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Autore: Lione94    16/01/2017    1 recensioni
Danases è un mondo fantastico popolato da Elfi, Draghi, Nani e altre creature magiche, sull'orlo del caos.
La protagonista della nostra storia è Elien, una semplice mezz'elfa che vive nella foresta di Elwyn nel profondo nord del paese. Sono dieci lunghi anni che si nasconde, ma non può sfuggire a ciò che è.
Quando i fantasmi del passato torneranno a farle visita e l'ombra della minaccia di una guerra distruttiva tra Elfi e Draghi si allungherà sul suo mondo allora sarà costretta a lasciare il suo nascondiglio e a intraprendere un lungo viaggio che la porterà a compiere il suo Destino...
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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12. Aingel



Era notte fonda quando finalmente aprii gli occhi.
Menfys era seduto accanto a me, mentre tutti gli altri dormivano qualche metro più in là. Mi misi a sedere con uno scatto silenzioso e, sotto lo sguardo attento di Menfys, mi guardai intorno: eravamo in una pianura spoglia e desolata, in lontananza si vedeva una piccola luce.
La prigione era ormai lontana. 
Lo guardai per un momento e quando ripensai a quello che avevo fatto mi sentii un mostro. Avevo ucciso un uomo.
“Magari aveva una famiglia” pensai angosciata “Ed io l’ho ucciso”.
Un singhiozzo esplose dalla mia gola, quando Menfys mi strinse al suo petto. Scoppiai a piangere silenziosa, tremando tra le sue braccia.
Menfys mi accarezzò i capelli: « Shh… Non fare così… ». 
« Io non volevo… Non volevo… » singhiozzai, tormentata « Ma… ma… ». 
« Lo so ». 
« Prima il drago, e ora… » mi coprii il volto con le mani e la mia voce uscì soffocata: « Sono un mostro ».
« Non dire così Elien » Menfys mi costrinse a guardarlo negli occhi « Non devi fartene una colpa perché ci hai salvato. Se non fosse stato per te, adesso, saremo ancora in quella prigione ».
Mi asciugò con dolcezza le lacrime che mi rigavano il volto. Però io non riuscii a fermarmi e continuai a piangere e a singhiozzare sulla sua spalla, finché mi sentii prosciugata da ogni emozione.
All’improvviso qualcosa si mosse e un piccolo gemito uscì dalla bocca della ragazza che avevamo salvato.
Allora, mi alzai per andarle vicino, ma caddi per terra.
Menfys mi rialzò e sentii mancare il respiro quando un forte dolore mi strizzò il polpaccio.
« Ti ha colpito una freccia. Te l’abbiamo fasciata il meglio possibile… » disse l’elfo, aiutandomi ad avvicarmi alla ragazza che stava sotto una coperta « Devo farti vedere una cosa ».
« Cosa? ».
« Guarda ».
Menfys prese la ragazza in braccio delicatamente, come se fosse un fragile ramoscello, e poi imbarazzato le tirò su le maniche del vestito e spostò la gonna che le copriva le gambe. Furiosa, imprecai con tanta violenza che sentii lo sconcerto dell’elfo: le braccia e le gambe della giovane erano piene di lividi e cicatrici.
« Ecco cosa intendeva dire a proposito del dolore » spiegò Menfys, sospirando « Daelyshia le ha curato le ferite che aveva sulla schiena… » ricoprì la ragazza, poi mi guardò e aggiunse: « Cosa facciamo adesso? ». 
« Dormiamo, non c’è ragione di svegliare gli altri per ripartire adesso. Lasciamoli riposare » risposi, zoppicando e sdraiandomi a terra.
Chiusi gli occhi e rimasi sola con i miei pensieri.
Nella mente mi balenarono le immagini della prigione e le lacrime mi scesero ancora, calde, sulle guance. Mi coprii il viso con le mani ed emisi un singhiozzo. Riprovai la sensazione orribile infilare la spada nel petto di quell'uomo. La guerra era orribile… ci trasformava tutti in assassini. Chi eravamo per togliere una vita?
A un tratto sentii un fruscio vicino e vidi Menfys stringermi una mano. Cullata dal suo mormorio incantato mi abbandonai a un sonno senza sogni.

Poco prima dell’alba mi svegliai di soprassalto: vicino a me la ragazza si agitava. La tenni ferma, finché quella apri gli occhi e si sedette di scatto, come se fosse stata punta da qualcosa che le aveva fatto molto male.
« Chi sei? » le chiesi, lasciandola.
Lei mi fissò, sgranando i suoi occhi striati di verde e mormorò: « Lo sai chi sono ». 
Mi alzai di scatto e impallidii quando il polpaccio protestò, lanciandomi una fitta di dolore.
Era davvero mia sorella?
« Non è possibile! ». 
Alla mia esclamazione anche tutti gli altri si svegliarono e si guardarono intorno, confusi.
« Cosa succede? » chiese Menfys, assonnato.
« So che è difficile da credere… » disse la ragazza poggiando una mano sulla mia « Il mio nome è Aingel e sono tua sorella gemella ».
Sbattei le palpebre e la osservai: mi sembrava di guardare la mia immagine riflessa. Anche se i vestiti erano diversi, i capelli più scuri, quasi castani, e gli occhi erano tutte e due verde smeraldo. Notai che lei non aveva le orecchie a punta. Era solo un’umana, anche se mi somigliava molto. Non sapevo se crederle. Era difficile, dopo sedici anni, scoprire di avere una sorella, per di più gemella. Ormai gli altri si erano svegliati e osservavano con enorme interesse Aingel, che però li ignorava e continuava a guardarmi, ansiosa.
« Grazie di avermi salvato la vita ».
« Io… » ricordai le parole di madre Aira « Io sono qui per aiutarti ».
Il Destino aveva in serbo un disegno per noi se ci aveva fatto incontrare...
« Perché nessuno ha mai saputo di te?
» domandò Menfys.
Anche lui era turbato. D'altronde Raene era stata per lui come una sorella maggiore. Lo aveva cresciuto. Capito che non si aspettava che gli avesse nascosto un così grande segreto.
Tutti ci girammo a guardare Aingel.
Lei sospirò e iniziò a raccontare: « Sono nata qualche minuto prima di Elien. Già il destino aveva deciso per noi a chi sarebbe andata la metà umana e la metà elfica, d'altronde a Danases non è forse il secondogenito che eredita il regno? A dimostrarlo c'erano le mie orecchie non a punta. I nostri genitori decisero di separci subito e nostro padre mi portò ad Astrakarn per mettermi al sicuro dai draghi, ma non sapeva che tornando indietro ci sarebbe stato un pericolo ben maggiore ad attenderlo. Quel giorno
» strinse forte i pugni e digrignò i denti « Quel giorno in cui morì riuscirono a salvarmi e crescendo riuscii ad organizzare la resistenza contro l'usupartore, è da anni che siamo la sua spina nel fianco » un sorriso soddisfatto si aprì sul suo volto.
Metabolizzai le informazioni.
E così un altro tassello della mia vita era stato ricomposto. Ogni pezzo della storia della mia famiglia stava tornando al suo posto.
All’improvviso una voce volteggiò sull’accampamento.
« Aingel torna presto ».
Daelyshia, Ogard e Wisp si scambiarono un’occhiata.
« Un drago? » domandò Menfys, incredulo.
Aingel annuì.
« Qui siamo nelle pianure Daan, le pianure desolate, non siamo lontani dal nascondiglio » disse, ma Mavina la interruppe: « Come sappiamo se possiamo fidarci veramente di te? ».
Aingel la guardò confusa per un momento, poi si girò e si scoprì la spalla sinistra, mormorando alcune parole: dietro apparve un tatuaggio rosso a forma di drago.
Tutti rimasero senza parole, me compresa.

Una sottile pioggerella, filtrando dagli alberi, ci sorprese nella foresta, mentre la mia gemella, Aingel, ci guidava a Shelgrey Equilan, la città segreta dei ribelli, il gruppo guidato da lei per lottare contro Klopius, il tiranno che usurpava il suo trono come re degli umani.
« …Questa pioggia! » borbottai seccata, spostandomi dagli occhi i capelli bagnati.
Avevamo percorso molte leghe – io zoppicando – da quando eravamo scappati dalla prigione, e adesso ci trovavamo nell’enorme foresta di Shae.
Il polpaccio fasciato mi pizzicò, riscuotendomi dai miei pensieri.
Aingel parlava a perdifiato. Ascoltammo sbalorditi il suo racconto, di com’era stata catturata e portata alle prigioni. Klopius l’aveva sorpresa mentre tornava da Ililea – la capitale del regno – dopo aver spiato per un po’ di tempo le mosse del falso re. Stava progettando un attacco per interrompere gli approviggionamenti alle truppe di Klopius ma era stata tradita.
Osservai le sue braccia e notai che i lividi stavano scomparendo.
Quando finì di raccontare mi fissò: « Finalmente ci siamo ritrovate e adesso non ci lasceremo più » e detto ciò mi abbracciò di slancio.
Fui sorpresa di quell’intimità così… semplice. 
« È così difficile da credere » ripetei ancora ricambiando la sua stretta.
Avevo così tante domande che mi vorticavano nella testa.
All’improvviso Aingel si fece pensierosa: « Cosa ci facevate voi elfi nel mondo degli umani? ». 
« Il vero motivo per cui siamo qui è perché siamo in cerca della Pietra Elemento dell’aria » rispose Mavina.
« Ma… la Pietra Elemento fondamentale è quella del fuoco » ribatté Aingel, confusa.
« Quella degli umani. Noi elfi abbiamo Terra, Aria e Acqua, per questo gli elfi sono divisi in tre razze: gli Elfi dell’Acqua, della Terra e dell’Aria » spiegò Tanasir.
Camminammo molto, finché non scese la sera, e poi ci fermammo a riposare. Da Nord soffiava un vento molto freddo e così io, Menfys, e Aingel ci rifugiammo vicino a Daelyshia, che ci coprì con le ali; Ogard fece lo stesso con Tanasir, Mavina e Wisp che aveva le ali ancora troppo piccole, non coprivano nemmeno una persona.
La mattina all’alba riprendemmo il viaggio. I soli caldissimi e accecanti, sembravano splendere felici nel cielo senza nuvole. Eravamo ancora all’interno dell’enorme foresta di Shae, e seguivamo il tortuoso sentiero battuto, quando all’improvviso ci trovammo davanti a una biforcazione.
« Adesso, da che parte si va? » chiese Menfys ad Aingel.
Lei lo guardò perplessa: « Non ricordo di una biforcazione… ». 
« Splendido. Ci siamo persi! » borbottò Mavina tra i denti.
Sentii mancare le forze, barcollai e mi appoggiai ad un albero, mentre la ferita al polpaccio mi bruciava la pelle. Mi chiesi perché Daelyshia non sentisse il mio stesso dolore.
« Elien, va tutto bene? » domandò Tanasir.
Lo guardai con occhi smarriti, e poi tornai a guardare la biforcazione. Il sentiero a sinistra era stretto, sembrava che salisse, mentre quello a destra era largo e dritto. Quando lo guardai, avvertii qualcosa di strano, come una presenza maligna in agguato. Anche Daelyshia, attraverso i miei pensieri, avvertì la strana sensazione, e fece guizzare la coda, come se fosse pronta a scattare.
« Dobbiamo andare a sinistra » annunciai. 
« Cosa? » fece Aingel « Elien, non dobbiamo salire, dobbiamo andare dritti, e poi quel sentiero è… ». 
«Dobbiamo andare a sinistra, sento che c'è qualcosa che non va » sentenziai, stringendomi il polpaccio.
A Menfys il gesto non passò inosservato.
« La ferita… ti fa male? » chiese, notando qualcosa di scuro che si allargava sullo stivale, fece per avvicinarsi ma lo respinsi: « Sto bene! ».
Cercai di coprire il sangue, che usciva copioso dalla gamba e mi bagnava lo stivale. Se gli altri avessero visto che la ferita si era riaperta ci saremmo dovuti fermare.
Non dovevamo perdere altro tempo.
Scrutai nuovamente il sentiero. Aingel e gli altri mi guardarono perplessi, sicuri che il sentiero di destra fosse quello più sicuro. Mi lasciai convincere e anche se ancora incerta, mi misi in cammino, seguendoli.
Durante il percorso, il bruciore alla gamba e l’inquietante sensazione mi pesavano sempre di più... Così tanto che mi guardavo intorno agitata, come se un’oscura presenza potesse calare sul gruppo da un momento all’altro. Daelyshia, per via del nostro legame, condivideva la mia stessa agitazione, facendo guizzare gli occhi splendenti tra la foresta. Però non riusciva a sentire il mio stesso dolore pulsante, che mi faceva digrignare i denti ad ogni passo. All’improvviso, si sentì un battito d’ali e un’ombra oscura calò su di noi. Una strana creatura, con la testa da uccello e il corpo da leone, atterrò davanti a noi, bloccandoci la strada.
Il Grifone di Klopius ci guardò con i penetranti occhi gialli.
« Sssiete in mio potere » sibilò.
Aingel, con uno scatto fulmineo prese la spada dalla cintura di Menfys e la puntò contro la creatura, che ghignò: « Ssse opporrete resssistenza, vi ssschiaccerò come mossscerini ».
Ogard gli sputò contro del fuoco, mentre Tanasir lanciò un incantesimo, ma le magie non sfiorarono il Grifone.
« Le vossstre magie non possono toccarmi » stridé arrabbiato e iniziò una furiosa lotta per cercare di catturarci.
Io e Menfys ci rifuggiammo dietro un albero. Presi una freccia e l’arco di Menfys e lo puntai, con mani tremanti, verso il Grifone.
« Elien! Cosa stai facendo? Rischieresti di colpire qualcuno per sbaglio! » esclamò Menfys, mettendosi davanti all’arco e allargando le braccia « Da qui, non riuscirai neanche sfiorarlo, è troppo lontano ».
Non lo sentii e tesi l’arco tremando.
« Al mio segnale, fai spostare gli altri. Prenderemo di sorpresa il Grifone. È troppo forte per noi e la magia non lo può toccare. Abbi fiducia, sono sempre stata un'ottima arciere ».
Menfys sospirò, guardandomi: « Va bene ».
Presi la mira e tesi al massimo l’arco che protestò, scricchiolando pericolosamente.
« Ora! ».
Con un forte schianto, la freccia si librò nell’aria e l’arco – come temevo – si spezzò tra le mie mani, intanto Menfys con un incantesimo allontanava i compagni dalla traiettoria della freccia sibilante, che si conficcò in una delle possenti spalle del Grifone. La ferita iniziò a sanguinare copiosamente e la malvagia creatura lanciò un grido di dolore.
Mi guardò, furibondo: « Me la pagherete! Morirete, ssse sssarete così… sssfortunati da trovarvi ancora nelle mie grinfie ».
Spiccò il volo lanciando strida di dolore. E mentre spariva nel cielo, sentii le schegge di legno intorpidirmi le mani e la gamba esplose in un dolore lancinante.
Il buio mi circondò.

Non vedevo più niente.
L’oscurità mi circondava, opprimendomi.
Ero sola.
Mi resi conto, spaventata, che non riuscivo a sentire Daelyshia nella mia testa. Percepivo soltanto il buio soffocante.
Cercai di muovermi e sentii qualcosa trascinarmi lentamente verso il basso, nell’oscurità più totale, come in un pozzo.
Chissà se aveva una fine. Mi chiesi quando ci sarei arrivata.
A un tratto, delle voci familiari, esplosero limpide nell’oscurità.
« Elien? ».
« Tanasir? » l’eco della mia voce si spense nel buio « Tanasir! ».
« Elien? Riesci a sentirmi? » domandò di nuovo la voce.
« Sì, ti sento » urlai, agitata.
Continuavo a scivolare sempre più giù.
« Tanasir, sono qui! ». 
La voce continuava a ripetere il mio nome, senza ascoltarmi.
« Sta peggiorando » mormorò una voce dolce: Aingel. 
Chi stava peggiorando?
Volevo uscire da quel luogo privo di luce.
Cercai di fermare la mia lenta discesa ma quella continuò imperturbabile.
« Guarirà? » chiese la voce ansiosa di Menfys.
La sua domanda echeggiò intorno a me, senza trovare risposta.
« Sta morendo ».
Finalmente capii.
Io stavo morendo.
Eppure non sentivo nessun dolore.
Era veramente così la morte? Oscura e solitaria?
Quando sarebbe arrivata la fine del pozzo, sarebbe arrivata anche la mia?
Cercai di ricordare il perché della mia morte, e nella mia mente sfocata rievocai il forte dolore al polpaccio, che avevo provato prima di scivolare nel nero luogo in cui mi trovavo. Era per quello che stavo morendo?
Cercai di muovere la gamba e mi accorsi che era diventata pesante, era proprio il suo peso che mi stava trascinando verso la fine.
La mia mente divenne vuota, senza pensieri, e il peso alla gamba aumentò facendomi scivolare più veloce. Ero quasi giunta.
Avrei potuto finalmente abbracciare Raene. Chiusi gli occhi.
All’improvviso sentii qualcuno piangere.
Daelyshia?
Mi ricordai di lei. Non potevo lasciarla. Aprii gli occhi cercando di restare sveglia, ma a causa del buio li richiusi nuovamente. Senza di me Daelyshia non ce la poteva fare.
La sentivo gemere.
La morte era così solitaria…
 

La sua lacrima mi bagnò la gamba, mi sentii leggera e presi a salire sempre più veloce verso l’alto.
La luce mi esplose attorno accecandomi, dietro le palpebre chiuse.
Aprii gli occhi e mi ritrovai in una grande stanza bianca con un’enorme finestra da dove entravano i raggi dei soli.
Nella luce accecante distinsi un volto. 
« Menfys, sei morto anche tu? ».
La sua voce esplose in una risata cristallina: « No, Elien. Sei tu che sei viva ».
Mi sentii circondare dall’abbraccio di tutti e Daelyshia, ruggendo di gioia, mi tirò su e mi strinse al suo ventre caldo, facendo attenzione a non ferirmi con gli artigli. Capii quando fosse importante la sua presenza nella mia vita.
« Ti voglio bene Daelyshia! ».
« Anch’io Elien! » rispose lei « Quando ho sentito il tuo cuore così debole credevo che sarei morta insieme a te, ma una lacrima è scesa dal mio occhio ed è caduta sulla tua ferita e finalmente ho sentito il tuo cuore battere più forte ».
« Non ti lascerò mai » le promisi.
Daelyshia roteò gli occhi e sbuffò un risolino: « Certo che non lo farai, non devi prometterlo ».
Sorrisi in quella confusione di risate cristalline.
Essere scappata alla morte mi fece capire quanto fossero davvero tutti importanti per me, compresa Aingel. Averla finalmente trovata aveva riempito una parte di me, che credevo perduta nei miei ricordi dimenticati. E poi anche Mavina, Wisp, Tanasir, Ogard… Mi feci largo e trovai Menfys ad aspettarmi.
Lo abbracciai, osservando il suo viso. Non l’avevo mai visto così bello. Mi sorrise, felice. Ci stringemmo forte. Gli lasciai un bacio sulla guancia di slancio e mi sorpresi a scoprire quando mi fosse piaciuto. Sentii il cuore iniziare a battermi più veloce e le guance arrossire. Anche lui rimase per un attimo sorpreso ma poi mi prese il volto tra le sue mani calde e rimanemmo a guardarci sorridenti.
All’improvviso un ragazzino entrò di corsa nella stanza bianca e vuota in cui ci trovavamo.
« Vostra altezza! » si fermo ansimando, cercò di riprendere fiato « Vostra altezza… ». 
Tutti smisero di abbracciarmi e Aingel si volse con un’espressione corrucciata.
« Che cosa c’è? » chiese.
« Vostra altezza, mi manda a chiamarvi il Saggio, dovete andare subito da lui, è una questione urgente ».
« Va bene, andremo subito da lui! Grazie… ». 
« Ipy ».
« Grazie Ipy ».

Camminavamo velocemente, quasi correndo. Sopra di noi volavano Ogard, Daelyshia e Naim, la dragonessa dalle scaglie rosso vivo di Aingel. Somigliava molto a Daelyshia, ma il ciuffo sopra i suoi occhi era nero e il suo sguardo, invece di essere arancione brillante era dorato, per il resto era uguale a Daelyshia, anche nella grandezza. Nostra madre era riuscita a donare ad entrambe un drago.
Mentre percorrevamo Shelgrey Equilan vidi che non era una vera e propria città, come ci aveva descritto Aingel, piuttosto un caldo rifugio di piccole case ai margini della foresta, e non molti avevano il coraggio di abitarvi per paura di essere scoperti, anche se Aingel era riuscita a nasconderla molto bene, coprendo le case con arbusti e confondendole con la vegetazione circostante. Somigliava molto ad Aessina, la città della Terra, infatti, la cosa stupiva molto Tanasir che si guardava intorno meravigliato.
Aingel ci guidò verso una casetta coperta da rampicanti, era nascosta così bene che se la mia gemella non l’avesse indicata non sarei riuscita a scorgerla. Quando arrivammo il Saggio Keltosh era lì, ad aspettarci.
Aingel mi aveva parlato di lui. Era il Grande Saggio che, durante il regno di nostro padre, vegliava sulla pietra del fuoco, e quando Elvisier era stato ucciso era stato lui a portare Aingel al sicuro da Klopius, a crescerla e a insegnarle alcuni incantesimi, anche se gli umani non potevano usarli (ad eccezione di Klopius, che aveva rubato il segreto della magia a mio padre). L’aveva aiutata a trovare il suo sangue elfico e a scoprire dentro di lei la magia. E quando Aingel aveva ritrovato la sua parte elfica il Saggio le aveva consegnato l’uovo di Naim, che aveva conservato per tanti anni, e che si era schiuso per lei. Vidi che nella sala Keltosh era seduto in una grande tavola, dove vicino c’erano altre persone. Appena Aingel entrò, tutti si alzarono e fecero un inchino per poi rimettersi a sedere.
« Che cosa succede? ». 
« Altezza » esordì un uomo dai capelli e dalla lunga barba, molto alto e robusto, vestito con armatura scintillante, per prendere la parola.
« Sì, capitano Wilby? ». 
« Altezza, le nostre spie ci hanno spedito un messaggio da Ililea! » esclamò il capitano Wilby, preoccupato.
« Che cosa dice? » chiese Aingel. 
« Klopius ha mandato messaggeri in tutto il regno » intervenne un ragazzo con i capelli neri e gli occhi grigi, anche lui portava un’armatura scintillante. Era il braccio destro del capitano Wilby: suo figlio Ghere « In tutte le città si odono i rumori d’armature e spade. Le truppe si stanno mobilitando ». 
Trasalimmo alla brutta notizia.
« Sì, vostra grazia, le truppe dell’usurpatore si stanno preparando alla battaglia » continuò il capitano Wilby « Siamo riusciti a recuperare un messaggio inviato che diceva che le truppe saranno pronte nel giro di un mese per poi attaccare i ribelli… ossia noi ».
« Che cosa possiamo fare? ». 
« Possiamo preparare le nostre truppe e attaccare per primi, ma sarebbe un’impresa impossibile ».
« Avete delle truppe?» chiesi io, dubbiosa.
« Diciamo che non sono vere truppe, altezza. Sono tutti gli uomini ribelli che sanno combattere » rispose Ghere « Però sono molto pochi ».
Nella sala discese il silenzio e tutti si misero a pensare ad una soluzione.
Mi guardai intorno e giurai di sentire la mente di Aingel – che stava al mio fianco – al lavoro. Guardai il suo volto sul quale si stava aprendo uno strano sorriso.
« È giunto il momento della vendetta! » esclamò Aingel sbattendo un pugno sul tavolo.
« Che cosa vuole dire? » chiese il capitano Wilby. 
Lo strano sorriso di Aingel si allargò ancora di più e Naim borbottò qualcosa d’incomprensibile.
« Andremo a Ililea, prenderemo Klopius di sorpresa. Lo sconfiggeremo! » dichiarò Aingel.
« Irrazionale! » sbottò Ghere, alzandosi in piedi « Non potete farlo! E' una missione suicida!
»
« Anche stando qui aspettando un esercito non è una buona soluzione
» tentò di convincerlo Aingel.
«Io credo che questa sia una buona idea. Ho fiducia in Aingel » disse calmo il Saggio, facendo segno di sedere al ragazzo « La magia degli elfi e dei draghi l'aiuterà. Se così non fosse e falliste... noi nel frattempo organizzeremo le truppe e le difese, non ci faremo trovare impreparati ».
« Non falliremo, Keltosh! » esclamò Aingel sicura di sé ed io annuii coraggiosa, seguita da Menfys e gli altri.
« Così sia, allora… ». 
All’improvviso sentii un forte dolore nel petto.
Ansimai sentendo la gola bruciare, sembrava che stesse per prendere fuoco. Mi girai e vidi del fumo nero uscire delle narici di Daelyshia, che interruppe Keltosh facendo uno strano rumore con la gola, poi tossi e starnutì.
« Per tutte le lune di Danases! » esclamai, agitata « State giù! » gridai mettendomi a terra.
All’improvviso Daelyshia aprì le fauci e dalla sua bocca uscì una violenta fiammata.
Aingel si tuffò sotto il tavolo per non essere colpita.
« Per tutti gli antenati di Astrakan! » sbraitò da sotto al tavolo « Che fiammata! ».
« Scusate » disse la dragonessa cercando di apparire dispiaciuta, anche se era palesemente soddisfatta di poter sputare finalmente fuoco.
« Partirete domani all’alba » disse Keltosh, chinando il capo.

  
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