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Autore: reggina    15/01/2017    2 recensioni
Il difficile periodo post-operatorio, in un reparto neurochirurgico, sviscera i sentimenti più reconditi di due genitori, una giovane fidanzata, un amico, una sorella e un piccolo eroe che ce l'ha fatta di nuovo. Un caleidoscopio di emozioni in cui vorticano speranze, paure, passato e futuro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Amy Abbott, Bright Abbott
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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A Colin sembra di essersi svegliato in una storia di Kafka: barcolla, resta in piedi spingendosi da una parte all'altra, suda e ha la netta sensazione di cadere in avanti nonostante la presa salda del fisioterapista. La testa gli gira, sbanda e, alla fine, la gamba destra non lo regge.

E’ come se fosse scivolato, di nuovo, alla base della parete che stava scalando e, allo stesso tempo, la montagna fosse raddoppiata in altezza.

Un attimo dopo si ritrova con la testa sul water a vomitare l'anima e la rabbia, con Sharon che gli tiene la fronte e soffre più di lui nel veder sprofondare quel poco di vita faticosamente ricostruito, come in quei terremoti dove la terra si inghiotte da sé. Aspetta che la nausea si attenui e poi lo sostiene fino alla poltrona regolabile multifunzione, dove Colin si affloscia in preda alla resa e allo scoramento.

"Perché?"


E’ la parola che Sharon temeva di più e risuona nella sua testa come un eco con cerchi larghi e lenti su un fondo nero. E’ la più semplice delle domande che suo figlio potesse rivolgerle ma non ha risposta.

Non può ricordargli che una notte di un'estate appena nata era rimasta a contemplare il neonato che dormiva nella culla vicino a lei. E, mentre si rigirava nel lettone, con il sonno che la scansava per il caldo e per il ronzio fastidioso di una piccola zanzara, tra tante immagini aveva preso forma una promessa.

Aveva promesso a Colin una vita che, al mattino, lo svegliasse sempre con il sorriso.

"Io non posso dar risposte alle tue sofferenze, tesoro. Posso solo dirti che la vita è dura, non coccola nessuno e, ogni volta che ti colpisce assesta dieci colpi. Abituatici presto ma non lasciare che ti sconfigga!"

Ammette mentre le immagini edulcorate ed abbellite dalla nostalgia lasciano la scena al presente. Colin, però, ha bisogno di sfogare quel dolore che lo afferra e lo stringe, che lo scava e lo affonda.

"Voglio tornare a casa! Sono stanco di questo posto senza i miei poster alle pareti, senza la mia lampada accecante sugli occhi, senza la tazza di latte caldo che mi aspetta sul tavolo della cucina al mattino..."

Si abbandona nell'abbraccio di Sharon, poggiando la testa sulla sua spalla, dove si sente sereno, a casa : lì la donna sente che qualcosa di buono sta facendo.


Quando la loro vita ha incontrato la malattia, tutti hanno imparato a convivere con essa. E’ una convivenza fatta di emozioni e di praticità, di tanti sentimenti diversi e a volte contrapposti. E’ fatta di disagio, dolore, a volte disperazione. E’ fatta di speranza, di coraggio di vivere, organizzando i momenti pratici.

La famiglia Hart si è chiusa come un bozzolo d'amore che protegga Colin, spesso non permettendo ad altri di entrare. Harold e Rose lo penetrano in punta di piedi, a piccoli passi, cercando di occupare il meno spazio possibile.

Per Sharon è un conforto questa rete di solidarietà che non la lascia ad affrontare la solitudine della malattia in quel mondo dal quale vorrebbe fuggire. Colin, invece, accoglie la frutta ricoperta di cioccolato, la pecan pie e i gentili ed affettuosi visitatori con un misto di stupore ed imbarazzo mentre l'acido gli risale la gola.

Gli Abbott devono insistere un po' ma, alla fine, le due mamme si allontanano verso il giardino terapeutico, verso l'auto di Harold con il pretesto di recuperare le riviste che hanno portato per Sharon e con la necessità di uno sfogo tutto al femminile.

Harold resta qualche secondo a fissare il ragazzo, svuotato e pallido, surreale come un quadro di Magritte. Poi sparisce qualche minuto in corridoio e, quando torna, ha in mano una lattina di coca-cola fredda ed un bicchiere. La versa a Colin, che fino ad allora ha deviato lo sguardo su punti dello spazio per nulla interessanti, e lo convince a bere con i suoi modi premurosi e paterni.

"Guarda che è un ottimo antiemetico!"


L'accorgimento funziona e Colin recupera abbastanza energia da cambiare di posizione, nonostante il dottor Abbott si affaccendi per aiutarlo.

"Non sono decisamente un buon partito per sua figlia!"

Non ha paura nel mostrarsi nelle sue debolezze, anzi, è una prova di fiducia così grande nei suoi confronti che Harold ne è intenerito e capisce di dover smentire quella punta di autocommiserazione.

"A me basta sapere che ami Amy come un adolescente e la rispetti nel profondo. Io posso soltanto inchinarmi a questo vostro sentimento bianco, puro, scottante e luminoso!"

Sono entrambi emozionati dopo essersi messi così in gioco affettivamente tanto che Colin deve reinventarsi lo spavaldo di un tempo per rendersi degno di un'approvazione così vera e profonda.

"Dottor Abbott mi da il permesso di portare Amy a cena fuori...Quando uscirò di qui?"

È sicuro di sé, quasi ai limiti della sfrontatezza, come quando due anni fa ha chiesto di poter portare sua figlia al ballo della scuola e, nonostante sul viso gli spunti un sorriso che non riesce a trattenere, ad Harold piace tenerlo sulle spine non riuscendo, infine, a contenere la sua gelosia.

"Verrà anche Bright insieme a voi. S'intende!"

   
 
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