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Autore: vero511    23/01/2017    1 recensioni
Ellie Wilson 24 anni, appena arrivata a New York insieme alla sua gioia più grande: il figlio Alex. Lo scopo della giovane è quello di ricominciare da zero, per dare la possibilità ad Alex di avere un futuro diverso dal passato tumultuoso che lei ha vissuto fino al momento del suo trasferimento. Quale occasione migliore, se non un prestigioso incarico alla Evans Enterprise per riscattarsi da vecchi errori? Ma Ellie, nei suoi progetti, avrà preso in considerazione il dispotico quanto affascinante capo e tutte le insidie che si celano tra le mura di una delle aziende più influenti d’America?
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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ZACK’S POV
Credo che poche cose facciano soffrire più delle menzogne, in particolar modo se queste escono dalla bocca di persone care. Ellie mi ha mentito, mi infastidisce per principio, ma più che altro mi incuriosisce dato che non comprendo il motivo di ciò; ma sapere che Arthur mi ha mentito, questo no, non lo accetto. Cammino a passo svelto verso il suo negozio, un luogo dove mi sono sempre sentito a casa, o almeno fino ad ora. “Oh Zack! Che piacer-“ “Zitto! Ora ascoltami attentamente. Come conosci Ellie Wilson?” “Zack, innanzitutto calmati e non usare questo tono con me”. Nonostante le sue parole siano severe, dalla sua voce e dal suo portamento non traspare nulla: è calmo come lo è sempre stato. Ricordo che quando ero più giovane e avevo uno spirito decisamente più ribelle, lui era l’unico a non rimproverarmi per i miei scherzi. Rideva con me e si congratulava per il mio ingegno. Un giorno mi disse di provare a trasmettere la mia creatività in modi alternativi, come ad esempio l’arte. Allora non ero che un ragazzino pressato dal desiderio del padre di diventare un uomo d’affari e che aveva solo voglia di infrangere un po’ le regole. Arthur mi ha dapprima fornito un luogo fuori dalle mura domestiche dove poter essere me stesso e successivamente è diventato il mio mentore. Mi ha insegnato le basi della pittura e ha fatto sì che il mio talento nascosto potesse scaturire. Da quel momento l’arte è sempre stata una valvola di sfogo, in particolar modo a seguito del divorzio dei miei genitori: non sono mai stati particolarmente presenti o attenti, ma potrei affermare che non mi è mai mancato nulla. Ho avuto un’infanzia serena e ricca. Mia madre era in grado di sciogliere il gelo che attanagliava spesso lo sguardo di mio padre e i due parevano formare una bilancia in perfetto equilibrio. Ancora oggi mi domando quali siano state le cause della rottura di quella stabilità.

“Calmarmi? Dimmi la verità e io mi calmerò” inizio ad abbassare il tono di voce, così che l’uomo sia maggiormente predisposto a rivelarmi ciò che desidero sapere. “Io non conosco Ellie Wilson. È semplicemente venuta nel mio negozio come fanno tutti i clienti. Aveva bisogno di un consiglio per fare un regalo ad una cugina e si è trattenuta a lungo, motivo per cui so giusto giusto il suo nome”. Non so perché, ma non riesco ad essere del tutto convinto. “E il bambino?” Continuo ad indagare. “È suo figlio. Ha avuto un breve imprevisto e mi ha chiesto di tenerlo per qualche minuto”. Non comprendo il senso di tutto, la storia non mi quadra. Per quale motivo una giovane ragazza- madre dovrebbe lasciare suo figlio, anche se solo per poco tempo, alle attenzioni di un uomo che a mala pena conosce? Ellie non mi sembra il tipo: accurata com’è sul lavoro, lo sarà sicuramente anche in ambito famigliare e ho visto quanto è legata ad Alex, non commetterebbe mai un’imprudenza simile. “Capisco” mi limito a dire a seguito delle mie riflessioni. “Un’ultima cosa” ritorno sui miei passi prima di lasciare definitivamente questo luogo, dove non credo tornerò per lungo periodo. “Perché mi hai mentito e mi hai detto che il bambino era di una vicina?” mi osserva colpevole e abbassa il capo in cerca di una spiegazione. Solitamente si dice quando l’allievo supera il maestro, beh avrei preferito affermare la mia supremazia in altri ambiti, anziché cogliere il mio mentore con le mani nel sacco. “Io…” è in evidente difficoltà e per oggi non voglio più infierire su nessuno dei due. “Ci vediamo Arthur” gli volto rapidamente le spalle e mi faccio strada tra il calore del negozio che sembra riuscire a riscaldare solo le mie gote e non più anche il mio cuore, come invece faceva fino a poco fa.

“Ehi Matt!” biascico al telefono. “Zack? Stai bene?” sembra preoccupato. “Una favola amico! Vieni da me, sono avanzate un paio di birre…o forse è una sola… in ogni caso affrettati, o finirà anche quella” scoppio in una fragorosa risata senza motivo e mi butto di peso sul divano. All’altro capo del cellulare, sento Matt scusarsi con qualcuno e avvisarmi che sta arrivando. Sono proprio curioso di sapere se anche lui mi ha detto qualche menzogna negli ultimi tempi. Anche se, in realtà, il mio piano originale non prevedeva che io intraprendessi una lunga e profonda conversazione con una, due, tre e chi più ne ha più ne metta, bottiglie di birra. Avevo intenzione di affrontare il mio migliore amico a mente lucida, ma il dispiacere che Arthur mi ha provocato è stato troppo grande da sopportare. Non solo mi ha mentito giorni fa, ma ha continuato a farlo e guardandomi negli occhi per giunta.  Una parte lucida e razionale di me, mi ha portato a credere che potesse esserci sotto una buona giustificazione che per qualche assurdo motivo non poteva rivelarmi in quel momento, ma suppongo che questa mia teoria sia annegata con più rapidità del mio risentimento.

“Zack era dai tempi prima del college che non ti ubriacavi, che diavolo è successo?” Mi posa una mano sulla spalla con fare fraterno ed io, in una maniera molto confusa e quasi incomprensibile, cerco di spiegargli tutto ciò che è accaduto nelle ultime ventiquattro ore. Lo vedo prendere il telefono e comporre rapidamente un numero. Sto in silenzio e ascolto ciò che dice, dato che il mio pensare frenetico alla disperata ricerca di una soluzione logica a tutte le bugie dette sembra essersi finalmente acquietato. “Pronto? Jennifer, sono io. Scusa il disturbo, volevo avvisarti che Ellie sta bene, ma ha perso il telefono e non ha potuto avvisarti.” Fa una pausa durante la quale suppongo stia parlando la segretaria dall’altro capo. Quando sarò più lucido dovrò ricordarmi di domandare a Matt da quanto quei due sono così in sintonia. “Ora non posso spiegarti, ti chiamo domani.” Attacca la chiamata e mi osserva con attenzione. “Senti, non credo di aver capito esattamente tutto, però ho compreso che Arthur ti ha mentito e questo ti ha fatto star male. Ma non mi sembra il caso di arrivare a questo punto, insomma, dovresti sapere che ubriacarsi non è la soluzione. E dovresti anche aver imparato la lezione da vecchie esperienze.” Il suo tono non è di rimprovero, ma solo compassionevole e il suo sguardo sembra perso nei ricordi. Ha ragione, dovrei aver imparato da qual giorno…

Flashback
Avevo recentemente fatto domanda ad una scuola d’arte della città e quel giorno ricevetti la fatidica lettera di ammissione. Fu una gran gioia per me. Mi recai nell’ufficio di mio padre per dargli la notizia e non ricevetti alcun complimento, anzi, si limitò a dirmi che tutto ciò era inutile e che disegnare non mi avrebbe di certo permesso di mantenermi. Così, preso dallo sconforto, nonostante prevedessi già la reazione di Christopher, telefonai a mia madre da cui speravo di ottenere il sostegno di cui avevo bisogno. Non rispose. Mi dissi che non importava, che non avevo davvero la necessità di congratulazioni e concessioni di conseguenza tornai in camera mia dove restai fino a sera. Ricevetti una telefonata da Lilian e mai scorderò le sue parole: “Ciao caro, ho saputo dell’accademia di arte…sono contenta che tu sia riuscito ad ottenere un posto, ora che hai dimostrato a te stesso che potevi vincere, puoi smettere di giocare.” Ero frastornato, non riuscivo a capire in nessun modo il senso di ciò che aveva detto, o almeno, non in quel momento. Solo qualche anno dopo compresi che se mia madre era riuscita a sposare un uomo come mio padre, significava che in realtà non erano poi così diversi l’una dall’altro. Quando la chiamata finì, andai nel salotto di casa e solo, terminai le scorte di whisky che Christopher teneva nell’armadietto accanto alla finestra. Fu la prima volta in cui mi ubriacai: distrussi tutti i bicchieri di cristallo, i servizi da the, le foto di famiglia; rovesciai il tavolo, mi ferii ovunque con i vetri rotti e piansi.
Mio padre mi mise in punizione, ma a me non importava perché in cuor mio, decisi che appena ne avessi avuta l’opportunità, avrei deciso io cosa fare della mia vita e non avrei dato la possibilità a nessun altro di distruggere i miei sogni.
Fine flashback

“Credo di dover vomitare” tutti questi ricordi mi hanno fatto venire la nausea e l’alcool che ho in circolo sicuramente non aiuta. “Okay, ti porto in bagno. Cerca di trattenerti, se vomiterai sul divano in pelle non riuscirai più a guardarti allo specchio”  ridacchia Matt mentre cerca di sollevarmi. “Stai facendo dell’ironia mentre sto male?” “Se te lo sei cercato, direi che posso fare tutta l’ironia che voglio”. Sto per rispondere a tono, ma un conato mi sconquassa e ci apprestiamo in una rapida corsa. Domani sarà un risveglio traumatico.

La mattina seguente
“Buongiorno raggio di sole! È il momento di alzarsi e darsi una bella rinfrescata!” Matt mi perfora i timpani e la sua voce rimbomba nella mia testa in modo infernale. Le tende vengono spalancate e un tuono mi fa sobbalzare. “Ammettilo, ti aspettavi un sole accecante” mi fa l’occhiolino mentre lo fulmino con lo sguardo. “Ti conviene alzarti e preparare un caffè come si deve per entrambi se non vuoi che io dia fuoco alla tua meravigliosa e costosissima cucina”. Sbuffo sonoramente ed eseguo i suoi comandi, per poi andare a farmi una doccia veloce. “ Aspirina per te, se in cambio mi prepari uova e bacon” il suo sorriso mi infastidisce, esattamente come la sua iperattività. "Spero tu stia scherzando” mi accascio su uno sgabello della penisola e sorseggio il liquido amaro. “Assolutamente no! Sei in debito con me”. Non ha tutti i torti, non sono molti gli amici che ti stanno accanto mentre riversi l’anima in una tazza di ceramica dopo esserti ubriacato come un ragazzino. “Ma certamente Matty, vuoi che paghi il mio debito in altri modi?” Mi avvicino con aria maliziosa e imitando un tono da femminuccia. “Quanto sei idiota!” Mi spinge lievemente e gli scoppio letteralmente a ridere in faccia. “Andiamo Matty, perché non mi chiedi di sposarti, così posso prepararti tutti  i pranzetti che vuoi” continuo a sbeffeggiarlo. Finalmente ride anche lui e dopo una sostanziosa colazione, lo ringrazio come si deve per la sera precedente. “Zack?” “Mm” siamo riversi sul divano a guardare una noiosa partita di calcio, senza reale interesse. Mi ha costretto a prendere almeno la mattinata libera e non ho potuto in alcun modo replicare. “Potresti spiegarmi esattamente cosa è accaduto ieri, magari senza sbiascicare o interromperti ogni tre parole?” Così, dopo aver spento la televisione, mi appresto a raccontare di Arthur ed Ellie.
“Mi hai mai mentito?” domando infine. Siamo entrambi persi nei nostri pensieri, ma ciò non gli impedisce di rispondermi nel modo più diretto e sincero possibile. “Sai che non lo farei”. E non mi serve altro. Gli credo. Ho un grande amico che è dalla mia parte, per il momento va bene così. Per quanto riguarda Ellie, mi toccherà andare a fondo alla questione e, a tal proposito, ho già in mente un piano.  



-N/A-
Buonasera ragazze! Come probabilmente avrete capito, questo è solo un capitolo di passaggio. So che non è il masismo, ma è necessario alla storia. A tal proposito, vi consiglio di prestare attenzione ad alcuni dettagli che serviranno più avanti. Spero comunque che il capitolo vi piaccia. Un bacio.
  
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