Fanfic su artisti musicali > HIM
Segui la storia  |       
Autore: DarkYuna    17/01/2017    2 recensioni
"Inarca le sopracciglia, livida in viso, sta per dare sfogo alla furia e il malcapitato è il sottoscritto. Se è in fase premestruale posso iniziare a scrivere il mio necrologio. Migé avrebbe potuto cantare al funerale o magari Linde, un’Ave Maria Heavy Metal, con chitarre distorte e voci roboanti."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
*Image and video hosting by TinyPic  



 
11.
*Come miele tossico*








 
Lo zippo scatta su se stesso ed uccide la fiamma con cui ho acceso l’ultima sigaretta del pacchetto finito di Marlboro rosse, comprato solo stamattina. L’accartoccio e lo butto poco più in là.
Sdraiato sul tappeto dello studio di registrazione, fisso il soffitto, accanto a me un foglio stropicciato, cosparso di cancellature, scarabocchi, simboli, disegni idioti e parole. È la canzone che sto cercando da diversi mesi: l’ho scritta in dieci minuti.
 
 
Le orecchie sono occupate da un paio di cuffiette, collegate all’Ipod dato in prestito da Amelia. L’ha riempito con una colonna sonora personale, comprese quelle che abbiamo ascoltato in macchina, la famosa notte che ha impedito alla morte di passarmi a prendere.
 
 
Nessuna di loro è nella sua lingua natia.
 
 
Le musiche hanno un nucleo di tristezza consolidato, che si ripete in ognuna di esse, sfiorano l’anima con petali corvini imbrattati di sangue, rendono l’amore un sentimento profondo, lo caricano di una potenza in grado di sfondarti il cuore.
Se prova passioni simili alle mie, sono veramente fottuto!
 
 
Fumo nervoso, le parole in spagnolo sono travolgenti, di un’intensità che si attacca come miele tossico, mutano i sentimenti, rendono chiaro e limpido ciò che sento, come lo sento e soprattutto per chi lo sento.
Chiudo gli occhi e la vedo, un sorriso abbacinante solo per me, le iridi sono spighe di grano, i morbidi capelli a caschetto scompigliati dal vento, il profumo brioso, il suono melodioso della voce… ed è buffo, perché quando penso a lei, è sempre estate. Non vi è dolore, neppure nell’immaginazione, se c’è Amelia, io sto bene, anche se è solo un frutto di una mente fantasiosa.
Quando sto con lei, il tempo pare fluire via come acqua tra le dita, quando lei non c’è, non faccio altro che pensarci e godere dei ricordi trascorsi insieme. È fissa, nel cervello e non riesco a schiodarcela neppure un istante.
 
 
Adoro la sensazione di piena vita che è riuscita a ficcare nelle vene, sono un concentrato di idee, fatico a stare fermo e sorrido come un coglione la maggior parte del giorno.
Sbuffo: è un sospiro di un uomo innamorato e… sorrido. Di nuovo.
 
 
Nel pomeriggio ho un appuntamento con Seppo, devo fargli leggere la bozza della canzone, sto per togliere via le cuffiette, quando odo un rumore differente di riproduzione, il suono è mutato, è una canzone registrata al momento, non è frutto di vocalist famosi, lingue straniere e significati incomprensibili.
 
 
<< Caro brontolone, se sei arrivato fin qui, vuol dire che non ti sei annoiato o peggio: addormentato. >>, la voce di Amelia è dolce, esuberante, ha quel tono divertente che adoro. È una macchia d’arcobaleno. << Spero che ti sia piaciuto questo piccolo regalo, perché c’è un altro regalo in arrivo. >>.
 
 
Poche note di una chitarra, l’inizio è inconfondibile, una sequela di brividi caldi e freddi si rincorrono giù per la schiena.
 
 
Bury Me Deep Inside Your Heart
 
 
È la voce di una sirena quella che canta per me, si esprime con le frasi che avrei voluto rivelare, esperta di mille incantesimi, un richiamo affranto di un cuore innamorato. Non mi sono mai sentito così, travolto dall’influsso intrinseco di sentimenti a me ignoti, un legame incondizionato mi lega a lei, non voglio spezzarlo, naufrago volontario alla deriva del suo mare in tempesta. Sono inchiodato a terra, lo stomaco sottosopra, ho uno squarcio al centro dei polmoni, da cui sgorga lava liquida, che mi liquefa con una delicatezza fatale.
Fa’ l’amore con le parole che ho scritto io e non riesco a non vagheggiare di fare lo stesso con lei, se fosse qui adesso. Niente ragione, solo istinto, cuore, anima, passione e un sentimento che è come una luce accecante nel labirinto delle tenebre. Il mio corpo sul suo, il respiro deformato dal piacere, battiti violenti di cuori agitati, smania su labbra umide e dischiuse… potrei morire in qualsiasi istante.
 
 
Scopro che le fantasie sono così veritiere, da far rispondere il resto del corpo agli impulsi della mente, sono eccitato, innamorato, in grado di andare a piedi da lei, anche per un bacio lungo una vita e annullarmi in esso.
Venderei me stesso al Diavolo per quel bacio.
 
 
Un colpetto al piede spezza il sortilegio di morte, apro gli occhi di getto e Migé, in piedi di fianco a me, è peggio di una doccia fredda su un tizzone ardente. Tolgo le cuffie e spengo l’ipod.
 
 
Inarca un sopracciglio cespuglioso, esamina assorto.
<< Credevo fossi morto! >>, scherza con aria seria, sedendosi sullo sgabello, accanto al basso.
 
 
Mai stato più vivo prima d’ora.
<< Riflettevo. >>, spiego vago. So che non vuole sentir parlare di Amelia, non sa come relazionarsi con le numerose conquiste, specialmente questa che è così giovane.
 
 
<< La tua ragazzina ti ha fatto diventare coscienzioso? >>.
 
 
Confuso e parecchio seccato, aspetto che continui, ma non lo fa.
<< E cioè? >>.
 
 
Si posiziona meglio sullo sgabello, per evitare di scivolare.
<< Qualcuno ti ha visto qualche giorno fa in compagnia di una giovane ragazza, con capelli scuri e a caschetto. >>.
 
 
Scrollo le spalle, infilo l’ipod nella giacca, ripiego il foglio con su scritta la canzone e lo conservo.
<< E quindi? Sapevi già che la stavo frequentando. >>. Non devo giustificarmi con lui per le mie azioni. Sono grande e vaccinato e frequento chi cavolo mi pare e piace.
 
 
<< Sì, ma dopo che me ne hai parlato, credevo l’avresti lasciata. Dato il problema rilevante. >>.
 
 
Arcuo talmente tanto le sopracciglia da sfiorare l’attaccatura dei capelli.  
<< Non te ne ho parlato in cerca di un pretesto per far cessare la cosa. >>. Non gradisco il tono con cui si riferisce a lei. Ha portato rispetto a tutte le altre donne, allora perché si comporta così se si tratta di Amelia?  
 
 
<< E allora perché? >>.
 
 
<< Perché è importante per me. >>, accetto schietto. E dopo che ha impedito di uccidermi, lo è divenuta ancora di più. Come posso lasciarla? Il solo pensiero mi provoca strane reazioni, un sottile dolore che potrebbe farmi impazzire seduta stante. << E perché ho intenzioni serie. >>.
 
 
Sospira paziente, gratta una tempia.
<< Ville, le tue “intenzioni serie”, le conosco bene. Le ami, giusto il tempo che ti diano ciò che ti serve, poi le butti fuori dalla tua vita come se non valessero niente. Non ti ho mai sentito dire “è la donna giusta, voglio sposarla”. >>. Dietro il tono burbero, si cela l’ennesima litigata con la moglie, la storia non andrà avanti per molto, il divorzio aleggia nell’aria e riesco ad avvertirlo anche io, che non centro niente.
 
 
<< E non comincerò adesso. Sai come la penso sul matrimonio. >>.
 
 
<< Non la penseresti ancora così sul matrimonio, se fosse la persona giusta. Se devi ferirla, lasciala finché sei in tempo. Hai detto che ha quindici anni meno di te, no? In pratica è una bambina, quanto può saperne dell’amore, rispetto a te? Forse sei perfino il suo primo amore o magari nessuno le ha mai spezzato il cuore, vuoi essere tu il primo? Stai giocando con il fuoco, un fuoco che brucerà solo lei, perché tu sei stato già ustionato abbastanza e non senti più niente. >>.
 
 
Ha maledettamente ragione, non posso nasconderlo, almeno con me stesso, ma sono preso così tanto che, se concerno anche la sola possibilità di un futuro dove Amelia non c’è, fa riaffiorare un attacco di panico in piena regola.
 
 
Balzo in piedi, sono furibondo: fa sempre male sentirsi sbattere la verità in faccia. Gli pungolo sul petto.
<< Tu non la conosci. >>.
 
 
Guarda l’indice minaccioso che aleggia vicino al viso paffuto.
<< È vero, non la conosco, ma conosco te. Tu le farai del male, così come lo hai fatto ad Irina. >>.
 
 
Scuoto la testa, incerto.
<< Che vuoi dire? >>.
 
 
<< È in ospedale, ha tentato di uccidersi con un cocktail di alcool e farmaci… >>. La notizia mi manda sotto shock. << Tu giochi con la vita delle persone, Ville, sei solo in cerca di emozioni che ti ridiano ciò che tu hai perso, ma una volta che hai spremuto fino all’ultima goccia, abbandoni e cerchi altro! >>. È furibondo, si alza in piedi ed è un faccia contro faccia.
 
 
Mi riversa addosso rabbia e rancore e sono come uno schiaffo potente in piena faccia, facendomi indietreggiare.
Non ho considerato questo aspetto della faccenda, quando ho lasciato Irina, non credevo fosse così innamorata di me da arrivare ad un simile gesto disperato, per cessare per sempre di soffrire.
 
 
Deglutisco due volte, boccheggio in cerca di ossigeno, devo respirare, sto per avere una crisi di panico. Migé sta ancora parlando, le orecchie si rifiutano di ascoltare altro, ruoto su me stesso e vado fuori dalla stanza insonorizzata, barcollo tra i corridoi dello stabile e una volta fuori, il malessere non migliora.
Ho un cedimento psicologico, sto male, non riesco a mettere a fuoco le persone e il paesaggio circostante, fatico a riprendermi, è come se il cervello fosse risucchiato in un buco nero. Non riesco a capire cosa possa aiutarmi a non crollare, il cervello fa una veloce lista delle persone fidate che possano venirmi a prendere e, una dopo l’altra, i familiari e poi gli amici vengono scartati.
 
 
Resta solo lei, la stessa lei che adesso vorrei non chiamare, vorrei che non ci fosse, vorrei non averla mai baciata, vorrei non averle dato speranze. Perché temo che finisca come Irina.
 
 
Non so da dove sia spuntato il cellulare, cerco frenetico il numero salvato in rubrica e la telefonata parte.
 
 
<< Ciao Ville! >>, risponde allegra, vorrei che ci fosse un altro modo, so che sto per spaventarla, ma non ho altra scelta. È già in macchina, sento i tipici rumori del traffico. << Ti è piaciuto il regalo? >>.  
 
 
<< Amelia. >>, dico a fatica, la testa gira come una trottola, ho un terrore fottuto di morire sul colpo e che lei non giunga in tempo a tirarmi fuori dall’inferno. << Sto male, per favore… allo studio di registrazione, vieni a prendermi. >>. È la prima volta che prego qualcuno a quel modo, poco importa se sto apparendo debole, non sopravvivrò altri dieci minuti in questo stato. 
 
 
 
Non se lo fa ripetere due volte, non sta lì a farmi domande idiote, non perde tempo, ha intenzione di venire a salvarmi ancora una volta.
 
 
Provo ad aprire il secondo pacchetto di sigarette, le mani tramano e formicolano e cadono sulla neve alta. Ho due fitte di seguito al petto e devo sorreggermi al muro dello studio, per evitare di fare la stessa fine delle Marlboro.
Le orecchie percepiscono in maniera ovattata, eppure riconosco immediatamente la voce di Amelia che pronuncia il mio nome, riempiendolo di inquietudine visibile. Il viso è un tonico lenitivo, le mani mi afferrano in vita e mi stringe, timorosa che stia per svenire.
Mi trascina nella macchina calda, inclina il sedile e sale al suo posto, sfrecciando a tutta velocità con i finestrini aperti. Il freddo di Helsinki mi sbatte in faccia, ossigeno puro che filtra dalle narici, la velocità mi distrae dalla crisi aggressiva e finalmente riesco a respirare.
 
 
Volto il capo dalla sua parte, è concentrata mentre guida tra le strade scivolose, non le frega niente di prendere una multa o di infrangere il codice stradale.
<< Non andare in ospedale. >>, sussurro, anticipando le sue mosse.
 
 
Getta un’occhiata sconcertata, è pallida come un cencio.
<< Perché? >>.
 
 
 
<< È passato. >>, la rassicuro e le metto una mano sul ginocchio, per tranquillizzarla.
 
 
Mette la freccia, ed accosta.
<< Cos’è stato? >>. Si protende verso di me, accarezza la fronte umidiccia e le dita si intrecciano alle mie. La sua pelle è fredda.
Faccio fatica a divulgare la debolezza che le ho scaricato addosso, ma la mimica angustiata, il panico negli occhi e il tono colmo di terrore, mi fa capire che siamo andati al di là del semplice rapporto tra due persone che si piacciono, ci siamo addentrati nella tana del bianconiglio e adesso le toccherà sorbirsi tutti gli orrori. È la sincerità ciò che ci siamo ripetuti, quindi intendo essere sincero, anche nello schifo che ho fatto.
 
 
<< È stato un attacco di panico. >>, ammetto, preferisco non guardarla, se notassi anche una sola nota di disgusto, potrebbe cadermi addosso il castello di carta che mi sono costruito da solo.
 
 
<< Cosa l’ha scatenato? >>, chiede, come se fosse ferrata sull’argomento. Non è schifata da me, anzi, sembra che voglia aiutarmi ad affrontare la questione spinosa.
 
 
Schiarisco la gola, copro gli occhi con un braccio ed ho paura che la crisi ritorni. Non accade. Lei riesce a placare l’anima.
<< L-la donna che stavo frequentando… ha fatto una cazzata, per me. >>.
 
 
Distende le gambe, cerca una posizione più comoda sul sedile e ragiona su ciò che ho detto. Non mostra un briciolo di gelosia, risentimento o rabbia.
<< E ti senti in colpa? >>, centra in pieno il punto. << Se vogliamo parlare di colpa, in questo caso, la colpa è mia. È colpa mia se l’hai lasciata, no? Quindi non vedo il perché debba sentirti male se, per colpa mia, la suddetta donna abbia fatto questa cazzata per te. >>.
 
 
La scruto spiazzato, il modo in cui ha messo la faccenda, non mi fa stare meglio. Sono ancora una merda.
<< Ho scelto io di lasciarla, indipendentemente da te. Sarebbe accaduto ugualmente, con lei non è stato amore, sapeva perfettamente cosa ci fosse tra di noi, così come sapeva che non sarebbe durata a lungo. >>.
 
 
Grava il capo sul poggiatesta, ha uno sguardo strano, è pallida, occhiaie scure, le iridi spente, la bocca esangue. Non sembra essere in gran forma.
<< Perché sentirsi in colpa per la scelta di qualcun altro? Quindi se tutte le tue ammiratrici fanno cazzate perché ti amano, tu ti sentirai sempre in colpa? >>.
 
 
<< Non è lo stesso discorso. >>.
 
 
<< Secondo me sì. >>, insiste e per un momento il suo ragionamento prende il sopravvento. Ha un tono glaciale, le parole si fanno crudeli e non riconosco più la ragazzina di sempre, quella spigliata, allegra e solare: la sua luce s’è spenta.
 
 
<< Che ti prende? >>.
 
 
Le spalle si curvano, sembra stia portando un gravoso peso, di cui non riesce a liberarsi. È sul punto di confessare, poi desiste.
<< Lascia stare, Ville, non capiresti e… francamente non capisco neppure io. >>.
 
 
Attendo che si spieghi meglio, che dia una motivazione a quel comportamento senza cuore e all’atteggiamento insensibile.
<< Cosa non capisci? >>.
 
 
La vedo deglutire lenta, ispira e poi volta la testa.
<< Tu non sei pronto per una storia seria ed io sono così incasinata, da non volere incasinare te. Sei già un caso disperato di tuo, senza che io ci metta il resto. >>. Avvicina la mano alla chiave, pronta ad avviare la macchina. << Dove vuoi che ti porti, visto che in ospedale non vuoi andare? >>.
 
 
Inarco un sopracciglio, un graffio leggero scalfisce il cuore. Dapprima non fa male, ma quando lo scruto meglio, avverto un dolore sordo trafiggermi da una parte all’altra. Migé sarà contento, in fin dei conti.
<< Pensavo che di te potessi fidarmi. >>, l’accuso risentito. È più che risentimento, è furia cieca, l’ho chiamata in un momento in cui sono stato debole e lei ha attaccato quando più ero vulnerabile.
 
 
La testa scatta, sbarra le palpebre e boccheggia offesa.
<< Non mi sembra di averti dato motivo di ricrederti. >>.
 
 
Aggiusto il sedile, non sto più male e le ho dato anche troppi vantaggi.
<< Me lo stai dando adesso, Amelia. Credevo che fossi diversa, invece sei esattamente come tutte le altre. >>, le riverso addosso lo shock per la notizia di Irina, il modo in cui il mio migliore amico mi ha trattato e il suo volermi scaricare come un sacco di merda. È il capro espiatorio di ogni mio dolore. << Che coglione sono stato nell’aver chiamato proprio te, no? Magari eri troppo impegnata con qualche altro scemo e ti ha scocciato dover mollare il gioco, per correre a soccorrere me. >>. L’acidità nelle parole le si getta addosso e la uccide.
 
 
<< Chi credi di essere per giudicarmi? >>. La voce è un sibilo letale, suona come una minaccia ed è resa più devastante da quegli occhi senza vita. Sembra morta. << Tu hai visto solo ciò che ti conveniva vedere e non mi interessa mostrarti cosa c’è dietro l’apparenza. La tua vita è troppo distante dalla mia… per un momento mi sono illusa che i nostri mondi si sarebbero potuti incontrare e magari coesistere, solo ora capisco che era una stupida utopia che abitava nella mia testa. Finisce qui qualsiasi cosa credi stesse nascendo. Scendi dalla macchina, Ville. >>, la sentenza giunge inaspettata ed inesorabile e mi affonda in un mare di stalattiti che infilzano la carne viva, facendo un male cane.
 
 
Non aggiunge altro.
Non aggiungo altro.
 
 
Apro lo sportello e il freddo di Helsinki è uno schiaffo gelido sul volto provato. Lei non attende oltre, mette in moto e, con gesti lenti, goffi e meccanici, si immette nel traffico e sparisce all’incrocio.
 
 
Io le donne non le capisco.  











Note:
Se fossi meno prigra, aggiornerei più spesso, però ahimé, sono molto pigra e vi toccano aggiornamenti lentissimi. 
Comunque, mica pensavate veramente che sarebbero state tutte rose e fiori, vero? "Sadismo" è il mio secondo nome e capirete il perché. 

Per descrivere l'attacco di panico, mi sono documentata a lungo e non è stato facile. Visto che so che Ville ne ha sofferto e ne soffre ancora, ho voluto mettercelo, come parte integrante della sua vita. Uno dei tanti demoni che deve combattere giornalmente. 

Ringrazio come sempre tutti quelli che commentono, che seguono e i fantasmini. 
La storia può presentare errori ortografici.

Un abbraccio.
DarkYuna   
 
 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > HIM / Vai alla pagina dell'autore: DarkYuna