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Autore: Lamy_    27/01/2017    0 recensioni
[Eddie Redmayne]
[Eddie Redmayne]Essere diversi è un bene, e questo sia Eddie che Venere lo hanno capito quando si sono incontrati.
La storia di un amore difficile, coinvolgente, diverso.
Leggete per sapere com'è finita!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PARTE SECONDA: Fa quasi male, fa quasi amore.
 
« L’amore? Non so. Se include tutto, anche le contraddizioni e i superamenti di sé stessi, le aberrazioni e l’indicibile, allora sì, vada per l’amore. Altrimenti, no. »
(Frida Khalo)
 
 
Quattro mesi dopo:
Anche quella mattina Venere era in ritardo. La sera precedente era rimasta sveglia fino a tardi per correggere un manoscritto, il che le aveva costato un gran fatica, e si era addormentata intorno all’una. Fortunatamente quella mattina di primavera era mite, l’aria era dolce e fare quattro passi a piedi non le dava fastidio. Tornare in ufficio dopo aver lavorato su un set cinematografico era stato strano e destabilizzante. La routine all’inizio le sembrava qualcosa di troppo assurdo e monotono da riprendere, ma col passare del tempo si era abituata di nuovo. Alicia aveva mantenuto la promessa: prima delle vacanze di Pasqua, si erano incontrate e avevano trascorso il fine settimana in un centro benessere. Ma Alicia non era l’unica con cui era rimasta in contatto, aveva intrattenuto uno scambio di mail e messaggi con Eddie per i primi tempi, poi erano passati alle chiamate e a Skype. Trascorrevano serate intere a parlare attraverso uno schermo, a spedirsi libri, ma non avevano avuto occasione di vedersi. Alla fine Venere si era convinta ed ogni giorno diventava sempre più consapevole: era innamorata di Eddie. L’argomento non era mai stato accennato, perciò farsi illusioni che anche lui ricambiasse era inutile e controproducente. Arrivata in ufficio, Sarah l’accolse con un’espressione disgustata.
“Buongiorno, Sarah. Va tutto bene?”
“Il nuovo pupillo del direttore vuole prendere il tuo posto, l’ho appena origliato. Tu non puoi andartene!”
Venere cinse le spalle della segretaria con braccio e la condusse verso la macchinetta del caffè. Sarah era una donnina di cinquanta anni dalla minuta corporatura, portava i capelli in uno chignon ordinato, indossava sempre un cardigan, e lavorava in quello studio da anni per mantenere i suoi figli all’università.
“Adesso bevi un bel caffè, mentre io vado a sedermi alla mia sedia. Se e quando quello stronzo del direttore vorrà licenziarmi, io sarò pronta a dirgliene quattro. Andrà tutto bene, vedrai.”
“Cerco Venere Anderson.” Disse una voce dal corridoio, e Venere si accinse ad incontrare l’esordiente scrittore. Mike Peterson era uno squattrinato e scansafatiche, ma aveva uno stile limpido e scorrevole.
“Mike, andiamo nella mia stanza.”
Quando si chiusero la porta alle spalle, Venere offrì una tazza di caffè al ragazzo. Si sedette e accese il computer.
“Hai letto libro? Che te ne pare?”
“Mike, il libro è colmo di errori che ho dovuto correggere. Non so proprio come tu lo abbia scritto. Però, e lo dico con stupore, il contenuto è buono e può fare presa sul pubblico. Di solito le storie d’amore risultano scialbe e sdolcinate a livelli diabetici, ma tu hai fatto un buon lavoro. Mi piace il fatto che la relazione tra Samantha e Philip finisca in modo tragico, che entrambi prendano strade diverse, perché sottolinea quanto si amino.”
Mike esultò, quasi gli cadde la tazza a terra, e fece un inchino. Venere sospirò.
“Aspetta a gioire. La grammatica non è il massimo e le parole si ripetono troppo spesso, perciò vorrei che ci lavorassimo insieme per correggere questi errori prima di pubblicarlo. Ci vorranno almeno altri sei mesi di lavoro.”
“Accetto. Non voglio che il libro venga stampato con le tue modifiche, perché io l’ho scritto ed io voglio correggerlo.”
Venere sorrise compiaciuta, era sempre una vittoria convincere qualcuno a farcela da solo. Tirò il busto verso lo schienale della poltrona e controllò quali impegni avesse per la settimana prossima. Tra le pagine spuntava un foglietto, un post-it, giallo su cui era scarabocchiato qualcosa: era il numero di Eddie, glielo aveva scritto di fretta il primo giorno di set. Venere lo richiuse e lo mise in borsa, dal momento che divulgare il numero telefonico di un attore era scorretto.
“La settimana prossima sono libera di giovedì e venerdì. In questi giorni cerca di rivedere da solo gli errori, poi li ricontrolliamo insieme. Ci vediamo giovedì alle 10.00!”
“Ho sentito dire che Fox vuole farti fuori.” Disse Mike senza peli sulla lingua. Adesso che la voce sembrava essere girata, anche Venere temeva che fosse vero.
“Cos’altro hai sentito dire?”
“Pare che il direttore abbia promesso il tuo posto ad Helen Marshall, la figlia del Giudice. Entro fine mese ti faranno fuori, secondo me.” Mike fece spallucce e rubò una penna dalla scrivania di Venere per poi metterla in tasca.
“Ti prometto che riuscirò a pubblicare il libro prima che mi licenzino. Tu pensa ad un titolo decente e agli errori, del resto me ne occupo io.”
Venere fece un cenno per invitare gentilmente Mike ad andarsene, e lui senza dire altro la lasciò da sola. Qualche minuto dopo entrò Sarah con un vassoio di cioccolatini.
“Ne vuoi uno? Il cioccolato ti metterà di buon umore.” Tentò la vecchia segretaria con fare bonario, ma ormai Venere si era rabbuiata e il cioccolato non poteva aiutarla.
“Sembra proprio vero che Fox voglia buttarmi fuori. Credevo che aver lavorato per un film aiutasse la mia situazione, invece non è così. Sono abituata a pubblicare i miei libri con la nostra casa editrice, adesso ci vorranno mesi perché qualcun altro accetti di aiutarmi.”
“Sei troppo brava e tutti vorranno averti, ne sono certa. E poi, è tutto da vedere. Forse ti assegnerà qualche nuovo incarico. Sei preziosa per lui e a Fox interessa fare soldi. Adesso sorridi e prendi un cioccolatino!” la positività di Sarah fece sciogliere la rabbia di Venere e la fece sorridere. All’improvviso il suo cellulare prese a squillare. Tastò la tasca della borsa e lesse il nome sullo schermo: Eddie. Aprì la chiamata in un secondo.
“Ciao!” disse quasi senza fiato, come se avesse corso a lungo e adesso le mancasse l’aria.
“Ciao a te! Dove sei?”
Sentire la voce di Eddie, così allegra e rilassata, la fece calmare a sua volta.
“Sono in ufficio. Tu? In quale grande città stai girovagando?”
Sarah le fece l’occhiolino e le lasciò la privacy giusta, posando un cioccolatino sulla scrivania. Lui ridacchio, e in sottofondo si udì il rumore insistente di un clacson.
“Sono tornato a Londra ieri sera. Ho dormito dai miei genitori e in giornata conto di tornare a casa mia.”
A quelle parole gli angoli della bocca di Venere si indurirono, socchiuse gli occhi e trattenne un sospiro. Ci rimase male del fatto che lui fosse tornato e non l’avesse avvisata, però cercò di non farlo notare.
“Bene, sono contenta per te. Oggi a Londra è una bella giornata, perciò goditi il sole e la città. Devo sbrigare alcune cose. Ci sentiamo.”
“Perché dovrei godere del sole quando ad un metro da me c’è una bellissima donna con indosso un vestito bordeaux ?”
Venere si accigliò, con lo sguardo seguì il proprio corpo ed era lei che indossava un vestito di quel colore. I suoi occhi vagarono fuori dalla sua porta: Eddie era in piedi accanto all’entrata, chiuse la chiamata e la salutò con la mano. Venere gli corse incontro e si bloccò a pochi centimetri da lui. Stava con le braccia spalancate e nella mano destra teneva un mazzo di rose arancioni, le sue preferite, e al centro spiccava una sola rosa bianca. Si era ricordato di quanto la ragazza amasse i fiori. Senza pensarci troppo, Venere si gettò nel suo abbraccio e gli circondò il collo con le braccia.
“Sei qui.” Mormorò contro la camicia di Eddie, e si avvicinarono di più.
“Sono qui.” Rispose lui, poi le diede un bacio sui capelli e lasciò che il braccio le accarezzasse la vita. Dopo mesi e mesi passati a scriversi e a vedersi attraverso uno stupidissimo cellulare, essere a poca distanza era qualcosa di straordinario. Quando si staccarono, entrambi si sorrisero.
“Prendi la giacca, ti porto in un posto!” esclamò Eddie, al che Venere saettò a raccattare la giacca di pelle e la borsa. Nel frattempo Sarah aveva sistemato le rose in un vaso e le aveva sistemate sulla scrivania della ragazza.
“Grazie, Sarah. Se qualcuno mi cerca può chiamarmi al cellulare. A dopo!”
“Divertitevi, ragazzi!”
 
 
“Dove mi porti?”
Stavano camminando da un’ora e si dirigevano verso il centro, avevano parlato di tutto, eccetto della meta. Eddie le sventolò due biglietti davanti al naso e gliene diede uno.
“Ti porto a vedere la mostra d’arte di Van Gogh. E’ il tuo pittore preferito, dico bene?” il sorriso ampio del ragazzo e l’invito alla mostra fecero esplodere Venere di gioia, ma immediatamente si scurì in volto.
“Dici bene. Grazie, non me lo aspettavo.”
“Se ci metti un po’ di entusiasmo non muori!” scherzò Eddie, ma dovette tornare serio quando la ragazza si fermò mantenendo lo sguardo sui sandali che calzava.
“Sono contenta, dico davvero.”
“Venere, che succede? Non ci vediamo da mesi e sembra che tu non sia particolarmente felice della mia presenza. Cosa c’è che non va? Per favore, guardami.”
Eddie tentò di prenderle la mano, ma lei scosse la testa e si scansò di poco.
“Sono felice che tu sia qui, te lo giuro. Ma non va bene questa mia felicità, le rose, la mostra d’arte, la tua sorpresa. Non va bene.” la voce di Venere era incerta, sebbene lei fingesse risolutezza. Eddie capiva che lei fosse spaventata dall’idea che qualcuno potesse tenere a lei per paura di soffrire, ma lui non poteva starle lontano.
“Va tutto alla grande, invece. Io che ti regalo le rose, tu che sei felice di vedermi, noi che andiamo alla mostra. E va anche alla grande il fatto che tu me lo abbia detto. Però devi provarci, Venere. Non puoi chiuderti nei libri e restarne intrappolata, devi venirne fuori e devi osare. Ti prometto che non ti succederà nulla. Ho bisogno solo che tu mi lasci provare.”
Venere avvertì la mano di lui sulla guancia, poi sulle spalle, fino a chiuderla in un abbraccio.
“Okay, andiamo a vedere la mostra. Se è brutta ti picchio a sangue!”
 
 
“Grazie per la mostra, è stata un capolavoro. Ammetto anche di essermi emozionata.” Venere si morse il labbro per nascondere un sorriso, ma non ci riuscì e ridacchiò. Eddie, con le mani in tasca e gli occhi puntati su di lei, fece spallucce.
“Ero sicuro che ti sarebbe piaciuto. Per caso ti è successo qualcosa?” la domanda era chiaramente riferita alla confessione di poche prima, quando Venere aveva avuto paura ad esporsi troppo con lui.
“Eddie…”
“Non ti preoccupare. Volevo solo che tu ti rendessi conto che non ho intenzione di ferirti, almeno non intenzionalmente.”
“Adesso ne sono sicura.”
“Quindi se ti invitassi fuori questa sera? Accetteresti?”
Venere fu colta di sorpresa. Respirò a fatica e si sentì smarrita per un attimo, poi ricordò la promessa che non le sarebbe stato fatto del male. Malgrado lei fosse molto scettica, cedette.
“Accetto.”
“Fantastico. Ti passo a prendere io?”
“Non essere così banale, ti prego. Ci vediamo davanti al British Museum alle 21.00!”
Ancora prima che Eddie potesse confermare, Venera era rientrata in ufficio e aveva chiuso la porta della sua stanza. Il ragazzo sorrise tra sé e sé, quella donna era davvero la persona più assurda e meno scontata che avesse mai conosciuto.
 
 
“Pronto?”
“Ehm, sono Venere Anderson. E’ questo il numero di Alicia?”
Dopo essere tornata a casa e aver metabolizzato che avrebbe avuto un appuntamento con Eddie, Venere era andata nel panico perché non aveva nulla da indossare, così aveva deciso di ricorrere ai ripari e chiamare Alicia. Ora, però, aveva risposto una voce maschile.
“Sì, è il numero di Alicia. Io sono Michael. Adesso arriva. E’ stato un piacere, Venere!”
Venere spalancò la bocca e cominciò a saltellare per tutta la stanza, non poteva credere di aver parlato con lui.
“Ven, sei ancora lì?”
“Ho appena parlato con Michael Fassbender, renditi conto. Sto per avere un infarto!” strillò la ragazza in preda ad un attacco da fan girl. Alicia rise.
“Ricorda perché mi hai chiamato e smettila di fare la ragazzina isterica.”
“Eddie mi ha invitata fuori questa sera.”
“Lo so.”
“Lo sai? Certo che lo sai, voi due siete vecchie di paese che si dicono tutto.” Borbottò Venere, mentre controllava l’armadio.
“So anche che non hai nulla da indossare.” La prese in giro Alicia.
“Sì! Non so se indossare qualcosa di sobrio ed elegante o qualcosa di sexy. Aiutami!”
“Io metterei qualcosa per risaltare il seno se fossi in te, anche se io lo dico perché porto una seconda scarsa.” Capitava spesso che Alicia si perdesse in riflessioni fuori luogo e del tutto private, e Venere non la seguiva più.
“Troverò qualcosa di sexy ed elegante al tempo stesso.”
“Prova quel vestito che abbiamo comprato insieme qualche tempo fa. Farai un figurone!”
 
 
 
Alle 21.10 Eddie temeva che Venere avesse deciso di non andare all’appuntamento e cominciava a sentirsi nervoso. Si specchiò al finestrino di una macchina per sistemarsi la camicia. Controllò di nuovo l’orologio. Stava perdendo la speranza quando un rumore di tacchi attirò la sua attenzione. Si voltò e deglutì: con incedere elegante e svelto, Venere lo raggiunse in pochi minuti. Per l’occasione aveva optato per una gonna a vita alta bianca che le cadeva pochi centimetri sopra al ginocchio, un top nero stretto con le spalline, ed infine aveva deciso di calzare un paio di sandali col tacco rigorosamente neri. Il viso era truccato solo da un’ombra di matita sotto gli occhi e un filo di mascara.
“Hai finito di esaminarmi oppure devo fare un giro su me stessa per farti ammirare meglio come sono vestita?” il forte sarcasmo destò Eddie dai suoi pensieri, e scosse la testa con un sorriso.
“E’ solo che sei…”
“Se stai per dire ‘bellissima’ me ne torno a casa. Pretendo di essere stupita e non annoiata da effimere banalità.”
“Dato che non mi ritengo banale, ho una sorpresa per te. Nulla di convenzionale, non sarà il solito appuntamento, e sono sicuro che apprezzerai.”
Eddie le offrì il braccio ma, e un po’ c’era da aspettarselo, Venere lo superò cominciando a camminare lasciandolo lì come un fesso.
“Redmayne, hai intenzione di restare tutta la sera immobile come una statua?! Sbrigati.”
 
 
Venere non si aspettava nulla di tutto quello che stava per accadere. Eddie l’aveva costretta a camminare per più di quaranta minuti per tutta Londra, e temeva che i piedi potessero sanguinarle a causa dei tacchi. Adesso la stava guidando in una via buia e alquanto tetra, molto stile film horror.
“Hai intenzione di uccidermi e abbandonare il mio cadavere qui?”
Eddie le lanciò uno sguardo divertito, dopodiché le indicò una porta e la chiave che teneva in mano.
“Abbia pazienza, Anderson. Non è stato facile convincere il direttore di questo posto.”
Quando la porta si aprì, si mostrò davanti a loro una scalinata in ferro di oltre trenta scalini.
“Prima le signore!” esclamò il ragazzo, quindi si fece da parte per farla passare. Venere gli puntò un dito contro e lo fissò in cagnesco.
“Spero per te che sia un posto bellissimo.”
“Lo è. Adesso sali.”
Malgrado ci vollero quindici minuti per fare trenta scalini con le caviglie doloranti, alla fine la vista fu qualcosa di sorprendete: si trovavano nella prima fascia di palchetti del London Coliseum, un vecchio teatro londinese. Da lì si vedevano le poltrone, il palco, il sipario rosso, il grande lampadario di cristalli che aleggiava al centro dell’enorme sala. Eddie l’abbracciò da dietro e poggiò le labbra sul suo orecchio.
“Stupita?”
Venere a quel punto non sapeva se essere più stupita dello spettacolo dinnanzi ai suoi occhi oppure delle mani calde di lui sulle spalle.
“E’ davvero stupendo.” Venere pronunciò quelle parole con un filo di voce, ancora stordita da quella bellezza e dalla vicinanza dell’attore.
“Qualche anno fa mi sono esibito qui, è stato uno dei momenti migliori della mia vita.”
“Immagino sia stata una grande emozione esibirsi in un posto magico come questo. E so anche hai vinto un premio per quello spettacolo.”
“Ah non volevo tirarmela troppo, ecco perché non ne ho fatto parola!” Eddie sollevò gli occhi al cielo e sorrise, anche Venere stava sorridendo.
“Non fare il finto modesto. Sei un attore eccezionale.”
“Lo dici solo perché sono l’unico attore che conosci di persona.” Replicò lui con un ghigno. Venere gli tirò un pugno giocoso sul braccio e si finse offesa.
“Lo dico perché è vero, cretino.”
“Seguimi. Ti faccio vedere una cosa.”
Venere si lasciò trascinare nei meandri del teatro, tra scalinate ripide, corridoi lunghi e stretti, tra scatoloni e tendaggi accatastati qua e là. Dopo svariati giri, appena dietro una tenda usurata, si nascondeva il cuore dello spettacolo: la sala costumi. Lunghi appendiabiti erano sistemati in lungo e in largo, colmi di vestiti di ogni genere, teste di legno indossavano parrucche, numerose scatole di scarpe giacevano a terra. Venere si guardò attorno accecata da quella vivacità.
“E’ meraviglioso.”
Eddie, che si era seduto sul divanetto al centro della stanza, sorrise ampiamente nel vedere la ragazza così contenta. Ormai la patina di ghiaccio e indifferenza era sparita. Mentre lei curiosava tra gli abiti, Eddie si soffermò sul suo corpo, sul modo in cui i fianchi un po’ larghi ondeggiavano ad ogni passo, al tatuaggio che si intravedeva lungo la spina dorsale, sul modo in cui la stoffa del top si tendeva sul petto quando respirava. Sua madre gli aveva insegnato a non fare pensieri spudorati su una donna e lui aveva cercato sempre di obbedire, ma Venere lo stravolgeva come nessun’altra, lo conduceva ad immagini che il costume della pudicizia non ammetteva. Quel suo essere così sensuale senza il minimo sforzo gli faceva sentire il cuore in gola.
“Guarda cosa ho trovato!” Venere sbucò da una giacca da pirata con un boa fucsia attorno al collo. Eddie scoppiò a ridere.
“Proprio un boa fucsia dovevi prendere?”
“Ho sempre desiderato provarne uno, perciò non obiettare.” Ridacchiò la ragazza, poi si specchiò e storse le labbra. Trascurato il boa in un baule, ritornò da lui. Eddie tese le mani verso di lei con un sorriso timido a increspargli le labbra.
“Vieni.”
Questa volta senza alcuna remora, Venere gli afferrò una mano e si fece guidare, fino a che si sedette sulle sue gambe. Le loro dita si intrecciarono e continuarono a guardarsi nella penombra della stanza, in silenzio, fuori dal mondo. La ragazza avvertì la mano di lui risalire dal ginocchio lentamente al fianco, mentre lei gli portava le mani sul petto. Lo sguardo di Eddie era concentrato sulle sue labbra, tanto carnose e peccaminose in quel momento. Venere gli carezzò la guancia accorgendosi di un piccolo taglio che solcava la pelle.
“Mi sono fatto la barba di fretta e mi sono tagliato.” Si giustificò l’attore a bassa voce, un po’ imbarazzato, per non spezzare quel momento. Con un colpo di scena, Venere gli baciò quella ferita sullo zigomo. Eddie rimase senza fiato, continuava a tenere gli occhi su di lei, pietrificato dal quel gesto.
“La prossima volta sta più attento.” Sussurrò Venere a pochi centimetri dal suo viso. Lui, deglutendo a fatica, annuì. La tensione era palpabile. La ragazza gli passò l’indice sul naso in una carezza intima. Adesso o mai più, si disse Eddie. La baciò. Lei ricambiò immediata e si sistemò a cavalcioni sul bacino di lui. La sensazione delle ginocchia di Venere contro i fianchi fu così piacevole per Eddie che si lasciò scappare un sorriso soddisfatto. Il bacio prese sempre più passione, diventò travolgente, urgente. Urgente era anche il bisogno di toccarsi. Quando le mani di Eddie furono attorno alla sua vita in una morsa, Venere abbandonò ogni proposito di allontanare i sentimenti. Continuarono a baciarsi per minuti interminabili, senza pause, avvinghiandosi sempre di più. Ad interromperli furono le risate di un gruppo di ragazzi che camminava sotto alla finestra.
“Mi raserò male anche la prossima volta se il risultato è questo.” disse Eddie, le dita strette attorno alla gonna di lei, un’espressione innocente sul viso. Venere rise.
“Il risultato è questo anche se non ti farai male. Ti ho sgualcito la camicia, perdonami.”
Eddie si rese conto che lei gli stava ancora seduta a cavalcioni, ad un passo dalle sue labbra, e con uno strano luccichio negli occhi.
“Oh no, non ti preoccupare. Si sistema.”
La ragazza sbuffò esausta, si portò i capelli indietro e sorrise.
“Possibile che non capisci niente? Intendevo dire che mi piacerebbe toglierti la camicia.”
Le guance dell’attore si tinsero di rosa, e si grattò il mento nell’ansia totale.
“Sono così impacciato!” si maledisse lui, quindi abbassò lo sguardo. Venere, che si divertiva a giocare, si abbassò sulle sue labbra e gli stampò un bacio.
“E questo ragazzo così impacciato vorrebbe venire a casa mia adesso?”
 
 
 
L’appartamento di Venere era davvero accogliente, Eddie doveva ammetterlo. Era arredato in modo semplice, i colori principali erano il bianco e il verde pastello, e la libreria era mastodontica. Nell’attesa che lei tornasse, lui si era messo a sbirciare qualche libro.
“Eccomi. Trovato qualcosa di interessante?”
Venere era scalza e si era legata i capelli in uno chignon abbastanza ordinato. Le spalle erano in mostra e lo era anche qualche lettera del tatuaggio sulla schiena. Si sedette sul divano rilassandosi completamente. Eddie prese posto accanto a lei.
“Hai una libreria fantastica. Complimenti!”
“Ti ringrazio. Sono fiera dei miei libri.”
Uno strano silenzio calò tra i due, dalle finestre filtrava la luce lunare e rischiarava la stanza, così anche il lume illuminava i loro corpi. Venere si accorse dell’espressione persa di Eddie, immerso in chissà quale pensiero, e gli sventolò una mano davanti agli occhi.
“Scusami, stavo solo pensando.”
“A cosa?”
Eddie portò gli occhi su di lei, il ghigno timido sulle labbra del ragazzo e le guance arrossate la insospettirono.
“Pensavo che mi piacerebbe vedere il tatuaggio che hai attorno all’ombelico.”
Tempo fa Venere in una mail gli aveva scritto che aveva un tatuaggio attorno all’ombelico che una sua amica le aveva regalato a diciannove anni, ma non si aspettava una tale richiesta. Se lui voleva giocare, anche lei lo avrebbe fatto. Si avviò su per le scale che risalivano in camera da letto e gli fece cenno di seguirla. Una volta nella stanza, a luce accesa, Venere gli diede le spalle e si fermò davanti al letto.
“Per vedere il tatuaggio devi aiutarmi a slacciare il top.”
Eddie, ormai imprigionato in quella sfida di seduzione, si spostò dietro alla ragazza e cominciò a sfilare i lacci che chiudevano il pezzo di stoffa. Venere si abbandonò contro il suo petto e gli permise di privarla dell’indumento senza vergogna, senza pensarci mille volte, perché questa volta non era spaventata da ciò che provava. Quando il top cadde a terra e lei si voltò, Eddie stava tremando, forse per l’agitazione o per l’emozione.
“Volevi vedere questo?” il dito di Venere puntò delle macchie scure sull’addome. Grazie alla luce, Eddie vide che quattro piccoli tatuaggi le contornavano l’ombelico: sopra il sole, sotto la luna e ai lati due stelle.
“S-sì.”
Gli occhi dell’attore dal tatuaggio si mossero verso l’alto, verso il reggiseno nero di pizzo, poi verso le labbra.  Le lentiggini avvamparono sulle guance, dettaglio che fece ridacchiare Venere poiché lo trovava tanto dolce. Eddie la baciò lentamente, senza la fretta di prima, volendosi godere quel momento. In pochi istanti si ritrovarono sul letto a baciarsi, ad abbracciarsi, a viversi. Venere iniziò a sbottonargli la camicia, però dovette fermarsi quando notò del disagio da parte sua. Eddie la guardò aggrottando le sopracciglia.
“Eddie, va tutto bene? Non vuoi?”
“Cosa? No, io voglio, e anche tanto! Sono solo nervoso.”
Venere si stupì che un uomo potesse essere nervoso in una situazione del genere, e questo non faceva altro che alimentare i suoi sentimenti per lui. Decise di metterlo a suo agio: lo fece sedere sul letto e lei, come in teatro, si sedette a cavalcioni.
“Rilassati.”
Lui, ancora teso e al massimo della timidezza, cercò di rilassarsi quanto più poté, ma l’approccio di Venere lo fece agitare di nuovo. Gli baciò le labbra con un ardore unico, mentre gli sbottonava la camicia e gliela sfilava, facendolo andare in tilt. Eddie proruppe in un gemito quando avvertì le dita fredde della ragazza sul petto che gli facevano perdere la ragione. La spinse contro di sé e azzardarono un gioco di lingue. Venere si staccò con il fiato corto e un sorriso, poi fece sdraiare il ragazzo e gli fece l’occhiolino. Eddie non capiva cosa sarebbe successo ma, quando le labbra di Venere scesero lungo tutto il suo petto in una scia di baci caldi e umidi, chiuse istintivamente gli occhi beandosi di quelle attenzioni. Gemette anche quando le mani della ragazza gli tolsero la cintura.
“Va meglio adesso?” gli mormorò Venere sulla bocca, quel cipiglio divertito e malizioso stampato sul volto.
“Venere.” quel nome fu pronunciato in preda al piacere, col respiro accelerato, con la voglia di ripetere tutto da capo.
“Sì?”
“Baciami, ti prego.”
Venere esaudì la preghiera di Eddie baciandolo con una passione infuocata, che li bruciava, li consumava fino all’ultimo. L’uno ansimava sulle labbra dell’altro, le mani frenetiche, i baci famelici che lasciavano il segno. Adesso che l’attore si era sciolto, aveva fatto scivolare il corpo della ragazza sotto il proprio. Si liberò della gonna in poche mosse. Le baciò il collo avidamente, come se fosse l’unica cosa a tenerlo ancora in vita, a farlo respirare. Anche i suoi jeans furono lanciati sul pavimento. Eddie le sfiorò i tatuaggi attorno all’ombelico con la punta delle dita, poi si abbassò a lambire quei disegni scuri con le labbra. Venere fece scorrere le mani tra i capelli di lui, con il respiro mozzato, gli occhi chiusi. La flemma con cui Eddie le stava dedicando quelle attenzioni la stava facendo impazzire, l’accarezzava con delicatezza, la baciava con attenzione e amore perché lei non si ritenesse soltanto un oggetto.
“Preferisci la luce accesa o spenta?” gli chiese Venere in un sussurro, sorridendogli premurosamente, sposandogli una ciocca di capelli dal viso. Eddie abbassò lo sguardo, l’ombra di imbarazzo che di solito lo seguiva, e si morse il labbro.
“Accesa. Voglio guardarti.”
Trascorsero l’intera notte a baciarsi, a cercarsi, a sfogare i sentimenti che a lungo avevano taciuto.
 
 
La prima cosa che Eddie fece, quando si svegliò, fu controllare l’orologio. Segnava le 7.00, quindi puntellò i gomiti sul materasso e si mise a sedere. Mise a fuoco la stanza: i vestiti e le scarpe erano sparsi sul pavimento, il suo cellulare era poggiato sul comò e le coperte erano disfatte. La nottata appena passata gli tornò alla mente. Si voltò per cercare Venere, ma lei non era lì. Si passò le mani tra i capelli nervosamente.
“Stai cercando questi?” la voce allegra di Venere gli fece spalancare gli occhi, e notò che la ragazza teneva tra le mani i suoi boxer. Lui annuì, Venere gli lanciò la biancheria e si rese almeno presentabile. Lei indossava gli slip e una camicia da notte corta in seta bianca.
“Come va?” Eddie si diede da solo dello stupido per quella domanda altrettanto stupida. Venere salì sul letto accanto a lui e rise. Ripensò al modo unico in cui avevano fatto l’amore, alla gentilezza con cui lui l’aveva tratta, le vennero i brividi al pensiero di come i suoi occhi chiari si fossero dilatati e adombrati dal piacere, al pensiero dei suoi capelli spettinati e sudati. Più di tutto, era rimasta folgorata soprattutto dal quel ‘ti amo’ che le aveva bisbigliato all’orecchio con voce roca e spezzata, ma a cui lei non aveva risposto.
“Mi stai davvero facendo questa domanda?” Venere sollevò le sopracciglia in senso di disprezzo.
“Forse è meglio che io me ne vada.” disse Eddie, così cercò i suoi jeans e la camicia.
“Perché te ne stai andando? Resta almeno per un caffè. Io vado a lavoro tra un’ora.”
“Perché dovrei restare, Venere? Stanotte ho fatto la figura dello stupido confessandoti che ti amo. Magari per te è stato solo divertimento, ma per me no. Anzi, a dirla tutta, non so come farò a riprendermi dopo tutto questo.”
“Aspetta un attimo, tu credi che per me sia stato semplice sesso?”
Venere era incredula, lui non aveva assolutamente capito. Il fatto che non gli avesse risposto non significava che non ricambiasse il sentimento.
“Non dirmi che non è così.”
“Eddie, guardami. Per favore.”
Eddie smise di cercare e si girò a guardarla, sembrava così triste adesso e lei si sentì terribilmente in colpa.
“Non devi spiegarmi.”
“Devo spiegarti. Non è stato solo sesso, credimi, quello lo fanno tutti. Stanotte non ho risposto perché sono codarda, ho avuto paura di rovinare un momento bello con la mia insicurezza, ma posso assicurarti che ero solo spaventata. Sono innamorata di te, Eddie. Te lo posso giurare.”
“Ripetilo.” Mormorò Eddie sulla sua bocca stringendole i fianchi. Venere sorrise raggiante.
“Ti amo.”
“Adesso baciami.”
Venere si issò sulle punte, gli circondò il collo, e poggiò le labbra su quelle di lui in un bacio dolce.
“Io vado a farmi una doccia e tu, Redmayne, vieni con me.”
Eddie rise e annuì, poi la prese in braccio e si chiusero in bagno. Quello che accadde tra quelle mura fu l’inizio di qualcosa di nuovo, di inaspettato, di diverso.
 
 
 
“Sono appena uscita dall’ufficio con una notizia per la quale vale festeggiare. Dove sei?” (Venere)
“Sono a casa. Ti aspetto ;)” (Redmayne)
Nonostante piovesse a dirotto e il traffico londinese avesse intasato le strade, Venere arrivò a casa di Eddie in venti minuti. Era completamente zuppa d’acqua, i capelli le si appiccicavano sul viso, e il mascara si era sbavato di poco.
“Ciao!”.
“Ciao a te. Seguimi, hai bisogno di qualcosa di asciutto!” esclamò con un sorriso quando aprì la porta, poi si fece da parte per farla accomodare
La sua camera da letto era enorme, mobili moderni e dalla forma semplice, tutto in bianco, eccetto l’azzurrino che decorava le pareti.
“E’ esattamente come me l’ero immaginata, la tua camera.” Disse Venere, ora fissando le foto sul comò, ora guardando lui.
“Diciamo che il letto a baldacchino stile impero romano non è il mio tipo!”
Eddie stava chiaramente alludendo alla notte precedente, e la ragazza arrossì appena senza che lui lo notasse.
“Ho potuto constatare che quel letto a baldacchino stile impero romano non ti è dispiaciuto così tanto.” Venere sorrise trionfante, mentre si toglieva il cardigan. Eddie le consegnò un asciugamano e un paio di maglie.
“Non ho mica detto che mia sia dispiaciuto, anzi ho più che apprezzato. Prova una di queste maglie e trova quella che ti va meglio, ad occhio non sono bravo con le taglie.”
Venere si chiuse in bagno, si tolse i vestiti e le scarpe, e cominciò ad asciugarsi, a frizionare i capelli. Si sciacquò il viso per eliminare ogni traccia di trucco e indossò la maglia di Eddie, quella che le era sembrata più adatta. Era a maniche corte, verde, e le arrivava sino al ginocchio. Prima di scendere, si pettinò i capelli e si legò l’elastico al polso. Tornata di sotto, vide che sul tavolino del soggiorno c’erano due calici ed una bottiglia di vino bianco. Eddie, che in cucina stava sistemando le ultime stoviglie, rimase incantato alla sua vista: era così naturale, così vera, così bella. E il fatto che indossasse la sua maglia gli provocò una felicità genuina. A grandi falcate raggiunse il divano e si sedette, invitandola a fare lo stesso. Venere prese posto ad una manciata di centimetri.
“Allora, qual era la grande notizia?”
“Ieri mattina credevo che il direttore volesse licenziarmi, invece alla riunione di oggi pomeriggio mi ha nominata suo successore. Tra un anno avrò la sua poltrona!”
“Venere, sono così felice per te!”
Senza neanche pensarci, si abbracciarono forte.
“Questo è solo grazie a te, ad Alicia e Hooper. Voi mi avete dato una grande occasione.”
“Non solo. Fox sa quanto tu sia eccezionale.”
“Lo pensi davvero?”
Venere gli aveva sussurrato quella domanda ad un palmo dal suo viso, i nasi che si sfioravano, i battiti del cuore accelerati. Eddie annuì, poi si sporse e le sfiorò le labbra.
“Lo penso davvero.”
“Stavo pensando a cosa siamo noi adesso.” Continuò Venere, non scostandosi, anzi gli stava accarezzando la mano. Eddie sentiva la felicità riversarsi in tutto il corpo.
“Io ti voglio accanto, Venere, a qualsiasi costo.”
“Io ti  voglio mio, Redmayne. Soltanto mio.”
“Solo tuo.”
Finalmente le loro labbra si incontrarono in un bacio intenso, emozionante, che sanciva le parole che si erano appena mormorati. Eddie fece stendere Venere sul divano, pizzicandole i fianchi, mentre lei lo spingeva contro di sé in un sensuale groviglio di corpi.
“Lo sai che stai rischiando grosso a stare con me?” l’avvertimento di Venere arrivò spontaneo, carico di innocenza e speranza.
“Ho bisogno di passione, coinvolgimento, avventura, perciò sono certo di voler rischiare. Sei pericolosa per un cuore fragile come il mio, ma puoi spezzarmi tutte le volte che vuoi, io tornerò sempre da te.”
Nessuno le aveva mai fatto una confessione così forte, così dolorosa e amorevole, e sentì la coltre di polvere attorno al cuore svanire dinnanzi a quella creatura meravigliosa che la stava guardando con immensa venerazione.
“Non ti spezzerò il cuore, te lo prometto. Ti darò l’amore che non ho mai dato a nessuno, neanche a me stessa.”
Eddie inevitabilmente sorrise, con l’anima in pace, e tutta una nuova avventura da vivere.
“Sarai la mia maledizione, Venere.”
“Puoi ben dirlo.”
 
 
“Ti sei fatta male quando ti hanno tatuata?”
Venere, che alla fine aveva deciso di restare a casa di Eddie per via della pioggia che imperversava, era sdraiata sul divano con la testa sulle gambe su di lui.
“I tatuaggi sulla pancia non mi hanno fatto male perché Ryan, il tatuatore, è uno dei migliori. Quello sulla schiena è stato molto doloroso, e la macchinetta mi ha lasciato anche una piccola cicatrice. Sono stata  al pronto soccorso per accertarmi che non fosse nulla di grave.”
“E cosa ti hanno detto i medici?”
“Solo che l’ago si era incastrato nella pelle provocando una ferita.”
Eddie le accarezzò i capelli ancora umidi, mentre dall’alto la guardava, e sperava davvero che quel momento non finisse mai.
“Posso vedere la cicatrice?”
“Sì.”
Venere si tolse la maglia, si portò i capelli su una spalla, e mostrò la schiena. Ad un esame attento, Eddie scorse un segno bianco che spiccava tra le intricate linee nere che le coloravano la spina dorsale e il gancio del reggiseno.
“Ti dà fastidio?”
“Solo quando piove mi pizzica di tanto in tanto.”
Eddie, che aveva conosciuto ogni parte del corpo di Venere la notte prima, non resistette all’idea di non conoscere anche quel minuscolo segno. Poggiò le labbra sulla nuca di Venere, le baciò il collo, poi le spalle, ed infine scese sino alla cicatrice. Lei liberò un sospiro profondo, rapita dal modo in cui lui si era posto anche davanti ad una imperfezione. Eddie con la punta dell’indice percorse la colonna vertebrale con una dedizione impressionante, come se si trattasse di una crepa da riempire e aggiustare con i baci e con le mani, con tanto amore e con impegno.
“Hai freddo?” le chiese prima di depositarle un ultimo bacio sulla spalla.
“Sì, ma non ti dare disturbo. Sei stato fin troppo gentile.”
“Vieni come, mi è venuta una idea.”
“Sarebbe?”
Venere indossò di nuovo la maglia, quindi lo seguì di sopra.
“Tra i tanti comfort di essere attore c’è la possibilità di avere una vasca idromassaggio. Io e te, miss Anderson, adesso ci regaliamo un bagno caldo.”
“Accetto volentieri, mister Redmayne!”
 
 
 
 
Salve a tutti! :)

Ecco a voi il secondo capitolo. Ho cercato di scandire i tempi nel miglior modo possibile così da non creare confusione.
Spero che vi piaccia.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima.
Un bacio.
 
Ps. Perdonate eventuali errori di battitura.

 
  
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