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Autore: ElfaNike    19/01/2017    2 recensioni
Il silenzio è l'unico testimone di un dialogo invisibile fra due spiriti appena incontrati eppure già amici, al cospetto della luna, e di un ignaro bambino.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jack Frost, Nuovo personaggio
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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(Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Disney e Dreamworks; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.)

Jack Frost aveva sempre amato quella città. Piena di luci, piena di strade ripide su cui era davvero divertente scivolare, in mezzo ai fiocchi di neve e alle lastre di ghiaccio... Tecnologica com'era, quella città, non temeva che gli adulti lo notassero, tutti presi dal loro lavoro (e dai loro doveri), mentre lui si dedicava con i più piccoli a palle di neve e piaceri. Li faceva ridere, per quel poco tempo che poteva stare lì. La sua neve non sopravviveva a lungo, ma non per questo lui si arrendeva.
Sgusciava tra le auto e i tram, si faceva trasportare in mezzo alle enormi eliche che si innalzavano tra le nuvole come palloncini, rideva e faceva ridere.
Quell'anno, dopo un'intera giornata a correre e giocare, quando ormai tutti i bambini erano rientrati a casa con i loro genitori, lui decise di andare a godersi il crepuscolo in un bellissimo parco. Si trattava di un giardino enorme, che circondava un edificio dalle linee tondeggianti (che poteva, per inciso, diventare uno scivolo perfetto). Era una “scuola di nerd”, l'aveva scoperto spiando attraverso le vetrate i bambini che aveva conosciuto negli anni passati, divenuti ormai grandi, che sperimentavano idee grandiose: biciclette, palline colorate, laser...!
Quell'edificio risaltava nella sua luce azzurra contro il cielo quasi nero e la sottile coltre candida.
Camminando col bastone in spalla, Jack sorrise alla luna, per abbassare poi lo sguardo verso la scuola. Il sorriso gli si spense.
C'era un bambino, appoggiato alla ringhiera che dava sul laghetto, che osservava la scuola da lontano. Era di spalle, e vedeva solo i suoi capelli neri e scompigliati, e i suoi indumenti, che portava molto larghi. Non aveva la giacca, sembrava non sentire il freddo.
Jack ridacchiò e gli mandò addosso qualche fiocco di neve per invitarlo a giocare con lui. Il bambino rabbrividì ma non si mosse. Gli gelò una lastra di ghiaccio sotto i piedi, ma lui, scivolando, si tenne alla ringhiera e si spostò un po' più in là.
Jack lo osservò senza parole.
-È tutto inutile.- uno spirito apparve accanto a lui -Temo non reagirà.-
Lui lo guardò: -Che cos'ha?-
Lo spirito scosse le spalle con un sorriso triste: -Dolore. Viene qui tutte le sere, quando la scuola è ormai deserta. Dovrebbe andarci anche lui ma non si decide.-
-Davvero? E perché?- Jack si sedette sullo schienale di una panchina, e l'altro si sistemò accanto a lui.
-Doveva entrare a settembre, ma c'è stato un incidente. Ormai il primo semestre sta finendo, ma potrebbe ancora farcela.-
-Cosa gli è successo?-
-...- lo spirito si grattò il capo -Ha perso suo fratello. Era già orfano, adesso è rimasto completamente solo.-
-Oh.- Jack spostò di nuovo lo sguardo sulla figura intirizzita.
Ci fu un momento di silenzio, interrotto ad un certo punto dal nuovo arrivato: -Quindi sei tu quello che quando nevica fa scherzi a tutti?-
-Sì, sono io.- ridacchiò -Tu invece sei nuovo? Non ti ho mai visto qui in giro.-
-Diciamo che sì, sono appena arrivato. Ma penso che non starò molto.-
-Be', cerca di divertirti un po', prima di andar via, allora.-
-Farò del mio meglio, grazie.- rise l'altro. Poi riprese: -Senti, potrei chiederti un favore?-
-Ma certo! Dimmi tutto!-
-Quando io sarò partito, non potrò più vegliare su di lui. So che se entrerà in quella scuola non resterà solo, ma conosco la sua testardaggine. Non vorrei che... insomma. Quando ripasserai da qui l'anno prossimo, potresti dare un'occhiata, e assicurarti per me che lui stia bene?-
Jack cominciò allora a realizzare. Quello non era uno spirito. Non uno spirito come lui, almeno -Sì. Non preoccuparti, conta pure su di me.-
Ricevette un sorriso gentile in risposta: -Mi ha fatto molto piacere conoscerti.- il ragazzo gli tese la mano, alzandosi.
Jack gliela strinse: -Mi chiamo Jack Frost.-
-Molto piacere. Io sono Tadashi. Tadashi Hamada.-

La luna splendeva sopra la scuola per nerd nella notte limpida e senza stelle. Il lieve strato di neve imbiancava delicatamente il paesaggio.
Jack sedeva sullo schienale della panchina, solo. Alla ringhiera non c'era nessuno.
Aveva visto il ragazzino uscire dalla scuola con i suoi amici, qualche ora prima. Si era stupito di riscoprire i suoi occhi sorprendentemente grandi.
Dietro di loro avanzava goffamente un robot bianco e tondeggiante, che li riempiva di consigli.
Jack sorrise a se stesso, alla luna, a qualcuno a cui aveva fatto una promessa.
Hiro stava bene.

 




Angolo dell'autrice:
Una storia che vuole essere sentimentale scritta in un momento di tedio più totale. Le premesse non sono affatto buone, ma la volontà sì. 
Adoro il personaggio di Jack Frost e il suo carattere difficile e contraddittorio. Adoro Tadashi Hamada e la sua bontà innata. A questo punto, mancava solo di farli incontrare. Detto fatto. 
Ho voluto condividere questa idea balzana, nella speranza di toccare, almeno un po', l'anima pia del lettore che mi dedica cinque minuti. 
  
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