Teatro e Musical > Les Misérables
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Autore: Christine Enjolras    22/01/2017    0 recensioni
Marius Pontmercy, sedici anni, ha perso il padre e, nel giro di tre mesi, è andato a vivere con il nonno materno, ora suo tutore, che lo ha iscritto alla scuola privata di Saint-Denis, a nord di Parigi. Ora Marius, oltre a dover superare il lutto, si trova a dover cambiare tutto: casa, scuola, amici... Ma non tutti i mali vengono per nuocere: nella residenza Musain, dove suo nonno ha affittato una stanza per lui dai signori Thénardier, Marius conoscerà un eccentrico gruppo di amici che sarà per lui come una strampalata, ma affettuosa famiglia e non solo loro...
"Les amis de la Saint-Denis" è una storia divisa in cinque libri che ripercorre alcune tappe fondamentali del romanzo e del musical, ma ambientate in epoca contemporanea lungo l'arco di tutto un anno scolastico. Ritroverete tutti i personaggi principali del musical e molti dei personaggi del romanzo, in una lunga successione di eventi divisa in cinque libri, con paragrafi scritti alla G.R.R. Martin, così da poter vivere il racconto dagli occhi di dodici giovanissimi personaggi diversi. questo primo libro è per lo più introduttivo, ma già si ritrovano alcuni fatti importanti per gli altri libri.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Feuilly

Era un comunissimo lunedì mattina per Feuilly: si era alzato di buon’ora, aveva aiutato Fauchelevent ad aprire la scuola, alzato tutte le tapparelle delle aule e sorvegliato il cancello d’ingresso. Una volta chiuso l’inferriata, non gli restava altro da fare che un giro di ricognizione per i corridoi. Quello del custode non era un lavoro particolarmente eccitante, ma a Feuilly non dispiaceva perché aveva la giornata quasi tutta per sé. Certo: capitavano occasioni in cui i professori o il preside gli dessero qualche mansione da compiere per loro, ma il resto del giorno poteva gestirlo come meglio credeva; Fauchelevent gliene aveva dato il permesso a patto che fosse rintracciabile con facilità. C’era soprattutto una cosa che Feuilly amava del suo lavoro: quando non aveva compiti da svolgere, il giovane custode si rintanava in biblioteca. Adorava stare nel silenzio di quella grandissima sala, immerso nelle pagine dei libri a leggere di storia, scienze, arte, oppure romanzi, poemi, poesie… ma del resto Feuilly era sempre stato così. La maggior parte di quello che conosceva lo aveva imparato da solo. La scuola elementare l’aveva seguita all’orfanotrofio e anche quella media, quindi gli era stata fornita un’istruzione minima. Poi aveva passato quattro anni al liceo professionale, ripetendo ciò che già sapeva e imparando il mestiere di elettricista, cosa che tornava utile in certi casi nel vecchio edificio in cui lavorava. Fin da quando era piccolo, a Feuilly ciò che imparava a lezione non bastava mai: gli sembrava sempre che mancasse qualcosa, che fossero state tralasciate troppe cose importanti, troppi dettagli. Così aveva iniziato a studiare per conto suo. Leggeva tantissimo di svariati argomenti, dalla letteratura alla fisica: era sbalorditivo vedere quale bagaglio culturale si portava dietro quel giovane custode di diciannove anni. “La mancanza di soldi non giustifica l’ignoranza” diceva sempre a chi si sorprendeva della sua cultura: molti ragazzi che studiavano lì sapevano meno cose di lui. Ovunque andasse aveva sempre con sé almeno un libro e aveva un appuntamento fisso col telegiornale della sera, in modo da essere sempre aggiornato su ciò che accadeva nel mondo. Inizialmente non sempre riusciva a capire cosa accadesse nel panorama politico, ma Bossuet e Enjolras lo avevano aiutato a conoscere ogni meccanismo governativo quando viveva ancora nella residenza studentesca. Viveva con Fauchelevent da poco, ma già sentiva la mancanza degli scambi di opinione che aveva con Enjolras guardando il telegiornale o delle serate passate con Combeferre davanti ad un sano documentario.

Quella mattina riuscì a rintanarsi da solo in biblioteca. C’era qualche studente sparso qua e là seduto ai lunghi tavoli al centro della sala principale: quando mancava un insegnante non era strano vedere gli alunni in biblioteca a passare l’ora buca. Feuilly passò attraverso la grande sala e si infilò in una sala più piccola e appartata in fondo al locale. Era una piccolissima zona poco frequentata dove monseigneur Myriel aveva fatto riporre i libri più antichi posseduti dalla scuola: Jehan gli aveva detto che lì avrebbe trovato diverse buone edizioni de ‘Les fleurs du mal’ di Charles Baudelaire. “Se vuoi conoscere un po’ la letteratura devi iniziare da quella del tuo paese” gli aveva detto il minuto ragazzino consegnandoli una lunga lista di romanzi e poesie che avrebbe dovuto leggere. Feuilly chiese al vecchio bibliotecario se poteva prenderne una copia e, una volta consegnatagli, si sedette al tavolo lì davanti, come gli era stato chiesto: i libri di quella sezione della biblioteca non dovevano lasciare la sala, ordini del preside! Una volta che si fu seduto, prese dal suo zaino un quaderno con diversi appunti sulla vita di Baudelaire e sul XIX secolo. Volle tenerli accanto nonostante fosse quasi sicuro che non li avrebbe usati, perché Enjolras gli aveva riempito la testa con tutte le sue riflessioni su quel secolo e sulle sue rivoluzioni: quel ragazzo sembrava aver vissuto quel periodo in una vita precedente da quanto lo conosceva bene![1]

Aveva appena iniziato a leggere l’introduzione al lettore quando, alzando lo sguardo, vide un uomo anziano cercare di raggiungere uno scaffale evidentemente troppo in alto per la sua piccola statura. “Monseigneur! Posso aiutarla?” disse gentilmente quando lo ebbe riconosciuto.

Monseigneur Myriel si voltò verso di lui e gli sorrise. “Ah! Gabriel!” Poi si girò nuovamente verso il libro che voleva recuperare e lo chiamò con un gesto della mano, dicendogli: “Vieni, ragazzo!” Feuilly si alzò e andò verso di lui. “Tu che sei molto alto, figliolo, dovresti farmi la cortesia di prendermi quel librone lassù” gli disse l’ex vescovo indicando un grande tomo nero. “La mia eccellenza non arriva a quello scaffale[2]!”

Feuilly lo tirò giù delicatamente: lo sentiva al tatto che era molto vecchio. L’occhio gli cadde sulla copertina e lesse: ‘I promessi sposi di Alessandro Manzoni’.

“Ti incuriosisce, figliolo?” gli chiese Myriel: doveva aver capito che aveva letto il titolo. “È un romanzo piuttosto interessante, uno dei più importanti mai scritti in Italia.”

“Davvero?” chiese Feuilly porgendo il libro al vecchio preside: doveva ammettere di essere davvero incuriosito da quello scritto.  Se c’erano due stati che a Feuilly interessavano particolarmente, quelli erano la Polonia e l’Italia[3].

“Certo! L’Italia ha una storia curiosa: pensa che con questo romanzo, Manzoni si prefiggeva anche di creare un linguaggio che fosse comune a tutte le regioni. Un progetto notevole per un paese con diversi dialetti, non credi?” Il vecchio vescovo sembrava davvero entusiasta.

“Anche, signor preside?” chiese Feuilly. La curiosità con cui porse quella domanda gli fece brillare gli occhi e il vecchio vescovo sembrò notarlo.

“Vieni con me” gli disse avviandosi verso un vecchio tavolo. Si sedette per primo e, notando che Feuilly era rimasto in piedi accanto a lui, gli sorrise, tirò indietro la sedia di fianco e fece cenno al giovane custode di accomodarsi lì. Feuilly fu messo quasi a disagio dall’invito del preside: non gli era mai capitato di intrattenersi troppo tempo con l’anziano vescovo. Tuttavia il suo desiderio di sapere cosa volesse dirgli monseigneur Myriel fu più forte dell’imbarazzo iniziale, quindi si sedette.

“Vedi, ragazzo mio” iniziò Myriel, “questo romanzo è stato considerato il più importante del romanticismo italiano. Non è solo un eccellente romanzo storico, ma racconta anche di formazione e di emozioni umane. Avendo un narratore onnisciente, noi veniamo a sapere tutto dei personaggi, dal loro passato alle loro emozioni e possiamo quindi vedere la loro crescita personale. Inoltre, beh… direi che è uno dei miei romanzi preferiti per il suo profondo senso religioso…” Myriel fece una pausa pronunciando queste parole, poi gli venne da ridere, si girò nuovamente verso Feuilly e riprese: “Ma forse non ti interessano le mie considerazioni da vescovo!”

“No, per favore! Vada avanti!” Feuilly era pieno di interesse. Voleva sapere tutto di quel romanzo: la storia, i personaggi, le interpretazioni dei critici, tutto! Monseigneur Myriel iniziò a raccontare a Feuilly ogni dettaglio: si capiva che quel romanzo lo aveva letto tantissime volte. Gli riassunse le critiche che ricordava meglio, le interpretazioni più conosciute, cercò di riassumergli la storia e di spiegargli il lavoro fatto da Manzoni per scrivere il suo romanzo. Feuilly ascoltava ogni parola con molta attenzione: non voleva perdersi nessun dettaglio.

“Perché non lo porti a casa per leggerlo?” gli chiese Myriel: probabilmente aveva notato il profondo interesse del ragazzo.

Feuilly rimase sorpreso dalla proposta: quei libri non dovevano rimanere in biblioteca? “Ne è certo, signor preside?” gli chiese. “Insomma… so che questi libri…”

“Ti svelerò un segreto!” disse Myriel, sorridendogli. “Essere il preside ha i suoi enormi vantaggi!” Poi gli mise il libro tra le mani e gli disse: “Portalo a casa: penso a tutto io!” Detto questo si alzò, poggiò una mano sulla spalla di Feuilly, gli fece un occhiolino e se ne andò salutandolo con una carezza sulla nuca.

Feuilly rimase a fissare il tomo che gli aveva lasciato il preside per un po’: nonostante gli avesse detto che poteva prenderlo, aveva timore ad infilarlo davvero nel suo zaino e continuava ad alzare lo sguardo verso il bibliotecario quasi volesse aspettare che non guardasse. Alla fine decise che doveva fidarsi di Myriel e mise il libro in mezzo agli altri nel suo zaino. Avrebbe voluto tornare su Baudelaire, ma Fauchelevent lo chiamò, dicendogli di tornare in portineria per la pausa delle lezioni. Feuilly guardò l’orologio e vide che erano già le undici, quindi corse velocemente verso l’ingresso.

“Ah, ragazzo!” esclamò il vecchio custode quando vide arrivare Feuilly. “Dov’eri finito?”

“Mi scusi! Ero in biblioteca e il tempo mi è sfuggito di mano!” si scusò il ragazzo poggiando lo zaino sul bancone in legno della portineria. Monsieur Fauchelevent stava ancora seduto dall’altra parte a recuperare alcune chiavi dall’armadietto fissato alla parete, ma aveva già abbassato le sottili tendine appese ai vetri del gabbiotto in legno scuro.

“D’accordo, non fa niente. L’importante è che tu sia arrivato.” Detto questo, Fauchelevent si alzò, prese il carrello per pulire e si avviò verso il corridoio, dicendo: “Oggi vai al piano di sopra! Finito il giro delle aule considerati pure in pausa!”

“Grazie monsieur!”

Feuilly salì direttamente dalle scale di servizio, percorse il lungo corridoio della vicepresidenza e arrivò alla scrivania posta all’angolo, da cui poteva vedere entrambi gli anditi. Guardò nuovamente l’orologio da polso con cinturino in pelle regalatogli per i suoi diciott’anni dalla madre superiora che gestiva il suo orfanotrofio: segnava le undici e dieci. Questo voleva dire che aveva ancora del tempo prima di dover fare il giro delle aule per pulire: fortunatamente era stato abbastanza previdente da portarsi dietro il computer portatile.

Stava sistemando le fotografie fatte il giorno prima quando sentì una voce maschile dal suono gentile. “Che cosa stai facendo, Feuilly?” Il giovane custode conosceva molto bene quella voce e ancor prima di alzare lo sguardo sapeva chi si sarebbe trovato davanti.

“Enjolras!” esclamò sorpreso, alzando la testa. “Ah, ciao Marius: ci sei anche tu! Che ci fate qui?”

“Siamo appena usciti dalla classe di latino…” iniziò a spiegare Marius, “proprio qui dietro.”

“Perché siete usciti in anticipo?” chiese Feuilly, confuso.

“Ma come in anticipo?” chiese a sua volta Enjolras, ancora più perplesso del suo amico. “La campanella è appena suonata…”

“Davvero?” Feuilly gettò un occhio all’orologio del computer e poi a quello da polso: non si era accorto che fossero davvero passati venti minuti. “Accidenti… chissà dove ho la testa oggi!”

“Che facevi?” chiese Marius, incuriosito, sporgendo la testa dall’altra parte del computer per guardare lo schermo. Ad un certo punto si bloccò, tornò indietro e, arrossendo, aggiunse: “Emh… sempre… sempre che non siano questioni private… scusami…”

“Ma no, ahah! Non ti preoccupare! Guarda!” Feuilly gli sorrise e girò il computer verso di loro, mostrando un programma di montaggio video. Poi diede una cuffia a Marius e una ad Enjolras e premette play: sullo schermo apparve un video che ritraeva Marius gettato in acqua da Courfeyrac seguito da altri spezzoni della giornata passata in piscina.

“Ma… ma sono video di ieri!” disse Marius sorpreso: Feuilly non riusciva a capire se la sua espressione nascondesse imbarazzo o una certa allegria… ma forse le celava entrambe.

“Sì!” disse Feuilly. “Li sto montando insieme.”

“Ti accorgerai che Feuilly è un po’ il fotografo e cameraman del gruppo…” aggiunse Enjolras a Marius restituendo la cuffietta a Feuilly. “Non c’è stata una volta in cui non l’abbia visto riprendere!”

“Dai, tu sai come la penso!” disse sorridendo Feuilly. “Mi piace fissare dei ricordi!”

“Io la trovo una cosa carina…” disse Marius, restituendo a sua volta la cuffia: il video era finito.

“Lo vedi, biondino? Qualcuno mi apprezza!” Detto questo, Feuilly abbassò lo schermo del computer e lo ripose nella borsa.

“Non è che non ti apprezzi” iniziò a giustificarsi Enjolras. “È che mi imbarazza essere filmato o fotografato…” Mentre lo ascoltava, Feuilly si alzò e mise la borsa del computer nel cassetto della scrivania, chiudendolo a chiave. Quando alzò lo sguardo verso di lui, il biondino riprese a parlare: “Sai che so perché ci tieni a registrare, ma se solo mi riprendessi un po’ meno lo apprezzerei di più…”

“Enjolras” iniziò Feuilly avvicinandosi a lui. “Purtroppo per te sei un buon soggetto: vieni davvero bene sia in foto che in video. E poi ti coinvolgono sempre in qualche stramberia: mi dici come faccio a non filmarti?” Enjolras sembrò imbarazzarsi nel sentire le sue parole. “Cerca di capire: per me è importante…” Detto ciò, gli mise una mano sulla spalla e rimase a guardarlo in silenzio, aspettando che l’altro ragazzo dicesse qualcosa.

Enjolras alzò lo sguardo, incrociando gli occhi nocciola del suo amico, tirò un leggero sospiro e disse: “Sì, lo so bene…” A Feuilly non sembrò convinto, quindi rimase a guardarlo ancora un po’, anche se gli veniva da ridere. Nel vedere il sorriso bizzarro che si era formato sulla faccia di Feuilly, anche Enjolras sorrise. “E va bene, d’accordo! Ma non farmeli vedere tutti! Solo quando li avrai montati, così non saprò mai quanti ce ne sono!”

“Grazie!” disse Feuilly con stampato in faccia un sorriso a trentadue denti, pieno di soddisfazione. “Anche tu in video vieni molto bene, Marius!”

“Ah… davvero?” chiese il lentigginoso ragazzo con un certo imbarazzo.

“Certo, parola mia!” esclamò Feuilly. “Perciò preparati! Ti aspetta la stessa sorte sua!”

“Emh… io n-non credo che…”

“Rassegnati, Marius!” disse Enjolras immediatamente. “Non lo convincerai mai a non filmarti, è inutile…”

Marius rimase a guardarlo in silenzio per un attimo, poi si girò nuovamente verso Feuilly e gli chiese: “Potrei… potrei sapere almeno perché è tanto importante per te riprendere dei buoni soggetti? Se fosse solo per avere dei bei ricordi, ti basterebbe fare delle riprese di tutti noi in modo semplice, così come vengono, no?”

Enjolras e Feuilly si guardarono per qualche istante, finché il biondo ragazzo non disse: “Avanti: ha il diritto di sapere!”

“Beh…” iniziò Feuilly: parlarne lo imbarazzava un pochino. “Sto cercando di mettere via i soldi del lavoro per pagarmi la scuola di regia…” Dovette fare una piccola pausa per il disagio; poi guardò verso Enjolras e si convinse a finire la spiegazione: “A volte la scuola dove voglio andare lancia dei concorsi per aspiranti registi non frequentanti l’accademia, quindi cerco di accumulare più materiale possibile. Il montaggio migliore ottiene una borsa di studio: non voglio farmi trovare impreparato!”

Marius sorrise: doveva aver capito che quello era il sogno di Feuilly perché i suoi occhi verdi sembravano essersi inteneriti. “Beh… suppongo che potrei abituarmici…”

“Dici sul serio?” disse Feuilly sfoggiando un grandissimo sorriso: la cosa gli faceva molto piacere e non riusciva a nasconderlo.

“Beh sì…” gli rispose Marius. “Se è il tuo sogno, non posso certo ostacolarti solo per imbarazzo…”

Enjolras mise una mano sulla spalla di Marius e disse: “Adesso capisci perché non posso dirgli di no!”

“Nemmeno io riesco a dirti di no…” disse il ragazzo ricciolino, sorridendogli.

Seguì un attimo di silenzio, in cui nessuno seppe cosa dire. Enjolras controllò l’orologio del suo telefono e disse: “Si sta facendo tardi: forse è meglio se ti lasciamo andare a lavorare.”

“Eh sì… forse è il caso: prima finisco il giro, prima posso entrare in pausa.”

Feuilly recuperò il carrello dallo sgabuzzino dietro alla scrivania e si diresse verso il corridoio che dà su Place Victor Hugo, mentre Enjolras e Marius si avviarono verso la vicepresidenza. Dopo che si salutarono, a Feuilly venne in mente una cosa. Lasciò il carrello di fianco al muro e cercò di raggiungere i due ragazzi. “Enjolras!”

Sentendosi chiamare, il ragazzo si girò di scatto verso di lui. “Sì?”

“Senti… hai impegni importanti dopo pranzo?” gli chiese Feuilly.

“Proprio oggi?” disse Enjolras, leggermente dispiaciuto. “Non lo so… appena rientriamo pomeriggio abbiamo la prima lezione con Javert… se faccio tardi poi me lo rinfaccia tutto l’anno…”

“Ti prometto che non faremo tardi. All’una e mezza sarai in aula!”

Enjolras rimase in silenzio un minuto, probabilmente a pensare a cosa fare. “Non lo so…” ripeté rompendo il silenzio. “Sono nel suo corso… ci tengo e voglio dimostrargli fin dal primo giorno che faccio sul serio... DEVO dimostrarglielo o mi renderà la vita un inferno dopo gli anni scorsi!"

“Te lo prometto, Enjolras.” Feuilly non lo fece apposta, ma si rese conto di guardarlo con occhi supplichevoli.

Ancora silenzio: gli occhi di Enjolras facevano trasparire tutta la sua preoccupazione e la sua indecisione. Alla fine si decise: chiuse gli occhi, prese un respiro, quasi come l’indecisione l’avesse lasciato in apnea, e poi disse: “E va bene. A che ora?”

Feuilly rimase molto contento che Enjolras avesse accettato. Gli sorrise e poi gli propose: “Facciamo alle dodici davanti al portone d’ingresso?”

“D’accordo” esclamò il biondo ragazzo, sembrando leggermente più convinto della decisione presa. “Metto via i libri e ti aspetto lì.” Detto ciò, lui e Marius salutarono il giovane custode nuovamente e si allontanarono, lasciando che Feuilly tornasse al suo lavoro.

Il ragazzo recuperò il carrello e corse subito tra una classe e l’altra per svuotare i cestini e dare una leggere pulita ai pavimenti lasciati nelle condizioni peggiori. Per sua fortuna il laboratorio d’arte non sarebbe stato usato quel pomeriggio, quindi non dovette pulirlo subito.

Quando ebbe finito, ripose il carrello nello sgabuzzino, corse giù per le scale, depositò le chiavi, recuperò lo zaino e andò dritto da Enjolras, che già lo aspettava come promesso: il biondo ragazzo stava appoggiato allo stipite della porta con lo sguardo perso fisso sul giardino. Quando Feuilly si avvicinò, Enjolras si girò di scatto, quasi il suo amico avesse interrotto un pensiero profondo: rimase spaesato per un paio di secondi, ma poi gli sorrise e si alzò dalla sua posizione, andandogli incontro.

“Andiamo?”

 


[1] Riferimento al romanzo: nella descrizione di Enjolras, Hugo scrive: “Nell’osservare il pensieroso riflesso del suo sguardo, si sarebbe detto che in qualche esistenza precedente avesse già attraversato l’apocalisse rivoluzionaria.” È anche un tributo al romanzo in cui, come si sa, i personaggi di questa fan fiction fanno parte di un gruppo di rivoluzionari morti durante la sanguinaria rivoluzione del 5 e 6 giugno del 1832.

[2] Riferimento al romanzo: la prima parte del romanzo è dedicata al vescovo di Digne, appunto Monseigneur Myriel; durante uno dei paragrafi, Hugo scrive: “La signora Magloire lo chiamava volentieri Vostra Eccellenza: un giorno egli […] si accostò alla biblioteca per cercarvi un libro, che era su un palchetto in alto; ma, per la sua bassa statura, il vescovo non poté arrivarci. ‘Madame Magloire,’ disse ‘portatemi una sedia, la mia eccellenza non arriva fino a quel palchetto.’ ” In francese, Vostra Eccellenza si dice “votre grandeur”, ovvero “vostra grandezza”: da lì l’autoironia del vescovo.

[3] Riferimento al romanzo: nella descrizione di Feuilly, Hugo scrive: “Aveva imparato a bella posta la storia per indignarsi a ragion veduta. In quel giovane cenacolo di utopisti, occupati soprattutto della Francia, egli rappresentava l’estero, e sue specialità erano la Grecia, La Polonia, L’Ungheria, la Romania, l’Italia: le nominava a proposito e a sproposito con la cocciutaggine del diritto.” Chi scrive predilige Italia e Polonia per conoscenza personale, oltre che in quanto alleate storiche della Francia.

   
 
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