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Autore: musicislife17    28/01/2017    1 recensioni
In una New York confusa ed elettrizzante come sempre, le vite di tre ragazze cresciute insieme si mescolano e si confondono: Jackie, una giornalista in gamba, ambiziosa e indomabile, in lotta con il proprio caporedattore e con i suoi sentimenti; Autumn, innamorata della musica e dei musicisti, in fuga costante dalla paura di vivere, alla ricerca di tutto e di niente; Annie, innocente per definizione, attratta allo stesso tempo dall’acqua santa, uno studente diligente e amorevole, e dal diavolo, un tatuatore senza tatuaggi, con cui deve fare i conti per la prima volta nella sua vita.
Storie di amore e di amicizia si susseguono nella anormale quotidianità di una famiglia senza precedenti, mentre il passato dei protagonisti sfuma in un presente avvincente e in un futuro indeterminabile. E in mezzo a loro musica, arte, lavoro, sogni e desideri, paure e gelosie, in un crescendo infinito...
-ANCHE SU WATTPAD-
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
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N.d.A.
Spinta da non so quale irrefrenabile impulso (ma chiamiamolo anche senso di colpa), posto un nuovo capitolo della storia, che ogni volta che accendo il computer mi guarda con aria critica dalla sua cartella apposita. Si stanno formando le ragnatele quasi, lo so e mi scuso con i miei poveri personaggi, ma ogni tanto è bene dare una ripulita. Conscia dell'imperdonabile ritardo, causa esami che proprio non ne vogliono sapere di finire, mi scuso anche con le anime pie che leggono e seguono Three Lives. Ogni sforzo e ogni capitolo è fatto per voi, credetemi.

musicislife17



Nella lunga lista di cose che Jackie detestava, fare tardi agli appuntamenti occupava di certo uno dei primi posti. Colpa di una pignoleria a volte troppo esagerata, ma era fatta così e non ci poteva fare niente. Perciò la mattina successiva al suono della terza sveglia (perché impostarne solo una era da sprovveduti, ovvio) e constatato che a quell’ora avrebbe già dovuto essere al luogo dell’appuntamento, Jackie saltò fuori dal letto maledicendo Milo che continuava a dormire beatamente sotto le lenzuola. Era sempre lui il motivo dei suoi ritardi, dannazione.

Si preparò al volo e senza neppure fare colazione corse fuori dal palazzo. Le chiavi della macchina erano rimaste al loro posto sul tavolo all’ingresso, notò con orrore Jackie, quindi fu costretta a prendere la metropolitana fino all’estremità di Broadway, prima di scendere e correre al locale giusto. Lì trovò il suo collega Robert, nascosto dietro un giornale, seduto ad uno dei tavoli di fronte alle finestre.

-Giuro che sono state cause di forza maggiore a farmi tardare- esordì senza fiato, sedendosi di peso sulla sedia di fronte a lui.

Robert abbassò il giornale quanto bastava a scrutarla oltre l’orlo.

-Fammi indovinare. Nottata lunga e faticosa?- domandò malizioso.

-Soprattutto faticosa. Lunga non abbastanza, semmai- ribatté sulle stesse righe Jackie.

Robert scoppiò a ridere e mise da parte il giornale. Alzò la mano per indicare al cameriere di portare un caffè anche all’ospite.

-Mi dispiace di doverti rovinare la domenica, ma questa conversazione doveva essere fatta il prima possibile- cominciò Robert, non appena anche Jackie ebbe la sua tazza fumante davanti.

Jackie prese un sorso e contemporaneamente fece un verso di assenso.

-So bene di cosa mi vuoi parlare- disse poi, abbassando la tazza. Robert sembrò stupito.

-Ah sì? E cosa sarebbe secondo te?- chiese curioso, dato che non le aveva accennato nulla sul motivo per cui le aveva chiesto di incontrarsi quel giorno.

-Mi pare ovvio. Daniel Hilbert ha convocato anche te per questa storia del rinnovo della rivista. E tu vuoi sapere da me se è il caso di accettare la proposta di lavorare alle spalle di tutti o no- dedusse Jackie con calma.

Robert ridacchiò, accarezzandosi i folti baffi.

-Sei infallibile, Jackie. È quasi impossibile tenerti all’oscuro di qualcosa-

-Quasi?- ripeté Jackie.

Robert annuì compiaciuto e divertito dalla confusione della ragazza.

-Non è del tutto vero quello che dici. Non sono qui per sapere la tua opinione. Sono qui per convincerti ad accettare la proposta-

Jackie spalancò la bocca, suo malgrado. Credeva di non aver capito bene. Robert, uno dei più anziani ed esperti redattori della rivista, stava davvero sostenendo di aver accettato di collaborare con il nemico?

-Stai con Hilbert?- chiese incredula.

-Non dirlo con tanto disprezzo, penso solo che ciò che dice sia sensato. Il suo piano per migliorare la rivista mi pare necessario, date le circostanze-

-Ma questo vuol dire tramare alle spalle di tutti coloro che lavorano con noi da anni!- esclamò irritata Jackie.

Robert mantenne la sua pacatezza, invece, girando il cucchiaino nella tazza di caffè.

-Tutti chi, Jackie? I redattori che contano per me e te, quelli che hanno di meglio a cui pensare rispetto a fare da tirapiedi al direttore, sono già dalla parte di Hilbert. Il suo piano non è lavorare alle spalle di chi merita, ma nascondere ai redattori pericolosi la volontà di noialtri di rinnovare in meglio la rivista, per evitare che ci mettano i bastoni fra le ruote- spiegò con calma Robert.

Jackie non credeva alle sue orecchie. Si era arrivati al punto di creare due fazioni fantasma, implicate in una guerra bianca la cui esistenza non era neppure ufficiale.

-Come fate a fidarvi di quell’uomo, Robert? È arrivato in redazione da solo un anno e mezzo, spedito qui da chissà quale giornale di Los Angeles, si è preso il posto di caporedattore senza alcun merito, adesso millanta oscure macchinazioni da parte della direzione per nasconderci il fatto che la rivista sia in forte crisi e voi ci credete senza neanche farvi alcuna domanda? Andate dietro ad un tronfio e falso giornalista da quattro soldi senza neppure domandarvi se sia o no la cosa giusta?- si innervosì Jackie, che aveva preso a gesticolare animatamente.

Robert la osservò con interesse, quindi fece un piccolo ghigno divertito.

-Tu lo odi perché ti ha preso il posto di caporedattore- concluse dopo la sua personale analisi approfondita.

Colse così in pieno da lasciare ammutolita Jackie, impresa non da poco. Lo capiva dal fatto che lei avesse serrato la bocca, di aver centrato il bersaglio.

-Non… non è rilevante quello che dici...- si difese debolmente lei, distogliendo gli occhi da lui.

-Invece è proprio questo il problema, mi pare. È evidente che tu non abbia accettato la sua elezione. Ti posso capire, deve essere stato un brutto colpo per te, vederti sottratto un posto per cui avevi tutte le carte in regola, ma adesso sei ferma davanti ad un muro creato da te stessa che ti impedisce di guardare oltre- spiegò Robert, sorseggiando poi il caffè.

-Senti Rob, ammetto di essere rimasta delusa per la faccenda della nomina, ma non è per questo che “odio”, come dici tu, Daniel Hilbert. È solo che… mi sembra così falso, così ostentatamente costruito, così perfettino e innocente… ne ho viste di persone che si comportano così e non esitano ad accoltellarti appena ne hanno l’occasione. Mi puzza di imbroglio- confessò Jackie disgustata al pensiero della sua personale nemesi.

Robert scoppiò a ridere, la pancia ben tornita che si alzava e abbassava al ritmo delle sue risa.

-Oh, Jackie, a volte sei troppo paranoica! Se gli avessi dato un’occasione per conoscervi meglio, avresti capito da subito che Daniel è davvero così, non è un’immagine artificiale ad uso e consumo di chi ha davanti. Sbagli nel pensare che sia finto-

-O magari sbagli tu a pensare che non lo sia-

Robert capì che Jackie era ferma nelle sue convinzioni e quella contro la sua testardaggine era sempre una battaglia persa. Allora allungò la mano sul tavolo e prese quella della ragazza nella sua.

-Jackie, non sono qui per obbligarti a fare qualcosa che vada contro i tuoi principi. Lascia che ti dica solo una cosa: dai un’opportunità a Daniel Hilbert. Non lasciar prevalere la voglia di vendetta alla possibilità di salvare la rivista. Sei giovane e in gamba, uno dei migliori talenti che abbia mai avuto il privilegio di incontrare. Tu saresti la carta vincente per il piano di Daniel. E di questo ne è consapevole lui, lo sono io e lo siamo tutti noi che abbiamo scelto di sostenerlo. Se saprai fidarti di Daniel, ti posso assicurare che sarete una coppia imbattibile. Potreste salvare la rivista, se solo riusciste a lavorare insieme-

Dopo il breve discorso, Robert si alzò e infilò la giacca, pronto ad andar via. Jackie intanto fissava il fondo della tazza vuota come se lì ci leggesse il proprio destino.

-Dimmi un’ultima cosa- sospirò infine -È stato lui a chiederti di convincermi?-

Robert sorrise, sistemandosi il cappello.

-Non direttamente, ma mi ha fatto capire che ha davvero bisogno del tuo aiuto. Se non ci credi al fatto che ti stimi così tanto, puoi chiederglielo di persona. Anzi, credo che anche oggi sia in redazione. Sta lavorando davvero sodo per la rivista-

Detto questo, Robert le fece un cenno con la testa e si allontanò.

Jackie rimase seduta ancora per qualche minuto, pensando a cosa fare, ma la confusione del locale la distraeva. Quindi decise di uscire di lì e meditare con calma. Doveva decidere cosa fare.

 

Nell’assolata domenica di ottobre Jackie incontrò molte persone che si divertivano, pronte a trascorrere la giornata di relax in compagnia. Solo a veder tutte quelle famigliole felici che affollavano i marciapiedi e le impedivano di camminare in linea retta il suo nervosismo crebbe in maniera esponenziale. Aveva bisogno di concentrarsi, dannazione, non riuscivano a capirlo tutti quelli che la circondavano?

Che poi, si disse dopo il primo attacco di rabbia, come avrebbero potuto saperlo quelli che la sua povera psiche aveva bisogno di pace per riflettere? Forse tramite telepatia, o forse tramite le pesanti vibrazioni di negatività che stava certamente emanando. Cavolo, quando i suoi pensieri raggiungevano la pericolosa soglia delle squinternate filosofie orientali, voleva dire che il cervello le stava andando in sovraccarico. Perciò Jackie si decise a darci un taglio al suo delirio interiore.

Pace, pace, pace, si ripeteva in modo estenuante, guardandosi intorno. Alla fine optò per entrare nella libreria più vicina, per cercare quel minimo di silenzio di cui necessitava. E il silenzio la accolse nelle sue braccia, la circondò come un balsamo benefico e bene accetto.

Si rifugiò dietro lo scaffale più vicino, nascosta agli occhi persino del proprietario, e si sedette a terra, senza troppe cerimonie. Prese la testa fra le mani e cominciò finalmente a dar libero spazio ai suoi pensieri frenetici, per trarne un piano definito.

Problema numero uno, la rivista era in crisi. Daniel Hilbert glielo aveva detto, lei non ci aveva voluto credere. Oggi Robert le aveva dato la temibile conferma. La rivista per cui lavorava strenuamente da quasi cinque anni, per cui nutriva un amore materno, navigava in acque tanto brutte che una piccola onda poteva spazzarla via. E tanti saluti ai suoi sogni e ai suoi sforzi.

Problema numero due, c’era bisogno di un rinnovo radicale per riuscire a salvare il debole guscio di noce in cui tutti, volenti o nolenti, si trovavano a navigare. Un rinnovo a quanto pare clandestino, stando al modo in cui Hilbert stava agendo. Il fatto di tenere nascosta a buona parte della redazione la decisione di stravolgere la rivista doveva essere necessariamente a causa di un colpo di testa del caporedattore stesso. E poi, perché proprio suo? Perché nessuno aveva mai azzardato prima una proposta del genere? Qui si celavano ancora degli interrogativi che andavano analizzati con maggiore delicatezza. C’era qualcosa che scottava sotto questa coltre di mistero, ci si poteva bruciare facilmente. Ma adesso non era il momento di pensarci.

Problema numero tre, molti dei redattori avevano accettato di prendere parte al piano di Hilbert. Era una follia in piena regola, senza troppi giri di parole. Poteva essere considerato come un atto di sabotaggio verso la redazione. Si rischiava il licenziamento, questo era implicito ma chiaro, e venire licenziati da una rivista in modo tanto disonorevole poteva costare la carriera a tutti. Quello del giornalismo era un mondo ristretto, non dissimile da una casta di eletti. Se un consistente numero di giornalisti esperti aveva scelto di aiutare Hilbert doveva esserci un motivo valido tanto da decidere di mettere in gioco la propria carriera. Perciò o erano tutti impazziti a voler gettare al vento il proprio lavoro, o le stava sfuggendo qualche cosa di importante, di fondamentale. Qualcosa di strettamente connesso al punto successivo.

Cioè, problema numero quattro, lei non si fidava di Daniel Hilbert. La sua presenza le trasmetteva un senso di sospetto. Hilbert irradiava una serenità che in lei sortiva l’effetto opposto. Era impossibile che un uomo potesse essere così ostentatamente tranquillo, gentile, disponibile e accondiscendente. O meglio, era di certo possibile, ma non in un ambiente di lavoro spietato come quello giornalistico. Proprio per questo sentiva che tutto quello nascondesse una falsità necessaria a sopravvivere nella giungla della redazione. Robert sosteneva che l'illusione che le dava Hilbert corrispondesse invece alla realtà. Forse era così, ma lei non riusciva a fidarsi. Però…

Però non era spiegabile come tanti altri, Robert stesso, potessero seguirlo senza problemi. Possibile che non si fossero accorti che Hilbert rappresentava una minaccia per il futuro della rivista? Possibile che fossero collettivamente impazzite le persone che lei più stimava in redazione? No, ci doveva essere un’altra spiegazione. E quella spiegazione poteva solo essere nelle parole di Robert. Lei disprezzava Hilbert per la storia dell’elezione. Lo...  invidiava, sì, lo invidiava per averla superata, per averla calpestata di fronte agli altri. Era stato non intenzionale? Forse, ma lei lo detestava lo stesso. E nel farlo, improvvisamente, si scoprì infantile. Infantile per non aver accettato la decisione di persone più importanti di lei. Hilbert era diventato il capro espiatorio che celava le proprie delusioni interiori e i rimpianti di aver ceduto ai suoi più oscuri timori. Ammetterlo, scoprì anche, la deluse ancor più che veder sconfitte le proprie ambizioni.

-Signorina, si sente bene?-

Come se un incantesimo si fosse spezzato, come se un sassolino avesse turbato la quiete in uno stagno, Jackie venne interrotta con violenza dalle sue meditazioni. Alzò lo sguardo di scatto, verso il proprietario della libreria che trovandola seduta lì, il viso nascosto fra le mani, aveva temuto un malore della cliente.

-Sì, mi sento bene. Mi sento bene- ripeté Jackie, alzandosi lentamente.

Seguita dallo sguardo perplesso del proprietario, gli passò vicino e lo prese per una spalla.

-È un bel negozio, il suo. Tranquillo, ottimo per leggere e pensare. Ci tornerò senz’altro-

E detto questo uscì, lasciandosi dietro l’eco delle proprie meditazioni, la convinzione di quell’uomo che lei fosse pazza e la scia della decisione che aveva preso e che ora la stava conducendo in un posto preciso.

 

La redazione era vuota. Ovvio, era domenica, Jackie non si aspettava di certo di trovare la familiare e confortante confusione ad attenderla. Le fece comunque uno strano effetto vedere i cubicoli vuoti, i computer spenti, gli uffici chiusi.

D’istinto si recò nel proprio ufficio, per la curiosità di osservarlo sotto quella luce diversa. Lo trovò esattamente come ogni mattina, cioè ordinato nella “confusione organizzata” che lei stessa aveva ideato e straripante di carte di ogni tipo. Prese al volo il primo foglio che le capitò sottomano. La bozza di un reportage, un’idea che aveva avuto qualche giorno prima. L’aveva proposta per il numero successivo della rivista. Hilbert l’aveva accettata con entusiasmo.

Nel pensare al caporedattore Jackie si ricordò il reale motivo della sua visita fuori orario. Uscì dall’ufficio, percorse il lungo corridoio e arrivata in fondo si fermò davanti alla porta a vetri dell’ultima stanza. Lì le luci erano accese.

Tra le tendine di plastica, intravide Daniel Hilbert. Era seduto alla scrivania, niente giacca e cravatta questa volta, solo una camicia azzurra e stropicciata. Anche la sua perfetta armatura aveva delle incrinature, pensò Jackie con ironica malizia, almeno la domenica. Dal volto giovane e disteso, ornato di svariate lentiggini, impercettibilmente piegato in rughe di espressione sulla fronte, Jackie colse la concentrazione con cui osservava qualcosa che aveva in mano. Non qualcosa, osservò meglio, ma una cornice, forse una foto, una di quelle che molti dipendenti della rivista si portavano in ufficio per ricordarsi che avevano una vita anche al di fuori della quattro mura grige in cui si consumava la loro esperienza lavorativa.

Trattenendo un sorrisetto di scherno, Jackie bussò con due piccoli colpi sulla porta ed entrò prima di ricevere risposta.

Daniel Hilbert era balzato sulla sedia, preso alla sprovvista da Jackie, che intanto si era andata a sedere subito davanti a lui, nello stesso punto dell’ultimo colloquio.

-Paura?- chiese lei, accavallando le gambe elegantemente.

Daniel, una mano sul petto che batteva furioso per l’improvvisata, la osservò con stupore, aspettandosi tutti meno che Jackie seduto davanti a sé.

-Non pensavo che ci fosse qualcun altro qui oggi. E sì, mi hai un po’ spaventato- disse poco dopo, un piccolo sorriso di benvenuto offerto all’ospite.

Jackie lo scrutava intensamente dal lato opposto del tavolo. Si sentì a disagio, sotto quello sguardo indagatore, e si alzò per eliminare la sensazione di inadeguatezza.

-Ti posso offrire qualcosa?- indicò alcune bevande che teneva conservate in un piccolo frigobar.

Jackie fece segno di lasciar perdere.

-Sono qui per altri motivi, non per farmi un drink-

Daniel colse la nota di serietà nella sua voce e si risedette al proprio posto, dando una veloce occhiata alla fotografia che aveva prima in mano. Solo il vederla lo confortò, perciò prese un lungo respiro ad occhi chiusi.

-Ti ascolto- invitò poi Jackie.

-Stamattina ho parlato con Robert Smith. Mi ha detto delle cose molto interessanti. Ad esempio che sei riuscito a convincere buona parte dei redattori ad aiutarti in questo tuo piano che mi avevi illustrato poco tempo fa. E che avete già cominciato a lavorare, di nascosto a buona parte del resto della redazione- esordì con calma Jackie.

Daniel serrò la mascella. Sapeva che sarebbe arrivato il momento di confrontarsi di nuovo con Jackie. Questo lo metteva stranamente in agitazione. La giornalista di fronte a sé era più astuta e attenta di quanto non fosse necessario per il loro lavoro. Ciò la rendeva un alleato potente o un nemico pericoloso, a seconda della situazione. Purtroppo, ora come ora, non avrebbe ancora saputo dire a quale categoria appartenesse Jackie.

-È vero. Sapevi che lo avrei fatto, non deve essere risultato nuovo alle tue orecchie- rispose con cautela. Meglio andarci piano con lei.

-Hai ragione. Una cosa che mi ha lasciato colpita, invece, è stata la grande adesione che ha suscitato la tua proposta. Non mi aspettavo un tale successo-

-Ci tengono in molti al bene della rivista-

Jackie assottigliò lo sguardo, al sentire le ultime parole di Daniel. Stava forse insinuando che a lei non importasse se la rivista fosse sull’orlo del fallimento? Non glielo avrebbe permesso. Si sporse verso la scrivania, scrutando minacciosa Daniel, che pur non facendo una piega era visibilmente teso nell’attendere la risposta di Jackie.

-Ascoltami bene, Hilbert. Il bene della rivista mi sta a cuore tanto quanto ad ogni altra persona che sgobba qui dentro, con la convinzione che il proprio lavoro possa essere utile a qualcuno. Non ti azzardare a pensare anche solo per un istante che io non ci tenga più di tutti a mandare avanti questa baracca. Tu non mi conosci, Hilbert, perciò non provocarmi. E se sono qui oggi non è perché Robert mi ha convinta a tornare strisciando ai tuoi piedi, chiedendoti di farmi prendere parte ad un progetto folle. Sono qui perché voglio la verità da te, la verità che gli altri non riescono a vedere-

Daniel la fissò in silenzio per molto tempo, il viso poggiato sulle mani incrociate, proprio come l’ultima volta. Molte volte le sue parole vennero ripetute istintivamente nel proprio cervello, come un disco rotto che non fa che produrre gli stessi suoni. Jackie aveva ragione, lui non la conosceva. Forse era questa la cosa che lo preoccupava di più in tutta la faccenda, il fatto che il suo potenziale miglior alleato fosse una donna imprevedibile, impossibile da anticipare. Lo testimoniava la presenza stessa di Jackie lì, quella domenica. Di certo non avrebbe potuto prevedere il suo arrivo.

Daniel allora decise di giocarsi il tutto per tutto, di rinunciare al velo di segretezza che aveva posto sulla faccenda. Le doveva confessare i suoi timori e i suoi sospetti.

Sospirò, chiudendo gli occhi. Si abbandonò sullo schienale della poltrona.

-Va bene, ecco come stanno le cose- esordì con fare pratico -Nutro dei forti sospetti riguardo al fatto che la rivista possa essere stata volutamente compromessa dalla direzione-

Jackie accolse la notizia con inaspettata tranquillità. D’altronde arrivati a quel punto ci si poteva aspettare di tutto, vista la situazione.

-Spiegati meglio- lo invitò.

-Ti ripeto, è solo un sospetto, un dubbio. Ma credo che il motivo per cui nessuno di noi sapesse dei problemi della rivista fino a prima che mi eleggessero sia dovuto ad una sorta di combutta dei dirigenti della casa editrice. Non posso offrirti prove, né dati certi, ma da alcuni dettagli che sto osservando sono ragionevolmente certo che sia così. Il problema è, appunto, che non posso dimostrarlo. Perciò l’unico modo che ho per far luce sulla faccenda è tentare di rivoluzionare la rivista in meglio, facendo leva sul lavoro di chi procede in modo onesto per la propria strada. Ho bisogno di spiegarti?-

Jackie fece segno di no con la testa. Ciò che Daniel stava elegantemente dicendo era che non voleva che i tirapiedi del direttore ficcassero il naso nel suo piano e ne venissero a conoscenza. Comprensibile, stando a quanto le stava rivelando.

-Ho capito. Continua-

-Ciò che sto tentando di fare è dare una seconda possibilità alla rivista, perché con un rinnovo in meglio nessuno potrà fare in modo di distruggerla, dall’interno o dall’esterno. Per farlo, però, ho bisogno dell’aiuto dei migliori. Te l’ho già detto, sei tu la prima a cui avevo pensato. Forse ho fatto male a non confessarti subito queste cose, ma adesso che le sai spero che tu possa riconsiderare la tua scelta. Ho bisogno del tuo aiuto. Ne abbiamo tutti bisogno-

Daniel tacque, dopo aver giocato la sua ultima carta. Ora non poteva fare altro se non aspettare il verdetto di Jackie.

E il verdetto arrivò, dopo un paio di minuti di silenzio, durante i quali Jackie aveva solo guardato negli occhi Daniel, quasi senza battere ciglio. Voleva vedere se avrebbe ceduto, se stesse nascondendo qualcos’altro, perché ormai aveva capito che del sospetto di Daniel era lei l’unica a esserne a conoscenza. Gli altri agivano solo con la convinzione che stessero facendo un atto necessario per la rivista, ma solo loro due adesso sapevano come stavano le cose. Il loro era un atto anarchico.

-Va bene- disse solo Jackie.

Si alzò dalla sedia, lisciandosi le pieghe dei vestiti, infilando la giacca, seguita da un perplesso Daniel.

-Va bene cosa?- chiese confuso.

-Voglio vedere quali sono le tue intenzioni. Voglio vedere come agisci. Perciò ve bene, prenderò parte a questo suicidio di massa. Ma sappi che se riterrò il tuo modo di lavorare inefficace o se le intenzioni di voialtri non dovessero corrispondere alle mie, mi tirerò indietro. Il vostro segreto rimarrà al sicuro, potrete continuare a progettare la vostra nuova rivista, ma io non vi aiuterò e non ne farò parola con nessuno. Fatti bastare questo per adesso- disse Jackie velocemente.

Forse stava sbagliando, forse stava commettendo la più enorme cazzata della propria esistenza, ma lì per lì era quella l’unica via di uscita. Voleva almeno provarci a fare questa follia, voleva dare a Daniel quel briciolo di fiducia che Robert l’aveva spinta ad offrirgli. Perciò, anche se a malincuore, avrebbe collaborato con il nemico, sotterrando l’ascia di guerra almeno per un po’. In una buca poco profonda, però, sia ben chiaro.

Daniel sorrise estasiato alla notizia. Le concesse per la prima volta un sorriso al di fuori di quelli cortesi che rivolgeva a tutti, un sorriso più sincero in un certo senso. Il suo viso si illuminò di una gioia fanciullesca, di una speranza grande e confortante.

-Non sai quanto questo mi renda felice! Ti assicuro che il tuo aiuto sarà prezioso e non verrà sprecato- la ringraziò, alzandosi addirittura dalla poltrona per la contentezza.

Jackie lo guardò con un sopracciglio sollevato e dovette trattenere a stento un sorrisetto a metà fra il divertimento e l’esasperazione.

Si diresse verso la porta senza aggiungere altro, sul punto di uscire.

-Mi dispiace molto per quello che ho detto prima, comunque. Hai ragione, io non ti conosco, Jacqueline, ma ci proverò, se me lo permetterai-

Le ultime parole di Daniel la fermarono mentre già stava abbassando la maniglia della porta.

Si voltò lentamente, scrutò torva l’uomo che la guardava speranzoso dall’altra parte della stanza. Forse Robert aveva ragione e lui era davvero di una natura così tanto gentile. Ma Jackie non avrebbe ceduto con facilità. Era una questione di orgoglio, dopotutto.

-Nobile intento. Molto rischioso. Ma se proprio ci tieni ad imparare, comincia col non chiamarmi con quel nome. Sono Jackie e basta, per te come per tutti gli altri-

E detto questo se ne andò, senza rimpianti, come piaceva a lei.

   
 
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