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Autore: Sospiri_amore    18/01/2017    1 recensioni
Nico porta sulle spalle un ricordo doloroso che condiziona ogni singolo giorno della sua vita. La ribellione e il menefreghismo sembrano l'unica soluzione al male che sente dentro.
Rassegnato a vivere la vita che la società gli impone, si ritroverà a dover abbassare la testa e accettare il lavoro che gli viene imposto presso la Fabbrica dei Sogni.
Insieme ai suoi migliori amici, Lola e Ahmed, vivrà avventure a cavallo tra la fantasia e il reale, tra il sogno e la realtà, tra la finzione e la verità.
Chi sono gli Onironauti?
Cosa deciderà di fare Nico?
Chi è la misteriosa ragazza con gli occhi tristi?
Chi lo tradirà?
Scoprirà segreti su suo fratello Alex?
Troverà l'amore?
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Genere: Avventura, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un futuro segnato

Sedia cigolante.
Tavolino in fòrmica verde.
Paravento in cerata grigia.
Secchio di metallo vicino ai miei piedi.
Brusio.
Molto brusio.

La scuola del quartiere 23 conta più di trecento studenti diplomandi. A gruppi di 20 persone ci fanno entrare nella stanza in cui durante l'anno si tengono gli incontri tra professori e genitori, uno stanzone anonimo dalle pareti color verde chiaro e diverse macchie scolorite mai riverniciate.
Io me ne sto seduto in uno spazio ristretto in attesa di iniziare il colloquio per determinare il mio lavoro utile alla comunità. Una donna sui cinquant'anni dall'aria annoiata, con capelli biondi cotonati e dal seno prosperoso, legge il mio fascicolo. Sfoglia le pagine con lentezza senza il minimo entusiasmo. Davanti a lei un computer dall'aria malandata su cui digita i tasti per compilare la mia scheda personale, una fiala di vetro contenente un liquido multicolore e luminoso, un paio di guanti in pelle piuttosto usurati. 
Sono in attesa.
La fioca luce al neon del soffitto e le cerate grigie che dividono lo spazio dagli altri studenti sembrano le pareti di una tomba. Mi manca l'aria. Mi sto addormentando. 
Il ticchettio monotono dei tasti schiacciati dalla signora sembrano una ninna nanna infernale.

«Il secchio serve per chi vuole diventare Onironauta, giusto? Dopo che hanno bevuto l'acqua dell'Onirocascata tutti stanno male, vero?», chiedo dando un colpo di tacco al secchio di metallo che ho vicino ai piedi sperando che due chiacchiere possano svegliarmi dal torpore in cui sono caduto.

«Già. Dopo pochi secondi che il soggetto ingoia l'acqua dell'Onirocascata vomita. È la prassi. Il tempo che sono in grado di resistere, la forza di volontà che mettono è il metro di valutazione. Più resisti e più possibilità hai di diventare Onironauta». Con il dito indica la fiala sul tavolo che sprigiona costantemente una luce potente e scintillante. 

«Non preoccuparti, leggendo il tuo fascicolo non correrai questo rischio, non sei adatto al ruolo. Non ti darò da bere l'acqua perché non diventerai mai un Onironauta, credo resisteresti molto poco. Molti ragazzi studiano seriamente per anni, forgiano la loro volontà per poter provare durante questo colloquio per diventare Onironauti». La voce piatta e senza emozioni della donna è anche più noiosa di tutta questa situazione.

«Non ho le carte in regola vero? Peccato», dico con finta aria sconsolata.

La donna mi guarda di sfuggita senza mostrare il minimo interesse.

«Molto intenso come colloquio. C'è gente che aspetta tutta la vita per questo momento, ovvero vomitare davanti ad una sconosciuta. Il massimo, non c'è che dire». Sono ironico, ma la signora non coglie lo spirito. Digita. Legge. Digita. Legge.

Poi.

«Signor Nico Songus cosa le piace fare normalmente durante una giornata tipo?». La donna ripete a pappagallo la prima di quella che sembra un'intervista molto lunga e noiosa.

«Camminare. Passeggiare. Esplorare. Dormire. Mangiare... Respirare?».

«Quale cosa le riesce meglio?», continua a chiedermi imperturbabile.

«Nulla, non so fare nulla. Voti pessimi e condotta disdicevole». Il mio tono imita quello isterico di mia madre ogni qual volta combino qualche guaio.

«Cosa crede le riserverà il futuro?». La donna mi guarda schifata.

«Passo». Non credo resisterò molto ancora.

«Ha qualche nome che vuole aggiungere al suo fascicolo come sua futura compagna? Se non dovesse darmi nessun nominativo provvederemo noi ad assegnargliene una».

«Passo». Non potrei mai rovinare la vita a Lola è la mia migliore amica è vero, ci divertiremmo un sacco, ma non mi ama come si dovrebbe amare qualcuno di speciale. Sono come un fratello per lei.

«Si sente realizzato più con un lavoro all'aria aperta o dietro una scrivania?». La testa bionda e cotonata della donna si muove ritmicamente seguendo il ritmo della penna sulla carta.

«Passo».

«Quale obbiettivi vuole raggiungere nella vita?», mi chiede mentre continua a prendere appunti.

Sbotto, non ne posso più.

«Il caos. Voglio che ci sia il caos. È abbastanza sconvolgente come risposta? Se il tenore delle domande è questo può scrivere lei al posto mio. Se reputa che sia adatto per un lavoro me lo dia, non mi importa quale sia, l'importante che mi arrivino abbastanza crediti e razioni per andarmene da casa. Pulisco bagni, vetri, cucine. Raccolgo erbacce, cambio lampadine. Farò qualsiasi lavoro umiliante lei ritenga opportuno come... come l'esaminatore finale durante i colloqui di fine scuola. Il lavoro che fa lei, insomma». Dico l'ultima frase con un sorrisetto sarcastico, impertinente e sfacciato. Non posso negare che mi stia divertendo un sacco.

La donna smette di prendere appunti, mi guarda con intensità. Credo che se potesse mi prenderebbe a sberle come il 99% delle persone che mi conosce.

«Bene Signor Songus. Se è questo che vuole le affiderò un lavoro utile alla comunità e perfettamente ritagliato per la sua personalità: c'è carenza di personale alla Fabbrica dei Sogni, le fornaci hanno bisogno di essere alimentate manualmente». La donna avvicina il suo volto al mio schiacciando con il seno abbondante la tastiera del computer. «Marcirà il resto della sua vita all'inferno».

Sorrido e alzo le spalle. Non mi importa di nulla di quello che dice, se è quello che mi tocca lo farò.
Con gesto plateale solleva un grosso timbro con scritto ASSEGNATO che preme con forza sul fascicolo cartaceo che tiene tra le mani dall'inizio del colloquio. 

Bam.
Il mio futuro è segnato.

«Questa è la ricevuta che le indica dove inizierà il suo lavoro il mese prossimo. Mi raccomando, non pensi di saltare il primo giorno o darsi per malato. Noi sappiamo chi mente e chi non vuole lavorare. Noi sappiamo tutto», dice mentre picchietta la targhetta dell'Oniroministero appuntata alla sua camicia. 

Senza neanche salutare esco e percorro il corridoio con stretta in pugno la ricevuta che indica il mio nuovo lavoro alla Fabbrica dei Sogni. Spalare rifiuti dentro la fornace è uno dei lavori più faticosi che esista, dalle voci che girano pare che tra il calore e i gas emanati l'aspettativa di vita si riduca di molto. Bello schifo.
Una valanga di studenti aspetta trepidante il momento del colloquio. Nel corridoio ci sono facce pallide e occhiaie come non ne ho mai viste. C'è chi si mangia le unghie, chi cammina avanti e indietro, chi sembra sull'orlo dello svenimento.
Se sapessero che i loro desideri verranno disattesi non si cruccerebbero tanto.
Domande sciocche e puerili possono decidere il futuro di uno studente?

No.

Cerco Lola e Ahmed, loro hanno fatto il colloquio prima di me. 
Passo dall'ingresso principale per ritrovarmi nell'assolato cortile. Anche se è pomeriggio inoltrato fa ancora molto caldo. Rifugiati sotto l'ombra delle piante che circondano l'edificio ci sono tutti gli studenti che hanno fatto il colloquio. Non ci sono troppe facce felici, leggo molta perplessità sui volti di ciascuno di loro.

«Nico. Nico». Lola sventola un braccio, vicino a lei c'è Ahmed che ha l'aria sconvolta.
Li raggiungo.

«Ciao, come è andata?», chiedo mentre sventolo la mia ricevuta.

«Cameriera in una tavola calda, zona Nord. Servirò cibo agli operai della Fabbrica dei Sogni», dice sconsolata. L'incubo di Lola di è avverato, farà lo stesso lavoro di sua madre.

«Perlomeno ci incontreremo in pausa pranzo. Io lavorerò alle fornaci, direttamente all'inferno», dico ridendo.

«Mi dispiace Nico, veramente. Ti hanno dato un lavoro schifoso». Lola mi abbraccia forte, in quella stretta c'è tutta la tristezza e la frustrazione che sente dentro. Ingabbiata a ripetere la vita di sua madre, schiava del lavoro, troppo distrutta per stare con la sua famiglia e invecchiare in una mensa a servire cibo scadente. Se potessi le darei il lavoro dei suoi sogni, le darei tutto ciò che vuole.
Ahmed mugola.

«Che c'è?», chiedo alla mia amica che con il dorso della mano si sta asciugando una lacrima scivolata tra i suoi piercing.

«Ahmed farà il professore di Meccanica dei Sogni. Tra due anni avrà tra le mani le menti di giovani ragazzi prepotenti, arroganti e supponenti», Lola alza le spalle divertita e preoccupata solo stesso tempo. Ahmed è un ragazzo brillante, intelligente e perspicace, ma incapace di avere un qualsiasi rapporto empatico ed emotivo con qualcuno, a parte noi due.

«I tuoi piani di lavorare negli uffici dell'Oniromimistero sono andati a farsi friggere. Mi dispiace amico». Abbraccio Ahmed che sembra sempre più moscio.

«Avevo calcolato con un algoritmo che gli studenti più ambiziosi desiderassero ottenere un lavoro di prestigio che portasse popolarità e successo cosa che a me non è mai interessata. Indi per cui ho optato per un lavoro noioso, ripetitivo e snobbato come l'archivista all'Oniromistero. Ho studiato la piantina della biblioteca, quella dell'archivio. Ho memorizzato date, nomi, indirizzi. Sapevo tutto ciò che poteva servirmi. Inoltre, in base alle informazioni di cui ero in possesso sono riuscito a creare un testo molto similare a quello che ci hanno sottoposto e...». 

Un urlo interrompe il monologo di Ahmed.

Kurt è in mezzo al cortile sta sventolando un foglietto in aria.
È ovvio.
Kurt è un Onironauta.

La felicità di Kurt mi infastidisce, ma c'era da aspettarselo. Con suo padre e suo nonno Onironauti aveva un bel po' di vantaggio rispetto agli altri. Gli scagnozzi di Kurt lo circondano come cagnolini ammaestrati, lo riempiono di lodi. Metà della scuola si complimenta con lui come con tutti coloro che avranno la possibilità di studiare per diventare Onironauta. 
Il mio tirocinio di un anno sarà come imparare ad alzare la pala per buttare i rifiuti in una fornace, cosa che si spiega in dieci minuti scarsi.

«Allora carissimi, quale stupenda carriera vi aspetta? Due delinquenti e uno sciroccato fanno una persona intera? Io ho resistito per tre minuti e quarantacinque secondi dopo aver bevuto l'acqua dell'Onirocascata. È il secondo miglior tempo che sia mai stato registrato nella nostra scuola da quando è stata aperta. Tre minuti e quarantacinque secondi, ho fatto la storia». Kurt ha la faccia tra il verde acido e il giallo limone, profonde occhiaie e i capelli tutti spettinati. L'aspetto non è certo dei migliori.

«Non ho voglia di discutere, vai via», gli dico mentre prendo a braccetto Ahmed per allontanarlo. Lola è al mio fianco.

«Pulirete i cessi dove piscerò, laverete i piatti dove mangerò. Sarete i miei schiavi». Kurt ride sguaiato, la giacca della divisa è sporca di un liquido giallastro. È vomito, la puzza che emana è nauseabonda.

«Sarai un Onironauta di livello. Tre minuti e quarantacinque secondi, una cosa di cui vantarsi considerando che non sai neanche centrare un semplicissimo secchio. Che dire? Sarai un campione», dico sarcastico.

Kurt si avvicina minacciosamente al mio volto. L'odore acre e pungente mi nausea, mi allontano disgustato: «Calmati amico, non vorrai innescare una reazione a catena. Se mi stai troppo vicino vomito pure io».

«Brutto schifoso pezzente. È da anni che ti voglio spaccare la faccia, che voglio vedere il tuo faccino condito con i miei cazzotti». Kurt mi prende per il bavero scuotendomi con violenza. I suoi scagnozzi si avvicinano a Lola e Ahmed iniziandoli a spingere con forza.
Gli occhi azzurri di Kurt paiono più vuoti del solito. Ignoranza allo stato puro. Non ho intenzione di farmi sfiorare da quel troglodita.
Con un gesto rapido delle braccia mi stacco dalla sua presa, con una spallata lo allontano da me. Raggiungo I miei amici, Lola sta dando una ginocchiata nelle parti basse a uno dei due aggressori mentre Ahmed pare in difficoltà. Prendo per un braccio il ragazzo che sta scuotendo il mio amico poi gli assesto un pugno in volto. Lo scagnozzo cade a terra come una prugna marcia. Lola aiuta Ahmed a riprendersi, nonostante sia alto più di un metro e novanta non sarebbe in grado di fare male nemmeno a una mosca. Kurt e il suo amico si avventano su di me. Uno mi tiene le braccia da dietro, mentre Kurt mi prende a pugni nello stomaco. Il dolore è immenso, ma non voglio darglielo a vedere, non mi piegherò mai a uno come lui.
Lola sorregge Ahmed, è così pallido che sembra stia per svenire.

«Lascia Nico. Kurt non fare il vigliacco», urla la mia amica disperata.

Gli studenti nel cortile si sono radunati tutti intorno a noi, c'è chi urla, chi guarda e chi incita. Sembriamo gladiatori in una arena. Nessuno prova a fermare Kurt, nessuno lo farebbe mai perché significherebbe andare contro tutto ciò in cui credono. 
Kurt è più importante di noi.
Kurt può fare ciò che crede.

«Ne hai avute abbastanza verme», dice Kurt mentre mi colpisce con un pugno.
Una piccola goccia di sangue mi scivola dal lato della bocca. La assaporo. Questa è troppo, non posso sopportare oltre. Infuriato, furioso e totalmente immerso nella follia più pura sferro a Kurt un calcio negli stinchi, quando il ragazzo si abbassa a proteggere la gamba lo colpisco con il ginocchio sullo zigomo destro. Il ragazzo che mi tiene da dietro mi lascia spaventato, indietreggia qualche passo, sa benissimo che adesso tocca a lui. Mi avvicino con decisione. Sto per sferrare un gancio direttamente sul mento di quel codardo quando mi sento sollevare da dietro per il bavero della divisa. Resto con i piedi a penzoloni come fossi un moccioso incapace di difendermi.

Scalpito.
Ringhio.
Strattono.

Con le unghie cerco di liberarmi dalla presa d'acciaio che mi tiene la giacca:«Brutto bastardo, lasciami». La rabbia che provo è a livelli massimi.

«Stai zitto moscerino», un suono gutturale, profondo e cupo echeggia nell'aria.
Non ho idea di chi mi stia sollevando, ma chiunque sia appena posso gli spaccherò la faccia.
Come un aquilone strattonato dal vento vengo lanciato a pochi metri di distanza cadendo rovinosamente per terra tra la polvere secca e gli sguardi attoniti degli altri studenti.
Come una molla mi sollevo da terra con i pugni in posizione di attacco pronto a riprendere la scazzottata. Non mi importa se mi trovo un gigante, non mi importa se è forte come una montagna. A quello gli faccio saltare tutti i denti.

Ma.
Impallidisco.
Le braccia mi scivolano lungo i fianchi.
Allento la presa, le dita ciondolano inermi.

L'uomo che mi ha sollevato è lo stesso che ha ritirato il mio test, quello che ha insegnato a mio fratello, quello che ha detto che non valgo nulla e che era meglio che fossi morto io al posto di Alex. La sua testa rasata riflette la luce, intravedo decine di cicatrici ormai rimarginate, lo sguardo non è più quello contenuto di poche ore fa, ora mostra tutto il disprezzo che prova per me.
Lola e Ahmed si piazzano di fianco a me.

«Caro Signor Songus, sa che aggredire un aspirante Onironauta è reato?», mi dice mentre solleva a Kurt da terra.

«Quel bastardo ci ha insultati e aggrediti per primo», dice Lola d'impeto.

«Posso confermare lo svolgersi della vicenda. Abbiamo reagito solo perché le maniere brute di...». 

Ahmed viene interrotto da Kurt.

«Stai zitto. Voi mi avete offeso e ridicolizzato per il fatto che fossi sporco di vomito. Credete che sia facile resistere all'acqua dell'Onirocascata? Sarete solo dei perdenti, mentre io...».

L'uomo blocca Kurt mettendogli una mano sulla spalla:«Caro Bishop, questi ragazzi non hanno idea della sofferenza che si prova, non capiscono il dolore».

«Sissignore Colonnello Shinko». Kurt scatta sull'attenti. 

L'uomo si avvicina a noi tre. Le mostrine lucide sulla divisa perfettamente stirata, la postura perfetta, il controllo di ogni muscolo lo rendono difficile da decifrare. Sembra un manichino, uno di quei condottieri dipinti nei grandi quadri antichi. Con mossa elegante estrae una fiaschetta di metallo argentato con il tappo a forma di teschio. Con un colpo deciso la fa scattare, delle scintille arcobaleno e dei fumi luminescenti escono frizzando.

Acqua di Onirocascata.
È illegale detenerla a meno che non si abbia l'autorizzazione.
Il Colonnello Shinko non ha bisogno di chiedere niente a nessuno.

«Adesso voi la berrete e vomiterete qui davanti a tutti. A meno che non vogliate che la vostra ricevuta diventi carta straccia facendovi finire a vivere tra i reietti. Niente lavoro. Niente vita». L'uomo non ride è estremamente serio: «Voglio che mi supplicare di smettere di stare male. Chiunque beve quest'acqua prova dolori atroci. Solo corpi allenati e menti solide riescono a reggere lo stress, per questo pochi possono diventare Onironauti. Per questo Kurt è stato male durante il colloquio di prima. Quello che quest'acqua è in grado di fare neanche lo immaginate, resistere per più di tre minuti è molto difficile».

Lola sta per dire qualcosa al Colonnello, ma riesco a impedirle di parlare. Basta un mio sguardo per raccontarle tutto quello che provo. Non mi importa se sarò deriso, non mi importa di nulla, ma Ahmed non potrebbe resistere un giorno da reietto senza un lavoro e Lola non potrebbe vivere sapendo di aver rovinato la vita dei suoi amici.

«Facciamolo. Magari riusciamo a sporcargli la divisa a quello lì». Lola ridacchia anche se ha le lacrime agli occhi per la rabbia.

«Ok. Ci vogliono sfidare? Faremo la miglior figuraccia del mondo. Nessuno la scorderai mai», le rispondo.

«Che vadano tutti a farsi fottere. Io non vi mollo», dice Ahmed con tale cattiveria da stupire me e Lola. Uno di fianco all'altro ci teniamo per mano.

Il Colonnello Shinko si avvicina.
Lola, Ahmed e io apriamo la bocca.
Un sorso di acqua di Onirocascata scivola nella nostra gola.
Per pochi secondi fumi colorati, guizzi luminosi escono dalle nostre bocche.
Pizzicore.
Solletico.
Vertigine.
Vortice.
Risucchio.
Peso.
Peso.
Peso.
La gravità mi schiaccia e deforma.
Vado verso il basso.
Le immagini spariscono.
Divento il nulla.

Poi.

Una stanza buia, non ci sono pareti. Nero, c'è solo nero. Mi muovo a tentoni, ma attaccato a me sento un peso: sono Lola e Ahmed. Provano a parlare, ma dalla loro bocca non esce nessun suono. Flash colorati. Immagini conosciute. Facce forse già viste, ma che non ricordo. Tremo. Lola e Ahmed sono appiccicati a me, siamo un corpo solo. Un fischio lontano aumenta d'intensità fino a diventare tagliente per le nostre orecchie. Urliamo, ma non produciamo nessun rumore. Buio. D'improvviso vengo strattonato cadendo per terra con Lola. Ahmed è sparito. Lo proviamo a cercare, ma il pavimento su cui ci muoviamo sembra non avere sostanza, non esiste. L'urlo ritorna. Mi tappo le orecchie, ma il suono filtra tra le dita. Stringo i denti, gli occhi, ogni muscolo del mio corpo è compresso in uno spasmo di dolore. Altro strattone. Lola non c'è più. Ho paura. Cerco una via d'uscita da quel buio. Corro. Corro. Corro, ma non arrivo da nessuna parte. Poi un bagliore. Una luce fioca. Un angolo di una stanza appare come per magia. Una ragazza con indosso una camicia da notte bianca è accucciata a terra. Piange. Piange perché sento i suoi singhiozzi rimbombarmi nel petto. Piange perché non ho mai visto occhi più tristi in vita mia. Mi avvicino. Le sfioro una mano mentre sembra non vedermi. -Vuoi anche tu farmi del male?- mi chiede mentre muove le mani nel vuoto come per cercare di prendermi. -No. Non potrei mai- le dico. La ragazza accenna un sorriso, non piange più. 

Il mio cuore perde un battito.
Il fiato mi manca.
Provo a muovermi, ma le mie gambe paiono di ferro.
Un colpo.
Un altro colpo.
Vengo trascinato indietro come se fossi legato a una Onirovettura lanciata a tutta velocità.
Poi il vuoto.
Un risucchio.
Il mio corpo stretto in un budello fatto di luci, scintillii e vapori colorati.
Vengo scosso, trascinato, ritorto.
Le mie ossa scricchiolano.
I miei muscoli sono lacerati.
Alla fine atterro in una distesa arida e secca.
Decine di occhi mi fissano, sono di nuovo nel cortile della mia scuola.
Lola e Ahmed sporchi del loro vomito mi guardano sconvolti.
Io mi sento uno straccio, non ho mai provato una stanchezza simile. Niente che conosco può paragonarsi al dolore che sento.

«C-Come hai fatto?», mi chiede Lola.

«Io non ho fatto nulla. Voi eravate con me, avete visto tutto no?», dico mentre sento lo stomaco contorcersi con violenza.

«Guarda», mi dice Ahmed indicando sopra la mia testa.

Una nuvola fatta di scintille e scosse elettriche turbina a pochi centimetri dalla mia testa lanciando bagliori e una luce fortissima come se cento lampadine fossero accese contemporaneamente.

Confuso, stremato e spaventato indietreggio strisciando tra la polvere secca e i sassolini appuntiti. Lo stomaco brontola e si ritorce, un sapore acido e disgustoso mi riempie la bocca. 
Manca poco, sto per vomitare.

Un movimento brusco dietro al bavero mi solleva da terra. Il Colonnello Shinko mi solleva come fossi un gattino appena nato:«Tu sei mio. Undici minuti abbondanti, non c'è male considerando che sei un arrogante sbruffone. Forse sei meno diverso da Alex di quanto pensi. Avete lo stesso talento, Onironauti nati», mi dice con decisione senza aspettarsi una risposta.

Il rimestino scuote il mio stomaco dando il via a quello che mai avrei voluto fare.
Non posso fermare ciò che il mio corpo sente la necessità di fare, la vergogna, il dispiacere per essermi mostrato vulnerabile non è nulla se paragonato alla magnifica sensazione che la ragazza con gli occhi tristi mi ha regalato.
Tutto quello che sento è serenità.

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