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Autore: jaki star    14/01/2017    2 recensioni
Nel giorno del proprio compleanno, Erza Scarlett perde i genitori in un drammatico incidente stradale.
Il vuoto della perdita corrode la sua armatura e la solitudine s'impossessa dei suoi occhi.
Ma un pendolo rintocca la mezzanotte ed una misteriosa foto d'altri tempi compare nella nebbia dei ricordi:
Un villaggio. Una famiglia. Un maniero di campagna. Un ragazzo misterioso a cui sembra essere legata dal destino. Una promessa e il rumore della pioggia, fine e maestoso nel verde di una foresta proibita.
Fra antiche credenze e fitte ombre, Erza dovrà fare i conti con un passato soffocato nel sangue e nascosto nella luce di una pietra... Prima che la Creatura canti l'agonia della sua ultima ora.
[Kirisame ga furu mori crossover] [Principalmente Gerza] [Gale!accenniGruvia]
Presenza di linguaggio scurrile, enjoy!
Genere: Avventura, Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Erza Scarlet, Gajil Redfox, Gerard, Levy McGarden, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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THE FOREST OF DRIZZLING RAIN
 

 
Capitolo tredicesimo: The last piece - Il prezzo da pagare


“Ehi, hai sentito l’ultima? Sembra che questa mattina, il ragazzino di quella sfortunata famiglia sia scomparso” “Davvero?! A proposito di quella casata… Ma il padre di quel piccoletto non è morto recentemente? Il giovanotto che è rimasto sotto la frana” “Sì, è proprio lui. Tra l’altro la moglie è venuta a mancare poco tempo prima…Chissà quante ne ha passate quel bambino. Adesso si è pure volatilizzato… Andiamo bene” ”Sembra una strana maledizione” “Puoi dirlo forte. Hanno setacciato il villaggio e scandagliato i dintorni ma non sono riusciti a trovarlo” “Se non riescono a recuperarlo in tempi brevi, la cosa potrebbe farsi davvero molto seria: questa pioggia non mi piace per niente. Si sa che tipo di pioggia è…” “Non farmi venire i brividi, te ne prego. Tuttavia, non posso che darti ragione: in un giorno piovoso come questo perfino gli adulti non possono andare nella foresta. Spero che non l’abbia fatto, ma se quel ragazzino dovesse aver messo piede nel bosco…” “… Nessuno riuscirà mai più a ritrovarlo...”.

*

Kenji si buttò letteralmente contro il portone di casa, portando dietro di sé una scia impressionante d’acqua: senza prendersi la briga di togliersi il cappotto fradicio attraversò a grandi falcate il primo piano, per poi fiondarsi su per le scale. Con il cuore in gola ed i capelli arruffati puntò verso la camera della figlia, spalancando la porta con urgente irruenza: i suoi occhi si riempirono di terrore e la sua pelle sbiancò, divenendo cadaverica. Eileen, allarmata dal trambusto, si affacciò alla soglia del corridoio, gli occhi arrossati dalla febbre che l’aveva costretta a letto tutto il giorno: vedendo la figura del marito crollare sulle ginocchia si affrettò a corrergli accanto, il cuore pulsante d’ansia.

“Kenji!” lo chiamò a gran voce, posandogli le mani sulle spalle umide “Che cosa sta succedendo?!”.

Gli schiamazzi attirarono l’attenzione di Keiichirou, che raggiunse i due coniugi con un’aria insolitamente tesa: il figlio non lo degnò di uno sguardo e la sua voce tagliò l’aria, roca ed affilata come una spada.

“Eileen” mormorò, lo sguardo assente “Oggi è stato qui qualcuno che ha parlato di cosa è accaduto in paese?”.
La donna lo guardò confusa, mentre il padre sbiancò tutto d’un colpo, irrigidendosi: Kenji puntò le iridi stanche sul genitore, rassegnato e consapevole della piega presa dagli eventi.
“… I miei amici del circolo…” lo sentì mormorare, il terrore in ogni sillaba: il giovane contrasse le dita, nervoso.

“Erza…” alzò il viso sulla stanza, incredibilmente vuota “… È scomparsa”.

*
“ FORESTA DI AZAKAWA.

ENTRARE È PROIBITO!”

Il vento ululava come una bestia, piegando ogni cosa intralciasse il suo cammino: le gocce di pioggia volteggiavano impazzite nell’aria elettrica, avventandosi violentemente sul corpo esile di Erza Scarlett. La ragazzina teneva gli occhi scuri fissi sul cartello davanti a sé, indecisi e allo stesso tempo maledettamente sicuri di ciò che si apprestava a compiere: strinse le labbra in una curvatura decisa, i pensieri veloci e precisi nella mente brillante.

“… Sicuramente, **-kun sta cercando sua madre. Sicuramente… Vuole provare a quelli di quinta che ciò che dicono è una marea di stupidaggini. Sicuramente... Non ce la faceva più a sopportare quegli idioti e le accuse verso sua madre” espose il viso alla tempesta, il cappuccio della felpa arancione mosso dal vento “… Dal momento che sta piovendo, nemmeno gli adulti possono andare nella foresta. Ma io devo andarci, perché… Perché abbiamo fatto una promessa e la manterrò fino alla fine!”.

Un tuono squarciò il cielo, ruggendo selvaggiamente: Erza camminò fino a trovarsi davanti ad un solido ponte tibetano, qualsiasi residuo di paura ormai scomparso. Chiuse gli occhi, focalizzando una schiena magra fasciata da un’immancabile felpa grigia: non le era difficile immaginare il profilo di **-kun intento a scrutare la foresta, i lineamenti contratti dalla sofferenza e dal nervosismo.
“**-KUN, DOVE SEI?!” gridò a pieni polmoni, senza smettere di guardarsi in giro “RISPONDI!”.
Attraversò il ponte, per poi guardarsi in giro: un sentiero stretto ed oscuro si delineava sull’orlo sinistro del burrone, ma la bambina lo scartò a priori. Secondo i suoi calcoli, l’amico si era diretto esattamente al cuore della foresta, il punto più profondo e pericoloso dell’intera area: i suoi piedi ricominciarono a muoversi con urgente fretta, mentre il freddo della tempesta iniziava a rendere i vestiti pesanti ed il corpo debole.

Superò una bassa recinzione in legno, per poi arrestarsi nei pressi di una grande roccia splendente: un alone blu dall’aria quasi sacra la avvolse in un tenero saluto.
La ragazzina socchiuse gli occhi colmi di tristezza, ricordando le ambizioni del compagno riguardo le meravigliose Luci della Notte.

Fece per proseguire, quando un improvviso bagliore, ben diverso da quello del minerale, le ferì la vista: con un urletto indietreggiò di qualche passo, le braccia a protezione del viso. Una risata cristallina ed infantile si sprigionò nell’aria, suscitando la curiosità dell’erede degli Scarlett: sorpresa si ritrovò a fissare la figura di un bambino di pochi mesi, il corpo fatto di luce ed il viso tondo intriso di felicità. Il neonato volteggiò nell’aria, facendo qualche capriola, per poi puntare gli occhi candidi sulla giovincella: le fece un sorriso sdentato, allegro.

 
“Stai cercando qualcuno?”

“… Sì” rispose un po’ titubante Erza, la voce tremula “Sto cercando un ragazzino. Per caso l’hai visto?”.
Lo spirito annuì, l’aria benevolmente pensierosa.

 
“Sì, lo conosco. L’ho visto. Si è addentrato parecchio: stava cercando sua madre, che bravo bambino”

La piccola scattò in avanti, il viso allarmato ed illuminato dalla speranza: alzò senza volere il tono di voce, concitata.
“Davvero? Oh, allora vuol dire che è vivo, che stava bene!” esclamò, improvvisamente sollevata: il neonato la guardò qualche secondo, per poi farsi più serio.

 
“Abbi coraggio e salvalo”

Quelle parole ebbero il potere di farla gelare sul posto, la gioia che si tramutava in confuso sconforto: alzò gli occhi improvvisamente vuoti sullo spirito, tremante.
“Cosa vuol dire…?” domandò, la paura a morderle il petto: il neonato restò impassibile, per poi sorridere in maniera ambigua.

 
“Abbi coraggio e salvalo.
Se davvero ti piace, se davvero gli vuoi bene, salvalo.
Che brava persona: se dovessi incontrarlo anch’io forse lo salverò”

E così com’era arrivato se ne andò, dissolvendosi nell’aria come un miraggio nel deserto.

*

Erza si catapultò in avanti, cercando di afferrare lo spirito o quanto meno trattenerlo: non le piacevano molto le ultime parole che aveva pronunciato, avevano uno strano sapore amaro che ancora non era riuscita a definire. Assillata dai dubbi ricominciò la sua ricerca, correndo a testa bassa nel fitto della foresta: a gran voce chiamò l’amico, sperando di vederlo sbucare da qualsiasi angolo possibile.

“**-kun dove sei?! Ehi, dannazione rispondimi! Avanti, ti prego! Rispondimi! **-kun! Anche se si arrabbieranno, una volta che saremo tornati ci scuseremo insieme, così magari ci risparmieranno qualche sculacciata! Avanti dai… Rispondimi **-kun… Per favore…”

*

“Ma… Mamma? Mamma? … Mamma…”.

**-kun ruotò su sé stesso, abbracciando con lo sguardo l’ambiente che lo circondava: due grandi salici frustavano l’aria con le folte fronte, mentre fra due alte mura si diramava un breve sentiero che portava ad una corta passerella di legno. Essa sovrastava un lago dall’acqua scura e profonda, sulla cui superficie galleggiavano mollemente alcune ninfee.
Il ragazzino rabbrividì nel sentire la pioggia insinuarglisi nel colletto della felpa grigia, il cappuccio sbattuto dal vento impetuoso: sbuffò fra i denti, creando una nuvola di vapore condensato. Dopo qualche istante di silenzio scoppiò in una risatina nervosa, allargando le braccia in un gesto di esasperazione: parlò ad alta voce, il timbro chiaro a sovrastare i ruggiti del cielo.


“… Non è qui… Mia madre non è qui! Avete visto, bastardi?! Avevo ragione io! Lei è morta… MORTA! E non era un mostro, NON LO È MAI STATA!” prese qualche respiro per calmarsi, l’inflessione infiacchita dalle urla “Ora… Direi che è meglio tornare indietro il prima possibile: di sicuro… Er-chan sarà preoccupata per me…”.

Fece qualche passo indietro, rimirando con meravigliato orrore il cuore pulsante della foresta di Azakawa: era stato fortunato a non aver incontrato nessun essere sovrannaturale, tuttavia, ora che la lucidità si era impossessata nuovamente della sua coscienza, si vergognò per la sconsideratezza del suo gesto. Aveva mancato alle consuetudini del villaggio e soprattutto aveva tradito la fiducia delle persone che gli stavano accanto: i suoi occhi si adombrarono nel pensare al volto deluso di Kenji Scarlett, migliore amico di suo padre nonché genitore della persona più importante che gli era rimasta. Ciò che aveva scelleratamente compiuto avrebbe recato un’ingente amarezza in quell’uomo che aveva cercato di sopperire alla mancanza del compagno prematuramente scomparso: infatti, era sicuro che suo papà, dalla gloria del paradiso, si sentisse rattristato dalla sua insensata scappatella nella foresta.

“Perdonatemi…” mormorò flebilmente, voltandosi per fuggire dal luogo proibito di Azakawa.

 
“MI HAI CHIAMATA, RAGAZZINO?”

Una saetta squarciò l’aria cadendo a poca distanza dal bambino, che venne sbalzato all’indietro: cadde malamente sul terreno fangoso, mentre una risata malvagia avvolgeva la foresta, lacerandogli i timpani provati. A fatica si mise a carponi, un dolore pulsante alla nuca ed al braccio ferito: buttò un occhio alla manica della felpa, strappata e macchiata di vermiglio.
“Dannazione…” sibilò fra i denti, strizzando le palpebre dal male “Che cosa diamine è successo?”.
Frastornato dal rumore del fulmine e dal colpo ricevuto cercò di allontanarsi dal punto di caduta, mettendo a fuoco così dei sassi appuntiti sporgenti dal terreno. Alzò il capo, per poi paralizzare i lineamenti in una smorfia di puro terrore: sulla passerella si materializzarono delle pozze scarlatte, da cui si diffondeva un pungente odore ferroso. **-kun avvertì le energie venire meno, mentre un impetuoso senso di nausea gli assalì la gola, rivoltandogli lo stomaco: si mise seduto con uno scatto fin troppo veloce, un tremendo capogiro a stringergli la testa bollente.
“Sa… Sangue…?” le sue giovani iridi si cristallizzarono dalla paura, mentre una figura avvolta di bianco e cremisi si materializzava al centro del lago.

Era orrenda.
Semplicemente orrenda.
Levitava sul pelo dell’acqua, i piedi simili a quelli di un cadavere che penzolavano nel nulla. Indossava un vecchio kimono liso, sgualcito e macchiato di sangue in ogni punto. I capelli lunghi, incolti e neri come la notte svolazzavano al ritmo della tempesta. Il viso era coperto da una spessa frangia, la quale lasciava intravedere solo le labbra, piegate in un ghigno perverso: la Kotori Obake si mostrò in tutta la sua schifosa follia, ancora più spaventosa di come l’avevano sempre dipinta. 
“Mio Dio…” sussurrò il ragazzino, strozzato dal suo stesso respiro: cercò di indietreggiare, per poi alzarsi sulle gambe malferme. Tremava in una maniera dannatamente violenta, un timore intenso ed antico a squartargli il cuore: si sentiva le ossa coperte da una patina di arcano gelo, i muscoli contratti fino a dolergli.

 
“Mh… Mi chiedo come mai odori di un profumo che detesto. Questo… QUESTO È L’ODORE DELLE LUCI DELLA NOTTE! È DISGUSTOSO! DISGUSTOSO! DISGUSTOSO! L’ODORE DI QUEL RAGAZZINO FA SCHIFO!
… Tuttavia…”

**-kun indietreggiò scompostamente, terrorizzato come mai era stato in vita sua: vide l’orrida creatura volteggiare nella sua direzione, la voce schifosamente folle intrisa della più pura malvagità.
 
“… Se tu diventerai il mio bambino… FORSE SAPRÒ DARTI IL MIO AMORE!
MORDERTI, DILANIARTI FINO A RIDURTI IN POLPA, PER POI RICACCIARTI NEL MIO GREMBO!”

Il ragazzino scosse la testa, teso all’inverosimile: mosse appena le labbra, il cuore martellante nel petto.
“Tienitelo pure, il tuo amore” esalò, in uno slancio di coraggio “Io… Non voglio fare questa fine… No… ”.

 
“TU… ODIOSO, BELLISSIMO RAGAZZINO!
FACCIAMO UNA PROMESSA!”
 
“NO!”.

*

Erza si voltò di scatto, gli occhi grandi come due piattini: a denti stretti scrutò l’unico cunicolo di vegetazione percorribile, il sangue ronzante nelle orecchie.
“Quella voce…” esalò, pietrificata “No…”.
Una luce rossa le ferì gli occhi, mentre un’immagine che non riuscì a comprendere la colpì alla bocca dello stomaco, facendola piegare in avanti: vide due mani membranose allungarsi verso qualcosa di indefinito, un fagottino di carne arrossata imprigionato in una bolla d’acqua squartata da una lama appuntita.
Un ennesimo urlo sorpassò il rumore della tempesta, mentre la pioggia scrosciante e sottile si fece di colpo più gelida: i tuoni ruggirono nel cielo, facendo tremare la terra. Erza scattò in avanti, le giovani iridi lucide di pianto.

“**-KUN!”.

*

Irruppe sulla scena a testa bassa, i corti capelli scarlatti mossi dalla tempesta: l’amico le rivolse uno sguardo disperato, mentre la sorpresa più profonda gli sconquassò l’animo.
Nel giro di poco il piacere nel vedere la compagna si trasformò in terrore e solo in quell’istante l’orfano realizzò la gravità delle sue azioni: vide la Kotori Obake posare gli occhi invisibili in quelli concitati di Erza e sentì la vita scivolargli via dalle vene. Con la morte nel cuore, capì che aveva firmato l’inesorabile condanna dell’unica persona per cui valeva la pena respirare.


“PRESTO, SCAPPIAMO!”.

La voce urgente e decisa dell’amica lo riscosse, permettendo al suo sangue di riaffiorargli al viso: la guardò intensamente negli occhi color cioccolato, scorgendovi una fiamma coraggiosa divampare come il più terribile degli incendi. Annuì e fece per seguirla, ma tutto si tinse di un brillante scarlatto: la terra iniziò a tremare, mentre l’urlo della Creatura Maledetta dilaniava le sue speranze.
“Che cos’ho fatto…?” si chiese, mentre Erza si voltava ad osservare il mostro che da tante generazioni la sua famiglia si impegnava a combattere: strinse i denti in un moto di nervosa determinazione, la paura sublimata dalla disperata voglia di vivere.

 
“NON SI PUÒ FUGGIRE DALLA PROMESSA!!”

E **-kun spalancò gli occhi, mentre la Kotori Obake s’avventava a zanne aperte sul suo corpo.

*

Tutto si fece silente e il ragazzino credette di essere morto: lentamente abbassò le braccia che si era messo a protezione del viso, per poi sollevare le palpebre rese pesanti dalla paura. Si irrigidì nel mettere a fuoco una schiena di un’arancione fiammante, sulla sommità della quale sbucava un caschetto scarlatto: Erza restò immobile davanti all’amico, costringendo la Kotori Obake ad indietreggiare.
“… Er-chan…?” la chiamò, la gola secca come mai gli era capitato in vita sua: lei non gli rispose, limitandosi ad avanzare di qualche passo.
“Ti prego…” proferì la ragazzina, lo sguardo terribilmente serio e allo stesso tempo disperato “… Risparmia **-kun”.
Il mostro liberò la propria voce in uno strillo infastidito, mentre il vento prendeva a soffiare con più intensità: l’erede degli Scarlett non si mosse, impassibile.

 
“NON SI PUÒ FUGGIRE DALLA PROMESSA!”

“Ti prego…” ripeté con rinnovata fermezza la bambina, avvicinandosi ancora di più alla creatura “Io… Ho fatto una promessa con **-kun… Ho promesso di proteggerlo!”.
Il ragazzino incespicò in avanti, avvertendo quelle parole colpirlo con l’intensità di un pugno nello stomaco: le sue pupille s’allargarono disperate, intuendo la piega che stavano prendendo gli eventi.

 
“NON LO LASCERÒ SCAPPARE!”

“ALLORA STIPULERÒ IO LA PROMESSA AL POSTO SUO!”.

Il tempo si fermò, congelando ogni cosa: perfino la Kotori Obake si irrigidì, rimanendo senza parole. L’orfano dischiuse le labbra in una smorfia di puro stupore, mentre il diniego più assoluto gli infiammò le vene.
“NO, ER-CHAN!” gridò disperato, scattando verso di lei “NON PUOI FARE UNA COSA DEL GENERE!”.

Erza si girò verso l’amico, gli occhi pieni di lacrime trattenute: con esasperante lentezza camminò nella sua direzione, avvicinandosi fino a che i loro volti non si sfiorarono.
La bambina represse i singhiozzi, per poi lasciarsi andare ad un profondo sospiro: il ragazzino rimase impietrito, il naso a sfiorare la fronte dell’amica.


“Sarò io… A stipulare la promessa” mormorò, la voce tremula “Perché… Perché è semplicemente troppo triste! Ti sei ritrovato solo, senza nessuno accanto: prima tua madre, poi anche tuo padre ti è stato strappato via troppo presto e Dio solo sa quanto devi aver sofferto. Non c’era più nessuno a darti la buonanotte, non c’era più nessuno ad accoglierti al rientro da scuola, non c’era più nessuno nella tua immensa casa vuota. Tu non ti meriti tutto questo… Tu non ti meriti ciò che sta accadendo in questo momento, in questa stupida foresta… Per tutti questi motivi… IO NON VOGLIO CHE TU FACCIA UNA PROMESSA CON LA KOTORI OBAKE!”.

I suoi occhi s’accesero di un’ira disperata ed amorevole, un’emozione tanto indefinita quanto sconfinata: senza pensare afferrò con forza le spalle dell’amico, le dita arpionate al tessuto grigio della felpa.

“Per questo motivo sarò io a sacrificarmi… PERCHÈ IO HO PROMESSO DI PROTEGGERE GERARD-KUN!”.

Gerard spalancò gli occhi chiari, i lineamenti contratti dallo stupore: il suo sguardo spiazzato si incatenò a quello deciso della Scarlett, sprofondando in un abisso denso di palpitanti emozioni ed affettuosi silenzi. Erza sciolse la presa sulla felpa del ragazzo, lasciando poi cadere le braccia lungo i fianchi: le lacrime sfuggirono al suo controllo, colandole sull’epidermide bianca insieme alla sottile pioggia che non smetteva di cadere.

“Tu non sei un mostro…” singhiozzò, il petto scosso dai tremiti “E non meriti tutto ciò che hai dovuto subire…”.
Fernandes rimase immobile, il fiato strozzato in gola: socchiuse appena le palpebre umide, mentre le lacrime del cielo gli imperlavano le lunghe ciglia blu.
“… Er-chan…” esalò, la voce ridotta ad un sussurro: la bambina fece un paio di respiri profondi, cercando di ricomporsi.
“Non assomigli per niente alla Kotori Obake…” sussurrò Erza, scuotendo la testa: le sue mani sfiorarono la pelle fredda dell’amico, esitanti.

Gerard avvertì le dita della ragazzina lambirgli delicatamente la parte destra del viso, percorrendo con estrema lentezza gli arabeschi caratterizzanti il tatuaggio scarlatto che gli marchiava la pelle: non si sottrasse al tocco, com’era invece solito fare, ed una strana sensazione di calore iniziò a scorrergli nelle vene. La piccola Scarlett gli accarezzò il volto, gli occhi ridotti a due fessure fradice.
“Questo non è uno sgorbio… La tua faccia non è uno schifo… E non sei un codardo, lo hai dimostrato anche senza entrare nella foresta: per tutte le volte che mi hai difeso… Per tutto il dolore che hai combattuto… Ora sarò io a proteggere te, Gerard-kun”.

Gli sorrise come mai aveva fatto in vita sua, una curvatura luminosa e traboccante di bellezza: il piccolo Fernandes rimase colpito dall’affetto che un semplice gesto potesse trasudare. Uno strano senso di disagio gli azzannò lo stomaco, mentre il cuore iniziava a pompare ad una velocità decisamente più elevata. Il ruggito di un tuono lo riportò alla realtà e quando vide l’amica girarsi di spalle comprese cosa realmente stesse per accadere: si scostò la frangia dalla fronte con un gesto secco, la voce tesa ed urgente.
“No, Erza! Aspet-”

 
“QUINDI UNA PROMESSA CON TE, GIUSTO?
MIA BELLA, BELLA BAMBINA…”

Erza annuì, il viso congelato in una smorfia seria: sul volto del mostro spuntò un sorriso compiaciuto. Allungò una mano, pronto a ghermire l’anima prescelta.

“FERMATI!”.
La creatura si ritrasse sibilando, trovandosi davanti lo sguardo bruciante di Gerard Fernandes: a braccia tese sporse il mento con aria di sfida, la voce seccata e ferma come mai gli era capitato in vita sua.

“Nonostante tutto” iniziò, percependo l’espressione sgomenta dell’amica puntata nella schiena “Sono stato io a creare questa situazione: nonostante tutto il dolore, nonostante la sofferenza. Sarò io a stipulare una promessa, per cui… LASCIA STARE QUESTA BAMBINA!”.
“Gerard!” lo chiamò Erza, aggrappandosi alla sua schiena “Non-”.
“Ti ringrazio, Er-chan” la interruppe, senza distogliere lo sguardo dalla creatura “Ma io non posso permettere che anche t-”

 
“BASTA! IL CONTRAENTE NON PUÒ PIÙ SOTTRARSI ORA!
IO VOGLIO QUELLA BAMBINA PIÙ DI TE!”

“Non mi interessa!” ribatté il ragazzino dai capelli blu, la voce intrisa di rabbia e testarda decisione “Io farò qualsiasi cosa… QUALSIASI COSA AFFINCHÈ ORA ERZA NON MI SIA PORTATA VIA!”.

Una risata folle si sparse nell’aria, mentre una nebbia nera s’insinuava fra ogni filo d’erba: la Kotori Obake buttò la testa all’indietro, lasciando che le labbra pregne di scarlatto si distorcessero in una smorfia crudelmente divertita.

 
“IO STIPULERÒ UNA PROMESSA…  MA IN CAMBIO, VOGLIO UNA COMPENSAZIONE. UNA COMPENSAZIONE… DAL TUO CORPO! LE TUE BRACCIA, I TUOI PIEDI, LA TUA TESTA, IL TUO INTERO CORPO È INTRISO DI UN ODORE CHE ODIO! DI CONSEGUENZA… TUTTI I SOSPIRI E I SUONI CHE USCIRANNO DALLE TUE LABBRA SARANNO IL PREZZO DA PAGARE!
LA PROMESSA SARÀ MANTENUTA E NESSUNO DI VOI DUE POTRÀ SOTTRARSI!”
 
Un’esplosione fece tremare l’intera foresta e la figura del mostro si dissolse. La pioggia continuò a cadere, sigillando il giuramento maledetto di due anime innocenti macchiate dalla follia del destino.

*

Gerard strizzò le palpebre, un dolore sordo alla nuca ed un continuo fischio nelle orecchie bollenti: ansimando dal dolore rotolò su un fianco, cominciando a riottenere coscienza del proprio corpo. Socchiuse gli occhi lucidi di trauma, mettendo a fuoco la posa scomposta ed innaturale del suo braccio destro: scorse i lembi della sua felpa stracciata rossi di sangue più di quanto ricordasse. Stringendo i denti si mise carponi, tentando in qualsiasi modo di alzarsi: cadde faccia a terra, avvertendo il sapore del fango fra le labbra screpolate.
Con la mente ottenebrata dal dolore voltò il capo, intravedendo un fagotto dai bordi indefiniti, costituito da una rovinata tela arancione. Il suo cervello si attivò di scatto, facendogli spalancare gli occhi: contrasse gli addominali nel tentativo di alzarsi, incurante del dolore e delle ferite. Con immensa fatica strisciò accanto al corpo della ragazzina, tastandole una guancia per svegliarla dal suo stato d’apparente incoscienza: la sua pelle era fredda, troppo fredda. Gerard si alzò in ginocchio, il braccio ferito a penzoloni lungo il fianco.
Senza pensarci due volte si tolse la felpa fradicia, infilandola con non poca difficoltà alla compagna svenuta.


“Avanti Erza, reagisci! Erza, non riesci a sentirmi?! Ehi, Erza! Erza! Avanti, Erza! … Er… Erza… Non la senti la mia… La mia voce? … No… La voce… Er… Za…. Erza!”.

Lentamente si portò la mano sana al collo, il viso congelato in un’espressione indecifrabile: mosse le labbra, ma nessun suono si sparse nell’aria. Nessuna vibrazione scosse la sua trachea. Nessuna parola venne udita dalle sue orecchie.

 
“TUTTI I SOSPIRI E I SUONI CHE USCIRANNO DALLE TUE LABBRA SARANNO IL PREZZO DA PAGARE!”

Un improvviso dolore gli infiammò i polmoni, diramandosi nei bronchi e risalendo verso la gola: Gerard avvertì il sapore ferroso del sangue fra le labbra ed il suo diaframma si contrasse, causandogli un violento moto di tosse. Puntò la mano sana a terra per non cadere, mentre fiori scarlatti sbocciavano fra lo smeraldo dell’erba e il marrone del fango: Fernandes osservò il suo liquido vitale dipingere il terreno, mentre il nulla più assoluto interrompeva lo scrosciare incessante della pioggia.
“La mia voce…” pensò, il mento completamente colorato di vermiglio “La mia voce… Non c’è più…”.

*

“Mio Dio… Non avrei mai immaginato che avreste potuto contrarre una promessa con la Kotori Obake”.
Keiichirou Scarlett sospirò affranto, posando le grandi mani nodose sulle spalle fragili di Gerard: il bambino teneva la testa bassa, gli occhi verdi oscurati dalla frangia blu. L’anziano sospirò, posando le iridi grigie sulla nuora, la quale teneva fra le braccia la figura bianca della figlia: Erza respirava affannosamente, il viso contratto in preda alla febbre alta. Entrambi i ragazzini erano stati asciugati e cambiati, ma i loro corpi tremavano ancora: il gelo della foresta e della pioggia sottile non sarebbe scomparso presto.
“Nella disgrazia di ciò che è accaduto siamo stati fortunati che entrambi si trovassero nello stesso posto: è solo grazie all’aiuto di questo ragazzino se sei tornata indietro viva, figlia mia” la voce calda e rassegnata di Kenji Scarlett fece voltare i presenti, appesantendo l’aria già di per sé tesa: Gerard alzò appena il viso sulla figura, mentre una nuova ondata di lacrime gli colava sulle guance smorte, per poi cadere sulla pesante fasciatura che gli avvolgeva il braccio destro. Le sue labbra screpolate si mossero, tuttavia non un suono arrivò in risposta al giovane uomo: Kenji socchiuse gli occhi in preda ad un rabbioso rammarico, il cuore e l’orgoglio restii ad accettare ciò che era successo.
“So che ti dispiace, ragazzino” affermò, appollaiandosi stancamente sulle caviglie: osservò il viso della figlia fino a che ella non aprì gli occhi lucidi di febbre.
“Ciao, piccola mia” mormorò, mentre le braccia di Eileen si stringevano ancora di più attorno al corpo della bambina: gli occhi scuri di Erza sembrarono accarezzare il genitore, per poi scivolare sulla figura del nonno e di Fernandes.
Questi lasciò che le iridi verdi facessero capolino fra i capelli folti, regalando alla ragazzina uno sguardo intenso e carico d’emozioni: si sforzò di reprimere i suoi silenziosi singhiozzi, ma le lacrime continuarono a piovere dai suoi occhi.
“Erza” chiamò Kenji, estraendo dalla tasca dei pantaloni una bellissima pietra azzurra: la Luce della Notte catalizzò l’attenzione della bambina, infondendo al suo spirito malato un immediato senso di pace.
“Ora, Erza” sussurrò mellifluo il giovane, senza distogliere lo sguardo dalla piccola “Guarda questa pietra, fissala attentamente: adesso devi dimenticare tutto. Della promessa, di questo villaggio, della vita che hai vissuto fino ad ora. Solo in questa maniera c’è qualche speranza per sfuggire al patto con quel mostro… Per ultima cosa, ringrazia Gerard”.
Nel sentire il nome dell’amico e nel realizzare cosa stesse succedendo, Erza si dimenò furiosamente, cercando di liberarsi dalla presa materna: Eileen strinse ancora di più le braccia attorno al corpo della figlia, le labbra piene serrate a soffocare i singhiozzi che la scuotevano nel profondo.
“No! Non cercare di opporre resistenza, Erza!” la ammonì il padre, con un tono non volutamente duro “Ti prego, dimentica ogni cosa… E perdonaci… Perdonaci per non essere riusciti a salvarvi”.
Erza cercò nuovamente di divincolarsi, le lacrime agli occhi: Gerard fece inaspettatamente un passo avanti, inginocchiandosi allo stesso livello dell’amica. Le sfiorò il viso in una lunga quanto intensa carezza: dischiuse appena le labbra, muovendole lentamente per farsi capire.
“C’è un’altra promessa fra me e te che non mancherò mai di onorare… E anche se saremo lontani, giuro che ti proteggerò a costo di sacrificare la mia stessa vita. Addio, Er-chan…”.

*

Erza si portò con lentezza le mani alle guance, sentendole bagnate di lacrime: restò immobile, le membra congelate dalla confusione ed il respiro strozzato in gola.
Dopo qualche istante lasciò che le braccia le ricadessero lungo i fianchi, mentre il suo petto s’alzava in un respiro profondo.
“… Io ho fatto una promessa…” asserì, la voce neutra e allo stesso tempo carica di sentimento “Io ho fatto una promessa in quella Foresta dalla Pioggia Sottile: mia madre, mio padre e mio nonno ne erano terribilmente tristi. Per tentare di sottrarmi al patto ci siamo trasferiti a Magnolia. Con una Luce della Notte papà mi cancellò la memoria…  Mi ha fatto dimenticare del villaggio di Azakawa, della mia vera casa, delle mie radici… Mi ha fatto dimenticare Gerard! Ma io ora ho ricordato… Ho ricordato tutto: per tutto questo tempo sono stata protetta dalla mia famiglia, dal mio amico di infanzia. Keiichirou, Kenji, Eileen: sono morti per me, per darmi una possibilità... E io non smetterò mai di ringraziarli. Io… Mi dispiace così tanto…”.
Lentamente indietreggiò, portandosi al centro della stanza: si guardò in giro, mentre una strana patina di calma le avvolgeva l’animo provato. I suoi occhi brillarono di una nuova decisione.
“Devo tornare indietro il prima possibile: sicuramente Gerard sta cercando di salvarmi in qualsiasi maniera, sarà solo contro tutto lo schifo che popola quella foresta!” senza pensare osservò la parete di fronte a sé, mentre la sagoma di una porta nera si delineava sull’oscurità del muro “… La nostra battaglia non è ancora finita, Gerard-kun”.

E tutto s’illuminò di un candido colore. 













Angolo dell'autrice: 

Buonasera!
Chiedo perdono: il capitolo era pronto da un po', tuttavia ho avuto diversi imprevisti personali che mi hanno allontanato per un po' di tempo da EFP e dalla tecnologia in generale. 
Che dire?
Un capitolo di rivelazioni, un lungo flashback che, finalmente, svela gran parte delle carte in tavola: Gerard ed Erza, il re e la regina della scacchiera. La famosa promessa, il motivo della sua esistenza. Il prezzo da pagare, la luce dell'oblio: le sorgenti dell'intera faccenda sono state scoperte ed ora la piena è pronta a travolgere le pedine che si affannano per sopravvivere alle battute finali. Siamo veramente alla fine di questa storia di orrori, di delitti, di sangue, di maledizioni... Di amore, di disperazione, di lealtà... Di sacrificio e coraggio, un coraggio messo a dura prova dalla fragilità dell'animo umano e dalla forza della follia.
Il guardiano e l'erede, due anime così diverse eppure così indissolubilmente legate dall'infanzia si apprestano a calcare il palcoscenico per l'atto finale: chi avrà la meglio?
La promessa verrà mantenuta?
Chi non riuscirà... A varcare i confini della Foresta della Pioggia Sottile?
Non è dato saperlo.
Un ringraziamento speciale a Widz, che ha recensito il capitolo precedente, e a tutti i lettori silenziosi che visitano queste pagine. 

All'ultimo capitolo, 

Jaki Star

 
  
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