancora di più se lui agisse senza prima spiegarle alcuni dettagli. Si mordicchia distrattamente un labbro, osservandola pensieroso mentre lei attende con pazienza.


«D’accordo, ascolta: c’è… qualcosa che vorrei provare. Non sarà nulla di pericoloso. Solo… ho bisogno di sapere, di capire se ciò che penso sia reale».


«Che cosa pensi?» chiede seria.


«Che ieri è accaduto molto più di quanto sia sembrato a una prima occhiata».


«Pensi che… quelle luci ti hanno fatto qualcos’altro, oltre a farti male?» dubita Katherine.


Piano, Pitch annuisce. «Penso possa essere così, sì. Per questo voglio accertarmene».


Lei lo fissa lunghi momenti, incerta, poi si fa seria e annuisce seccamente.


«Ok, tu fai le tue prove, io resto di guardia. Se capitano brutte cose, ti proteggo» annuncia orgogliosa.


Pitch sgrana gli occhi, sorpreso. «Ah… Ehm, grazie» borbotta imbarazzato.


«Avanti, su!» lo esorta, pratica, Katherine.


Lui raddrizza la schiena in un gesto automatico, esclamando «Signorsì!» e ridacchiando subito dopo delle sue stesse pagliacciate, beccandosi anche uno sbuffo seccato dalla bambina.


Allora si riaccomoda sulla panchina, al fianco di una Katherine attenta a pronta a intervenire in sua difesa al minimo accenno di stranezze potenzialmente letali. Solleva il viso, i suoi occhi brillano sotto l’accecante luce del sole e lui, ancora una volta, si sorprende di poter sopportare tutta quella luce senza svanire in una nuvola di fumo nero. Solleva una mano a schermarsi, nel momento in cui i suoi occhi intercettano la stella attorno alla quale ruota quel piccolo crocchio di pianeti, e inspira lentamente, socchiudendo le palpebre. Abbassa lo sguardo sulla mano ancora appoggiata al ginocchio e si concentra. Ancora. Un poco di più. Solo un altro po’. Ecco: per un istante la sua pelle ha brillato di nuovo, proprio come poco prima, quando ha spaventato la bambina. Le sue labbra si distendono in un morbido sorriso perché sì, qualcosa è davvero cambiato. Forse non potrà più percepire le paure ma, ora, ciò che era un tempo non appartiene più alle Ombre.



Quando ci si smarrisce, i progetti lasciano il posto alle sorprese, ed è allora, ma solamente allora, che il viaggio comincia.” (Nicolas Bouvier)


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La vita è sempre trionfo dell’improbabile e miracolo dell’imprevisto.” (Henri de Lubac)







  
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