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Autore: KukakuShiba    16/01/2017    13 recensioni
DESTIEL teen AU
Il mondo del giovane Dean Winchester incontrerà inevitabilmente quello di Castiel Novak, nuovo vicino di casa, affetto da un handicap invisibile. Insieme, i due impareranno qualcosa di prezioso sull'amicizia, sull'amore e sulla vita.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Fanart di Naenihl

 
CAPITOLO DICIOTTO
 
Mi fa male il cuore – dice.
Tutto ciò che ami ti fa soffrire, è una regola
 
Margaret Mazzantini
 
 
 
 
L’Impala scivolava veloce sulla strada, mentre l’asfalto spariva rapido sotto le sue ruote. La musica ad alto volume riempiva l’abitacolo, pressandolo. Dean strinse le dita sul volante e spinse ulteriormente il piede sull’acceleratore, portando l’indicatore del tachimetro oltre il limite usuale.
 
 “C-come hai potuto farlo?”
 
Il biondo serrò la mascella, quasi volesse bloccare il flusso di pensieri che aveva inondato la sua mente, annegandola. I suoi occhi saettarono per un istante sul sedile vuoto accanto al suo. Per un attimo gli sembrò di vedere la figura di Castiel che gli sorrideva, di sentire il suono della sua voce, di percepire il suo odore e questa fugace illusione sfuocò la realtà davanti a lui, riportando la sua mente a poco prima, su quel marciapiede.
 
Dean non riusciva a muoversi. Di fronte a lui, Castiel si stava allontanando e più il ragazzo metteva distanza tra di loro, più il suo corpo rimaneva immobile. All’improvviso, qualcuno lo urtò per sbaglio, scuotendolo da quel torpore che lo stava imprigionando e incitandolo a fare un passo avanti. Dean si mosse e iniziò a correre, senza distogliere lo sguardo da Castiel, mentre i battiti del suo cuore scandivano i metri che lo speravano da lui. Quando fu abbastanza vicino, strinse le dita sul suo braccio, facendolo così voltare.
Il ragazzo dagli occhi blu sussultò a quel tocco e socchiuse le labbra, per poi stringerle in una linea serrata non appena vide Dean.
“Lasciami!” – sbottò, cercando di sottrarsi alla presa dell’altro.
“No!”
“Ho detto lasciami!”
“No, non ti lascio! Non ti lascio finché non mi…” – si interruppe, cercando di calmarsi – “Finché non mi lasci spiegare…”
“Cosa c’è da spiegare?” – ribatté il moro.
Ti prego…” – insisté Dean, cercando i suoi occhi.
Castiel rispose al suo sguardo e smise di opporre resistenza.
Dean allentò la presa, senza però togliere la mano dal suo braccio.
“Mi hai mentito” – disse Castiel.
“Cas, io non…”
“E se fosse stato solo perché volevi rimanere da solo con me, io lo avrei anche accettato, ti avrei perdonato, ma…”
“Lo so, ho sbagliato, ma io l’ho fatto per te…”
“Davvero, Dean? L’hai fatto per me? O l’hai fatto per te?”
“Sei ingiusto se dici una cosa così” – si risentì il biondo – “Dannazione, certo che l'ho fatto per te, Cas! Perché non voglio che tu stia male! Lo capisci questo? Se ti succedesse qualcosa, io…”
“Tu cosa, Dean?” – lo interruppe l’altro.
Castiel esitò un attimo, prima di proseguire.
“Io lo sapevo che sarebbe andata a finire così. Te l'avevo detto fin dall'inizio... Per questo quella sera di Capodanno ti ho chiesto se ne eri sicuro, perché non volevo che tu rinunciassi a qualcosa per me…perché ogni volta che lo fai io mi sento un peso…”
“Ma come te lo devo dire che tu non sei un pes-”
“Se non lo capisci non abbiamo più niente da dirci”.
Dean spalancò gli occhi, colpito da quelle parole.
“Non…non stai dicendo sul serio…Cas?”
L’attenzione di Dean, però, fu interrotta da un’auto blu che accostò lì vicino e da un ragazzo biondo che, poco dopo, scese dal lato del guidatore.
Dean lo riconobbe e aggrottò la fronte.
“Cosa ci fa qui tuo fratello qui?” – chiese poi, guardando di nuovo il giovane.
Castiel si girò verso la macchina e fece un cenno a Balth.
“L’ho chiamato io” – rispose.
“Tu?” – domandò sorpreso Dean – “P-perché?”
Castiel distolse lo sguardo e non rispose.
“Cas?”
Il ragazzo dagli occhi blu si voltò e raggiunse l’auto, aprì la portiera e si sedette sul sedile del passeggero, richiudendo poi lo sportello e fissando la strada davanti a sé.
Dean fece saettare lo sguardo prima su Castiel e poi su Balthe. Il maggiore dei Novak indugiò un attimo e ricambiò lo sguardo, confuso, prima di risalire in macchina. E quando l’auto ripartì, Dean la vide allontanarsi, rimanendo da solo su quel marciapiede.
 
Il suono di un clacson gli fece bruscamente riportare gli occhi sulla strada. Dean fu accecato per un istante dai fari di una vettura e sterzò d’istinto, facendo slittare le ruote dell’Impala sull’asfalto e cercando di rimetterla in carreggiata, riuscendoci per un pelo. Le dita si strinsero ancora di più sul volante, fino a far sbiancare le nocche, mentre respirava rumorosamente.
Dean era consapevole di non aver agito correttamente nei confronti del suo ragazzo, ma ciò che lo aveva animato e spinto fino al punto di mentire all’altro, erano stati il suo desiderio di proteggerlo e di farlo star bene. L’immagine del volto sofferente di Castiel, quella sera a scuola, era ancora vivo nella sua mente e pungolava come una vecchia ferita di guerra. Si era ripromesso che avrebbe fatto di tutto pur di non rivedere una cosa simile, che non avrebbe permesso a niente e a nessuno di turbare ancora quegli occhi blu. Perché per lui Castiel veniva prima di tutto e tutti, persino di sé stesso. Eppure, quella sera, era stato proprio lui a turbare quegli occhi.
 
“Se non lo capisci non abbiamo più niente da dirci”
 
Dean abbassò le palpebre un istante, per poi sollevarle subito dopo, annaspando nella rete di bugie che lui stesso aveva tessuto. Una rete che doveva tenerli al sicuro, ma che ora, invece, li stava stritolando. Tolse una mano dal volante e raggiunse la manopola della radio, alzando ancora il volume, mentre il piede sull’acceleratore incitava la macchina ad andare sempre più veloce.
 
 
°°°
 
 
“Ehi, amico, non lo mangi quello?” – chiese Benny, richiamando Dean, con un tocco del gomito.
Dean sussultò leggermente, battendo le palpebre.
“Uhm?” – bofonchiò.
“Non lo mangi?” – domandò di nuovo l’altro, indicando qualcosa nel vassoio di Dean con un gesto del capo.
“Ah…no, prendilo pure” – rispose piatto il biondo, allontanando il vassoio da sé.
Benny esitò un attimo, soffermandosi ad osservare l’amico, per poi avvicinare piano il vassoio a sé e scambiare uno sguardo di intesa con Charlie, che sedeva di fronte a loro al tavolo della mensa.
“Dean?” – intervenne la ragazza.
“Uhm?”
“È tutto ok?”
Dean incrociò per qualche secondo gli occhi della giovane e annuì impercettibilmente, prima di abbassare lo sguardo sulle proprie mani.
“Sì, sì, tutto ok”.
Erano passati tre giorni da quel sabato sera, e da quando Dean aveva visto Castiel l’ultima volta. Dopo essere tornato a casa, Dean si era trascinato fino in camera sua, e quella notte il suo sonno era stato tormentato dagli occhi blu di Castiel che lo guardavano con rancore e dalla sua voce che amplificava il suo sbaglio. Nei giorni successivi, la mancanza di Castiel si era fatta sentire in modo pesante e Dean ne era rimasto sopraffatto. Più volte si era ritrovato il telefono in mano, deciso a mandargli un messaggio, ma alla fine aveva sempre prevalso il timore che l’altro non rispondesse, facendolo così desistere dal suo proposito. Dean aveva provato anche a recarsi da lui, ma non era mai riuscito ad andare oltre i gradini del portico, perché l’idea di vedere riflessa la propria colpa nel blu dei suoi occhi lo angosciava. Eppure, tutta questa paura stonava in maniera evidente con il suo desiderio di vedere l’altro, di sapere che stesse bene, mettendo così Dean in una posizione difficile. E più passava il tempo, più diventava complicato prendere una decisione.
“Ehi, ragazzi” – salutò Chuck, avvicinandosi al tavolo.
“Ehi, Chuck, dov’eri finito? Ti aspettavamo per pranzo” – chiese Benny.
“Mi hanno trattenuto al giornale” – si scusò l’altro – “Con il ballo studentesco che si avvicina mi stanno facendo impazzire…”
“Non ti invidio per niente, amico” – replicò Benny.
“Ah, prima che me ne dimentichi…” – disse Chuck, aprendo lo zaino – “Mio padre ha alcuni biglietti per il luna park, vi va di andare una di queste sere? La compagnia rimarrà qui a Lawrence solo fino a domenica”.
“Io ci sto” – rispose prontamente Charlie, alzando una mano.
“Conta anche me” – fece eco Benny.
“Ok” – annuì Chuck – “E tu, Dean?” – domandò poi, guardando il biondo.
Dean mantenne lo sguardo basso e non rispose.
“Dean?” – lo richiamò l’amico, attirando la sua attenzione.
Il giovane Winchester sollevò stancamente le palpebre.
“C-cosa?”
“Tu e Castiel venite al luna park?”
Dean schiuse le labbra, ma non disse nulla.
“Certo che vengono” – intervenne Charlie, sorridendo poi all’amico – “Questa volta non vi permetterò di fare i piccioncini solitari” – aggiunse, minacciandolo scherzosamente con un dito.
Il ragazzo si irrigidì e serrò la mascella.
Il suono della campanella spezzò il relax degli studenti in mensa, suscitando borbottii di dissenso.
“Uff, mi ero appena seduto…” – si lamentò Chuck, sbuffando e lasciandosi andare contro lo schienale della sedia.
Dean si alzò in piedi e prese lo zaino, per poi voltarsi e allontanarsi dal tavolo, in silenzio.
“Ehi, Dean!” – lo richiamò Benny.
Il giovane Winchester si girò, con un’espressione assente, e incontrò i volti degli amici che lo guardavano, in attesa di una sua reazione.
“Ci vediamo all’uscita?” – chiese l’altro, dopo qualche secondo.
Dean non rispose, ma si limitò ad annuire e ad incamminarsi verso l’uscita della mensa.
 
“Si può sapere che diavolo ha?” – sbottò fuori Charlie – “Benny?”
“Non lo so…” – ammise l’altro, sospirando.
“Non ti ha detto niente?” – insisté la giovane.
Il ragazzo scrollò la testa, sconsolato.
“Hai provato a parlargli?” – intervenne Chuck.
“Sì, ma lo sai com’è fatto…più insisto e più lui sta zitto”.
Charlie si prese un momento, mordicchiandosi nervosamente l’unghia del pollice.
“Voi pensate che possa avere a che fare con Castiel?” – domandò poi.
Gli altri due sollevarono le sopracciglia, perplessi.
“Ma cosa dici?” – chiese Benny.
La ragazza indugiò un attimo, con lo sguardo fisso davanti a sé.
“Non lo so…è che…” – spiegò lei, gesticolando – “Prima, quando Chuck ha nominato Castiel, ha fatto una faccia…sembrava triste, non so...”
“Tu credi che abbiano litigato?” – chiese Chuck.
“No, forse litigato no, però…” – sbuffò la giovane – “Ho come l’impressione che ci sia qualcosa che non va…”
Charlie ricercò con gli occhi l’uscita della mensa e poi sfilò il cellulare dalla tasca, con decisione.
“Cos’hai intenzione di fare?” – domandò Benny.
“Voglio vedere una cosa” – si limitò a rispondere lei, digitando qualcosa sullo schermo.
 
[13:17] – Da Charlie a Castiel
Una di queste sere andiamo al luna park. Tu e Dean ci sarete, vero?
 
 
 
Dean strinse il libro tra le mani e sospirò. Era fermo da qualche minuto di fronte al proprio armadietto aperto, ma non si era ancora deciso a chiuderlo e ad andare in classe per le lezioni del pomeriggio.
La prima ora prevedeva matematica e, all’idea di stare nella stessa aula con la madre di Castiel, Dean si sentì quasi mancare il respiro.
 
“Se non lo capisci non abbiamo più niente da dirci”
 
Il giovane deglutì un paio di volte e rimise il libro nell’armadietto, per poi chiudere l’anta e sussultare di fronte alla figura che si era avvicinata in silenzio, senza che lui se ne accorgesse.
“Ehi, stronzetto” – sorrise dolcemente Charlie.
“Ehi…”
La giovane lo guardò negli occhi per un istante.
“Sei piuttosto silenzioso in questi giorni” – esordì poi, senza giri di parole.
Dean si mordicchiò l’interno della guancia, in silenzio.
“Va tutto bene?” – continuò lei.
“Sì…”
“Sei sicuro?”
“Sì, sono sicuro…”
“Sai, Dean, con quella faccia da funerale non sei per niente credibile”– ribatté la rossa.
Dean non replicò, ma si limitò a distogliere lo sguardo.
“Dean…”
“Scusa, devo andare” – smozzicò lui, mettendosi lo zaino su una spalla e superando l’amica.
“Dean, aspetta” – lo richiamò lei, toccandogli il braccio.
La ragazza lo scrutò per un istante e poi si fece coraggio.
“Con…con Castiel va tutto bene?” – chiese infine.
Dean spalancò gli occhi, preso in contropiede, e strinse le dita sulla spallina dello zaino.
“Sì…”
“Uhm, ok…” – annuì l’amica, poco convinta – “Quindi verrete al luna park?”
Il giovane si morse un labbro, indeciso su cosa rispondere. Cosa avrebbe dovuto dire? Che sarebbero andati? E in che modo, visto che non vedeva né parlava con il suo ragazzo da tre giorni? Avrebbe dovuto contattarlo? Forse sarebbe stato il pretesto giusto per avvicinarlo… E se, invece, Castiel non volesse parlare con lui?
 
“Se non lo capisci non abbiamo più niente da dirci”
 
Dean sentì una fitta al petto, e strinse le palpebre.
“Dean?”
Il giovane Winchester sollevò le palpebre e incontrò gli occhi di Charlie che lo guardavano, preoccupati.
E in quel momento, l’unica cosa che fu in grado di fare fu scappare, e mentire…all’amica e a sé stesso.
“Sì, ci saremo…”
 
 
°°°
 
 
Il display del cellulare si illuminò, attirando l’attenzione di Castiel. Il ragazzo rimase immobile, a fissare lo schermo che si spense poco dopo, lasciando il posto ad una lucina lampeggiante di colore verde. Fece per allungare una mano, ma si bloccò, ritirandola subito, come se si fosse scottato. Da quando era tornato a casa, quel sabato sera, era la prima volta che riceveva un messaggio e, in quel preciso istante, l’unica persona che gli venne in mente fu Dean.
Gli ultimi giorni erano stati dolorosamente difficili per Castiel. Alla rabbia e all’incredulità provate per quello che Dean aveva fatto, era subentrato ben presto un senso di vuoto e di delusione, che lo aveva accompagnato per tutto il tempo. Nonostante si sentisse ancora ferito dal suo comportamento, la mancanza di Dean era stata tale da venirne sopraffatto. E più questa antitesi strideva, più il giovane non sapeva cosa fare. Era consapevole che prima o poi avrebbe dovuto rivedere Dean, ma in cuor suo non si sentiva ancora pronto, perché nel momento in cui pensava di poterlo affrontare, qualcosa dentro di lui scattava, spostando il peso del suo cuore verso il rancore nei confronti dell’altro, allontanando così anche solo l’idea di avvicinarsi a lui.
Castiel strinse le dita sulla penna che teneva in mano e tornò a guardare il libro davanti a sé, provando a concentrarsi, invano. Dopo qualche minuto, lasciò cadere la penna sul tavolo e si alzò, dirigendosi in cucina. Aprì l’anta del frigorifero, per poi richiuderla subito dopo. Indugiò un po’, appoggiato al bancone e guardandosi in giro, come se fosse alla ricerca di un suggerimento o di una risposta ai suoi pensieri. Infine, tornò lentamente in sala da pranzo e si avvicinò al tavolo. Con cautela, allungò una mano e prese il telefono, rigirandoselo tra le mani. Chiuse gli occhi, facendo una smorfia, come se quella mossa fosse fisicamente dolorosa. Fece un profondo respiro e alla fine sbloccò lo schermo con un gesto del dito, riaprendo gli occhi e trovando il coraggio di guardare.
 
[13:17] – Da Charlie a Castiel
Una di queste sere andiamo al luna park. Tu e Dean ci sarete, vero?
 
Il cuore di Castiel cominciò a battere furiosamente nel petto. Si era aspettato di vedere il nome di Dean, ma non questo. Rilesse più volte il messaggio, come a volersene sincerare, e all’improvviso si rese conto della situazione.
 
Tu e Dean ci sarete, vero?
 
A giudicare dalle parole usate da Charlie, era evidente che l’amica fosse all’oscuro di quanto successo con Dean, ma Castiel non se ne stupì più di tanto. Conosceva Dean, e sapeva benissimo che non era tipo da andare a confidarsi con gli altri così facilmente. La cosa che invece lo colpì fu proprio il fatto che la ragazza gli avesse mandato un messaggio simile. Lui e Charlie si scrivevano spesso, era vero, ma quando dovevano uscire con tutti gli altri, era sempre Dean che faceva da intermediario, e questo Castiel lo sapeva fin troppo bene.
 
“…avrò inviato a Dean quasi mille messaggi per convincervi a venire,
ma non c’è stato niente da fare…”
 
Castiel batté le palpebre un paio di volte. Perché Charlie gli aveva mandato un messaggio simile? E Dean lo sapeva? O forse no? O magari, era stato proprio lui a suggerire all’amica di fare in questo modo, con la speranza di poter far pace? Ma se fosse stato veramente così, perché non dirglielo direttamente? E se invece Dean non avesse voluto dirgli niente? Se avesse voluto tenerlo all’oscuro, come d’altronde aveva già fatto nelle ultime settimane?
 
“A meno che...tu non volevi che andassimo insieme…”
 
Quell’ultimo pensiero prese vita propria e si accese nella sua mente, accecando tutto il resto. Il ragazzo strinse le dita attorno al cellulare, mentre la rabbia riprese a scoppiettare dentro di lui, come quella sera. Dean lo stava facendo di nuovo, lo stava facendo ancora sentire un peso.
Castiel serrò la mascella. Questa volta non glielo avrebbe permesso, e non importava quanto gli sarebbe costato. Sarebbe andato anche senza di lui, pur di dimostrare all’altro che era benissimo in grado di badare a sé stesso, e che Dean non aveva alcun bisogno di fare rinunce per lui.
 
[13:42] – Da Castiel a Charlie
Sì, ci saremo.
 
 
°°°
 
 
Dean chiuse la portiera dell’Impala e si guardò in giro, per nulla entusiasta. La serata stabilita per andare al luna park era arrivata, anche se Dean aveva sperato fino all’ultimo che venisse rimandata o, meglio ancora, annullata. Erano trascorsi altri due giorni senza che lui riuscisse a vedere o a parlare con Castiel. All’inizio aveva pensato che la serata al luna park potesse essere un ottimo espediente per avvicinare il ragazzo dagli occhi blu e azzerare la distanza emotiva che li separava. Ma, alla fine, il timore di una qualsiasi reazione negativa da parte dell’altro, aveva avuto la meglio. E così ora Dean si trovava lì, di fronte all’ingresso del luna park, da solo. A dire il vero, aveva anche pensato di non presentarsi nemmeno e di inventarsi una qualsiasi scusa plausibile, ma in fondo sapeva che non avrebbe potuto evitare di uscire con gli altri per sempre. Tuttavia, anche essere lì per conto suo presentava un grosso inconveniente: l’assenza di Castiel. Cosa avrebbe detto agli altri? Avrebbe dovuto mentire, ricadendo di nuovo nella spirale di bugie che lo aveva portato alla situazione in cui era? O doveva dire la verità, accettando però il terzo grado che gli avrebbe sicuramente rifilato Charlie?
Dean sollevò gli occhi verso il cielo e sospirò. In lontananza, sottili striature rossastre davano il loro addio alla giornata appena trascorsa, accogliendo invece sfumature bluastre, ombrate però da inquietanti macchie nere che minacciavano una possibile pioggia. Di fronte al giovane, un tappeto di luci e colori sgargianti brillava nella penombra della sera, incurante delle minacce provenienti dal cielo.
Dean tornò a guardare davanti a sé e si passò una mano sul viso. Infine, si fece coraggio e si incamminò verso l’ingresso.
 
Dean percorse il tragitto che lo separava dall’entrata del luna park con lo sguardo basso. Intorno a lui, l’aria tiepida si intorpidiva di suoni e di odori, che si facevano via via più distinti mano a mano che avanzava, ma Dean quasi non se ne accorse. In quel momento, il giovane Winchester si sentiva solo, sebbene fosse circondato da tante altre persone che stavano incamminando nella sua stessa direzione. Essere lì senza Castiel era una sensazione strana, quasi soffocante. Da quando si erano messi insieme, il moro era sempre stato accanto a lui ogni volta che uscivano e, in quel momento, Dean avvertì la mancanza dell’altro come se fosse stato privato di una parte di sé. E faceva male, faceva dannatamente male.
“Dean!”
Una voce richiamò la sua attenzione, facendogli sollevare lo sguardo. Qualche metro più in là, Charlie stava agitando un braccio per aria, indicandogli la direzione. Accanto a lui c’erano già Benny, Chuck, una biondina che doveva essere Becky Rosen, e…
Dean si fermò di colpo, con il cuore in gola. Vicino agli altri c’era un’altra persona, la cui figura era pressoché inconfondibile per lui. La linea del corpo, i capelli neri e, nonostante fosse forse troppo distante, Dean giurò di poterlo vedere…il blu magnetico degli occhi. Era Castiel.
Cosa faceva lì? E come era venuto a sapere della serata? Forse Charlie…?
D’un tratto, quella strana sensazione di non averlo accanto sparì, lasciando il posto ad una bolla che cullò dolcemente Dean con il suo tepore. Castiel era lì, poco lontano da lui, e a Dean non importava chi lo avesse avvisato, perché l’unica cosa che voleva fare in quel preciso istante era di colmare lo spazio tra di loro e raggiungerlo, per poi stringerlo a sé e non lasciarlo mai più.
Spinto da quel pungente desiderio, Dean riprese a camminare con più decisione, mentre il cuore gli martellava le tempie e la vista sfuocava i contorni per concentrarsi solo ed unicamente su Castiel.
“Era ora, Dean!” – esordì Benny, quando l’altro fu vicino – “Credevamo che non venissi più!”
Dean non sentì neanche le parole dell’amico, perso com’era a cercare con uno sguardo gli occhi blu di Castiel, che risposero. Dean voleva avvicinarsi di più, toccarlo, sentire il calore della sua pelle sotto le dita, inspirare a fondo il suo odore e assaporare il suo sapore sulle labbra, ma qualcosa lo bloccava, qualcosa che aveva il retrogusto sgradevole della paura. Dean temeva che Castiel non ricambiasse o, peggio ancora, che si ribellasse, sottraendosi al suo tocco. E questa eventualità gli tolse completamente le forze, bloccando la sua volontà e impedendogli di proseguire oltre.
Dean strinse i pugni lungo i fianchi e si umettò le labbra, senza distogliere lo sguardo da Castiel.
“C-ciao…” – disse poi, esitando.
Castiel sostenne lo sguardo per qualche secondo.
“Ciao...” – rispose, infine.
Tra i due giovani calò di nuovo il silenzio, scandito solo da fugaci occhiate rivolte l’uno all’altro.
“Ok…” – si schiarì la voce Charlie – “Adesso che ci siamo tutti, possiamo entrare, che ne dite?”
“Ok, andiamo” – rispose Benny, facendo poi cenno alla rossa di avvicinarsi e di allontanarsi di proposito da Dean e Castiel.
Castiel fece per seguirla, quando fu trattenuto delicatamente da una mano calda che strinse la propria. Il moro si voltò e incontrò gli occhi verdi di Dean, che lo scrutavano, come se chiedessero il permesso per stare così vicino a lui. Il blu di Castiel si addolcì leggermente, perché in fondo il colore di quelle iridi era ciò che più gli era mancato del ragazzo.
“Sei…sei venuto” – disse Dean un po’ sorpreso.
A quelle parole, Castiel si irrigidì impercettibilmente e ritrasse la mano, sottraendola al tocco dell’altro.
Perché Dean gli stava dicendo una cosa simile? Aveva forse fatto bene a pensare che l’altro non volesse dirgli niente, tenendolo così all’oscuro?
“Che c’è, è un problema che sia venuto anche io?”
Dean spalancò gli occhi, schiacciato dalle parole del giovane di fronte a lui.
“Certo che no…”
“Davvero, Dean? Quindi me lo avresti detto?”
“Cosa?”
“Di stasera”.
Dean schiuse le labbra, esitando.
“Certo che te lo avrei detto…” – sospirò poi.
“Ma non l’hai fatto” – replicò l’altro.
Il biondo serrò la mascella, stizzito.
“E come potevo? Ti ricordi come mi hai piantato su quel marciapiede sabato sera? Mi hai detto che non avevamo più niente da dirci”.
“E tu ricordi il motivo?”
Dean si morse un labbro, preso in contropiede.
“Cas…” – iniziò – “Quello che ho fat-”
“Lasciamo perdere” – lo interruppe bruscamente Castiel, alzando una mano davanti a sé – “Non ne voglio parlare, non stasera”.
 
Poco distante, Charlie stava osservando i due giovani, con le braccia incrociate al petto e un’espressione preoccupata sul volto.
“Lo sapevo che c’era qualcosa che non andava tra quei due” – smozzicò – “Hai visto la faccia di Dean? Sembrava avesse visto un fantasma!”
“Chissà cos’è successo…” – mormorò Benny, grattandosi il mento, e guardando in direzione dell’amico.
“Lo vorrei sapere anche io…” – sospirò lei – “Castiel non ti ha detto niente quando è arrivato qui senza Dean?”
“No…”
“E tu non glielo hai chiesto?”
“No, ho preferito non immischiarmi. Non come qualcuno…” – rispose Benny, rivolgendo all’amica uno sguardo fin troppo eloquente.
“Ehi!” – si risentì la giovane – “Io mi preoccupo!”
Il ragazzo le riservò un’altra occhiata carica di significato.
“Oh, andiamo!” Ma li hai visti?” – borbottò sottovoce lei, facendo un cenno verso i due – “Quando si sono incontrati sembravano due estranei!”
“Sì, come questi due” – disse sardonico l’altro, indicando con il pollice Chuck e Rose che si scambiavano tenerezze di fianco a lui.
“E quel ‘ciao’…così freddo e distaccato” – proseguì la ragazza, ignorando le parole di lui – “Dio, ho sentito il mio cuore spezzarsi” – sentenziò, portandosi una mano al petto.
Benny alzò un sopracciglio e la guardò, perplesso.
“Che c’è?” – domandò lei, sulla difensiva – “Sono sensibile io!”
Benny sbuffò in una risata e scrollò la testa.
“Dai, vai a recuperare quei due, altrimenti qui facciamo notte”.
 
 
°°°
 
 
“Maledizione…” – smozzicò Dean, raddrizzando la schiena e appoggiando il fucile ad aria compressa sul bancone dello stand. Era la terza volta di fila che la sua mira andava a vuoto, mancando completamente il bersaglio.
Dopo essere entrati al luna park, i ragazzi si erano sbizzarriti nel girovagare qua e là, prima di decidere quale attrazione provare per prima. Dopo qualche sosta presso alcuni chioschi, Chuck e Becky avevano optato per il “tunnel dell’amore”, su insistenza di quest’ultima, galvanizzata all’idea di provare quell’attrazione. Chuck, dal canto suo, non era riuscito a dire di no, di fronte all’esuberanza mostrata dalla giovane, e quindi accettò. Il restante gruppo, invece, aveva continuato il suo giro e comprato qualche leccornia da gustare. Infine, si era fermato allo stand per il tiro a segno, davanti al quale Benny aveva sfidato Dean. Era una cosa che i due giovani facevano tutti gli anni e, dal momento che quella sera il giovane Winchester non sembrava essere molto partecipe, Benny aveva pensato di coinvolgerlo in questo modo. Ma l’idea di Benny, a quanto pare, era servita solo per porre l’accento sulla scarsa partecipazione di Dean, rendendo così manifesta anche la sua distrazione.
“Ok, tocca a me” – intervenne Benny – “Guarda e impara, Dean” – ridacchiò poi, mettendosi in posizione.
Benny imbracciò il fucile e dopo qualche secondo premette il dito sul grilletto, lasciando che il colpo centrasse il bersaglio, facendolo così cadere.
Dean cercò di concentrarsi sul turno dell’amico, invano. Ben presto, infatti, la sua attenzione venne nuovamente catturata da Castiel, poco distante da lui. Il ragazzo dagli occhi blu stava scambiando qualche parola con Charlie, mentre finiva di mangiare una frittella che la giovane gli aveva offerto poco prima.
Da quando si erano scambiati quelle poche parole, così cariche di tensione, Dean non lo aveva perso di vista un solo istante, come se continuare a guardarlo servisse a placare almeno un po’ la preoccupazione che aveva nei suoi confronti. Perché era di questo che si trattava: Dean era preoccupato per Castiel. Dall’inizio della serata, il numero dei visitatori del luna park era aumentato sensibilmente, tanto che, in alcuni punti, era difficile persino muoversi. Dean si era chiesto più volte se Castiel stesse bene, se il fatto di essere in mezzo a così tanta gente non lo facesse sentire a disagio, come accadeva spesso. E, al solo pensiero, Dean non riusciva a stare fermo. Avrebbe voluto fare di più, avvicinarsi, magari chiedendo direttamente all’altro se si sentisse bene o se ci fosse qualcosa che non andava. Ed era proprio in quei momenti che, rimanere solo ad osservarlo, sembrava non essere sufficiente, e così il suo corpo agiva d’istinto, per sopperire a questa mancanza. Infatti il ragazzo si era ritrovato spesso a seguire i movimenti di Castiel, in alcune occasioni ad anticiparli persino, fino a quando non si rendeva conto di sfiorare il suo spazio personale. E, a quel punto, faceva un passo indietro, per paura di una sua possibile reazione.
“Smettila di fare quella faccia, sembri un cane bastonato” – lo richiamò Benny, di fianco a lui.
Il biondo si voltò, incrociando gli occhi azzurri dell’amico, e poi distolse lo sguardo, abbassandolo.
“Ehi” – disse l’altro, riportando l’attenzione di Dean su di sé – “Mi dici che succede?” – chiese più dolcemente, facendo un cenno del capo in direzione di Castiel.
Dean indugiò un attimo, passandosi una mano sul viso, e infine scrollò la testa.
“Niente” – smozzicò, avvicinandosi a Benny e prendendo il fucile dalle sue mani, per poi posizionarsi dietro al bancone e puntare verso il bersaglio.
 
“Castiel” – disse Charlie, agitando piano una mano di fronte agli occhi blu dell’altro per attirare la sua attenzione.
Castiel sussultò leggermente di fronte a quel gesto e batté le palpebre due volte, incrociando così lo sguardo dell’amica.
“Va tutto bene?” – chiese lei.
Castiel esitò, rigirandosi tra le mani la frittella che, poco prima, l’amica gli aveva offerto.
“Sì…” – rispose, infine.
Charlie lo osservò per qualche secondo e arricciò le labbra, annuendo, poco convinta.
Castiel abbassò lo sguardo e iniziò a giocherellare con l’impasto della frittella.
Da quando aveva messo piede nel luna park, il suo disagio si era presentato puntuale come al solito, ed era cresciuto mano a mano che il tempo passava. Inizialmente il ragazzo aveva cercato di distrarsi, guardandosi in giro, ma si era reso conto, ben presto, che questo non faceva altro che aumentare il suo senso di disagio e di frustrazione. Intorno a lui, le persone si spostavano, parlavano tra di loro, ridevano e gesticolavano nel più assoluto silenzio. Le giostre e le diverse attrazioni si muovevano con velocità diverse, generando ancora più caos e confusione. Le luci e i colori sfarfallavano in maniera febbrile nel buio della sera, confondendosi tra di loro e sintonizzandosi con i diversi odori presenti nell’aria, dando così vita ad un ambiente talmente sovraccarico di stimoli che Castiel ne era rimasto sopraffatto. Più volte il ragazzo aveva distolto lo sguardo, per isolarsi anche visivamente da tutto quello. Ma la vista, e Castiel lo sapeva bene, è un senso di vitale importanza per una persona affetta da sordità, perché ad essa viene affidato tutto ciò che riguarda la comunicazione, la comprensione e la localizzazione di sé nello spazio circostante. Il giovane, infatti, era stato costretto a sforzarsi e a seguire quantomeno gli spostamenti degli altri ragazzi, per non perderli di vista e rimanere così indietro. In diverse occasioni, il suo senso di smarrimento in mezzo a tutto quel caos, lo aveva spinto a cercare con gli occhi la figura di Dean. La presenza del biondo, in un certo senso, lo aiutava, anche se, allo stesso modo, era essa stessa motivo di difficoltà. Perché, nel momento stesso in cui Castiel aveva accettato di andare al luna park, lo aveva fatto per dimostrare all’altro che sapeva badare a sé stesso e che pertanto non era necessario che Dean facesse delle rinunce per lui. Ma quando, nei momenti più difficili, si era aggrappato all’immagine di Dean, Castiel si era sentito come se stesse tradendo il suo proposito e fallendo così nel suo intento iniziale, e cioè di essere in grado di stare in mezzo a così tante persone. Inoltre, Castiel aveva percepito spesso lo sguardo di Dean su di sé e, proprio per questo, aveva deciso di stringere i denti e di resistere, limitandosi quindi a stare accanto a Charlie e cercando di non dare troppo nell’occhio, e di non lasciar trapelare nulla della tempesta di emozioni contrastanti che infuriava in lui, per non dare all’altro la possibilità di capire che qualcosa non andava.
All’improvviso qualcosa sfiorò il suo braccio, facendogli sollevare lo sguardo.
“Vuoi assaggiare?” – chiese la giovane, sorridendo e porgendogli dello zucchero filato.
Il ragazzo abbozzò un sorriso e annuì, per poi prendere delicatamente un fiocco di zucchero filato tra le dita e portarselo alla bocca.
“È buono, vero?” – domandò la rossa.
“Sì” – confermò Castiel, facendo indugiare un polpastrello sulle labbra.
“Allora” – riprese lei – “Ti va di provare qualche giostra?”
“Quale?”
“Quella che vuoi” – disse la ragazza, scrollando le spalle.
Il moro schiuse le labbra, esitando.
“Io non…non saprei” – disse poi, guardandosi in giro.
Dopo qualche secondo i suoi occhi si posarono sull’immensa struttura, dall’elegante figura geometrica, che si ergeva in lontananza: la ruota panoramica. Castiel si soffermò a guardarla, cercando di inquadrare qualche dettaglio. Era decisamente maestosa e capace di dominare la scena, facendo passare tutto il resto in secondo piano. Sottili strisce fluorescenti correvano ad intermittenza lungo tutte le sue linee, esplodendo di tanto in tanto in un gioco brillante di luci e colori, dalle forme più disparate, reso ancora più prezioso dal cielo buio che faceva da cornice.
Quando si voltò di nuovo verso Charlie, Castiel si accorse che la ragazza lo stava osservando, con aria maliziosa.
“La ruota panoramica, eh?” – disse lei, trattenendo un sorriso.
Castiel socchiuse gli occhi e inclinò leggermente il viso.
“Uhm, potrebbe essere un’idea” – continuò l’altra – “Perché non vai con lui?” – lo esortò poi, indicando Dean con un cenno del capo.
Castiel si morse un labbro, evitando di rispondere.
A dire la verità, non appena il ragazzo aveva visto la ruota panoramica, il suo primo pensiero era stato proprio quello di andarci con Dean. Ma, di nuovo, il giovane era rimasto bloccato dal proprio conflitto interiore, che oscillava in lui senza sosta. Una parte di sé, infatti, avrebbe voluto farlo, avrebbe voluto approfittare di quel momento per stare vicino a Dean, perché sarebbe stato l’unico modo per mitigare il suo disagio e tranquillizzarsi, senza dover andare appositamente da Dean e fallire così nello scopo che si era prefissato. Un’altra parte di lui, invece, respingeva quell’idea, a causa della tensione che c’era ancora tra loro. Castiel desiderava la vicinanza del suo ragazzo, ma contemporaneamente la temeva. Una volta lassù, da soli e sospesi nel vuoto, cosa sarebbe successo? Di cosa avrebbero parlato, dopo tutto quello che si erano detti?
Di fronte al silenzio dell’amico, Charlie sospirò, affranta.
Sin da quando aveva visto Dean in quelle condizioni a scuola, aveva capito che c’era qualcosa che non andava e il suo intuito l’aveva portata ad ipotizzare che, in qualche modo, c’entrasse Castiel. Ed era stato proprio per questo motivo che aveva deciso di mandare quel messaggio al ragazzo con gli occhi blu.
In quel momento Charlie si rese conto di averci visto giusto. Il fatto che Dean e Castiel si fossero presentati ognuno per i fatti suoi, la freddezza nelle poche parole che si sono scambiati, la distanza che mantenevano l’uno dall’altro…tutto portava ad un’unica conclusione: tra i due ragazzi c’erano dei problemi.
Charlie si sentì molto dispiaciuta, perché voleva loro molto bene e ci teneva particolarmente. Pertanto, decise di intervenire e di prendere in mano la situazione, con la speranza di farli riavvicinare e si girò di sfuggita verso Dean e Benny, sotto lo sguardo interrogativo di Castiel.
“Dai, vieni” – disse poi, incitandolo a seguirla.
 
“Ehi, stronzetti” – disse Charlie, facendo voltare Dean e Benny.
“Che succede?” – intervenne subito il biondo, con una leggera apprensione nella voce e puntando subito gli occhi su Castiel.
La ragazza sollevò le sopracciglia, sospesa.
“N-niente, non è successo niente” – rispose lei – “Avete finito qui?” – disse poi, alzandosi in punta di piedi e sbirciando oltre le spalle dei due ragazzi.
“Sì, direi di sì” – disse Benny – “A meno che Dean non voglia un’altra rivincita”.
Dean si limitò a scuotere il capo.
“Ok, allora che ne dite di provare qualche giostra? Castiel vorrebbe andare sulla ruota panoramica”.
“Cosa? No!” – disse perentorio Dean, continuando a guardare Castiel.
Il moro spalancò gli occhi e schiuse leggermente la bocca.
“Perché no?” – domandò Charlie, confusa, guardando ora l’uno ora l’altro.
“Tu non sali su quell’aggeggio” – proseguì Dean, sempre rivolto al giovane e ignorando la domanda dell’amica.
Le labbra di Castiel si strinsero in una linea dura e il ragazzo serrò entrambe le mani in un pugno.
“Dean, ma cosa…” – tentò Charlie.
“E questo chi lo decide? Tu?” – ribatté Castiel, interrompendola.
“Beh, sì!”
“Davvero, Dean? Quindi quello che voglio io non conta più niente?”
Dean serrò la mascella, preso in contropiede.
“Non ho detto questo…”
“E invece sì, Dean, hai detto proprio questo”.
Il giovane Winchester serrò le palpebre per qualche istante, per poi riaprirle e fare un profondo respiro.
“Io…io preferirei che tu non salissi sulla ruota” – disse poi, addolcendo sia il tono che i lineamenti del viso, e facendo un passo in avanti verso l’altro.
“Perché?” – chiese il moro.
Dean si prese del tempo per rispondere e cercò gli occhi di Castiel, nella speranza che il ragazzo capisse, in modo da non doverlo dire di fronte a tutti, ma invano.
“Perché…potresti stare male…” – mormorò, infine.
Il blu delle iridi di Castiel si increspò leggermente e Dean se ne accorse.
“Me lo hai detto tu che alcune situazioni possono…sì, insomma…” – si affrettò a spiegare, gesticolando con una mano.
Castiel distolse lo sguardo, colpito dalla veridicità di quelle parole. Il giovane sapeva che la possibilità di avere una vertigine su una giostra era maggiore, ma quando aveva visto la ruota panoramica, quel problema era come scivolato via dalla sua mente, passando così in secondo piano. Quello che aveva detto Dean, però, lo aveva riportato prepotentemente alla sua attenzione e questo infastidì il ragazzo dagli occhi blu, perché esso rappresentava per lui l’ennesimo ostacolo. Castiel sentì la rabbia e la frustrazione agitarsi dentro di sé. Non poteva arrendersi così, e lasciare che questa cosa rendesse vana tutta la fatica fatta finora. Non voleva. E non gli importava cosa sarebbe successo, sarebbe salito su quella giostra a qualsiasi costo e lo avrebbe fatto senza Dean.
Il giovane tornò a guardare Dean, con un’espressione ferma.
“Non accadrà” – si limitò a dire.
“Cas…”
“Non succederà niente” – ribadì l’altro.
Il biondo sollevò gli occhi al cielo e sbuffò forte.
“Perché fai così?”
“Così, come?” – si risentì Castiel.
“Perché devi essere così testardo? Cosa stai cercando di dimostrare?”
“Niente”.
“A me sembra di sì, invece”.
“Io voglio andare sulla ruota e basta” – replicò il giovane – “E non ho bisogno del tuo permesso per farlo”.
“Ok, ok…” – si arrese Dean, sollevando le mani davanti a sé – “Se proprio vuoi andare, va bene…ma verrò anche io, salirai con me”.
“No”.
“Come sarebbe a dire no?”
“Non c’è bisogno che venga anche tu, so badare a me stesso”.
“E così tu non staresti dimostrando niente, eh?”
“Ti ho già detto che non sto cercando di dimostrare niente”.
“E allora perché non vuoi che venga anche io con te?”
“Perché posso benissimo andarci da solo!” – sbottò fuori Castiel, alzando la voce.
Dean serrò la mascella e lo guardò duramente.
“Sai che c’è, Cas? Vai pure! Ma se poi succede qualcosa non venire a piangere da me!” – ringhiò, puntando l’indice contro l’altro.
“Ehi, ehi, calma!” – intervenne ad un tratto Charlie, frapponendosi tra i due.
Fino a quel momento, la giovane e Benny erano rimasti in disparte, per lasciar spazio agli altri due, ma le cose erano precipitate al punto tale da convincere la ragazza a fare qualcosa.
“Facciamo così” – esordì poi – “Vengo io con te sulla ruota panoramica, se vuoi” – disse, rivolta a Castiel – “E se dovesse succedere qualcosa ti chiamo, ok?” – proseguì, in direzione di Dean.
Dean fece saettare gli occhi prima su Charlie e poi su Castiel.
“Ma sono sicurissima che non succederà nulla” – si affrettò ad aggiungere lei, per tranquillizzarlo.
Nessuno dei due ragazzi proferì parola, e la tensione tra loro non accennava a diminuire. Charlie, in evidente difficoltà, rivolse a Benny uno sguardo eloquente, che supplicava l’amico di darle una mano.
“Anche io sono sicuro che non succederà nulla” – si fece avanti il ragazzo, mettendo una mano sulla spalla di Dean.
“Allora, siamo d’accordo?” – chiese Charlie cauta, valutando le espressioni dei due.
“Sì, sì, voi andate pure” – rispose Benny, liquidando così la questione.
“Ok, ci vediamo dopo” – replicò lei, allontanandosi poi con Castiel al suo fianco.
Benny li osservò, mentre sparivano tra la folla, sospirando forte. Quando si voltò, vide lo sguardo di Dean smarrito nel vuoto, e si passò una mano sul viso.
“Ok, amico…io e te, invece, ci facciamo un giro”.          
 
 
°°°
 
 
“Ti piace?” – chiese Charlie, sorridendo dolcemente.
Castiel si appoggiò alla barra di metallo davanti a sé con entrambe le mani, percependone la freddezza al tatto, e si sporse leggermente. Mentre la cabina della ruota panoramica si alzava pigramente, sotto di essa il mondo di luci e colori del luna park si allontanava, facendosi via via sempre più piccolo e assumendo quasi le sembianze di un microcosmo.
Castiel scrutò la folla di persone sottostante, che diventava sempre più indistinta. I suoi occhi saettavano qua e là, come se fossero alla ricerca di qualcosa. Il ragazzo era consapevole di cosa stesse cercando, anche se una parte di sé lo negava. La discussione che aveva avuto poco prima con Dean aveva dato un ulteriore scossone alle sue certezze e lo aveva portato a fare un altro passo indietro, aumentando così la distanza emotiva tra lui e il suo ragazzo.
Il giovane si morse un labbro e strinse le dita sulla barra.
All’improvviso, una mano delicata si appoggiò piano sulla sua, facendolo voltare.
“È tutto ok?” – chiese Charlie.
“Sì…”
La ragazza osservò l’altro, pensierosa. Da quando si erano allontanati dagli altri, Castiel non aveva detto più nulla, ma la giovane sapeva che lo scontro, al quale aveva assistito, aveva seriamente turbato l’amico. Charlie ne poteva vedere i segni sul suo volto, nell’espressione dei suoi lineamenti, nella linea serrata delle labbra, nel blu dei suoi occhi divenuto leggermente lucido.
“Castiel” – lo richiamò lei – “Ti va se parliamo un po’?”
Il ragazzo esitò un attimo di fronte a quella richiesta, ma alla fine annuì.
“Ok, so che non sono affari miei, ma…” – iniziò la rossa, portandosi con due dita una ciocca di capelli dietro l’orecchio – “Cosa succede tra te e Dean?”
Castiel serrò la mascella, irrigidendosi. Cosa avrebbe dovuto dire? La verità? Per lui Charlie era sempre stata una persona speciale, e sapeva di poter parlare liberamente con lei di ogni cosa, ma…era giusto coinvolgerla in quel modo?
Il giovane si prese un attimo e poi scrollò la testa.
“Oh, andiamo, Castiel!” – lo rimproverò dolcemente lei – “Non sono mica stupida. Si vede lontano un miglio che c’è qualcosa che non va”.
Castiel fece per aprire bocca e dire qualcosa, ma fu subito interrotto dall’altra.
“E poi non puoi pretendere che io ti creda, dopo aver visto la scena di poco fa” – incalzò la giovane.
Castiel abbassò lo sguardo, senza dire nulla.
Charlie sospirò leggermente, di fronte alla reticenza dell’altro.
“Ehi” – lo richiamò, toccandogli un braccio – “Qualsiasi cosa sia successa, non può essere così terribile” – lo rassicurò poi, abbozzando un sorriso.
Lui incrociò i suoi occhi, ma non rispose.
“Oddio” – riprese lei, aggrottando la fronte, in preda al dubbio – “È così terribile? Non ti ha tradito, vero? Perché giuro che se ha fatto una cosa simile, io-”
“Dean…” – iniziò Castiel, interrompendo così lo sproloquio dell’amica – “Si comporta come…come se…” – si fermò, non riuscendo ad andare avanti.
“Come se?” – fece eco l’altra, incoraggiandolo a continuare.
Il ragazzo dagli occhi blu fece un profondo respiro.
“Come se fossi una cosa fragile…”
La giovane schiuse leggermente le labbra, sorpresa.
“Uhm, e sai dirmi in che modo lo fa?” – chiese poi, cauta.
“È…si preoccupa…sempre, di continuo. Non fa altro che…” – gesticolò l’altro.
Charlie abbozzò un sorriso.
“Beh, questo non mi stupisce”.
Castiel inclinò leggermente il viso, con aria interrogativa.
La rossa sbuffò in una piccola risata.
“È così tipico di Dean” – spiegò poi.
Castiel non riuscì a rispondere, consapevole che quanto detto dall’amica fosse vero.
“Dean tiene molto a te, è normale che si preoccupi…”
“Lo so, ma…” – sospirò il moro.
“C’è dell’altro, vero?” – chiese lei, a colpo sicuro.
Il giovane deglutì un paio di volte e annuì.
Charlie rimase in attesa, lasciando all’altro tutto il tempo di cui aveva bisogno.
“Lui…” – iniziò Castiel, stropicciandosi le mani, visibilmente a disagio – “Lui rinuncia a delle cose, per me…”
La ragazza aggrottò la fronte.
“Cioè?”
Castiel si lasciò andare lentamente contro lo schienale del seggiolino sul quale era seduto insieme a Charlie, e puntò lo sguardo davanti a sé. L’altezza che avevano raggiunto con la giostra, consentiva loro di vedere la cittadina di Lawrence da una prospettiva diversa, al punto tale da rendere quel posto quasi irriconoscibile. Un tiepido soffio di vento li accarezzò, sostituendosi al silenzio che si era creato in quel momento.
“Dopo quello che è successo alla partita nella vostra scuola…lui si inventava qualche scusa per non uscire con voi e per fare in modo che fossimo quasi sempre io e lui da soli”.
Charlie trattenne il respiro per qualche secondo, stupita.
“D-davvero?”
“Sì…”
“Oh…”
“Non so cosa vi dicesse, ma a me diceva che avevate degli impegni...anche se non era vero” – aggiunse Castiel.
La ragazza fece una lieve smorfia di disappunto.
“E tu come…cioè, come lo hai scoperto?”
“Una sera, per caso…”
“Ah…”
“Ti ricordi quel messaggio che mi hai mandato? Quello dove mi chiedevi se io e lui fossimo scappati a Las Vegas?”
“Sì, ricordo…”
“È partito tutto da lì…” – mormorò il giovane, giocherellando con le dita delle mani.
“Oddio…” – sussurrò lei, mettendosi le mani sul viso – “Mi dispiace, io non lo sapevo, ti prego, credimi, io non-”
“Non è colpa tua, Charlie” – la interruppe Castiel – “Tu non hai fatto niente. È lui che mi ha mentito…”
Charlie si prese un momento, per riordinare i pensieri.
“Quindi, quando dici che Dean rinuncia a delle cose per te…intendi dire che rinuncia ad uscire con noi?” – chiese poi.
“Sì…”
“E perché lo farebbe?”
“Lui vuole evitare tutti quei posti che…” – esitò l’altro, con voce incrinata – “…che possono mettermi a disagio…”
Charlie non disse nulla e si limitò a guardare l’amico.
“Beh, anche questo è tipico di Dean” – disse poi, dolcemente.
“Ma io non voglio che lo faccia” – ribatté il giovane – “Quando fa così io…” – si fermò incapace di proseguire.
“Tu, cosa?” – lo incitò lei, piano.
Castiel distolse lo sguardo, socchiudendo leggermente gli occhi.
“Io mi sento un peso per lui…” – mormorò in seguito, flebile.
“No, no, ehi” – intervenne la giovane, prendendogli la mano e stringendola nella propria – “Tu non sei un peso per Dean. Non sei un peso per nessuno, chiaro?”
“E invece sì…”
“No Castiel, non è così. Credimi” – replicò lei, decisa – “Ok, ammetto che Dean ha sbagliato a fare le cose senza dirti niente e a mentirti, ma sono sicura che lo ha fatto per te, perché tu sei molto importante per lui…”
Charlie si prese una pausa, sospirando.
“In fondo l’amore è proprio questo, no?” – proseguì poi.
Castiel la guardò, confuso.
È mettere il bene di qualcun altro prima del tuo” – spiegò lei.
Gli occhi blu di Castiel si spalancarono, mentre le labbra si schiusero, tremanti.
Charlie sorrise dolcemente, per poi scrollare piano la testa.
“Oddio, non posso crederci di aver citato Frozen” – ammise, incredula.
Castiel le rivolse uno sguardo interrogativo.
“Lascia stare” – liquidò lei, con un gesto della mano.
Ad un tratto, un lieve scossone della cabina attirò la loro attenzione. Charlie si guardò un attimo intorno, per poi tornare a guardare di nuovo l’altro, un po’ delusa.
“Beh? È già finito il giro?”
 
 
°°°
 
 
“Tieni” – disse Benny, porgendo a Dean una Coca Cola.
“Grazie…” – mormorò Dean, prendendo la lattina e rigirandosela tra le mani.
Benny si sedette accanto a lui, sulla prima panchina libera che i giovani avevano trovato, e iniziò a frugare dentro ad un sacchetto.
Dopo essersi separati da Charlie e da Castiel, Benny aveva trascinato l’altro a fare un giro e, alla fine, i due si erano fermati presso un chiosco, per comprare degli hot dog.
“Per te” – disse ancora Benny, togliendo un panino ancora caldo dal sacchetto e mostrandolo al biondo.
“No, grazie…” – tentò Dean.
“Amico, mangia questo hot dog e basta” – replicò Benny, perentorio.
Dean sospirò e accettò l’offerta del giovane, iniziando a masticare svogliatamente.
I due rimasero in silenzio, fino a quando Benny non terminò il suo panino.
“Ok” – esordì allora, pulendosi le mani con un tovagliolo e accartocciando il sacchetto, ormai vuoto – “Avanti, sputa il rospo”.
Il biondo abbassò lo sguardo, deglutendo a fatica il boccone.
“Dean” – lo richiamò l’altro.
“Benny…” – protestò debolmente Dean.
“Non ce ne andiamo di qui finché non mi dici cosa sta succedendo” – minacciò l’amico.
Dean si voltò, incrociando gli occhi azzurri del ragazzo che lo stavano guardando. Fece per aprire bocca, come per dire qualcosa, ma poi la richiuse subito.
“Tu e Castiel avete litigato?” – domandò allora Benny, con calma – “Voglio dire…prima di stasera” – precisò.
Dean indugiò un attimo e infine annuì.
“Cos’hai combinato?”
“Perché dai per scontato che sia colpa mia?” – si risentì l’altro.
“Perché ti conosco” – sorrise piano l’amico.
Dean distolse lo sguardo.
“Allora?” – lo incitò il ragazzo.
Il giovane Winchester si passò una mano sul viso.
“Ho…ho fatto una cosa” – ammise poi.
“Lo sapevo”.
“Benny” – lo ammonì Dean.
“Dai, vai avanti”.
Dean prese un profondo respiro prima di proseguire.
“Ho nascosto delle cose a Cas…”
“Quali cose?”
“Ogni…ogni volta che uscivamo…facevo in modo che fossimo solo io e lui…”
“Beh, non mi sembra una cosa così terribile…”
“Ma lui mi chiedeva di voi, e io…” – si interruppe – “Io gli dicevo che voi avevate altri impegni, anche …anche se non era vero…”
Benny corrugò la fronte, perplesso.
“Perché?”
“Perché così potevo portare Cas in posti tranquilli…e lui non era costretto a stare in mezzo a tante persone”.
Davanti a quell’ammissione, Benny si posò una mano sugli occhi.
“Cazzo, Dean…”
“Lo so, ho sbagliato, ma l’ho fatto per lui…” – si affrettò a dire l’altro – “Dopo quella volta a scuola io…”
Dean si zittì, incapace di proseguire.
Benny si soffermò a guardare l’amico e sopirò.
“Dean” – lo richiamò – “Castiel non è un bambino, sa quello che fa. E tu sei troppo apprensivo, devi lasciarlo fare”.
“Come posso lasciarlo fare? Ti sei dimenticato cos’è successo a scuola?”
“No, ma-”
“Lui non è come noi!”
“Non lo hai detto veramente…”
“Ma è così, Benny! Lui è diverso!” – esclamò Dean, agitandosi sul posto – “Ha dei limiti, ma non vuole ammetterlo! E ogni volta sembra che voglia mettersi alla prova per dimostrare chissà cosa! Lo hai visto anche tu prima, per la ruota panoramica?”
“Dean…”
“Non fraintendermi, a me…a me lui va bene così, è sempre andato bene così e glielo continuo a dire, ma lui ha la testa dura e…”
“Secondo te perché si comporta così?”
“Lui…lui continua a dire di essere un peso per me, ma non lo è, non lo è mai stato…e gliel’ho ripetuto un sacco di volte, maledizione!” – rispose Dean, guardandosi le mani.
 
“Dean” – riprese Benny, dopo un po’ – “Io credo che tu debba dare più fiducia a Castiel. Con questo non sto dicendo che devi smettere di preoccuparti per lui, è solo che…dagli più spazio, lascia che faccia certe cose, anche se sai che per lui è difficile. E se alla fine non dovesse farcela, tu sei comunque lì, sei presente. Se tu sei il primo a non avere fiducia in lui, come fa lui ad averne in sé stesso?”
Dean abbassò le spalle, visibilmente affranto.
“Io voglio solo che lui stia bene…” – sussurrò poi, con lo sguardo perso nel vuoto.
I due ragazzi rimasero in silenzio per un po’, lasciando che il mondo intorno a loro scivolasse via piano, insieme al trascorrere del tempo.
“Ehi” – lo richiamò Benny ad un certo punto, alzandosi dalla panchina.
“Uhm?”
“Sono tornati”.
 
“Allora, com’è andata?” – chiese Benny, non appena Charlie e Castiel furono vicini.
“Uhm” – rispose lei, alzando le spalle – “È durato troppo poco per i miei gusti”.
Benny ridacchiò piano.
“E tu che dici, Castiel? Ti è piaciuto?” – domandò poi.
Il ragazzo dagli occhi blu abbozzò un sorriso e annuì.
Benny lanciò un’occhiata a Dean, di fianco a lui, aspettando che anche l’amico dicesse qualcosa, invano.
Dean aveva lo sguardo fisso su Castiel, con un’espressione che Benny conosceva bene. E, per questo, il ragazzo incrociò velocemente gli occhi di Charlie, scambiandosi con lei uno sguardo d’intesa.
All’improvviso Dean fece un passo in avanti verso Castiel, scrutandolo attentamente. Le labbra del ragazzo erano un po’ pallide, mentre i suoi occhi blu evitavano di incontrare quelli di Dean. Dean sentì una sensazione nel petto, come se il suo corpo avesse già intuito qualcosa che alla sua mente ancora sfuggiva.
“Che cos’hai?” – chiese dopo un po’, ricercando l’attenzione dell’altro.
Il moro incrociò le iridi verdi di Dean per un istante.
“N-niente”.
“Sei sicuro?” – incalzò l’altro.
“Sì…”
Dean non replicò, ma si limitò ad osservarlo, poco convinto.
“È successo qualcosa?” – domandò poi.
Castiel scrollò la testa, guardando l’altro con decisione.
Dean sostenne lo sguardo, umettandosi le labbra.
“È successo qualcosa?” – ripeté ancora, questa volta rivolto a Charlie.
“No, non è successo niente” – lo tranquillizzò lei.
“Davvero? Me lo assicuri?” – ribatté il biondo, incalzandola.
La giovane indugiò un attimo, guardando Castiel con la coda dell’occhio.
“Charlie” – la richiamò Dean – “C’è qualcosa che mi devi dire?”
La rossa batté due volte le palpebre, prendendo tempo.
“No…” – disse infine.
“Perché lo stai chiedendo anche a lei?” – intervenne Castiel, accigliandosi.
“Perché ho come l’impressione che tu non mi stia dicendo la verità”.
“Ma io ti sto dicendo la verità” – replicò l’altro, duramente.
“Davvero?” – chiese Dean, sollevando un sopracciglio.
Le labbra di Castiel si mossero leggermente, senza emettere alcun suono.
Di fronte a quella inconsapevole e muta ammissione, Dean sentì la rabbia accendersi in piccole scintille.
“Sei proprio sicura di non dovermi dire niente?” – proseguì, in direzione di Charlie.
“Io non…” – disse debolmente lei.
“Non ti deve dire niente perché non c’è niente da dire!” – sputò fuori Castiel, parandosi di fronte a Dean.
Dean digrignò i denti, infastidito dalla reticenza del moro.
“Adesso sei tu quello che mente?”
Castiel serrò le mani in un pugno, preso in contropiede.
“Hai avuto una vertigine, vero?” – infierì il biondo, sicuro.
Il ragazzo dagli occhi blu distolse lo sguardo, d’istinto.
“Dimmelo!” – lo sollecitò Dean.
“Dean…” – lo richiamò Charlie, dietro di lui.
“Che c’è, adesso vuoi parlare?” – sibilò Dean verso di lei – “Sbaglio, o avevi detto che mi avresti chiamato, se fosse successo qualcosa?”
“Dean, io…”
“Vi siete messi d’accordo per non dirmelo, voi due, eh?” – sputò fuori il giovane Winchester con rabbia, indicandoli con un gesto della mano.
“Lei non c’entra nulla, le ho chiesto io di non dire niente!” – ribatté Castiel, a voce alta.
Dean si voltò di scatto verso il ragazzo dagli occhi blu, mentre la rabbia ormai ardeva viva, annebbiando i suoi pensieri.
“Perché?” – chiese poi.
Castiel non disse nulla.
“Rispondimi, dannazione!” – ringhiò Dean.
“Perché sapevo che avresti reagito così!” – gridò l’altro – “Sapevo che ti saresti arrabbiato e non-” – si interruppe, senza proseguire.
“Certo che sono incazzato! Ti avevo detto di non andare, perché sapevo che sarebbe andata a finire così, ma tu non mi hai dato retta, e questi sono i risultati!”
“Beh, bravo Dean, avevi ragione ancora una volta” – replicò sottile l’altro, battendo lentamente le mani in un sardonico applauso.
“Qui la ragione non c’entra un cazzo! Lo sai che te l’ho detto perché ero preoccupato!”
“Oh, credimi, lo so benissimo. Tu non fai altro!”
“Ti dà così tanto fastidio che mi preoccupi per te?” – domandò il biondo, risentito.
“Sì!” – sbottò fuori Castiel, per poi bloccarsi e impallidire, rendendosi conto di quanto appena detto – “No, cioè…” – farfugliò, in difficoltà – “È che…la devi smettere di fare così ogni volta” – concluse, esasperato.
Dean serrò la mascella.
“Come puoi pretendere che io smetta di preoccuparmi per te? Io mi sento responsabile per te, anche nei confronti della tua famiglia!”
Castiel trattenne il respiro per un attimo.
“D-della mia famiglia?” – ripeté poi, incredulo.
“Sì, Cas! Loro si fidano di me! Sono tranquilli quando esci con me!”
Castiel spalancò gli occhi, quasi inorridito.
“Io non ho bisogno di una balia per uscire, Dean!”
“Ma io non sono una balia! Sono il tuo ragazzo! E come tuo ragazzo ho il sacrosanto diritto di preoccuparmi per te!”
“E io non voglio che tu lo faccia! Sono in grado di badare a me stesso!”
“Non mi sembra!”
Castiel percepì un dolore al petto improvviso e fece inconsapevolmente un passo indietro, mentre gli occhi iniziavano a pungere. In preda all’angoscia, si guardò intorno, per rendersi conto che molte persone si erano fermate, richiamate dalle loro grida. Il giovane fece un altro passo indietro e poi si voltò, pronto ad allontanarsi da tutto e da tutti, soprattutto da Dean. All’improvviso, si sentì trattenuto da una mano e si voltò.
“Dove credi di andare?” – disse Dean, guardandolo duramente negli occhi.
“Lasciami!” – esclamò l’altro, opponendo resistenza.
“No, tu adesso vieni con me” – asserì Dean, perentorio, prima di trascinarlo via con un brusco gesto, incurante delle proteste dell’altro.
“Dean!” – lo richiamò Charlie.
“Lasciali stare” – intervenne Benny, accanto a lei.
“Ma…” – tentò la giovane, visibilmente preoccupata.
“È meglio così, credimi” – la rassicurò l’amico – “Forse è la volta buona che si chiariscono”.
La ragazza tornò a guardare gli altri due, ormai lontani, e sospirò, affranta.
“Forza” – la incoraggiò Benny, mettendole un braccio attorno alle spalle – “Andiamo a recuperare Chuck e Becky”.
 
“Ho detto lasciami, Dean!”
Castiel continuò a ribellarsi a quella improvvisa presa di posizione di Dean, cercando di divincolarsi dalla sua mano che gli stringeva il polso, quantomeno di fermarsi, puntando i piedi per terra. Tuttavia, nessuno dei suoi tentativi sortì l’effetto sperato. La stretta di Dean era forte e decisa, e non accennava minimamente a cedere.
Dean continuò a camminare, senza mai voltarsi e incurante delle proteste di Castiel, fino a lasciarsi definitivamente alle spalle la confusione luccicante e colorata del luna park.
Ad un tratto, i due ragazzi si trovarono su un grande prato, rischiarato debolmente di riflesso dalle luci delle attrazioni, in lontananza. Intorno a loro non c’era nessuno e l’aria sembrava più fresca. Ad un certo punto, Dean si fermò e si voltò, strattonando l’altro verso di lui e stringendolo a sé in un abbraccio impetuoso.
Castiel si ritrovò tra le braccia di Dean senza neanche rendersene conto e, in un primo momento, non riuscì neanche a muoversi. Percepire il tocco, il calore e l’odore di Dean, dopo tutti quei giorni si separazione, fu come un’onda che lo sommerse completamente. Ma dopo l’impatto iniziale, quell’onda di emozioni si ritirò piano, facendo sì che la mente riprendesse il controllo del suo corpo e del proprio cuore.
“S-smettila…” – protestò.
Dean rispose stringendolo ancora di più a sé.
“L-lasciami andare…” – tentò di nuovo l’altro.
Il biondo si sostò leggermente e Castiel puntò i palmi contro il suo petto per allontanarlo ulteriormente e mettere più distanza tra loro, ma Dean gli prese il viso tra le mani, costringendolo così a guardarlo negli occhi.
Castiel scrutò le iridi verdi di Dean, rendendosi conto che non erano più dure e piene di rabbia come poco prima, ma che erano tornate calde e gentili come quelle che aveva sempre conosciuto.
“Mi dispiace…” – disse piano Dean.
Castiel schiuse leggermente le labbra, sorpreso.
“Mi dispiace di averti mentito…” – proseguì il biondo – “Ho sbagliato, lo so, ma se l’ho fatto è stato proprio per evitare tutto questo” – si affrettò ad aggiungere.
Dean fece scivolare via le proprie mani dal viso di Castiel, facendole ricadere lungo i fianchi.
“Cas, tu…tu devi renderti conto che non sei come gli altri, e devi accettarlo” – disse poi.
Dean si prese un momento, prima di andare avanti.
“Io l’ho fatto, sin da quando ti ho conosciuto…e soprattutto da quando ho deciso di stare insieme a te…”
Il moro non disse nulla.
“E cerco di prendermi cura di te come posso, ma…” – esitò Dean, umettandosi le labbra – “Tu non me lo permetti…”
Castiel continuò a guardare l’altro, in silenzio.
“Ogni volta che voglio aiutarti, tu…tu pensi di essere un peso per me. Lo so che lo pensi sempre. Ma quello a cui invece non pensi è che se io faccio tutto questo, è solo…è solo perché ti amo”.
Il cuore di Castiel saltò un battito.
 
“ti amo”
 
Quelle parole pronunciate da Dean presero forma nella mente di Castiel, per poi esplodere e diffondersi in tutto il suo corpo. Castiel le sentì scorrere dentro di sé, calde e travolgenti; le percepì pulsare sotto i polpastrelli delle dita, all’unisono con i battiti del suo cuore; le avvertì sprigionare un tepore delicato e appagante. All’improvviso il giovane si sentì leggero, come se fosse stato sciolto da un qualcosa che lo teneva ancorato a terra. I colori intorno a lui, sebbene smorzati dal buio della sera, divennero quasi più nitidi, come se un filtro, di cui non si era mai accorto, si fosse dissolto, permettendogli così di vedere tutto in maniera più chiara. I lineamenti del volto di Dean si fecero più definiti, portando alla luce dettagli che finora Castiel non aveva notato.
Il ragazzo dagli occhi blu incrociò lo sguardo dell’altro. Dean era lì, di fronte a lui, che lo guardava. E gli aveva appena detto che lo amava. Castiel sorrise dentro di sé, mentre un desiderio risaliva rapido dalla profondità della sua anima, affrettandosi a condensarsi nella sua gola, per poi spingere prepotentemente sulle sue labbra, smanioso di uscire. era il desiderio di ricambiare, di dire a Dean quello che provava, di confessargli che anche lui lo amava.
Castiel schiuse le labbra, pronto a liberare il suo sentimento e a donarlo all’altro.
 
“In fondo l’amore è proprio questo, no?”
 
Castiel sentì stringere la gola, mentre il suo desiderio iniziava a intorpidirsi impercettibilmente.
 
“È mettere il bene di qualcun altro prima del tuo”
 
Il giovane richiuse le labbra, e il dubbio si insinuò sottile, imbrigliando quel desiderio nei suoi confini e lasciando che perdesse pian piano la sua forza.
Cosa sarebbe successo se avesse detto a Dean che anche lui lo amava? Castiel era certo che l’altro ne avrebbe gioito, ma…sarebbe stato giusto dirglielo?
 
“È mettere il bene di qualcun altro prima del tuo”
 
Se avesse detto a Dean quello che provava per lui, avrebbe fatto il suo bene? In questo modo, avrebbe messo il bene di Dean prima del proprio? O piuttosto, avrebbe legato il giovane a sé ancora di più, confinandolo nella sua vita limitata? E ancora, cosa avrebbe comportato per Dean continuare a stare con lui? In cuor suo, Castiel conosceva le risposte a quelle domande, ma in quel momento la sua mente si rifiutava di vederle, inibita dalle conseguenze che esse avrebbero avuto sulla sua vita e su quella di Dean. Il giovane guardò di fronte a sé e vide Dean che lo osservava, con una sfumatura di aspettativa e disperazione fuse insieme al verde dei suoi occhi.
Castiel smise di respirare e fece un passo indietro.
“Mi dispiace…” – sussurrò flebile, per poi voltarsi e allontanarsi, consapevole del fatto che Dean lo stesse chiamando, anche se lui non riusciva a sentirlo.
 
 
 
 
 

 
~ L’Angolo Dell’Autrice Disadattata ~
 
Ciao a tutti!
Lo so, lo so, ultimamente l’andamento della storia si è fatto pesante e questo capitolo ha ulteriormente aggravato la mano. Non è stato facile per me scriverlo, ci ho impiegato parecchio, ma per fortuna ho avuto il supporto della mia beta (Juls <3 ).
Volevo farvi sapere che sto soffrendo esattamente come voi nel vedere come le cose tra Dean e Castiel abbiano preso una piega per niente piacevole e come ogni tentativo per aggiustare il tutto non faccia altro che peggiorare la situazione…nemmeno quel “ti amo”, quelle due parole che molti di voi aspettavano con impazienza. Comunque la storia è in corso e mancano pochi capitoli alla fine, forza e coraggio!
Mi piacerebbe conoscere le vostre impressioni in merito a come si stanno svolgendo i fatti, magari anche spiegandomi cosa avreste fatto voi in un frangente simile. Sono curiosa di vedere più punti di vista a riguardo ^^
Ah, quasi dimenticavo…per il luna park mi sono ispirata a varie immagini trovate su internet, soprattutto per la ruota panoramica. E ovviamente, la citazione di Frozen è quella che Olaf dice ad Anna ;)
Vi lascio con l’angolo delle fan art!
Alla prossima!
Sara
 
 
 
~ Varie ed eventuali ~
 
Fan art!

                            

 
   
 
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