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Autore: vero511    16/01/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Il panico mi assale mentre cerco di frenare la spinta di Alex tra le mie braccia. Come se ciò non bastasse, Zack, colpito da non so qualche oscuro istinto, sembra protendere a sua volta verso il bambino. È la fine. A questo punto mi converrebbe pensare ad una scusa per  cui mi trovassi nel negozio di Arthur, ma sono troppo tesa anche per un compito così banale. Mi giro di scatto, così che Alex dia le spalle all’uomo che ora si trova davanti a me. Un pianto acuto si riversa nella camera, ma sono talmente incantata dagli occhi di  Evans da non accorgermi delle urla che stanno trafiggendo i miei timpani; gli occhi di quest’uomo sono impressionanti, io stessa ho gli occhi azzurri, come del resto mio figlio, ma non sono niente in confronto. Zack Evans sembra avere due pietre intagliate nel ghiaccio a circondare le pupille che creano un contrasto ancora più imponente. La penombra che ci avvolge marca con maggiore evidenza la mascella prominente che si allunga verso un mento sottile e leggermente coperto da un quasi inesistente strato di barba. Se dovessi dare un’innovativa definizione a Zack Evans, direi che il suo secondo nome è contrasto: il continuo chiaro scuro che si crea tra il ghiaccio delle sue iridi e i pozzi neri che circondano, i capelli corvini che ricadono sulla fronte color caramello, i vestiti che paiono sempre disposti appositamente a creare una disparità tra strati inferiori e superiori. Perfino il suo carattere sembra giocare su questo conflitto, come quando qualche sera fa mi ha trattenuta per ringraziarmi e, nonostante la ferrea presa sul mio polso, il suo sguardo emanava dolcezza; o come in questo preciso momento, in cui è palesemente molto confuso, ma una lampante illuminazione sembra essere appena piombata nella sua mente per condurlo fuori dal suo stato di stordimento.

“Aveva smesso di piangere…io…potrei solo…” parla in modo sconnesso e insicuro, nonostante la mia preoccupazione, mi sento in qualche modo potente. Non credo che molte persone lo abbiano visto in queste condizioni. Mi accorgo solo all’ultimo che si è avvicinato e mi sta girando attorno per osservare il volto di Alex. “Ehm…non credo che…cioè non sta molto bene, deve riposare e tu dovresti andare”. La mia voce non arriva convinta neanche alle mie orecchie, suppongo si sia reso conto che la mia è solo una scusa e deve essere proprio questo a dargli la carica per non demordere. “Ellie, sono il tuo capo.” Lo guardo confusa e non posso fare a meno di scoppiare a ridere. Che brava madre: rido mentre mio figlio si sgola a causa del suo insistente pianto, anche se quest’ultimo sembra essersi affievolito. “Siamo in un ospedale, non in azienda. Siamo sullo stesso piano qui” spiego dopo essermi ripresa. Sembra pensarci su un momento, consapevole che ho ragione e che la sua affermazione sia stata alquanto inopportuno. “Ellie Wilson, fammi vedere quel bambino o giuro sulla mia stessa carriera che ti licenzio”. Oh. No, un momento. COSA? No, no e no. Non può farlo. O si? “C-come, prego?” “Hai capito benissimo.” Il suo tono non ammette repliche e il suo sguardo pare scagliare stalattiti. “Non puoi!” “Tu dici? Non sfidarmi Wilson”. Qualcosa nel suo sguardo e nella sua espressione mi dice che farei meglio a evitare di remargli contro e assecondarlo. Sono ormai rassegnata e il panico attanaglia ogni singola cellula del mio corpo. Massaggio con cerchi concentrici la schiena di Alex e non so se lo sto facendo più per tranquillizzare me o lui. Faccio voltare delicatamente Alex verso Zack e di nuovo, improvvisamente, tutto tace. Credo che i battiti accelerati del mio cuore in tensione siano gli unici rumori udibili. I due si osservano con meticolosa attenzione: mio figlio con la classica curiosità tipica dei bambini, ed Evans come se stesse studiando un contratto, degno di un uomo d’affari qual è. La freddezza è scomparsa quasi completamente dal suo sguardo e ne sono felice, altrimenti avrebbe rischiato di spaventare Alex. Mi perdo a mia volta ad osservarli. Mio figlio non ha mai avuto una figura paterna che gli stesse accanto e, anche se sono fiera di averlo preservato dall’incontrare quello che è il suo padre biologico, mi dispiace che non abbia ancora avuto una sorta di esempio da seguire, o delle braccia più forti che lo stringessero. Questi due insieme mi fanno uno strano effetto, senza considerare quando il mio capo ha preso in braccio Alex. Al solo ricordo di quel momento, le farfalle svolazzano nel mio stomaco e le mie labbra si increspano in un sorriso pieno d’amore. “Za…Za…” farfuglia il bambino ed è in questo preciso istante che vengo strappata brutalmente dal mondo dei sogni e ritorno alla cruda e difficile realtà. “Un secondo…hai un’aria famigliare”. Ovviamente sa che Alex è impossibilitato a rispondere, ma sembra stia semplicemente ragionando ad alta voce, senza rivolgersi a qualcuno in particolare. “Conosci Arthur?” Non mi rendo immediatamente conto che sta parlando con me e resto interdetta per pochi attimi. “Arthur del negozio d’arte?” Devo cercare di risultare il più naturale possibile, ho ancora un’opportunità per deviare il suoi ragionamenti. Annuisce, freddo e calcolatore. “Conoscere è una parola grossa. So solo il suo nome”. Beh, questa è la verità, ecco perché sembra più sicuro della mia affermazione. “C’è qualche problema in merito a questo? Non mi è concesso andare a fare compere e esplorare nuovi negozi?” Parto subito all’attacco, per non dargli il tempo di formulare nuove questioni che potrebbero mettermi in posizioni scomode. “Oh, no. Assolutamente.” Bravissima Ellie! Ottimo lavoro. Mi congratulo con me stessa e per destare ogni sospetto gli pongo un’ultima domanda: “Perché me l’hai chiesto? Insomma, cosa centra con mio figlio?” “Ti è mai capitato di lasciarlo in negozio?” Sarebbe assurdo dire il falso, negando così l’ovvio. “Una volta. Ma ancora non capisco”. “Ho avuto il piacere di incontrare questo ometto in quell’occasione”. Annuisco, fingendomi anche solo minimamente sorpresa. Restiamo in silenzio e Zack allunga una mano verso quella di Alex. Le due sono in netto contrasto tra loro: quella del bambino è piccola, paffuta e particolarmente chiara; mentre quella del capo risulta enorme, con una carnagione più scura e le dita lunghe e affusolate. Quando l’indice di mio figlio raggiunge l’anello di Zack, quest’ultimo pare congelarsi sul posto. Ritrae frettolosamente l’arto e scompare con una banale scusa verso il corridoio. Ma che diavolo… Non do particolare peso all’accaduto, al momento sono solo contenta di essermela cavata di nuovo.

ZACK’S POV

L’anello. Ellie mi ha riconsegnato l’anello perché sapeva fosse mio. Lo aveva Alex. Ciò mi porta ad un’unica spiegazione: lei sapeva che io e il bambino ci eravamo incontrati, ma cosa peggiore, anche Arthur sapeva tutto. Mi torna alla mente quel giorno e ricordo che Art mi aveva detto che si stava occupando del figlio di una vicina. Ma se la Wilson abita al St. Regis, lei e l’uomo non possono essere vicini. Quindi entrambi mi hanno mentito e lo stanno facendo tutt’ora. Io, che ho serie difficoltà a fidarmi delle persone, sono stato imbrogliato da colui che ritenevo essere quasi un padre per me. Ellie Wilson, sei entrata nella mia vita come un tornado e stai riducendo in macerie tutto ciò che ho costruito negli ultimi anni.

-N/A -
Buonasera Ragazze! Ecco il nuovo capitolo che speriamo di cuore vi piaccia. Grazie ancora di tutto, un bacio.


 
  
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