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Autore: Elizabeth_3rd    22/01/2017    4 recensioni
Che dire, quando un'aspirante scrittrice di fanfiction vuole scrivere di più fandom diversi e non riesce a decidersi questo è il risultato: un Hunger Games parodico, a tratti anche molto profondo e che alterna momenti comici a momenti di grande angst e romanticismo.
E dove i lettori sono gli sponsor: l'ago della bilancia.
Si accettano scommesse, anzi, si chiedono a gran voce.
Secondo voi chi vincerà?
(Fandom: Frozen, Dexter, Mystic Messenger, Percy Jackson, Undertale, Lost, Death Note, Black Butler, Once Upon a Time, The Last of Us, Gravity Falls, Mirai Nikki. #NoSpoiler(si spera); #Non bisogna conoscerli per forza per leggere)
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Altri
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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L'allenamento

La colazione del primo giorno di allenamento era stata qualcosa di meraviglioso per i tributi che come Jack e Kate non mangiavano un cibo decente da mesi se non anni, come nel caso di Joel e Ellie.
Incredibilmente normale per alcuni come Percy e Annabeth o Dexter e Debra che erano abituati al cibo comune.
Decisamente povera e quasi un insulto per quelli che, come Ciel, o Regina, erano abituati a cibo ben più regale.
Ciel in quel momento stava facendo il muso, seduto su una panchina a braccia incrociate, per niente interessato a qualsivoglia allenamento.
La sala però era decisamente ben fornita.
C’erano sei aree dedicate a diverse funzioni.
Un’area enorme era adibita per gli attacchi magici nel caso dei tributi che ne avessero alcune.
Un’altra addestrava nel combattimento corpo a corpo.
Un’altra ancora l’uso delle armi, sia quelle per combattimento ravvicinato che quelle per il combattimento a distanza.
Oggetti scientifici e roba varia di cui Ciel non capiva assolutamente nulla erano nella quinta area.
Poi ce n’era una specializzata in tecniche di sopravvivenza. Era la meno frequentata ma probabilmente sarebbe stata la più importante.
Infine una stanza era dedicata al resto delle attività, che non potevano essere perfettamente classificate.
Sebastian era nel corpo a corpo, ma Ciel sapeva perfettamente che non gli sarebbe servito a niente perché era già perfetto così.
Ma Ciel gli aveva comunque ordinato di iniziare a studiare gli altri tributi, perché alcuni di essi sembravano meno insignificanti degli altri, e nonostante Ciel fosse lungi dall’essere spaventato, preferiva essere sicuro, anche se Sebastian non lo aveva mai deluso, per fortuna.
E mentre era lì, seccato e desideroso di cibo degno delle sue papille gustative, forse il personaggio più insignificante di quelli che avesse notato gli si sedette accanto, con un sorriso tutto denti e… perché diavolo aveva del metallo in mezzo ai denti.
-Ciao!! Tu sei Ciel, giusto?- chiese Mabel.
Lui non rispose e si limitò ad allontanarsi da lei.
-Sei timido eh? Tranquillo, non mordo. Volevo solo consegnarti questo. Ti ho sentito prima lamentarti con il tuo maggiordomo che qui fa freddo e ho pensato che sarebbe stato perfetto! L’ho fatto nell’area extra. Ne ho fatti un po’ per tutti a dire il vero- gli porse un capo d’abbigliamento di lana molto simile a quello che portava lei, solo che blu con in viola il suo nome e un disegno che lui trovava incredibilmente familiare.
Sgranò gli occhi e sobbalzò notando che era il simbolo del suo patto demoniaco con Sebastian.
-Come hai scoperto questo simbolo?!- la aggredì, nascondendolo contro il suo petto e notando che wow, era davvero caldo quel maglione.
-Non ti piace, mi sembrava adatto a te. L’ho trovato tra i simboli mistici che stanno nell’area extra. C’è tutto quello che è conveniente per la trama lì dentro, chissà a che sta pensando la nostra scrittrice- commentò lei ridacchiando, senza scomporsi di una virgola.
-Non mi interessa non accetterò questa carità!- Ciel cercò di ritornare austero e freddo e gettò il maglione da un lato.
Il sorriso di Mabel si incrinò leggermente, non era triste per il chiaro rifiuto, quanto per la tristezza in sé di un ragazzo che aveva solo la sua età.
Aprì la bocca per parlare, ma fu interrotta da un coltello che veniva verso di loro ad una velocità e una precisione disarmante.
Mabel, con riflessi degni di Sebastian (dato che in questo momento il punto di vista è di Ciel mi sembra un buon confronto), prese il rampino da dentro il maglione (la fisica deve ancora spiegarsi questo fatto) e lo lanciò contro il coltello deviandolo e facendolo finire dritto in mano a Sebastian, che era accorso per difendere il padroncino e lo fermò, senza ovviamente farsi neanche un graffio.
-Ops, che sbadata. Non li so proprio lanciare i coltelli. Non si è fatto male nessuno vero?- chiese Yuno, in tono innocente e mortificato.
Mabel si bevve la sua facciata.
-Tranquilla capita a tutti- le sorrise, poi rimise il rampino apposto, e si rivolse nuovamente a Ciel, che la guardava come se la vedesse per la prima volta.
-Io meglio che vada a cercare Dipper, starà stalkerando la rossa che era nel carro davanti a noi. Ahahahah- e pensando al fratello ridacchiò e saltellò via.
Ciel guardò Sebastian, che osservava la situazione divertito.
-Togliti quella smorfia dalla faccia! Stava già per uccidermi non sei partito molto bene!- incrociò le braccia.
-Perdonami, padroncino. Credo però che sia opportuno trovare degli alleati. Uno contro squadre da due non è l’ideale- provò a suggerire Sebastian, criticandolo velatamente e facendolo innervosire.
-Tu dovresti valere dieci persone. Sei decisamente più forte di tutti loro- affermò con certezza.
-Secondo me sarebbe una buona idea osservare anche gli altri tributi per farci un’idea delle loro strategie- commentò, aspettando ordini.
-Uff, e va bene. Tu torna alla tua occupazione, io mi faccio un salto nel reparto magia, e magari in quello vario- gli ordinò, prima di alzarsi, prendere il maglione e avviarsi nell’area da lui scelta.
Non aveva intenzione di metterlo, ma non poteva lasciare in giro evidenze del patto che aveva fatto.
Intanto, proprio nel reparto magia, Regina ed Emma stavano facendo una sfida amichevole sul tipo di magia più potente tra i loro due.
Emma aveva il talento naturale che veniva dall’essere figlia del vero amore, ma Regina aveva anni e anni di pratica.
Il risultato aveva attirato una folla di spettatori interessati, tra cui Elsa che le osservava un misto tra terrorizzata e affascinata, e Light, che avrebbe tanto voluto poter assorbire i loro poteri.
-Questo era sleale!- si lamentò Emma dopo un colpo alle spalle da una Regina che ci si era teletrasportata con l’inganno.
-Quando si combatte per la vita tutto è concesso- commentò lei, riteletrasportandosi davanti a lei per aiutarla ad alzarsi, ma venendo involontariamente spedita dall’altra parte della stanza dalla compagna di distretto.
-Oh cavolo! Regina mi dispiace, mi aspettavo un attacco a sorpresa!- Emma si alzò seduta stante e si accertò delle condizioni dell’amica.
Regina si sistemò i capelli e si alzò con eleganza.
-Niente male, stai imparando- commentò orgogliosa.
-Credo che tornerò ad esercitarmi con le pistole. E’ meglio saper fare un po’ tutto- Emma, dal canto suo, non era molto felice di quello che aveva fatto. Preferiva decisamente comportarsi con lealtà e come un’eroina.
Era l’esempio giusto da dare a tutti. Era come avrebbe voluto essere ricordata, viva o morta che fosse.
Regina questo lo sapeva, e da un bel po’ provava, nel suo mondo, ad entrare in quella mentalità. Ma la situazione in cui si trovavano risvegliava la regina cattiva che c’era in lei.
Almeno era molto probabilmente la più pratica di magia, da quelle parti. Non erano in molti in quell’area.
Mentre si guardava intorno intrecciò lo sguardo con Elsa, che sobbalzò notando di essere stata beccata e distolse lo sguardo, facendo dietro front.
-Tu hai poteri di ghiaccio per caso?- le chiese Regina, senza sapere bene da dove le venisse quella richiesta.
Certo, somigliava decisamente tanto a una conoscenza sua e di Emma, ma magari era solo una coincidenza.
Per tutta risposta il pavimento congelò.
-E tu come fai a saperlo?- chiese Elsa, preoccupata.
Regina sollevò le sopracciglia, sorpresa.
-Ah, quindi sei davvero come lei- commentò tra sé.
-Lei chi?- la lastra di ghiaccio si espanse.
-Nessuno, una ragazza del nostro mondo che io ed Emma conosciamo. Ti va un duello di magia?- chiese per rompere il ghiaccio… si, anche l’autrice si odia per questa battuta.
Elsa diventò se possibile ancora più spaventata, e Regina, iniziando anche a sentire freddo, avocò una palla di fuoco e sciolse letteralmente il ghiaccio che stava raggiungendo anche gli altri partecipanti.
-Tranquilla, regina, non ho intenzione di farti del male- alzò poi le mani, in segno di incoraggiamento.
-Ho paura di essere io a farti del male- commentò Elsa, con sguardo basso.
-Dovresti parlare con Emma, avreste un’interessante conversazione- le consigliò Regina prima di continuare con l’allenamento in solitaria.
Elsa fece un profondo respiro, e cercò di controllarsi, iniziando a creare oggetti con il ghiaccio e cercando di non renderli troppo pericolosi.
Quanto avrebbe voluto poter avere Olaf lì con lei ad aiutarla.
Iniziò anche a provare, giusto per sicurezza, qualche raggio di ghiaccio per l’attacco quando per sbagliò, invece di colpire il bersaglio, colpì un ammasso di coperte, che sembrò perdere consistenza non appena fu colpito.
si avvicinò sperando con tutto il cuore che non ci fosse nessuno, anche se la cosa sembrava impossibile, ma trovò al suo interno una felpa blu.
Se la rigirò tra le mani con un senso di ansia che iniziava ad impossessarsi del suo corpo, ma prima che potesse chiedere in giro informazioni la bambina che era accompagnata dallo scheletro le si avvicinò, e sgranò gli occhi, trattenendo il respiro.
-Che hai fatto a Sans?- chiese, indicando la felpa.
-Cosa?- Elsa elaborò velocemente quello che doveva essere successo.
E se avesse… ucciso lo scheletro? Forse non rimaneva il corpo ma si dissolveva… che cosa aveva fatto?! -Oddio! Mi dispiace! Non l’ho fatto apposta, io…- stava di nuovo per congelare il mondo intero quando una voce assonnata interruppe gli scleri di entrambe.
-Ottimo attacco, ice queen- si complimentò Sans sinceramente colpito, stiracchiandosi.
Frisk si gettò ad abbracciarlo, ed Elsa cadde in ginocchio decisamente sollevata.
-Mi dispiace davvero, non volevo. Se avessi saputo... non avrei provato così vicino- la regina di ghiaccio cominciò a piangere cubetti di ghiaccio, e Sans si inginocchiò per rassicurarla.
-E’ stato un incidente, non preoccuparti. E poi io sono un osso duro- scherzò, facendole un occhiolino ed Elsa scoppiò a ridere come se non avesse mai sentito una battuta così divertente in tutta la propria vita.
Frisk alzò gli occhi al cielo, e se ne andò scuotendo la testa.
Elsa e Sans rimasero un altro po’ a chiacchierare.
In tutto questo arrivò preso la pausa pranzo, e Jack e Kate, che si erano alternati per tutta la mattina tra la sopravvivenza e le armi da fuoco, furono tra i primi a mettersi a sedere, seguiti da Ellie e Joel, che però presero un altro tavolo, a debita distanza.
C’erano solo sei tavoli da quattro persone, quindi inevitabilmente, man mano che la sala si riempiva, diversi fandom furono costretti a sedersi vicini.
In alcuni casi, i fandom si divisero pure tra loro per via di interessi diversi.
Come nel caso di Dipper e Mabel.
La prima decise infatti di sedersi con Ciel e Sebastian in un posto molto isolato per passare un po’ di tempo con il ragazzino della sua età, e venne poi raggiunta anche da Anna che l’aveva presa molto in simpatia, e che indossava con orgoglio un maglione rosa con su scritto il suo nome e con il disegno di una renna.
Erano in molti a portare maglioni che la ragazzina aveva fatto nel tempo che avrebbe dovuto passare ad allenarsi.
MC era seduta con un maglione rosa con un gattino bianco vicino a Seven, che ostentava con orgoglio un maglione con codici di errore che aveva descritto lui stesso alla dodicenne.
Accanto a loro c’erano Annabeth e Percy, che discutevano di allenamento ignorando quasi del tutto l’altra coppietta che ancora non lo era.
Sans si era messo vicino ad Elsa, che però ogni tanto lanciava sguardi per controllare che Anna stesse bene.
Accanto a loro si erano sedute strategicamente Regina ed Emma, quest’ultima molto interessata a parlare con la regina di ghiaccio.
Frisk si era seduta vicino a Jack e Kate, che la guardavano spaventati, come se la sola idea di doverle torcere un capello facesse loro pensare a situazioni che avevano veramente vissuto e che portavano a galla tristi ricordi.
Debra, separatasi abbastanza controvoglia da Dexter, si sedette insieme a loro.
Dipper, invece, si sedette cercando di sembrare sicuro di sé e noncurante, vicino a Joel ed Ellie.
Se l’uomo lo guardava con un astio incomprensibile, Ellie sembrava averlo già preso in simpatia.
Certo, quando l’aveva beccato a guardarla per poco non lo aveva ucciso con un coltello, ma poi avevano chiarito il malinteso e si erano allenati anche insieme per un po’.
Vicino a loro si sedette anche L, che non aveva trovato nessun altro posto.
Dipper stava cercando di trovare elementi di conversazione per non sentirsi un idiota totale, quando fu L a parlare ponendo la domanda che tutti si stavano facendo su tutti, con tono casuale e giocherellando con le sette ciliegie che aveva messo sopra la sua torta di cioccolato a cui aveva anche aggiunto una quantità industriale di caramello.
-Allora, cosa succede nel vostro mondo?- chiese.
Ellie fece per rispondere, ma Joel le fece cenno di stare in silenzio.
-Posso dire quello che voglio! Non sei mio padre- si lamentò lei, incrociando le braccia.
-Ah no?- chiese Dipper sorpreso. Si comportavano davvero come padre e figlia. Se non era suo padre chi era?
-No, in realtà siamo finiti insieme perché mi deve portare da alcuni tipi, così riceverà le armi che desidera- spiegò con tranquillità Ellie.
Dipper era ad occhi sgranati, sconvolto.
Joel si esibì in un elegante facepalm.
L osservò i due protagonisti di The Last of Us con parecchia curiosità.
Ellie sembrò rendersi conto che forse per altre persone non era tanto normale scortare ragazzi in cambio di armi, e si affrettò a spiegarsi.
-Non contro la mia volontà, ovviamente. Diciamo che mi aiuta a raggiungere un gruppo di sopravvissuti di cui faccio parte-
Dipper era sconvolto.
-Sopravvissuti a cosa?- chiese L interessato.
-Non sono affari tuoi!- si innervosì Joel, stringendo un pugno.
-Infetti che tentano di ucciderci e se ci mordono ci infettano a loro volta- rispose Ellie, che era in fase ribelle.
Joel sospirò.
Dipper era completamente sconvolto.
-Tu, invece? Il tuo mondo com’è?- chiese Ellie con un sorriso curioso.
-Beh, io vivo a Portland con i miei genitori… e quando sono stato portato qui ero a Gravity Falls… dal mio prozio, con mia sorella- disse, la sua vita era normale, se non si contavano le creature sovrannaturali di Gravity Falls che aveva iniziato ad affrontare dall’inizio delle vacanze.
-Oh, e che facevi a Gravity Falls?- chiese Ellie interessata.
-Io… beh… una volta ho affrontato un demone… a forma di nacho… nella mente del mio prozio… con degli scudi a forma di palla dei criceti…- Dipper cercò di ricordarsi la sua avventura più emozionante, ma non aveva poi così grandi storie.
Ellie però lo guardava affascinata.
-Forte. Io una volta ho affrontato da sola un gruppo di infetti, e avevo solo un fucile e un coltello. Poi mi sono creata qualche molotov, ma è stata un’impresa abbastanza eroica- si vantò lei, sfidandolo.
-Ellie…- si lamentò Joel.
-Io ho sconfitto degli zombie! E avevo solo una macchina del karaoke… certo stavo con mia sorella e il mio prozio ma…- si interruppe, notando che non era poi così geniale come aneddoto.
-Io una volta ho ucciso un uomo, che voleva uccidermi ed era un sacco più grande di me e armato fino ai denti, solo con un coltello!- continuò lei.
-Wow… beh io ho… ho… ah, ho affrontato con incredibile coraggio un personaggio uscito da un videogioco… perdendo ma non morendo… e un orso con un sacco di teste, che ho sconfitto… ma che ho lasciato vivere perché adorava Disco Girl, la mia canzone preferita… non è che abbia affrontato granché dopotutto- cedette poi, un po’ deluso.
-Sei troppo forte!- commentò invece Ellie, che non conosceva almeno tre quarti di quelli di cui stava parlando e lo trovava incredibilmente figo.
-Davvero?- chiese lui sorpreso -Anche tu sei un sacco forte- commentò, arrossendo.
-Fattelo dire, ragazzino, tu sei spacciato- commentò L, che in tutto quel discorso aveva fatto in tempo a mangiare ben cinque pezzi di diverse torte e cinque budini.
Dipper sbuffò, perché lo dicevano tutti?!
-Beh, io vado ad allenarmi- commentò, lasciando il tavolo.
Non era il primo ad essersene andato.
C’era un tavolo, poco distante dal loro, che aveva un’atmosfera più ghiacciata del tavolo di Elsa (l’autrice si vergogna davvero tanto per queste pessime battute).
Infatti lì seduti c’erano, per mancanza di altri posti disponibili, tre dei peggiori killer di quell’edizione, e non lo sapevano minimamente, anche se lo sentivano.
Dexter, Yuno e Light, accompagnati da uno Yukki decisamente terrorizzato, che non sapeva se temere più la ragazza innamorata persa di lui o i killer che lo avrebbero ucciso immediatamente senza pensarci due volte.
Per fortuna Light se ne andò quasi subito, alleggerendo leggermente la tensione.
Piano piano i tavoli iniziavano a svuotarsi e i tributi a ritornare ai loro allenamenti.
Dexter incontrò uno stressato Joel nell’area delle armi, impegnato ad allenarsi in un corpo a corpo con un coltello.
Joel non era molto portato, preferiva di gran lunga le armi, ma doveva tenersi in forma sotto ogni punto di vista se voleva proteggere Ellie.
-Oh, perdonami, non sapevo che la sezione fosse occupata- commentò affabile Dexter facendo per uscire, ma venendo richiamato dall’uomo, che con un sorriso poco affidabile lo invitò ad unirsi a lui.
-Che ne dici di allenarci insieme?- gli propose, porgendogli un coltello.
Dexter si forzò a sorridere.
-Mi faresti a fettine, amico- commentò, declinando l’offerta.
-Non sei forse qui per allenarti?- lo sfidò Joel.
La strategia di Dexter era sembrare debole agli occhi degli altri, soprattutto a quelli di sua sorella, ma non poteva rifiutare una chiara sfida, il suo orgoglio e il suo istinto non lo avrebbe mai perdonato.
Era il bisogno animale di affermare la propria forza, e Dexter cedette.
-Ok, vacci piano con me, però- prese il coltello come se non lo sapesse maneggiare e i due sfidanti iniziarono ad osservarsi, con attenzione e girando in cerchio lentamente.
-Allora, cosa fai nel tuo mondo?- chiese Joel, girandosi il coltello tra le mani e avvicinandosi con circospezione allo sfidante.
-Sono un semplice ematologo forense. Studio il sangue nelle scene del crimine e aiuto a risolvere omicidi- Dexter tentò un goffo affondo per illudere l’avversario che non sapesse nulla di coltelli.
Joel lo schivò con grande semplicità, e ribatté con foga.
I riflessi di Dexter si attivarono, impossibili da trattenere, e lo scontro divenne decisamente bestiale.
Se fossero stati un tantino meno preparati avrebbero di certo rischiato la vita, ma erano due tra gli assassini più preparati di questa edizione, quindi il loro combattimento era decisamente epico.
La preparazione e l’abilità specializzata in coltelli di Dexter alla fine ebbero la meglio sulla bestialità e lo spirito di sopravvivenza di Joel, che finì a terra, con il coltello premuto sulla gola.
Ma l’uomo aveva un’arma segreta.
-Butta immediatamente il coltello!- gli intimò Ellie, che aveva notato il combattimento e senza farsi vedere era riuscita ad avvicinarsi all’ematologo di spalle e premergli il coltello sulla base del collo.
Dexter lo lasciò subito, sorridendo innocentemente.
-Non sono un esperto, ma non mi pare uno scontro amichevole corretto- commentò, rimanendo fermo chino su Joel, il coltello ancora premuto sul collo.
Joel stava per richiamare la compagna di distretto quando un’altra voce, confusa e preoccupata, bloccò entrambi.
-Che cavolo pensi di fare?! Lascia subito andare mio fratello!- Debra puntava una pistola contro Ellie. Non aveva assistito allo scontro ma aveva notato il fratello mentre si allenava con le armi da tiro poco distante, ed essendo un’agente il suo istinto le aveva detto che era meglio immischiarsi nei suoi affari se voleva proteggerlo, anche se di solito questo a Dexter dava davvero fastidio.
-Non c’è bisogno di scaldarsi tanto, era solo uno scontro amichevole- commentò Joel, alzando le mani e facendo cenno a Ellie di allontanare il coltello.
Debra abbassò la pistola, ma rimase all’erta.
Dexter si rialzò e tese una mano a Joel per aiutarlo a fare altrettanto.
Joel la prese con una stretta davvero ferrea.
-Niente male per uno non esperto- lo accusò velatamente.
-La fortuna del principiante- commentò Dexter, apparendo innocente.
-Meglio che torni nel reparto scientifico, è più adatto a me- affermò poi, avvicinandosi alla sorella e iniziando a spiegarle la situazione.
Debra era decisamente confusa, preoccupata e arrabbiata.
Ellie si avvicinò a Joel per controllare le sue condizioni, mentre lui continuava ad osservare l’ematologo.
Doveva senza ombra di dubbio temerlo, ma era anche curioso. Chissà quali altre sorprese aveva.
Nella sezione scientifica Seven si stava dando alla pazza gioia.
Aveva assemblato e disassemblato circa una decina di diversi robot, sette dei quali a forma di gatto.
-Mi manca la mia Elly!!- commentava ogni volta che qualcuno gli chiedeva il perché di quella strana forma.
Le domande venivano solitamente da MC o da Annabeth, che aveva deciso di rimanere lì per quella prima giornata.
Se la prima sapeva perfettamente chi Elly fosse, per un po’ Annabeth aveva avuto il sospetto che si riferisse ad Ellie, e ciò aveva creato parecchia confusione nella semidea.
Ora per fortuna, il malinteso era sistemato.
-Un gatto? Elly è un gatto?- chiedeva Annabeth, con le sopracciglia inarcate.
Era stata MC a rivelarle la grande notizia.
-Già, Elizabeth the 3rd- annuì, divertita dalla piega che stavano prendendo gli eventi.
-E quindi lui in questa situazione si preoccupa del suo gatto?- Annabeth aveva moltissime persone che le mancavano terribilmente, a casa, ma aveva trovato decisamente più logico concentrarsi su quello che avrebbe dovuto affrontare di lì a pochi giorni che pensare a loro, e di certo non erano animali, anche se uno di loro lo era per metà.
-No, non è il suo gatto, in realtà, ma il gatto di Jumin- la corresse MC.
-Lui sta creando inutili robot, perché gli manca il gatto di un’altra persona?- Annabeth era sempre più confusa.
Seven non aveva un senso.
MC ridacchiò.
-Lo so, è un po’ fuori di testa, ma è per questo che è adorabile-
-Adorabile? State parlando di Yoosung per caso?- chiese Seven entrando nella conversazione con un incredibile prototipo di un robot identico ad Elizabeth, che diede come regalo a MC.
-Parla in quattordici lingue e ti protegge sputando fuoco- la informò, e per tutta risposta il gatto fece una leggera fiammata in direzione di Annabeth, che si ritirò in un misto di timore e interesse.
Il suo massimo rapporto con la tecnologia era con il computer di Dedalo, che purtroppo non aveva a disposizione.
-Grazie, Seven- MC sorrise, accarezzando il gatto.
-Non rischia di bruciarsi?- chiese Annabeth, indicandolo.
-Sono programmata per bruciare chiunque all’infuori di MC, fastidiosa biondina- rispose il gatto.
Seven sobbalzò, e si affrettò a scusarsi.
-Non so che le abbia insegnato ad insultare! Cattiva Elly!- la rimproverò, e rischiò di prendersi una fiammata.
Annabeth borbottò un insulto in greco antico, al quale il robot rispose nella stessa lingua, in modo anche più offensivo.
Un getto d’acqua proveniente dall’area magia, con una precisione allarmante, inglobò il gatto in una bolla, facendolo andare in corto circuito.
-Nessuno insulta la mia ragazza- commentò Percy raggiungendoli e mettendosi accanto ad Annabeth, che non riuscì a trattenere un sorrisino, soprattutto alla vista del maglione blu con un cervello fatto di alghe verde che portava indosso.
Seven guardava il gatto ormai distrutto a bocca aperta, e Annabeth tirò una sberla a Percy.
-Non si distruggono le creazioni altrui!- lo rimproverò, il ragazzo la guardò confuso.
Non doveva essere felice che stava difendendo il suo onore?
Ma Annabeth non voleva mettersi contro Seven, sembrava un ottimo alleato.
-Che. Gran. Figata!- commentò il rosso, prendendo cautamente i resti, e sorprendendo sia Annabeth che Percy, che lo guardarono confusi.
Anche MC era nello stesso stato di Seven, e guardava Percy affascinata.
-Sai controllare l’acqua?- chiesero insieme, dimostrandosi una coppia perfetta sotto ogni punto di vista.
-Si, ehm, mio padre è Poseidone- Percy era a disagio per tutta l’attenzione.
-Quindi venite da un mondo con gli dei dell’Olimpo? E tu?- chiese Seven, sempre più curioso, rivolgendosi ad Annabeth.
-Sono figlia di Athena- affermò, toccando il gufo grigio che era raffigurato sul proprio maglione arancione confezionato da Mabel.
-Wow, dobbiamo proprio temermi se vogliamo vincere- commentò Seven.
I due semidei non sapevano se prenderlo come un complimento o una dichiarazione di guerra.
-Beh, un genio costruisci robot sembra piuttosto temibile anche a me- commentò Annabeth.
-E non sono neanche il membro più pericoloso della squadra- con questa frase enigmatica, Seven prese i resti del gatto e ritornò ad armeggiare.
-Hai bisogno di una mano?- chiese Percy alla ragazza, che declinò l’offerta e decise di dirigersi alla zona dei coltelli, per esercitarsi.
Avevano troppe cose da poter fare e troppo poco tempo per farle.
Percy tornò alla zona magia, dove Anna stava incoraggiando Elsa durante le sue prove.
-Centro pieno! Sei fantastica, sorellona!- la complimentò, con un gran sorriso.
-Anna, secondo me dovresti esercitarti in qualcosa, almeno tecniche di sopravvivenza, potrebbero risultare utili- le consigliò Elsa, mentre si riposava e beveva un bicchiere d’acqua.
-Dopo tutto quello che ho affrontato per venirti a riprendere alla montagna del Nord mi considero un’esperta di sopravvivenza!- commentò Anna, ridacchiando al ricordo.
-Ma c’era anche Kristoff, ed io mi sentirei molto più a mio agio sapendo che almeno una di noi due sa come sopravvivere in diversi ambienti- osservò Elsa, tesa.
-Sai, è una buona idea, hai proprio ragione, vado ad informarmi!- Anna annuì con un gran sorriso e saltellò via allegramente, diretta nell’altra ala, dove incontrò Jack e Kate, intenti a discutere.
Decise di non immischiarsi, e si mise in un angolo per conto proprio.
Prese un libro di costruzione capanne ed iniziò ad armeggiare con rametti e corde per terra.
Inutile dire che il risultato fu parecchio traballante e incerto.
Però la fulva non si scoraggiò, anzi lo osservò molto orgogliosa.
Era più di quanto avesse mai fatto.
Si asciugò il sudore dalla fronte e cercò di studiare meglio il libro per vedere doveva aveva sbagliato e migliorarsi.
-Sta tutto nella corda- le fece notare Kate, avvicinandosi ed indicandola.
-Ah si?- chiese lei, osservandola attentamente e confrontandola con il disegno del libro.
-Si, vedi? Devi sostenere il peso in questo modo, bilanciare il tutto così e anche la capanna più traballante con alcune corde si tiene in piedi- le mostrò come tutto andava fatto, e in pochi minuti aveva completamente risistemato il lavoro di Anna.
La ragazza era esterrefatta.
-Wow, tu si che sei fantastica- commentò entusiasta.
Anna non sentiva ancora la competizione, e per ora amava semplicemente osservare tante cose che non aveva mai avuto occasione di conoscere.
Già da poco aveva avuto l’opportunità di uscire dalle mura del suo castello, un intero altro mondo da esplorare era un’idea semplicemente spettacolare.
Anche se la faccenda dell’uccidersi a vicenda era poco confortante.
-Voi due che cosa fate nel vostro mondo? Costruite tende così di professione?- chiese la fulva rivolta a Kate e a Jack, che si voltò nella sua direzione sorpreso di essere stato interpellato.
Non era molto sicuro di voler dare informazioni a sconosciuti che avrebbero potuto utilizzarle contro di loro, ma Kate non ci vedeva nulla di male.
-No, beh, diciamo che ho vissuto per strada e quindi so come sopravvivere, poi qualche mese fa io, Jack e un’altra quarantina di persone siamo naufragati su un’isola sconosciuta durante il volo 815 Sydney-Los Angeles della Oceanic. Se non sai costruire una tenda o procurarti del cibo sei morto anche se sopravvivi- spiegò, guardando il compagno di sventura
Anna non sapeva cosa fosse un volo, non conosceva la Oceanic e non aveva mai sentito nominare né Sydney né Los Angeles, ma in qualche modo, dal tono della giovane donna e da quello che trasmetteva riuscì a capire.
Abbassò lo sguardo.
-Deve essere stata molto dura- osservò, tristemente.
-Tu, invece? Cosa facevi nel tuo mondo?- cambiò argomento Kate, sorridendole e prendendo qualche corda per rafforzare i sostegni.
-Ah, beh, niente di che. Giro per la città, passo tempo con mia sorella, con Kristoff. A volte la aiuto con le scartoffie anche se non ci capisco nulla- le sembrava ingiusto parlare della sua bella vita davanti a persone che ne avevano passate tante, ma a Kate non dispiacque, anzi le sorrise.
-Sembra una bella vita, che lavoro fa tua sorella?- chiese curiosa.
-Oh, beh… è la regina di Arendelle- rivelò, sorprendendo parecchio la sopravvissuta.
-Quindi lei è una delle regine citate dalla scrittrice. Capisco, dovevo aspettarmelo. E tu quindi sei la principessa. Non ci facciamo mancare nulla in questo sadico gioco- commentò, segnandosi l’informazione.
-E tu?- indagò Anna.
Avrebbe dovuto studiare altre tecniche, ma parlare le piaceva molto di più.
Adorava conoscere persone nuove.
Kate si rabbuiò.
-Non ho un lavoro- disse solo, ritornando dritta e allontanandosi in direzione di Jack.
Anna era mortificata.
-Scusa, non intendevo intromettermi, mi dispiace tantissimo- si scusò, mordendosi il labbro inferiore.
-Non preoccuparti. Se ti interessa, Jack è un medico- la informò Kate, guadagnandosi un’occhiataccia del citato, che però non ribatté.
-Io rispetto tantissimo i medici! Dalle mie parti i migliori guaritori sono i Troll, i genitori di Kristoff… beh, adottivi, lui è umano, comunque…- Anna si rese conto di stare andando per la tangenziale, e decise di cambiare argomento -…meglio che io vada a… ad allenarmi con la spada. Bisogna saper fare un po’ di tutto- commentò, e scappò via.
Jack si rivolse a Kate, che la guardò sparire ridacchiando tra sé.
-Troll?- chiese, come se avesse capito male.
-Sarà la principessa di qualche misteriosa fiaba- Kate alzò le spalle.
-Locke avrebbe amato questo posto- commentò il medico, pensando al compagno rimasto sull’isola.
-Se ci fosse stato lui qui non avrebbe avuto molti rimorsi ad uccidere persone innocenti- commentò tra sé Kate.
-E tu?- chiese Jack, non rivolgendosi direttamente a lei, che lo guardò profondamente offesa.
Jack si rese conto di quello che aveva sottinteso, ma era tardi.
-Non intendevo…- iniziò a scusarsi, ma lei lo interruppe.
-Lascia perdere- gli diede le spalle e si allontanò, per allenarsi con i coltelli.
Jack rimase l’unico in sopravvivenza, fu avvicinato da L, che si aggirava di lì quasi per caso.
-Non è una serial killer- commentò, parlando di Kate.
Jack lo guardò senza capire.
-Come, scusa?- chiese, confuso.
-Tu hai sottinteso che uccida senza rimorso, comportamento da psicopatico o serial killer, ma lei non lo è. Non so cosa tu pensi che lei sia ma se anche ha ucciso non lo rifarà senza una ragione più che valida- commentò in tono casuale, mangiando un marshmallow che aveva preso chissà dove.
Jack scattò sulla difensiva.
-Non immischiarti in fatti che non ti riguardano!- esclamò, seccato.
-Certo,  una situazione di vita o di morte in un’arena potrebbero davvero farla diventare un’assassina spietata, ma chi può dirlo?- L sembrava quasi parlare da solo, ma Jack lo sentiva, e quello che diceva gli faceva parecchia rabbia.
-Tu non conosci affatto Kate!- obiettò.
-Eppure dovresti sperarlo. Avreste più chance di sopravvivere- L alzò le spalle.
-Tu pensa alla tua sopravvivenza!- Jack gli diede le spalle, leggendo dei modi per filtrare l’acqua.
-Oh, ma a me non interessa più di tanto, voglio solo dimostrare inconfutabilmente che Light è Kira. Anche perché ho una mia teoria su questi giochi che voglio dimostrare- sorrise tra sé, e si allontanò.
-Quel tizio non mi piace- commentò Jack tra sé.
-E comunque, dottore, si vive insieme e si muore soli, giusto?- concluse L, prima di sparire del tutto.
Jack rimase di sasso.
Quella era la sua frase… quella che aveva detto ai sopravvissuti e che spesso con pesante insistenza gli rinfacciavano.
Come faceva lui a conoscerla.
Era una coincidenza, senza ombra di dubbio.
Ma ultimamente capitavano troppe cose strane nella sua vita.
Mentre L si dirigeva nella sezione elettronica, una bambina allegra e saltellante procedette nella direzione che dall’inizio aveva puntato, ma che non aveva potuto raggiungere perché Sans si era messo in mezzo.
Frisk infatti era molto attratta dall’area delle armi, in particolare dai coltelli.
Non amava usarli, lei era fondamentalmente una bimba molto pacifica, ma a volte, in qualche linea temporale del suo videogioco, aveva sperimentato armi di ogni genere su mostri di ogni genere.
E una parte di lei che non le apparteneva del tutto e che esibiva con orgoglio occhi rossi e sorriso inquietante le diceva che in quel gioco essere pacifici non avrebbe portato a nulla.
Si avvicinò tranquillamente e silenziosamente, valutando la situazione.
Per fortuna Sans era distratto con la sua nuova amica di ghiaccio.
A Frisk la cosa non piaceva per niente.
C’erano molte persone in quell’area.
Percy si allenava con una spada non ben bilanciata contro Annabeth che al contrario aveva solo un coltello, e che lo stava battendo di brutto.
Anna si allenava da sola con una spada, ed era più portata di quanto sembrasse.
Sebastian lanciava forchette mentre preparava un tè, e centrava sempre il bersaglio nonostante non lo guardasse.
Emma era anch’essa appena arrivata, e stava dirigendosi in direzione di Anna per parlarle.
L’unica rimasta con cui allenarsi in compagnia era Yuno, che stava affilando un coltello e osservava con occhi di fuoco Yukki mentre si scusava dopo aver urtato Ellie, che stava esercitandosi a sparare con l’aiuto di Joel.
-Hey, ti va di allenarti con me?- chiese Frisk alla quattordicenne, che la guardò per un attimo con espressione terribilmente ostile, poi mascherata da un sorriso caldo e innocente.
-Oh, non saprei, io non sono molto brava- aveva in effetti finto tutto il giorno di essere incapace, e molti ci erano anche cascati, anche se non tutti.
Ma Frisk era un’acutissima osservatrice, nonostante nella sprite ufficiale di gioco non avesse occhi veri e propri.
-Neanche io, vorrei provare con qualcuno perché non saprei come allenarmi da sola- provò a convincerla, con occhi da cucciolo.
Era anche molto persuasiva.
-Oh, va bene, ma ti avverto, sono parecchio maldestra- ridacchiò Yuno.
Abbiamo già assistito ad un combattimento corpo a corpo con un coltello, e sarebbe ripetitivo farvi assistere ad un altro.
Ma la tecnica era talmente diversa che merita una considerazione.
In entrambi i casi c’erano due assassini più o meno esperti, uno dei quali non voleva in alcun modo dimostrarlo, ma se nel primo caso lo scontro era stato quasi brutale e senza esclusione di colpi, nel secondo c’era molta più tecnica.
Yuno sapeva essere decisamente brutale, come Yukki sapeva bene, non aveva uno stile di combattimento preciso e se avesse fatto uno scontro vero e proprio contro Dexter o Joel li avrebbe battuti in istinto animale e persino in forza bruta.
Ma era molto più brava a fingere di essere una totale innocente ragazzina della sua età.
Fu effettivamente il corpo a corpo con coltelli meno esaltante del mondo, almeno per i primi minuti di combattimento.
Nessuno nella sala era allertato o preoccupato, nessuno aveva timore che a una bambina sugli otto anni e una ragazzina di quattordici potessero farsi male a giocare con i coltelli.
Lo scontro tra Annabeth e Percy era decisamente più entusiasmante.
Ma mano a mano che lo scontro procedeva, e Frisk studiava la tecnica di Yuno, e Yuno si chiedeva che cosa volesse da lei quella bambina, qualcuno iniziò a rendersi conto che l’aria intorno a loro si era fatta decisamente pesante.
Non parlavano tra loro, si esercitavano e basta, ma Yuno si sentiva minacciata. E tensione iniziava ad accumularsi.
E Frisk la guardava in un modo che lei non sapeva definire, come se scrutasse la sua anima.
E i colpi iniziavano a farsi meno controllati, più brutali, più adatti al suo genere di combattimento.
E Frisk li schivava come se fosse decisamente semplice, come se fosse solo un divertente gioco.
Il primo ad accorgersi che qualcosa non andava esattamente come doveva fu Sebastian, che però rimase ad osservare, per niente deciso ad intervenire. Non era nel suo interesse.
Studiò la situazione pronto a riferirla il prima possibile al suo padrone.
Yuno iniziava ad avanzare sempre di più, Frisk indietreggiava schivando e mantenendo la posizione, sembrava volerla stremare.
E ci stava riuscendo.
Eccome se ci stava riuscendo.
Il respiro di Yuno si faceva sempre più affannato mano a mano che assestava un colpo dopo l’altro.
Si erano mosse così tanto che andarono a sbattere contro la schiena di Percy, che si scansò appena in tempo prima di ricevere una pugnalata alla schiena.
Finalmente i tributi iniziarono a rendersi conto che qualcosa non andava in quel combattimento.
-Percy, fa qualcosa- lo incoraggiò Annabeth, decisa ad interrompere le due ragazzine senza però sapere come.
Frisk ridacchiò leggermente, schivando l’ennesimo attacco, e approfittò di un punto scoperto per ferire molto superficialmente il braccio di Yuno, che subito la scrittrice si affrettò a curare, approfittando del suo essere onnipotente all’interno della storia.
La quattordicenne esplose, e iniziò a menare fendenti così violenti che tutti nella stanza indietreggiarono di scatto.
-Smettila di guardarmi così!- esclamò furente, mettendola all’angolo e preparandosi a farle male sul serio.
In qualche modo che nessuno dei presenti riuscì a spiegarsi, Frisk disarmò Yuno e la buttò a terra, premendole poi il coltello alla gola.
-Ho vinto!- esclamò contenta, con un grande sorriso, come se fosse solo un semplice e molto divertente gioco.
Prima che qualcuno potesse fare qualcosa, e quasi tutti quelli della sala volevano ad eccezione di Sebastian, dal petto di Frisk comparve un cuore rosso fluttuante, che divenne blu e la mandò a sbattere contro il muro, bloccandola lì.
Yuno si alzò di scatto per prendere il coltello e vendicarsi, ma un cuore, questa volta di colore viola, comparve anche dal suo petto, diventando blu e bloccandola però sul pavimento.
-Frisk, ti avevo detto che era meglio non venire in quest’area!- esclamò una voce seccata.
Tutti si girarono verso la voce, che apparteneva a Sans, con entrambe le mani sollevate in direzione delle due combattenti a terra e con l’occhio sinistro brillante di blu e giallo.
Era più inquietante del solito.
-Lasciami andare!- urlò Yuno con le lacrime di frustrazione agli occhi.
Sans eseguì, non prima di aver portato il coltello a distanza di sicurezza facendolo scivolare lungo il pavimento con un piede.
Poi si avvicinò a Frisk, e l’occhio luminoso e la magia che ancora la tenevano bloccata al muro risultarono parecchio minacciosi ai testimoni.
-Credi che qui ci sia un telefono azzurro da poter chiamare?- sussurrò Percy in direzione di Annabeth, che si porto una mano sulla fronte, scuotendo la testa senza credere alle sue orecchie.
-Scusa, Sans… mi stavo solo allenando- tentò di giustificarsi Frisk, alzando le spalle e abbassando la testa, senza guardarlo negli occhi.
Sans sospirò.
-Che non accada più, ok?- si fece promettere, lasciandola andare.
Lei sembrava parecchio pentita.
-Ma è Chara che…- provò a spiegarsi, Sans le diede le spalle scuotendo la testa.
-Non dare la colpa a Chara e tienila lontano dalla tua testa. Sei tu che scegli che cosa fare- disse, mettendo le mani in tasca e tornando nella zona magia.
Frisk lo seguì, silenziosamente e a testa bassa.
Yukki si avvicinò a Yuno, preoccupato per lei.
-Va tutto bene?- chiese, offrendole una mano per aiutarla ad alzarsi.
La temeva e la credeva una pazza stalker maniaca, ma l’aveva aiutato e protetto tantissime volte, e non poteva ignorarla quando era lei ad avere bisogno di aiuto.
Questa piccola attenzione le fece tornare immediatamente il sorriso.
-Oh, Yukki, ti preoccupi per me!- esclamò eccitata, e guardandolo con uno sguardo mille volte più innamorato del solito.
Era strano che a Yukki non venisse il diabete solo a guardarlo.
-Ti ha ferita per caso?- chiese, cercando di non sembrare che ci badasse troppo ma fallendo miseramente.
Entrambi guardarono il braccio, e notarono con sorpresa che era tutto normale.
-Chissà perché?- chiese Yukki, sorpreso.
Yuno gli lanciò un’occhiata languida, e il ragazzo si affrettò a lasciar perdere.
-Va bene, io vado ad esercitarmi a tirare con le freccette- la lasciò a se stessa, e andò nella sua specialità.
Light aveva osservato la scena con più interesse di chi l’aveva vissuta in prima persona.
Era stato tutto il primo giorno di allenamento solo ad osservare e farsi un’idea dei tributi.
Elsa era insicura di se stessa, facilmente manipolabile e decisamente incontrollata. Di certo aveva più a cuore l’interesse della sorella che il proprio, e sarebbe senza troppi problemi arrivata ad ucciderla pur di farla sopravvivere.
Anna insignificante, troppo fiduciosa e più interessata a farsi amici che non avrebbe mai mantenuto che alla sua sopravvivenza. Le possibilità che uccidesse qualcuno erano molto molto scarse se non inesistenti.
Dexter era molto più bravo di quanto desse a vedere, non avrebbe avuto il minimo problema ad uccidere pur di salvarsi e salvare la sorellastra. Ma non voleva che lei lo scoprisse, quindi poteva essere meno problematico di quando Light credesse.
Debra era una poliziotta con un grande codice morale, quindi Light non era molto sicuro di come avrebbe agito. Forse avrebbe fatto del male solo agli assassini o criminali, per mantenere una sorta di karma positivo. Sicuramente avrebbe ucciso per difesa, era improbabile però che andasse sull’attacco. Voleva proteggere Dexter quanto Dexter voleva proteggere lei. Erano l’uno il punto debole dell’altra.
Stesso discorso per Annabeth e Percy, che erano forse la squadra più temibile, ma non erano tipi da uccidere senza una ragione, soprattutto altri esseri umani, se non per difesa. Percy avrebbe fatto di tutto per Annabeth, poco ma sicuro.
Annabeth era forse la persona più intelligente lì dentro dopo di lui, quindi Light la temeva parecchio, così come temeva Seven, che però sembrava più innocuo.
Il problema di quella coppia era che sebbene Seven non sembrasse voler sopravvivere, avrebbe ucciso pur di proteggere MC, pur di sembrare un mostro ai suoi occhi.
La protezione della ragazza era tutto per lui, quindi se lei fosse morta subito lui sarebbe stato senza ombra di dubbio un bersaglio facile.
E lei non aveva dato prova di alcuna abilità particolare.
Sans era un pigrone dalla battuta facile e dai poteri incredibili che però, questo Light lo aveva capito non appena l’aveva visto, non avrebbe mai ucciso un innocente.
O almeno così sembrava.
Frisk era un punto interrogativo grande come una casa, Light non aveva minimamente idea di cosa diavolo fosse e cosa diavolo fosse in grado di fare.
Jack e Kate non erano temibili, ma erano da uccidere, perché era pressoché impossibile che morissero per cause naturali, e Kate aveva già ucciso qualcuno, Light lo aveva notato dal suo sguardo.
Jack invece non avrebbe mai ucciso, era un medico, non un assassino.
Ma in situazioni del genere chissà cosa si è disposti a fare.
Light sapeva già che lui e L avrebbero litigato dall’inizio fino alla fine e sperava che il compagno di squadra morisse il prima possibile.
Forse Light poteva utilizzarlo come scudo umano.
Ciel faceva completo affidamento sulle abilità di Sebastian, che erano allucinantemente strabilianti.
Era forse il tributo più temibile dei giochi, ma almeno aveva un peso morto appresso.
Ma non avrebbe esitato un secondo ad uccidere chiunque, uomo o bambino che fosse, si mettesse nella sua via.
Regina ed Emma erano forti, se la cavavano sia in magia che in combattimento. Regina non aveva una grande moralità ma aveva una compagna fin troppo buonista.
Joel ed Ellie non avrebbero avuto problemi ad uccidere, ma Ellie non sembrava volerlo fare più di tanto, soprattutto se si trattava di persone che non le sembravano cattive.
Per autodifesa sarebbero stati un gruppo decisamente temibile.
Dipper e Mabel erano decisamente spacciati in qualsiasi caso. Mabel era troppo buona e Dipper troppo incapace.
Yukki dipendeva da Yuno, che era un po’ il misto tra Seven e Sebastian nei confronti del suo compagno di squadra.
Light però aveva capito che per vincere, non c’era bisogno di abilità, ingegno o forza.
Bisognava conquistare una persona in particolare.
Come se stesse sentendo i suoi pensieri (ed effettivamente li stava scrivendo lei) la scrittrice comparve da uno schermo affianco a lui.
-Oh, Light, mi lusinga ma non pensarci nemmeno- disse ridacchiando.
Lui sobbalzò, e fece un sorriso conquistatore.
-Non so di cosa tu stia parlando- disse facendo il finto tonto.
-Senti, io ti adoro e ho sempre tifato per te. E lo so che la tua voce è una delle più belle del mondo, visto che è quella di Flavio Aquilone, ma ti darò un’informazione… anche Percy ha la voce di Flavio Aquilone. Pensa ad ottenere il favore del pubblico, non il mio- lo scoraggiò, facendolo innervosire.
Poi si rivolse ai lettori.
-E questo era tutto per il capitolo. Volevo mettere entrambi i giorni di allenamento ma credo che metterò solo questo. Volevo chiedervi, ci sarebbe un altro giorno di allenamento da scrivere, ma secondo me si andrebbe a perderci. Penso che ormai abbiate conosciuto abbastanza i tributi, e avrete sia la sessione privata con gli strateghi sia le interviste, quindi altri due capitoli prima dei giochi. A voi la scelta: un altro capitolo così che rischia di essere noioso o passiamo già alle cose più interessanti? Ah, e come procede la storia, vi piacciono le alleanze e le rivalità? Vorreste più spazio per alcuni personaggi? Avete altre domande per l’intervista? Fatemi sapere con una recensione. Vi aspetto numerosi- fece un occhiolino ai lettori, e tutto si spense.
   
 
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