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Autore: DreamerGiada_emip    25/01/2017    1 recensioni
Una nuova sposa sacrificale giunge nella villa Sakamaki, il profumo dolce del suo sangue fa impazzire subito i vampiri. Eppure lei è diversa da tutte le spose precedenti: i suoi occhi azzurro ghiaccio sono taglienti lame, i lunghi capelli corvini spargono il suo profumo facendo risaltare maggiormente il candore del suo fiso e il colore dei suoi occhi. È una giovane ribelle senza alcuna intenzione di lasciarsi sottomettere. Chi ha il comando della situazione dunque? I vampiri ammaliati dalla misteriosa e provocante bellezza di lei, ma famelici del suo sangue, oppure la fanciulla attratta da quei ragazzi, ma con un carattere orgoglioso e strafottente?
In tutto questo, lei nasconde un segreto, un segreto di cui nemmeno lei stessa è a conoscenza. Nella lussuosa villa dei Sakamaki, verrà portato alla luce un mistero che forse sarebbe stato meglio se fosse rimasto nell'ombra.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Angel, Demon or Human?'
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Osservo attentamente come sono conciata non appena esco dalla stanza. Dopo questa, ti lancio in un barile di acido Shu! Sbuffo sonoramente e cerco di asciugarmi al meglio per non gocciolare in giro, Reiji mi scuoierebbe viva in quel caso. Corro in camera mia, fortunatamente senza scrociare nessuno. La prima cosa che faccio è cambiarmi immediatamente mettendomi qualcosa di asciutto, fra poco probabilmente ceneremo. Bevo d’un fiato il succo di mirtilli che ogni giorno trovo sul mio comodino, oggi quando mi sono svegliata me ne sono completamente scordata. Osservo l’ora: 6.45, devo proprio scendere, prima che a Reiji venga la brillante idea di venirmi a recuperare. Corro giù per le scale e per poco non vado a sbattere contro Ayato.
 
«Ops, scusa» sorrido andando avanti scendiamo insieme e raggiungiamo la sala da pranzo dove già gli altri ci aspettano.
 
«Incredibile, sei in orario, stavo già per venirti a chiamare e farti un bel discorsetto sul concetto di “puntualità”, ragazzina» mi accoglie Reiji. Vado di fronte al mio posto e lo osservo alzando gli occhi al cielo.
 
«Sempre così simpatico, Reiji, sai dovresti provare qualche massaggio per rilassarti, così potresti diventare un po’ più accomodante» gli faccio un sorrisetto come scherzosa presa in giro e lui mi guarda male, solita routine. Ci sediamo tutti insieme e nel più completo silenzio iniziamo a mangiare, Kanato sta rompendo con la forchetta dei piccoli biscotti ridendo da pazzo e facendo un gran frastuono sbattendo il metallo sulla ceramica. Le cene sono sempre così, ci ritroviamo tutti qui, mangiamo in un silenzio tombale, poi ci alziamo e ce ne andiamo ognuno per i fatti suoi. Non vanno per niente d’accordo.
 
Subaru è il primo ad alzarsi e andarsene, seguito da Shu. Io come al solito aspetto tutti per fare un favore al maniaco dell’etichetta Reiji. Ce ne andiamo anche io e Reiji, quando gli altri sono usciti. Vorrei cambiare tutta questa monotonia, fare due chiacchiere a tavola, ma loro non sembrano per nulla d’accordo. Me ne vado nella mia stanza, decisa ad ascoltare un po’ di musica prima di andare a dormire. Infilo immediatamente le cuffie e subito vengo travolta dalla musica assordante. “Feel Invincible” degli Skillet mi attraversa la membra simile a una scosse elettrica.
 
«Ci voleva una canzone simile» dico prima di intonare insieme al cantante le parole della canzone. Inizio a ballare per la camera facendomi guidare interamente dalla sinfonia. Dà una carica pazzesca, non puoi fare a meno di sentirti esaltato ascoltando qualsiasi loro canzone. Spalanco la porta-finestra uscendo in terrazza senza smettere di cantare.
 
«Shot like a rocket up into the sky,
nothing could stop me tonight.
You make me feel invincible.
Earthquake, powerful.
Just like a tidal wave,
you make me brave…»
 
Il mio sguardo scende verso l’ampio giardino di rose e smetto di cantare non appena vedo Kanato che cammina tra di esse stringendo al petto il suo orsetto e nell’altra mano un mazzo di rose. Si avvia verso un’area del giardino che non ho ma visto, subito la curiosità mi cattura. Dove starà andando?
 
«Lilith, non fare l’impicciona» mi rimprovero a voce bassa, ma quando lo vedo scomparire in un corridoio di cespugli, inizio a camminare svelta fuori dalla porta della mia stanza. «Dannata curiosità» corro fuori di casa furtiva e silenziosa, mi sento una ladra. Quando esco in giardino faccio attenzione che non ci sia nessuno in giro e seguo Kanato per il corridoietto semi-nascosto. L’aria ghiacciata mi gela le braccia nude, le strofino forte cercando di riscaldarmi almeno un po’. Kanato è poco distante da me, fermo di fronte alla porta di una piccola struttura. Resto nascosta osservando l’ambiente da lontano. L’edificio è circondato da tante tombe, è abbastanza inquietante, ma Kanato sembra sentirsi a suo agio qui in mezzo.
 
Resta così per una manciata di secondi, poi spinge la porta ed entra lasciandola socchiusa, dentro la luce è davvero tenue. Aspetto qualche attimo per essere sicura che non torni fuori, poi mi avvicino veloce muovendomi con estrema cautela. Affaccio il viso alla porta, ma non lo vedo. La porta si apre improvvisamente scoprendomi e Kanato è poco distante da essa che mi osserva serio.
 
«Davvero credeva che non l’avremmo sentita arrivare? Eh Teddy?» si rivolge all’orsetto, io lo guardo un po’ imbarazzata.
 
«Scusa, è che ti ho visto allontanarti ed ero curiosa di sapere dove stessi andando» rispondo passandomi nervosa una mano tra i capelli, li tiro leggermente, mentre lui non toglie gli occhi da me.
 
«Entra, ti faccio vedere» mi invita ad avanzare con un gesto della mano. Entro guardandomi intorno, la struttura è un semplice corridoio, più avanziamo più la luce aumenta, fino a vederci perfettamente. Ai lati del corridoio sono esposte una serie di statue di cera su dei rialzi, come fossero vere e proprie opere d’arte. Sono tutte donne e tutte vestite da sposa bouquet stretto tra le mani compreso, tutte molto belle.
 
«Questi sono i miei tesori» mi spiega Kanato indicando le ragazze, lascia il mazzo di rose su un altare in fondo al corridoio. «Chissà che un giorno non sarai anche tu tra loro…» lo sento sussurrare e immediatamente i miei occhi saettano verso di lui allertati da quella frase.
 
«Cosa vuoi dire?» assottiglio lo sguardo, quando lui non risponde voltandosi verso di me con un sorriso sadico per spiegazione, io inizio a guardare ogni statua con più attenzione. Sono davvero molto dettagliate, persino i capelli sembrano poter svolazzare al minimo soffio di vento, in un attimo capisco: quelle statue, quelle statue che io credevo fatte di cera sono le ragazze arrivate in questa casa prima di me. Mi volto di nuovo verso Kanato, ma lui mi è già addosso buttandomi a terra.
 
«Siete pazzi!» gli urlo in faccia direttamente con rabbia. Lui mi tiene le braccia inchiodate al pavimento gelato. Si avvicina al mio viso con quel sorrisetto malato in faccia.
 
«Gli altri non c’entrano, ho fatto tutto io, ti piacciono le mie bamboline? Anche Teddy pensa che ci staresti benissimo anche te insieme a loro, ti tratterei bene, cercherei degli occhi di vetro dello stesso identico colore dei tuoi, resteresti per sempre giovane qui con me» lo guardo con quasi disgusto. La mascella serrata insieme ai pugni talmente forte che fanno male.
 
«Per sempre giovane sì, ma non più viva» sibilo, solo il patto mi trattiene dal liberarmi di lui con una ginocchiata. In fondo è solo un ragazzino. Ma non posso, devo sopportare.
 
«Perché non vuoi restare con me? Ti tratterei da regina» passa una mano tra i miei capelli tirando in su e districando alcuni nodi. «A tutte le ragazze piacciono queste cose, no?» chiede a quel punto inclinando la testa di lato.
 
«Io non sono “tutte”» rispondo in un ringhio inviperito. Sento la vena sulla tempia iniziare a pulsare per l’arrabbiatura che sta crescendo in me. Volto la testa di lato in uno scatto, mettendo in mostra la curva del collo.
 
«La ragazze non vogliono un bacio prima di essere accontentate?» chiede con una strana voce da bambini. Io gli lancio un’occhiata.
 
«Primo: non sono felice che tu mi morda quindi non è un “essere accontentata”… secondo: prova anche soltanto a sfiorare le mie labbra con le tue e ti giuro che non vivrai abbastanza per raccontarlo!» la mia voce è tagliente come la lama di un rasoio. La mia minaccia gli fa perdere il sorriso facendogli trasformare gli occhi in uno strano stato apatico.
 
«Non sei molto gentile» dice mentre la presa delle sue mani sulle mie braccia si stringe come una morsa. Lo guardo e rispondo a denti stretti.
 
«Quando riceverò gentilezza, donerò gentilezza, dare per ricevere, non te l’hanno mai insegnato?» lui non dice più niente e per secondi, forse minuti, restiamo a fissarci negli occhi nel più completo silenzio. Poi lui si abbassa fulmineo verso di me e morde con forza il mio collo, il mio corpo reagisce di conseguenza: i pugni si stringono, la mascella si serra e gli occhi si chiudono. La vita scorre fuori dal mio corpo talmente veloce che mi fa girare la testa, le sue emozioni si sovrappongono. Solitudine, follia, sadismo, ossessione. Di questo passo mi dissanguerà nel giro di pochi minuti.
 
«Kanato, anche se ho promesso di non ribellarmi ai vostri morsi, ciò non significa che lascerò che tu mi uccida» lo avverto pronta a tirargli una forte ginocchiata e a sfuggire dalla sua presa, nel caso ci fosse stato bisogno. Lui non risponde e continua a prendere grossi sorsi del mio sangue, sembra che non riesca più nemmeno a staccarsi. Dopo ancora qualche attimo di sofferenza si stacca, io ormai vedo sfocato e le palpebre pesano davvero tanto. Ma non voglio svenire qui, non con lui, non voglio sapere cosa potrebbe fare mentre io sono priva di sensi. Kanato non guarda più me, ma un punto distante lungo il corridoio. I miei occhi si chiudono.
 
∞∞∞
 
Ricorda chi sei. Non appartieni a questo mondo, Lilith. Ricorda. Ricorda tuo padre. Ricorda il tuo vero mondo. Ricorda la tua stirpe. Ricorda le tue origini. Lilith. Tu non appartieni a questo mondo. Lilith… Lilith… Lilith…
 
Mi sveglio di soprassalto. La fronte imperlata si sudore, gli occhi sbarrati e il respiro spezzato. Cos’erano quei sussurri? Appoggio una mano sul mio petto e sento il rimbombo del mio cuore. Cerco di mandare giù il groppo che mi si è formato in gola, ma niente. Sono nella mia stanza, prima di svenire ricordo lo sguardo di Kanato puntato verso l’ingresso di quello strano posto pieno di ragazze imbalsamate, da brivido. Incredibile che lui mi abbia riportata qui, mi aspettavo di risvegliarmi là dentro completamente sola. O nel peggiore dei casi non risvegliarmi affatto. Sento il sangue colato dalle ferite che si è seccato sulla mia pelle.
 
«Che scocciature, inizia a essere stressante stare dietro a questi sei vampiri, ogni giorno vengo ridotta al minimo» borbotto andando in bagno per togliermi dal collo le tracce di sangue lasciate da Kanato. Quando torno nella stanza, noto per terra vicino alla finestra un oggettino che luccica sotto i raggi lunari. Mi avvicino e lo raccolgo. È una chiave d’oro infilata in una sottile cordicella, mi è familiare. La rigiro tra le mani e mi accorgo che la cordicella è strappata, come fosse stata rotta con la forza. Mi viene in mente dopo pochi attimi in cui la osservo a chi appartiene. È di Subaru, la porta sempre al collo. Sfilo lo spago nero ormai strappato e vado a frugare tra le mie cianfrusaglie, trovo una catenella d’argento con appeso un mio vecchio cristallo blu che tenevo da bambina, tolgo il mio ciondolo e lo ripongo nel cofanetto, al suo posto infilo la chiave. Sto per mettermela in tasca appuntandomi mentalmente di restituirgliela non appena lo vedo, ma poi un’altra idea mi attraversa la mente. Mi infilo la collana al collo e mi guardo allo specchio.
 
«Cosa ci faceva la sua chiave in camera mia?» mi chiedo osservando i riflessi dell’oggetto in questione. Sorrido inconsciamente ed esco dalla mia stanza per scendere per la colazione, dopo aver bevuto il solito succo di mirtilli. Salto sulla ringhiera delle scale e scivolo giù come una bambina.
 
«Buongiorno a tutti» esclamo con un sorriso spalancando le porte della sala. Sei paia di occhi mi puntano immediatamente, sorpresi della mia entrata rumorosa. Mi accomodo al solito posto, tra Ayato e Kanato.
 
«Dopo colazione preparati, andiamo a scuola» dice immediatamente Reiji. Io annuisco e subito dopo lancio un’occhiata al collo di Subaru, non ha la collana. Mi chiedo quanto ci metterà ad accorgersene.
 
«Mi chiedo cosa si studia nella vostra scuola, la scorsa volta non sono riuscita a scoprirlo» lancio un’occhiata allusiva a Raito che risponde con un occhiolino e l’immancabile sorrisetto malizioso. «Insomma dubito che sia come quella umana» aggiungo guardandoli uno per uno. Stanno tutti zitti, tranne Reiji che mi risponde professionale.
 
«La maggior parte delle discipline sono alquanto differenti dalle vostre ovviamente, ma materie come filosofia, latino e poche altre sono le stesse» comincia a mangiare tranquillo. Mugugno frustrata.
 
«Latino? Dovrò davvero studiare latino? Oh no…» sollevo gli occhi al cielo in un chiaro segno di disperazione. Guardo gli altri, non sembrano interessati a mettere su una conversazione.
 
«E pretendo ottimi voti» dichiara Reiji irremovibile. Poi anche lui lancia un’occhiata di rimprovero verso i fratelli. «Al contrario di altri» aggiunge con irritazione nella voce. Cerco di spostare l’argomento su altro.
 
«Dopo la scuola, ho bisogno di un’altra lezione di combattimento» cambio discorso mordendo un muffin alla crema. Vedo Raito aprire la bocca per dire qualcosa, ma subito lo blocco. «Non da te, mi hai già addestrata abbastanza! Shu, Reiji, Subaru, Ayato, Kanato?» li chiamo tutti mentre Raito sbuffa. In quel momento vedo gli occhi di Subaru puntarsi sul mio collo.
 
«Quella è la mia chiave» esclama osservandomi con occhi di fuoco. Faccio un sorrisetto. Era ora Subaru, ce ne hai messo di tempo. Decido di fare la finta tonta.
 
«Ah davvero? Era per terra in camera mia, dunque è a te che appartiene» la rigiro tra le mani, lui subito tende una mano verso di me con il palmo verso l’alto.
 
«E vorrei riaverla indietro» dice con una voce cupa, i suoi occhi scrutano nei miei in cerca delle mie intenzioni. Gli sorrido e mi sfilo la collana.
 
«Te la ridò, sì» la avvicino facendo penzolare il ciondolo sopra il suo palmo, ma non appena lui chiude la mano per prenderla, io la allontano con uno scatto veloce. «Se tu mi farai da insegnate nel combattimento questa sera» lui ritira la mano e ci scambiamo sguardi elettrici. Nei suoi occhi leggo una certa curiosità per il mio modo di fare. Gli sorrido osservandolo tra le lunghe ciglia nere. Imparerai a conoscermi, Subaru. Che i giochi abbiano inizio.

 
   
 
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