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Autore: catoptris    21/01/2017    1 recensioni
Los Angeles era argomento off-limits, lo sapevano tutti. La ragazza iniziava a dare in escandescenza al solo sentirlo nominare. O al sentir nominare la famiglia Blackthorn.
La verità è che le mancavano più di quanto realmente volesse ammettere: ricordava a malapena gli occhi di Ty, il volto dolce di Dru, la sicurezza con cui si muoveva Livvy, i piccoli versi che faceva Tavvy - anche se ormai aveva sicuramente imparato a parlare. Le mancava perfino Mark, sempre con quell'aria da ragazzo perfetto e imbattibile, che lo accumunava in maniera inquietante sia con Jace che con il popolo fatato, del quale possedeva i tratti. Li ricordava vagamente, ma sapeva con certezza che erano delicati e precisi. Ma più di tutti, era Julian a mancarle. Il suo migliore amico, con il quale aveva affrontato anche troppo a soli dodici anni. Sarebbero dovuti diventare parabatai e restare insieme, lì nell'Istituto di Los Angeles.
Genere: Angst, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Emma Carstairs, Julian Blackthorn, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Emma credeva che dopo un altro Lightwood-Bane ad ampliare la famiglia non potessero arrivare altre sorprese. Poi, Simon era entrato di corsa nell'Istituto, scatenando il panico con sette parole.
"Ho appena chiesto a Isabelle di sposarmi!" Emma, per poco, non era caduta su Jace dalla trave su cui si allenava, mentre uno degli studenti di Beatriz Mendoza era scivolato di peso su un tappeto da ginnastica. La bionda atterrò agilmente al fianco di Jace che, steso a terra, aveva allargato le braccia avvilito. "La gente penserà che siamo.. parenti! Parenti di sangue, magari!" stava esclamando, esasperato. Emma si era lasciata sfuggire una bassa risata.
"Ne dubito fortemente," aveva dichiarato a mezza voce, ricevendo un delicato colpo dietro le caviglie che l'aveva fatta barcollare in avanti.
Nel sentire il modo in cui la proposta era andata – "Coperta d'icore, non ti era mai parsa più luminosa?" – Emma si era trattenuta fortemente dallo scoppiare a ridere, limitandosi a congratularsi con Simon rivolgendogli un delicato sorriso.

E due giorni dopo, costretta dal suo abito color avorio, se n'era pentita. Detestava i festeggiamenti, e detestava gli abiti così femminili. Per lo meno, Clary le aveva permesso di prendere il suo in un negozio vintage – cosa che ricordava a Emma la madre. Aveva i capelli sciolti sulla schiena a coprirle vecchie cicatrici di rune e allenamenti, ma sulle braccia scoperte sembravano essere intessuti fili di ragnatela argentati: ogni volta che allungava il braccio per recuperare qualcosa da bere o da mangiare, la luce si rifletteva in maniera inquietante sulla cicatrice che si era inflitta con Cortana, facendole distogliere lo sguardo. Erano in momenti come quelli che si chiedeva come sarebbe stato essere una semplice mondana, senza la preoccupazione di farsi nuove rune ogni giorno e ritrovarsi con le braccia, le gambe, il petto, la schiena ricoperte di segni sempre nuovi. Sospirò, aggirandosi con fare assente per la sala, quando vide Magnus correre nella sua direzione, affiancato da Jace e Clary – i cui capelli sembravano reduci da un incontro ravvicinato con un tornado. Si bloccò sul posto con la tartina vicino alle labbra.
"Emma, ci sono stati dei – dei problemi e tu – insomma noi," balbettava Clary. Per un momento, Emma credette di aver bevuto qualcosa che le aveva fatto venire le allucinazioni, dopotutto era stato Magnus a organizzare la festa e ogni cosa poteva essere possibile. Poi lo stregone bloccò la rossa, rivolgendosi a Emma con un sorriso comprensivo sulle labbra. Jace, alle sue spalle, stringeva i pugni, le guance arrossate e gli occhi lucidi. In un'altra occasione, Emma avrebbe sdrammatizzando chiedendo chi fosse morto. Eppure non le sembrava il caso.
"Quello che Clary sta cercando di dirti, fiorellino, è che ci sono stati dei problemi all'Istituto di Los Angeles. Con i Blackthorn. Che ci aspettano in biblioteca. Vuoi venire?" la bionda rimase paralizzata, e si lasciò scivolare la tartina dalle mani.
"Em, se non vuoi, non sei obbligata, ti faremo sapere –" iniziò Jace. In risposta, lei scosse la testa e avanzò decisa, tirandosi l'orlo del vestito sopra le ginocchia.
"Andiamo," replicò fermamente. Jace e Clary si scambiarono uno sguardo preoccupato, poi si allontanarono con Magnus e Robert Lightwood. A Izzy non sarebbe piaciuto.

Nel momento stesso in cui oltrepassava la soglia della biblioteca, la ragazza se ne pentì. Il suo sguardo percorse la sala, finché non vide Mark: era cresciuto, dall'ultima volta che lo aveva visto, e i suoi tratti di fata si erano fatti molto più marcati, rendendolo bellissimo. Sfortunatamente, lei non fu l'unica a rendersene conto.
"Mark Blackthorn?" esclamò incredulo Robert. Emma vide le spalle di Mark irrigidirsi, come quelle del ragazzo al suo fianco. Si voltò lentamente, e il suo sguardo incrociò per la prima volta dopo anni quello di Julian. Anche lui era cresciuto, completamente diverso da Mark. Ma ugualmente bello. I capelli gli ricadevano in scure onde attorno il volto, incorniciandolo con dolcezza e ammorbidendo i suoi tratti severi. Per avere solamente diciassette anni, Julian Blackthorn sembrava esausto. Scrutò per poco i suoi occhi, perdendosi nelle piccole screziature che rendevano il suo sguardo luminoso. Ma erano freddi, distanti. Non erano gli occhi del suo Jules.
"Emma!" Gridò una vocina femminile. Lei si voltò appena in tempo per vedere una massa di capelli castani piombarle addosso, travolgendola in un abbraccio. Rimase interdetta per qualche istante, con le labbra dischiuse. Non sentiva più nulla di ciò che le accadeva attorno. Percepiva, oltre un fastidioso ronzio, la voce distante di Robert, Magnus e Jace, e quella che credeva fosse di Mark. Come mai era lì? Non era stato preso dalla Caccia Selvaggia?
"Dru? Sei tu?" chiese, stupidamente. Certo che era lei. La più giovane sollevò lo sguardo verso il suo volto, e con orrore Emma si accorse che aveva gli occhi gonfi di pianto. Si guardò attorno, e intravide Livvy e Ty in un angolo, abbracciati. Ty non piangeva, confortando la gemella che sembrava incapace di riprendere fiato tra un singhiozzo e l'altro. Tornò a guardare Jules, il quale stringeva i pugni lungo i fianchi. Mark discuteva animatamente con Robert, ma si voltò comunque verso il fratello, mormorandogli qualche parola che Emma non riuscì a sentire. Va' da lei. Julian rivolse uno sguardo rigido al fratello prima di allontanarsi a gran passo.
"Dru, Dru torno subito, te lo prometto," disse alla piccola, che sembrava sul punto di scoppiare nuovamente a piangere. Un ragazzo si avvicinò a lei, stringendola in un abbraccio comprensivo. Emma era sicura di non averlo mai visto prima: di certo se ne sarebbe ricordata. Poi notò la sua divisa; era un Centurione, ferito per lo più. Ma non aveva tempo di pensare a queste cose. Raccolse la gonna dell'abito fin sopra le ginocchia e corse verso la direzione che aveva imboccato Jules, fuori dalla stanza. Aveva ormai raggiunto la fine del corridoio, ma prendendo un profondo respiro, lei gli corse dietro. Si sarebbe volentieri fermata a togliersi le scarpe, sulle quali avrebbe sicuramente rischiato di cadere senza tutto quell'allenamento. Si fermò solo quando lo fece anche il ragazzo, mantenendo la distanza di qualche metro, ma lo vide comunque: i muscoli rigidi, il respiro accelerato, il tremore. Si fece avanti con rapidità, bloccando il pugno che il ragazzo stava scagliando contro la parete nella propria mano.
"Jules," disse, semplicemente, stringendogli le dita attorno le nocche. Lui non la guardava, ma continuava a tremare. A quel punto, Emma fece la cosa più stupida a cui riuscì a pensare: lo attirò a sé, avvolgendogli le braccia attorno le spalle con delicatezza, come per paura di romperlo.
"Cos'è successo, Julian?" gli domandò quindi, con dolcezza. E lui crollò, soffocando un grido contro la pelle di lei e aggrappandosi al suo abito. Lei barcollò appena all'indietro, finché la sua schiena non cozzò contro il muro, ed entrambi si ritrovarono seduti a terra. Gli accarezzava i capelli lentamente, sollevando lo sguardo verso le luci appese alle pareti – una cosa che le aveva suggerito Tessa: per non piangere, guarda fissa una luce. Le sembrava di percepire il dolore di Julian insinuarsi sotto la sua pelle, e si chiese se fosse quello che si provava nell'avere un parabatai.
"Tavvy è morto per colpa mia, Em. Per colpa mia," disse con voce strozzata il ragazzo. Emma si irrigidì: Tavvy. Come poteva essere stata così stupida da non rendersene conto? Mancava Tavvy. Ma lui era ancora troppo piccolo per partecipare a qualche spedizione.
"Sono sicura tu non abbia fatto nulla, Jules. Non è colpa tua," gli rispose, mordendosi il labbro inferiore con forza. Avrebbe voluto saperne di più sull'accaduto, ma non voleva far pressioni su Julian né su nessuno dei Blackthorn. Lo avrebbe chiesto a Jace, in seguito. Lui le avrebbe detto di sicuro tutto. No?
"Abbiamo scoperto chi ha ucciso i tuoi genitori," dichiarò dopo un po' Julian, distanziandosi da lei. Le parve di nuovo di brancolare nel buio, e si ritrovò a stringere le mani attorno il tessuto della maglia di Julian, con lo sguardo puntato sul suo volto. Lui sospirò, scostandole una ciocca di capelli da davanti il volto con lentezza: Emma sentì la pelle mangiucchiata delle sue dita pizzicarle contro la fronte, ma non si mosse. Il ragazzo aveva sempre avuto il vizio di mordersi le unghie fino a farsi sanguinare le dita, anche da piccolo; era una cosa che Emma non avrebbe mai dimenticato.
"Malcolm Fade," disse quindi, non aspettandosi alcuna risposta da parte sua. "Ha ucciso Octavian per completare un rito. Ora è morto, e con lui la sua compagna," terminò, scostandosi da lei.
In fondo, Emma si sentì ferita da quel gesto: non si vedevano da cinque anni, poteva comprendere il cambiamento. Ma fino a quel punto? A sua volta, indietreggiò di poco, ma entrambi rimasero seduti a terra, con la schiena premuta contro il muro e lo sguardo perso nel vuoto. Poi, senza che lei gli chiedesse nulla, Julian iniziò a raccontare.
"La prima volta che abbiamo trovato dei corpi come quelli dei tuoi genitori ho pensato di chiamarti, ma mi sembrava stupido dopo cinque anni," le disse. La intravide voltarsi verso di lui con la coda dell'occhio, ma non osava incontrare il suo sguardo. "Ho persino pensato di lasciar perdere, di fingere non fosse nulla se non una semplice coincidenza, ma le fate hanno chiesto il nostro aiuto. E ci hanno riportato Mark. Così ho spiegato a Cristina – dovresti conoscerla, credo andreste d'accordo – e ai ragazzi, troppo piccoli per ricordare, la situazione. Appena hanno sentito il tuo nome non hanno perso un secondo in più," dalle sue labbra sfuggì un basso rantolio, che Emma interpretò come una risata. "Sono ancora tremendamente affezionati a te, e credo mi diano la colpa anche del fatto tu sia dovuta andare via," aggiunse, con tono velato di sarcasmo. La ragazza si irrigidì ulteriormente nel sentirlo parlare a quel modo. Come poteva? Stava per replicare, ma lui continuò. "Abbiamo scoperto delle linee di energia, su ciascuna delle quali venivano trovati i corpi. Le abbiamo fatte analizzare da Malcolm, stupidamente, e al tempo stesso abbiamo cercato di tradurre le rune – no, non sono rune, avevi ragione tu – l'incantesimo che appariva sui corpi. Era una filastrocca, delle istruzioni su come svolgere l'incantesimo in una lingua antica. Prima la fiamma e poi l'inondazione, il sangue dei Blackthorn è la sola spiegazione." Emma rabbrividì. Fiamma e inondazione.
"Mi sembra di conoscerla," mormorò tra sé e sé, e Julian fece di nuovo quello strano verso.
"È una vecchia fiaba degli Shadowhunters. Mai sentito parlare della Signora della Mezzanotte?"
"La Shadowhunter che si innamorò di chi non avrebbe dovuto innamorarsi e che fu rinchiusa in un castello di ferro. Lei morì di tristezza e l'uomo andò a chiedere alle fate se c'era un modo per riaverla, così gli dissero la filastrocca," rispose lei automaticamente. Aveva dimenticato quella fiaba, la madre gliel'aveva raccontata una sera, e lei l'aveva trovato ingiusto. Perché non poteva semplicemente amare quell'uomo?
"Non capisco, cosa c'entra il sangue dei Blackthorn?" chiese quindi, tornando a guardarlo. Lui la stava osservando da un po', ma non distolse lo sguardo.
"Era una di noi. Una Blackthorn. È stato Tavvy a capirlo," sospirò, posando il capo contro il muro.
"Prima tredici e poi l'ultimo di contare," Emma si accigliò, quindi scosse la testa. "Ma certo, serviva uno di voi," si rispose da sola. Vide Julian deglutire e stringere nuovamente i pugni.
"Ed è toccato al più piccolo," disse, con voce spezzata. "Mi sono fidato della persona sbagliata. Toccava a me."
Emma gli scivolò più vicino, incespicando nell'orlo dell'abito finché non si sentì un sonoro strappo. Socchiuse gli occhi, stringendo tra di loro le labbra e sospirando: ci mancava il vestito rotto.
"Non dirlo, Julian. Non toccava a nessuno di voi, ma è capitato," tentò di mantenere la voce ferma, nonostante le sembrasse impossibile. "Loro ti perdoneranno, sanno che hai fatto il possibile, sanno che non c'era altra soluzione. Sono ragazzi intelligenti, e ti vogliono bene," sospirò, avvolgendo delicatamente le dita attorno il suo polso. Riusciva a sentire il battito del suo cuore accelerato, come dopo una corsa. "Andrà bene, Jules, siete una famiglia, e supererete anche questo," terminò in un sussurro. Lui si voltò di nuovo a guardarla, ed Emma riuscì a sentire il proprio battito accelerare. Non ricordava che Julian fosse così bello – forse perché erano ancora troppo piccoli perché se ne rendesse conto. Aveva lasciato da parte i tratti infantili, facendo spazio a linee ben definite e marcate che un tempo caratterizzavano solamente Mark. I capelli erano cresciuti nei tipici boccoli dei Blackthorn, ed Emma aveva un profondo desiderio di passarvi le dita per ore. Gli occhi erano la cosa che più era cambiata in lui: sembrava che per ogni anno passato distanti la loro intensità fosse aumentata, rendendoli profondi specchi d'acqua nei quali la bionda riusciva a vedere il suo riflesso. Aveva sempre amato il colore dei suoi occhi.
Si rese conto, di colpo, che le si era avvicinato in maniera pericolosa, quindi si ritrasse di scatto, finendo con lo strappare ulteriormente il vestito. Julian si tirò a sedere nuovamente dritto mentre Emma balbettava.
"Cosa stavi – esco con un ragazzo, Jules," disse d'istinto. Ovviamente, se n'era quasi dimenticata. Chase non le piaceva davvero, cercava solo di ingannare il tempo con qualcuno della sua età. Ma per come era lui, avrebbe preferito di gran lunga uscire con un Fratello Silente. Eppure, qualcosa in lui le impediva di rompere – oltre il fatto che il 99% delle volte non ricordava la sua esistenza. Era come una nuova razza di demone capace di essere ricordata solo mentre vista.
Lo sguardo di Julian fu come uno schiaffo in faccia: nuovamente freddo e distaccato, privo di quella luce che Emma avrebbe giurato di aver visto poco prima.
"Probabilmente resteremo qualche giorno," disse, alzandosi. "Spero di potermi allenare con te, almeno una volta," aggiunse, e se ne andò, lasciandola seduta a terra, con l'abito strappato e l'anima crepata.

   
 
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