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Autore: flama87    16/01/2017    1 recensioni
Ogni trecentosessantacinque anni, il Dio Sole sceglie una donna mortale da sposare e la indica ai fedeli con il suo Stemma. Quando il tempo è giunto, gli abitanti del regno di Lactea sono obbligati a consegnarla all'Ordine, il quale permetterà alla Dama Bianca di convolare a nozze con la divinità.
Eppure della Ventiquattresima Sposa non vi è alcuna traccia, il tempo del Viaggio di Nozze è oramai vicino. Impauriti davanti all'idea d'infrangere l'antica alleanza e non volendo incorrere nelle ire divine, il Sovrano di Gennaio e il Sommo Cardinale d'Agosto daranno il via a una caccia agli eretici sanguinosa e cruenta.
E se fosse la Sposa a non voler essere trovata?
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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19.1 Primi rintocchi di Lode


Fin dai tempi più remoti, una sola certezza si era cristallizzata nella mente e nel cuore di ogni cittadino del regno: che, da qualche parte sotto la Grande Cattedrale, vi fosse celata e ben nascosta la casa in cui si era destata la Prima Sposa; una casa fra tante di un villaggio anonimo, composto che da case in legno e qualche palizzata; che l’ira del Dio Sole era ancora una minaccia lontana; e i Sette Fratelli, del cui nome non vi è più memoria, poiché in eterno sopravvivevano solo i loro misfatti, mettevano a ferro e fuoco il reame e il culto dedicato al Sole; giacché di capitali ne esistevano ben dodici, ed ognuna preferiva tenere per sé quel potere che agli uomini sempre fa gola.
Alle soglie dell’ira divina, della solo la tradizione e il mito son gli unici a rammentarlo, l’apparizione della Prima Sposa sancì un punto di svolta: correva la 365° Danza Solare, quando ancora il calendario odierno non era nemmeno nato e il tempo si perdeva come sabbia nella clessidra della storia; colei che salvò il mondo, riappacificò il Dio con gli umani, si destò tra pastori e gente povera. Predicò. Pregò. Mostrò benevolenza. Amò e fu amata. Ella mostrò al Dio Sole che gli uomini erano ancora meritevoli di perdono e di benevolenza, mentre negli uomini rafforzò il desiderio di ritrovare l’Ordine.
Col passare delle danze, quel villaggio crebbe. Fu rinomato: la casa dove la Prima Sposa aveva aperto gli occhi e aveva visto la luce divenne, in brevi tempi, luogo di culto. Da ogni luogo venivano a peregrinare. Così, ben presto, eressero su di essa una prima chiesa. Una struttura semplice, quasi rudimentale: un luogo di culto che non aveva alcuna pretesa.
Al volgere della 7'300° Danza Solare, la Ventesima Sposa si destò e apparve proprio in quella casa, ora divenuta cattedra di preghiere e venerazione. Un segno. Una rivelazione. L’idea che spinse i sovrani dell’epoca fu che, in quell’evento, c’era forse un chiaro messaggio: una volontà precisa, che aveva benedetto quel posto non una ma due volte.
E allora essi si recarono, tutti e dodici, presso quel luogo e lo videro così semplice che qualcosa in loro si mosse. Insieme, con uomini, mezzi e danaro, crearono una seconda chiesa ma più grande e bella; con un campanile di fianco. Fu decorata con statue e marmi pregiati; grandi drappi pendevano dalle navate e su ognuno lo stemma delle casate che, con cuore devoto, avevano contribuito ad abbellire quel luogo sacro; e sulle vetrate, grandi mosaici che narravano la storia umana, fino all’amorevole sagoma della Prima Sposa dipinta sull’abside.
Ma nei cuori dei sovrani c’era, invero, un fondo di maliziosità. Non ebbero ad interesse soltanto il bene del Culto e dell’Ordine, ma credettero che, dandosi da fare, avrebbero forse accresciuto la benevolenza del Dio verso la propria casata e la propria città. Un pensiero sciocco, invero. Eppure, quell’idea li mise presto gli uni contro gli altri; e la Ventesima Sposa si intromise nei loro bisticci e battibecchi, ricordando ai signorotti che nessuna delle loro azioni aveva valore, davanti all’ira del Dio Sole.
Contriti nel cuore e consci di aver operato il bene solo per se stessi, i dodici sovrani diedero ad un uomo il compito di accompagnare la Sposa nel suo Viaggio di Nozze, cosicché questi, a nome di tutti loro, li lavasse dalle colpe e dimostrasse che gli uomini erano sempre pronti a chiedere perdono. Costui, Elaiha Sal’Olmar, ch’era nobile ma di nessuna delle stirpi dei dodici re, si fece carico del suo impegno con grande coraggio e lo portò a termine. Quando la Sposa era ormai prossima a maritare il Dio e lasciare Gaia per sempre, Elaiha Sal’Olmar richiamò i dodici sovrani intorno a un gran tavolo e disse loro di avere avuto un epifania: che un Ordine non poteva essere tale se diviso e frammentato; propose ai sovrani di innalzare una capitale in quelle terre sacre e di nominare un singolo sovrano e un singolo patriarca; ricordò che i fuochi delle eresie, che divampavano sovente, si potevano spegnere dimostrando agli eretici un forte senso di unità e rigore. Non immaginavano i dodici sovrani che Elaiha Sal’Olmar desiderava porre se tesso come sovrano, avendo il favore indiscusso del Sommo Cardinale dalla sua parte.
Nelle guerre per il potere che seguirono, che si conclusero con l’Unico Re Elaiha sgominare gli altri sovrani, la città di Ras Alhague dall’originaria dimensione crebbe. Ben presto, nel corso delle danze, divenne così grande che l’originario luogo di culto fu oscurato e una nuova, possente città si stagliava potente sui sette colli. Al suo centro, imperiosa come nient’altro, la Grande Cattedrale.
Quando Mithra raggiunse il vecchio luogo di culto, lo riconobbe. Lo vedeva per la prima volta ma tutta la sua storia riemerse nella sua mente, come l’avesse conosciuta da sempre. Si avvicinò lentamente, notando come ora la piccola chiesa versava in uno stato totale di abbandono: le pareti si erano annerite ed erano coperte di rampicanti; gli alberi del bosco circostante avevano guadagnato terreno, arrivando a incastrare i propri rami nelle navate; del tetto non c’era più traccia, lasciando il luogo scoperto sotto ai ponti maestosi della capitale; la Grande Cattedrale, di fianco e molto più in alto, non sembrava degnare quella piccola chiesa che di un breve sguardo, come a un figlio degenere che provoca disgusto.
Mithra varcò la soglia inoltrandosi tra colonne in rovina ma si fermò. Un uomo stava contro la parete del prestiberio, con le mani e i piedi inchiodati. Intorno al capo, fino al naso e intorno le orecchie, una maschera di metallo sembrava fusa al suo volto in modo tale da accecarlo, senza impedirgli però di respirare o ascoltare.
“Chiunque sia, non meritava questa fine” pensò la donna.
Poi l’uomo sospirò.
«Avvicinatevi, non abbiate paura» tossì.
«Voi… siete desto?» balbettò la donna, sorpresa.
Lui sorrise. «Se questo lo potete chiamare essere desti».
«Vi chiedo perdono».
«Non dovete. Non ricevo visite così spesso: mi scusi se sono stato brusco».
Mithra si avvicinò, notando che non era possibile liberarlo dalla sua tortura. «Chi siete?»
«Il mio nome non ha importanza» tossì, ancora. «Ciò che importa è: perché sono qui?»
«Perché siete qui, dunque?»
«Perché i miei adorati fratelli desideravano che io non fuggissi da qui. Non potevano zittirmi, così si sono assicurati che rimanessi solo e incatenato per l’eternità».
La donna fece una smorfia di disappunto. «Non siete più solo e, un giorno, chi vi ha fatto questo la pagherà».
L’altro sorrise nuovamente, pur sapendo che quelle della donna potessero essere per lui che promesse da marinaio. «Non abbiate pensiero per me. Io sarò libero molto presto. Piuttosto, voi cosa ci fate qui? In genere a nessuno dovrebbe essere concesso arrivare a me».
«Sono qui perché desideravo arrivare alla Grande Cattedrale… dovevo trovare il luogo in cui si è destata la Prima Sposa. Pensavo di aver sbagliato direzione ma pare io sia sulla strada giusta».
«Oh. Allora so perché siete qui. Il nostro incontro non è casuale. Io so dove si trova».
Il tono di voce della donna assunse un tono di serietà. «Vi sarei molto grata se mi diceste come arrivarci».
«Vede l’organo? Bene. Sfogliate lo spartito, c’è una melodia chiamata Notturno. Ottimo, ora cercate l’opera numero nove. Suonatela e si aprirà il passaggio».
Mithra restò per qualche istante sorpresa. «Tutte le opere del Notturno furono bandite, perché erano una ode alla Luna e alla notte. Chi ha deciso di usare questa melodia sapeva esattamente cosa faceva… e cosa nascondeva».
«Nessuna musica dovrebbe essere bollata come malvagia, signorina. Sono gli uomini ad esserlo. La musica, la buona musica, non ha parte: chiede solo di essere apprezzata».
La fanciulla si sedette e prese a suonare. Non ricordava più così bene le poche lezioni che aveva preso da fanciulla, e il pezzo che stava riproducendo era anche molto complesso. Tuttavia, dopo qualche tentativo, riuscì finalmente a suonarlo e inondò quella chiesa piccola e in rovina con una melodia soave e gradevole. Al termine, pigiato l’ultimo tasto e suonata l'ultima nota, una porta si aprì sul pavimento antistante l’altare e rivelò una scala.
«Vi ringrazio» fece la donna, prima di apprestarsi a scendere.
Lui fece un cenno del capo. «A buon rendere».


19.2 Primi rintocchi di Solstizio


Quando il sistema di catene e ingranaggi si fermò, le porte in ferro scricchiolarono rugginosamente. Rosanne tirò un sospiro di sollievo, anche se non era certa di aver seminato i suoi inseguitori. Varcò quella soglia speranzosa di aver guadagnato abbastanza tempo da correre via, pur non sapendo esattamente dove. Con sua grande sorpresa, si ritrovò immersa da alcune rovine di epoche così remote che non seppe riconoscerne l’origine. Si guardò attorno ed ebbe l’impressione che si trattasse di un qualche genere di santuario. “Dove sono finita?” si domandò, sorpresa.
Avanzò tra le rovine, fino ad arrivare in una zona più in basso, dove notò un’area circolare: centro, probabilmente, di antichi e perduti rituali. Al centro, solenne nonostante il passare delle danze, una statua.
«Questo è… un santuario dedicato alla Dea Luna. Come può esisterne uno proprio sotto la capitale?»
Incredula, Rosanne avanzò per sfiorare la statua quando una voce la sorprese.
«Fai un passo falso e ti ritroverai una freccia nella testa, donna». Un arciere, esile e ricoperto da una leggera armatura di cuoio, le intimò di non muoversi dall’alto di una postazione sopraelevata: si era posizionato nei pressi di una finestra di quella che, evidentemente, doveva essere una stanza adiacente al santuario; metà della struttura era crollata o era stata distrutta, motivo per cui l’unico accesso possibile a quella postazione era, evidentemente, arrampicarvisi. E Rosanne conosceva bene qualcuno abbastanza agile da salire fin lassù.
«Abbassa l’arco, Gunmar. Sono io, Rosanne» gridò lei, cercando di farsi riconoscere. Il compagno mercenario, udendola, abbassò immediatamente l’arma e con un agile balzo fu subito giù.
«Rosanne?» fece, incredulo. Quasi lacrimò. «Cosa ci fai qui da sola? Dopo il casino scoppiato in città, credevamo che…»
«Tante cose, Gunmar. Ti spiegherò tutto con calma. Ma dimmi, sei solo?»
«No. Gli altri sono nascosti nei dintorni. Vieni, ti mostro la strada».


19.3 Equinozio


Il Sommo Cardinale d’Agosto Bēl e suo fratello Anum, il Sovrano di Gennaio, stavano seduti ad un tavolo conversando del più e del meno. Sul piatto delle opinioni, il dibattito imperversava, non senza una certa verve velenosa, sulla situazione generale nel regno. Era evidente -lo era sempre stato- che i due fratelli non condividevano affatto la stessa opinione, benché, contrariamente a quanto si possa pensare, erano affiatati nel tenere le redini di tutti i cittadini.
«La situazione nella capitale è ancora instabile ma è molto migliorata», fece il Sovrano.
«Ciò nonostante, ho saputo di un incidente tra i templari e la milizia reale» commentò il Sommo Cardinale.
«Mi è arrivata voce. Attendo che Johanna Bow faccia rapporto: sta indagando sull’accaduto e, ti posso garantire, che nel suo ruolo è impareggiabile».
«Invero, anche io ho chiesto ad Eaco di occuparsi a sua volta della questione».
«Come mai sguinzagliare addirittura colui che presiede l’Insonnia? Non dovrebbe occuparsi semplicemente di accusare gli eretici e trovarli colpevoli?»
«Tu poni la tua fiducia in Johanna Bow, che rammento essere una umana molto ligia e devota, vero, ma pur sempre umana; Eaco è uno dei miei asteroidi e, come tale, ha ereditato da me tutte le proprietà tipiche di una divinità. Se la tua umana è brava, lui è infallibile».
«Avrei potuto anche io affidare ad uno dei miei figli il compito, ma non ho avuto l’azzardo di metterli in posizioni di prestigio, come hai fatto tu».
«Sai bene che, a differenza di noi Satelliti, gli Asteroidi mantengono una notevole parte della loro natura umana, ma che questa viene raffinata dal potere divino ricevuto: Eaco, tra tutti, era il più qualificato per quella posizione. Il suo odio per gli eretici è una fiamma che non si spegnerà mai».
«Non intendo aprire certo una sfida con te, fratello. Ma non mi fido dei miei figli. Gli umani, invece, una volta plagiati sono molto più facili da indirizzare; e molto più semplici anche da rimpiazzare».
«Come i gladiatori» ironizzò il Sommo Cardinale.
«A proposito. Intendi continuare la celebrazione di domani?»
«Certamente. Domani andremo comunque ai giochi. Lì terrò un sermone che ci aiuterà a calmare gli animi. Tu, in qualità di Re, estenderai la tua influenza su di loro. Le mie parole, combinate ai tuoi poteri, estingueranno ogni rimanente fiaccola di spavento o rivolta nella città».
In quel preciso momento, il suono di nocche sulla porta li sorprese. Entrarono, inchinandosi rispettivamente, prima Johanna Bow, Alto Comandante delle milizie reali, e poi Eaco Garura, Vescovo dell’Insonnia. Il Sovrano e il Sommo Cardinale si alzarono e, privatamente, consultarono i propri sottoposti.
Il Re seppe che una banda di mercenari era stata avvistata e ingaggiata poco fuori le mura cittadine, ai limiti del bosco nero. La loro fuga verso l’interno del bosco e la situazione in città avevano però sconsigliato un rischioso inseguimento. Alcuni uomini della Gendarmeria erano stati trovati assopiti nella casa di tal Mizar Merak, fratello di Alcor Merak; data l’assenza reiterata dello stesso, Johanna suggerì che, probabilmente, era invischiato insieme al fratello in atti di eresia. Oltre a ciò, la tranquillità nella capitale era ormai cosa fatta: i soldati dispiegati erano riusciti a calmare le acque quasi ovunque.
Il Sommo Cardinale, invece, seppe che uno dei suoi sacerdoti era stato assopito prima delle Orme Bianche; quest’ultime erano state nascoste all’interno delle celle dove venivano conservati bambini assopiti o che non si erano mai destati. Ognuno di essi presentava tracce di una colluttazione, facendo intuire che, probabilmente, il sacerdote era stato costretto ad eseguire un Rito del Riposo, richiamare le Orme, per poi essere assopito a sua volta. Una volta aperto il passaggio e messi fuori giochi i figli di Cipride, ignoti sconosciuti si erano potuti facilmente infiltrati nei passaggi segreti utilizzati dagli stessi,così da muoversi con comodità in ogni angolo della capitale. O peggio, nella Grande Cattedrale. Uno degli ignoti, tuttavia, era rimasto ferito, dal momento che una scia di sangue priva di corpo correva fin fuori alle Case di Cura.
Non appena ebbero ricevute le informazioni, Bēl e Anum, rispettivamente, si mentirono. «Nulla di nuovo, fratello» si dissero, reciprocamente. Pur sapendo che fosse una menzogna, non desiderarono interferire l’un contro l’altro. Poiché gli affari della Corona erano della Corona, e gli affari dell’Ordine erano dell’Ordine.
Così si separarono, per tornare ognuno al proprio scranno, da dove riprendere nuovamente a governare.
   
 
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