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Autore: Horse_    29/01/2017    4 recensioni
{Sequel Una vita senza di te significa non vivere per niente.}
(Per capire qualcosa consiglio di leggere anche l’altra storia)
Ian e Nina hanno appena capito cosa provano veramente l’un per l’altra e, dopo una notte d’amore e passione, si preparano per tornare a casa. Sono entrambi decisi ad iniziare una nuova vita insieme con i loro figli, perché sono stati separati fin troppo, ma, una volta tornati a casa, dovranno fari i conti con la cruda realtà. Ian è sposato con Nikki, che è ancora sua moglie, mentre Nina sta, quasi in modo fisso, con Eric. Una notizia sconvolgente porterà i due a separarsi definitivamente, ma sarà per sempre? Riusciranno a lottare contro tutto e tutti per stare finalmente insieme con i loro bambini e con il loro vero amore?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Paul Wesley
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                            Eight Years Old.




Una settimana dopo.

Pov Ian.

Oggi è il compleanno dei miei figli. 

Otto anni.

E’ un grandissimo traguardo. Mi sembra ieri la prima volta che li ho visti, lì, aggrappati a Nina, preoccupati di essere sgridati da Candice. Mi sembra ieri quando Nina mi ha urlato contro di essere il loro padre e di come mi sono sentito. E mi sembra ieri quando abbiamo detto loro che ero il loro papà e di come loro, dopo attimi di stupore, mi sono saltati addosso e mi hanno abbracciato, dandomi l’amore che solo i bambini possono dare. Poi il loro primo compleanno per me, il settimo per loro e la gita organizzata all’acquario. E ora siamo tutti insieme, come una famiglia, e festeggeremo anche oggi insieme. 

Ormai è tutto pronto. Questa mattina li porteremo dei loro regali. Ci abbiamo messo qualche giorno per andare alla ricerca dei due animali giusti, poi, però, sono arrivati al santuario dei cavalli sottratti ad un proprietario a cui non importava nulla di loro e il quale voleva mandarli al macello, così li abbiamo tenuti lì e abbiamo scelto quelli più docili. Uno è marrone, l’altro è grigio. Ovviamente abbiamo tenuto anche gli altri tre e ci siamo già messi in moto per cercare qualche famiglia a cui donarli e che possano prendersi cura di loro, in modo da dargli una vita migliore. 

Oggi pomeriggio, invece, li porteremo sul set dove abbiamo organizzato una piccola festa per loro, insieme agli altri.

Abbiamo avuto anche la fortuna che il loro compleanno cadesse di domenica, così abbiamo tutto il giorno libero da dedicare a loro, ma, anche se fosse stato un giorno in mezzo alla settimana, lo avremmo fatto lo stesso, perché passare il compleanno con i miei figli è una cosa troppo importante per essere saltata o essere messa da parte.

I bambini stanno ancora dormendo, visto che è domenica, così ne ho approfittato per andare a prendere dei cornetti, visto che piacciono anche a loro, non solo a Nina, e delle pastine per festeggiare tra di noi. Questa sera, invece, come se la giornata non fosse già abbastanza piena, andremo dai genitori di Nina -ovviamente ci sarà anche Alex-, che passeranno ovviamente anche dopo, per mangiare là e hanno invitato anche mia madre. Robyn forse ci raggiungerà dopo con i miei nipoti, altrimenti la chiameremo con Skype. Le dispiace non esserci, ma è impegnata con il lavoro e suo marito ha l’influenza. 

Entro in casa sperando di fare meno rumore possibile e, dopo essermi richiuso la porta alle spalle, mi ritengo parecchio bravo perché nessuno sembra essere sveglio. Mi vengono incontro Nietzsche e Spike, mentre Klaus, sdraiato sul divano, alza la testa e, dopo essersi accertato della mia presenza, ritorna beatamente a dormire. Appoggio quello che ho comprato sul ripiano più alto, in modo che il gatto non vada a curiosare, poi, dopo essermi tolto il giubbotto, mi dirigo verso il piano superiore. La porta della camera dei bambini è semichiusa. La apro leggermente per controllare un po’ la situazione e li trovo ancora addormentati, così decido di andare da Nina, la quale, prima di andare via, stava ancora dormendo, per andare a svegliare i bambini insieme. Ultimamente mi sembra sempre stanca, non vorrei che stesse lavorando troppo, anche se, anni fa, ha fatto veramente molto peggio, per quanto riguarda gli orari lavorativi. C’è da dire che ultimamente ha anche alcune scene in più delle mie, visto che nella passata stagione, con l’incidente, non si è vista poi così tanto negli ultimi episodi. Devo assolutamente parlare con lei e dirle di rallentare. Entro in camera convinto di trovarla ancora a letto, ma non c’è. Le coperte sono tutte in disordine e mi guardo attorno per capire dove possa essere finita. Capisco dov’è quando sento dei rumori sospetti in bagno. Vado subito lì e trovo Nina riversa nel water mentre vomita anche l’anima. Mi inginocchio accanto a lei e le tengo i capelli, prima che possa sporcarseli. Lei alza lo sguardo su di me, ma, prima che possa dire qualcosa, si piega nuovamente nel water a vomitare.

Che cosa le sta succedendo? Non è normale vomitare in questo modo. 

Quando finisce mi sporgo ed afferro un elastico, per poi legarle in capelli come posso. Mi alzo dal pavimento e bagno un asciugamano per poi porgerglielo, in modo che possa pulirsi e rinfrescarsi le labbra. Nina mi rivolge uno sguardo pieno di gratitudine. Tiro lo sciacquone perché la vedo incredibilmente scossa. Mi risiedo di nuovo accanto a lei e l’avvicino, delicatamente, a me, prendendola tra le mie braccia.

 

“Stai bene?”- le domando piano accarezzandole i capelli.
 

Nina appoggia la testa sul mio petto e annuisce piano.
 

“Ne sei sicura?”- le domando ancora, non smettendo di accarezzarle i capelli. Sono preoccupato. -“Hai vomitato anche l’anima lì dentro. Dovremmo andare da un medico, è da un po’ che sei strana.”

 

Alza la testa dal mio petto e mi guarda preoccupata.

 

“No… Sto bene… E’ stato solo… Magari è un po’ di influenza, oppure non ho digerito bene la cena di ieri sera…”- mormora lei appoggiando di nuovo la testa contro la mia maglietta. -“Ieri sera ho mangiato troppo…”

 

In effetti è vero. E’ sempre stata una mangiona, ma ultimamente sta superando se stessa. E’ un bene che mangi così, vuol dire che è in salute, ma nemmeno che vomiti tutto il giorno dopo.

 

“Ho fatto indigestione… Ne sono sicura…”- mi rassicura lei accarezzandomi un braccio. -“Sto già meglio…”

“A me non sembra.”- le dico serio.

“Sto già meglio. Non posso essere ammalata, non oggi.”- mi dice lei tentando di alzarsi.

 

L’aiuto a rimettersi in piedi e sembra, momentaneamente, che non stia più così male e che possa anche farcela da sola. 

 

“Forse dovremo rimandare tutto, che ne dici?”- le propongo.

 

Se sta male dovremo rimandare. E’ vero che è il compleanno dei bambini, ma la sua salute viene prima di tutto e loro capiranno. Ci aspetta una giornata parecchio impegnativa oggi e se sta così non è un bene, soprattutto per lei. Gli altri capiranno e potremo fare qualcosa solo noi quattro, magari un bel film o qualche bel cartone mangiando un pezzo di torta. Non serve per forza fare una festa in grande se sta così.

Nina spalanca gli occhi e mi guarda sconvolta.

 

“Che cosa? No, assolutamente no! I bambini meritano di festeggiare il loro compleanno.”- mi dice afferrando lo spazzolino e mettendoci sopra del dentifricio.

“Potremo festeggiarlo noi quattro, insieme. Non c’è bisogno di fare tante feste se tu stai così. Capiranno.”- continuo imperterrito. 

“Sono dei bambini, hanno bisogno di festeggiare il loro compleanno in compagnia.”- mi dice lei risciacquandosi la bocca subito dopo. 

 

Si asciuga la bocca con l’asciugamano e si sistema i capelli in una crocchia disordinata.

 

“E tu, se stai così, hai bisogno di riposo.”- le ricordo.

“Ma sto bene… Ho solo fatto indigestione con tutto quello che ho mangiato ieri. Guardami.”- si indica. -“Sto bene.”

“Sei ancora pallida.”- le dico.

 

Lo è. E si vede che è stanca. Ma non demorderà facilmente, questo lo so.

 

“Ma sto bene. Ho solo bisogno di bere qualcosa e magari anche di mangiare e dopo mi riprenderò.”- mi rassicura lei.

“Nina…”- la riprendo.

“Ian, davvero. Sto bene…”- continua lei accarezzandomi un braccio. 

 

Sono preoccupato perché non voglio che stia male, ma non posso nemmeno legarla al letto e so quanto ci tiene al compleanno dei bambini. E anche quanto ci tengano i bambini. Io sono sicuro che capiranno, ma lei continua a voler fare tutto. 

 

“Andiamo giù a prendere qualcosa da bere, va bene?”- le dico.

“No, prima andiamo a svegliare i bambini.”- mi dice lei per poi lavarsi i denti.
 

La seguo in camera da letto, non appena esce dal bagno. 

 

“Ti dirò se starò poco bene, okay?”- mi dice lei. 

 

La guardo e annuisco, titubante. So che non me lo dirà, ormai la conosco, farà di tutto per nascondermelo.

 

“Davvero, lo giuro.”- continua lei capendo i miei dubbi. 

“Lo voglio sapere e, se ti sentirai ancora male, non esiterò a portarti a casa, anche al costo di portartici di peso.”- le dico e suona quasi come una minaccia.

 

Lei annuisce e, dopo avermi rivolto un sorriso, che ricambio, esce fuori dalla stanza e mi aspetta impaziente per andare a svegliare i bambini. Entriamo in camera dei bambini lentamente e, mentre io mi dedico a svegliare Stefan, Nina pensa a Joseph. I bambini, come al solito, fanno strane smorfie e alcuni lamenti, perché, evidentemente, avrebbero preferito dormire, poi, alla fine, rendendosi conto di che giorno è oggi, spalancano gli occhi e si rivelano subito essere pimpanti. 

 

“Buon compleanno!”- esclamiamo all’unisono io e Nina abbracciando i nostri figli.

 

Abbraccio prima Stefan e poi Joseph e anche Nina fa lo stesso, abbracciando ovviamente prima Joseph e poi Stefan. I bambini si lasciano coccolare a turno, sfruttando al meglio il fatto che sia il loro compleanno, poi, dopo aver sentito che ci sono i cornetti al cioccolato e le pastine, sfrecciano giù in cucina ancor prima di averci permesso di alzarci dal letto. Li seguiamo divertiti, ovviamente tengo sempre sotto d’occhio Nina.

Alla fine facciamo colazione con le cose che ho comprato, più con il succo e del latte. Trascorriamo una tranquilla mezz’ora in famiglia, poi, dopo esserci scambiati uno sguardo d’intesa, io e Nina decidiamo di fare la prima cosa della giornata.

 

“Io e la mamma vi abbiamo preso una cosa un po’ speciale come regalo di compleanno.”- inizio io e i bambini si fanno subito più attenti.

“Davvero? E quanto speciale è?”- domanda Stefan curioso.

“Davvero molto speciale.”- continua Nina. -“E per andarla a prendere dobbiamo andare in macchina.”

“In macchina?”- domanda Joseph. -“Ma oggi è domenica e i negozi sono chiusi.”

 

Io e Nina ridacchiamo.

 

“L’abbiamo già comprata, se così si può dire. Ci metteremo circa un quarto d’ora, ma ne varrà la pena.”- continuo io. -“Però, bisogna prima avvertirvi… Non potrete portarla a casa.”

 

I bambini ci guardano per qualche istante, poi si guardano negli occhi e riportano il loro sguardo su di noi.

 

“E che regalo è se non si può portate a casa?”- domanda, giustamente, Stefan. -“E’ così grande?”

“Abbastanza.”- gli sorride Nina.

“Mhm… Ma che regalo è? Mamma… Papà… Sono troppo curioso!”- si lamenta Joseph.

“Un po’ di pazienza e lo scoprirete.”- dico. -“Forza, andiamo a vestirci così possiamo andare a vederlo.”

 

I bambini, dopo essersi alzati, ci trascinano in camera loro per aiutarli, poi, una volta finito ed esserci vestiti anche noi, ci mettiamo le scarpe e, dopo esserci messi anche i giubbotti, con annessi cappello, sciarpa e guanti, andiamo in macchina. 

Per tutto il viaggio i bambini non fanno altro che riempirci di domande, alle quali alcune volte rispondiamo, altre volte no per non rischiare di rovinare loro la sorpresa. Di tanto in tanto osservo Nina e sembra che stia bene, anche se, ogni tanto, qualche sbadiglio affiora sulle sue labbra, ma magari è normale perché si è appena svegliata.

Arriviamo al maneggio nell’orario stabilito e facciamo scendere i bambini. Joseph e Stefan si guardano attorno alla ricerca di qualcosa che, ancora, non possono vedere. I loro regali sono all’interno di un recinto al coperto, dove non fa così tanto freddo, e dove potranno anche farci un bel giro. Stefan prende la mano di Nina, Joseph la mia e ci incamminiamo.

 

“E’ così grande il nostro regalo da trovarsi all’aperto?”- mi domanda Joseph.

“Uhm, lo è.”- gli sorrido accarezzandoli i capelli. -“E’ un bel regalo.”

“Bello bello?”- mi domanda Stefan.

“Davvero bello.”- gli sorrido accarezzando i capelli anche a lui. -“Ora, però, dovete chiudere gli occhi.”

 

I bambini, un po’ titubanti, annuiscono. Camminiamo ancora per qualche metro e ci assicuriamo che non gli aprano per sbirciare. Stefan la prima volta tenta, ma, dopo essere stato scoperto, alla fine fa quanto gli viene detto. Entriamo dentro il recinto al coperto e, con un cenno del capo, saluto Ansel, e ci fermiamo qualche metro più avanti dei cavalli. Fortunatamente sono immobili e non fanno quasi nessun rumore.

 

“Al mio tre dovrete aprire gli occhi, va bene?”- chiedo ed entrambi annuiscono. 

 

Al tre i bambini aprono gli occhi e si ritrovano davanti ai due cavalli. Joseph e Stefan spalancano la bocca all’istante e osservano i due animali per interminabili minuti, poi cominciano ad alternare lo sguardo da me alla madre in cerca di spiegazioni -o meglio, di conferme.

 

“Un giro a cavallo?”- mi chiede Stefan entusiasta.

 

E’ felice di un giro a cavallo, figuriamoci sapere che quel cavallo è suo. Stefan avrà quello marrone, Joseph quello grigio. Non è stata una scelta casuale, una volta li ho visti disegnare e Stefan mi ha detto di preferire i cavalli scuri, Joseph quelli chiari, sul bianco o sul grigio. Uno dei motivi della scelta di questi due cavalli, oltre alla docilità, qualità molto importante, visto che sono animali e non ci si scherza, è stato anche il colore. 

 

“Un giro?”- domando pensieroso. -“Un solo giro?”

“Più di uno allora!”- esclama Joseph entusiasta tanto quanto Stefan.

“Oh, non sarà solo un giro.”- ridacchio io divertito.

 

I bambini ci guardano interrogativi e sia io che Nina ci abbassiamo alla loro altezza.

 

“Io e vostro padre ci abbiamo messo un po’ per trovare il regalo adatto. Poi lui, un giorno, è venuto da me con un’idea parecchio folle, ma che, alla fine, ho accettato ad una condizione. Dovrete essere responsabili nei confronti di questi due animali.”- spiega loro Nina e i bambini la guardano confusa.

“Responsabili come?”- domanda Joseph.

“Dovrete prendervi cura di loro.”- continuo io.

 

I bambini ci guardano ancora, poi guardano, increduli, i due cavalli dietro di loro, poi, di nuovo, riguardano loro e questa volta sembrano aver capito.

 

“Questi due cavalli sono vostri.”- concludiamo io e Nina insieme.

 

I bambini spalancano la bocca e i loro occhi iniziano a brillare di gioia.

 

Tutti nostri?”- domanda Joseph.

“Davvero nostri? Solo nostri?”- continua Stefan incredulo.

“Tutti vostri.”- continua Nina. -“Stefan avrà il cavallo marrone e Joseph quello grigio. Saranno vostri a tutti gli effetti. Dovrete dar loro da mangiare quando verrete qui, da bere, pulirli, spazzolarli, magari giocare anche con loro. Ovviamente potrete farci anche un giro… Più di un giro quando vorrete…”

 

Nina non fa quasi in tempo a terminare il discorso che i nostri figli ci stanno già abbracciando, così forte quasi da stritolarci.

Continuano a dirci un sacco di volte grazie ed io e Nina ci ritroviamo a sorridere felici per loro. Sono veramente felici di questo regalo e noi lo siamo per loro. 

 

“Su, forza, non vorrete mica stare qui senza almeno conoscerli un po’.”- dico loro indicando i cavalli con lo sguardo.

 

Ansel si congeda, lasciandoci così del tempo da soli, e si fa promettere di farsi chiamare se c’è bisogno di aiuto, ma ormai conosco bene i cavalli e posso fare anche da solo. 

I cavalli sono legati a un palo, distanziati l’uno dall’altro, in modo che Stefan e Joseph possano imparare a conoscerli. Prima di farli avvicinare do ad entrambi un po’ di cubetti di zucchero. I cavalli ne vanno matti e sicuramente è un buon modo per instaurare un legame iniziale. Joseph va con Nina, Stefan con me. I bambini iniziano così a conoscere i due animali. Danno loro i cubetti di zucchero, fanno loro delle carezze, parlano anche con loro e alla fine, entrambi decidono anche un nome da dare ai due animali, chiedendo a noi anche dei consigli. Noi esprimiamo più pareri. Stefan sceglie Star per il suo cavallo, visto che questo ha una stella bianca in fronte, mentre Joseph sceglie Grey, per il colore del mantello del cavallo. Alla fine aiuto entrambi a salire a cavallo, ovviamente dopo essersi messi il casco apposito e anche il giubbotto, e iniziano a gironzolare con i loro animali, ovviamente al passo e sempre sotto lo sguardo attento mio e di Nina.  

 



































 

                                                                          * * *































 

 

Faccio scendere i bambini dall’auto e li invito a correre sotto il portico di casa nostra mentre decido di svegliare Nina. Finalmente la giornata si è conclusa e i bambini ne sono stati felicissimi. Dopo essere tornati dal maneggio e aver mangiato, dopo aver fatto anche una doccia, siamo andati sul set con la scusa di dover prendere qualcosa. Ad attenderli, ovviamente, c’era una festa a sorpresa e ne sono rimasti entusiasti. Hanno ricevuto un sacco di regali, tutti apprezzati, ma, cosa più importanti, si sono divertiti un sacco a festeggiare con tutti gli amichetti, figli dei nostri amici, sul set e con persone che conoscono. Poi siamo andati a casa dei genitori di Nina e abbiamo festeggiato anche lì, cenando e mangiando la torta. Sulla strada del ritorno Nina si è addormentata in macchina come un ghiro e non si è ancora svegliata. 

 

“Neens… Siamo arrivati a casa…”- le dico piano scuotendola leggermente.

 

Nina si stiracchia leggermente e apre gli occhi.

 

“Siamo già arrivati?”- mi domanda lei ancora mezza addormentata.

“Si, siamo arrivati.”- le sorrido spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. -“Ci conviene andare, così potrai dormire.”

 

Nina annuisce e l’aiuto ad uscire dalla macchina, poi ci incamminiamo dai bambini sotto il portico.

 

“Sono stanchissima.”- mormora lei strofinandosi un occhio. -“E mi fa malissimo la schiena.”

“Avresti potuto mettere delle scarpe più comode.”- dico alludendo ai tacchi.

“Lo so, ma… Ho male un po’ ovunque.”- mi dice lei portandosi una mano alla base della schiena.

 

Entriamo insieme ai bambini e, dopo avergli fatto togliere le scarpe, comincio a fare avanti e indietro dalla macchina per portare dentro i regali. Nina, intanto, è andata con loro per aiutarli a mettere il pigiama. Finisco dieci minuti dopo e, dopo essermi assicurato di aver chiuso bene e che i bambini fossero a letto -già addormentati, tra l’altro- vado in camera nostra. Nina è già stesa a letto in pigiama, così decido anche io di mettermi più comodo. Due minuti dopo sono sdraiato accanto a lei.

 

“Ti fa ancora male alla schiena?”- le domando dolcemente.

“Un po’.”- borbotta lei appoggiando la testa accanto al mio petto. 

“Forza, mettiti su un fianco. Provo a farti un massaggio.”- le suggerisco.

 

Nina alza lo sguardo su di me e mi sorride.

 

“Da quando fai massaggi?”- mi domanda dandomi la schiena.

“Da quando stai diventando vecchia.”- le sorrido ilare per poi sollevarle la maglietta iniziando a farle un massaggio. -“Funziona un po’?”

 

Nina annuisce socchiudendo gli occhi. 

 

“Lì, proprio lì…”- mugugna, a metà tra il dolorante e il sollevato.

 

Continuo a massaggiarle i punti implicati per qualche altro altro minuto, poi mi fermo non sentendo più nulla. Anzi, qualcosa sento. Sento il suo respiro più pesante, segno che si è addormentata. Sorrido intenerito, poi decido di dormire anche io, non prima di averle posato un bacio tra i capelli. 

 

 

Pov Nina.

La giornata è iniziata veramente molto male. Ultimamente sembra che non riesca a trattenere niente dentro il mio corpo. 

Sono riuscita a nasconderlo a Ian perché sono riuscita a correre al piano di sotto prima che si svegliasse, ma mi sento ugualmente uno schifo. Mi capita da un po’ di giorni -e sono sempre riuscita a nasconderlo a Ian-, ma è da ieri che la cosa sembra essere peggiorata. E’ vero che ieri è stata una giornata stancante, ma non penso che questo influenzi i miei problemi di stomaco, anche se ho mangiato veramente tanto tra pranzo, il pomeriggio e a cena dei miei genitori. Di mattina, dopo il malessere iniziale -e non nascondo di essere stata in bagno almeno una ventina di minuti non riuscendo nemmeno a sollevare la testa perché dovevo vomitare-, sono riuscita ad andare avanti, al pomeriggio è capitata più o meno la stessa cosa, ma, grazie alla complicità di Candice, sono riuscita ad evitare Ian, altrimenti mi avrebbe obbligata ad andare a casa e non avrei mai potuto saltare -o peggio, rovinare- la festa dei miei figli. Non vorrei fosse uno di quei virus che si protrae per lungo tempo, perché altrimenti rischierei di attaccarlo ai bambini, e non sarebbe un buon momento, o a Ian. 

Mi lavo per l’ennesima volta i denti e tutto quello che vorrei fare ora sarebbe andare a letto, perché mi sento come se non avessi riposato -e l’ho fatto, anche molto bene-, ma i bambini devono fare merenda e noi andare al lavoro. 

In più oggi devo parlare con Julie per il mio futuro -o no- film e tra poco dovrò anche darle una risposta concreta; il problema è che nell’ultimo periodo non ci ho veramente pensato perché tra i bambini, altri problemi e la mia salute non ottima mi è passato dalla testa.

Sento dei passi frenetici scendere giù le scale e riconosco chi è, chi sono.

 

“Buongiorno mamma…”- mormorano i miei figli stropicciandosi gli occhietti ancora pieni di sonno.

“Siete già svegli?”- domando sorpresa allungando le braccia per abbracciarli.

 

Non se lo fanno ripetere e si stringono entrambi a me. Poso ad entrambi un bacio sui capelli e li invito a sedersi a tavola.

 

“Abbiamo sentito la sveglia di papà suonare.”- mi dice Joseph mentre gli verso del latte sulla tazza.

“E papà dov’è?”- gli domando.

 

I bambini si guardano per qualche istante non sapendo bene cosa dirmi.

 

“In bagno!”- esclama prontamente Stefan.

“In camera nostra!”- esclama Joseph nello stesso momento di Stefan.

 

Li guardo corrucciata.

E’ in bagno o in camera loro?

 

“Nello studio!”- esclamano in coro.

 

Nello studio?

Si dia il caso che la loro camera non sia lo studio e in entrambi non ci sia un bagno.

 

“Dov’è realmente?”- domando portandomi entrambi le mani sui fianchi.

“Nello studio!”- esclamano nuovamente insieme.

“Quindi… Fatemi capire… Prima era in bagno… Poi in camera… E ora nello studio?”- domando.

“Si è spostato.”- mi dice Stefan con un’alzata di spalle. 

“E come lo sapete?”- domando ancora. -“Che cos’è successo?”

 

Ian, chiamato in causa, scende le scale con qualcosa in mano. Più di qualcosa. Sembrano dei cocci di qualche vaso. 

Spero non sia quello che penso.

Lui, sorpreso, mi guarda e poi guarda i nostri figli, poi si gratta la testa imbarazzato.

 

“Mi sa che hai già capito…”- mormora lui scendendo anche l’ultimo gradino.

“E ho anche capito che vi stavate coprendo a vicenda.”- borbotto stizzita guardandoli tutti e tre. -“E’ già il terzo in questo mese, ormai non abbiamo più vasi.”

“Mamma, si diverte a romperli.”- lo difende Stefan, alludendo, ovviamente, a Klaus.

“Non c’è nessun divertimento a rompere i vasi.”- sottolineo scuotendo la testa. -“Gli ultimi due erano della nonna, ancora.”

“La nonna non se la prenderà.”- mi dice Joseph. 

“Tu dici?”- gli domando inclinando la testa di lato.

“Ne compreremo uno uguale, potremo farlo.”- mormora Ian che, dopo aver gettato i cocci nel secchio, mi da un bacio sulla guancia.

“Romperebbe anche quello.”- gli faccio notare.

“Allora togliamo i vasi!”- propone Stefan. -“Non possiamo togliere il gatto.”

 

Rimango zitta e i bambini mi guardano in attesa di qualche risposta.

 

“Non mandiamo via Klaus, vero mamma?”- mi domanda Joseph preoccupato.

“No che non lo mandiamo via, ma dovrebbe capire che non si fa.”- lo rassicuro e vedo tutti e tre i miei uomini sospirare sollevati.

“E’ un gatto.”- ridacchia Ian avvolgendo un suo braccio attorno alla mia vita. -“Gli piace.”

“Moke era più bravo e diplomatico.”- gli ricordo.

 

L’immagine del gattone rosso e grassoccio di Ian mi balza alla mente. Adoravo quel gatto, l’ho sempre amato quanto la mia Lynx. 

 

“Moke non distruggeva i vasi?”- domanda Joseph mangiando un biscotto.

“No, lui no.”- gli sorride Ian. -“Ma si divertiva a mordicchiare le ciabatte di vostra madre.”

 

Annuisco al ricordo. Si divertiva parecchio, poi però ogni occasione era buona per dormirci sopra, penso sia sempre stata una forma di affetto.

 

“E tu ti arrabbiavi mamma?”- mi domanda Stefan.

“All’inizio si, poi però ci dormiva sopra tutto felice.”- gli spiego. -“Penso fosse una forma di affetto. Strana, ma di affetto.”

 

Ian finisce di sistemare le cose sopra al tavolo. Mi siedo accanto a lui e mi porge una tazza fumante di caffè.

Errore madornale. Non appena l’odore del caffè arriva alle mie narici il mio stomaco si contrae e comincio a sudare freddo.

Devo correre subito in bagno.

Senza dare nessuna spiegazione, perché altrimenti potrei vomitare qui e non voglio dare spettacolo, mi alzo in fretta dalla sedia e corro, per l’ennesima volta, in bagno. Arrivo appena in tempo al water e mi ritrovo a vomitare, anche se non ho toccato cibo. Ian, ovviamente, è subito dietro di me e, proprio come ieri, mi sorregge e mi raccoglie i capelli, in modo che non possa sporcarli.

 

Di nuovo?”- mi chiede lui.

 

Non c’è durezza nella sua voce, solo preoccupazione.

Vorrei rispondergli, ma non posso farlo perché continuo a vomitare. I bambini, ovviamente, sono dietro di noi e vorrei sprofondare. Non avrei mai voluto questo. Sento Ian dire loro di non preoccuparsi e di tornare a fare colazione perché mi sento solo un po’ male e che non è nulla di grave. Li sento andare via, anche se non se la sono bevuta fino in fondo. Dieci minuti dopo ho finalmente finito.

 

“Dobbiamo andare da un medico.”- mi dice lui perentorio aiutandomi ad alzarmi dal pavimento.

 

Questa volta sono io a tirare lo sciacquone. Mi avvicino al lavandino ed afferro lo spazzolino. 

 

“E’ solo-”

“No.”- mi interrompe lui. -“Non rifilarmi che è un virus intestinale o qualcosa del genere perché, evidentemente, non lo è. Andremo da un medico. Oggi.

“Oggi no… Dobbiamo… Dobbiamo lavorare e devo parlare con Julie del film e-”

“Il resto viene dopo. Lavoro, film, soldi. Prima ci sei tu ed è evidente che stai male.”- continua lui.

 

E’ serio. Molto. Mi guarda severo e so che non demorderà e che, conoscendolo, potrebbe portarmi benissimo dal medico di peso. 

 

“Se continuerà mi porterai dal medico, ma sto meglio ora.”- gli dico dopo essermi lavata per l’ennesima volta i denti. 

“No, no, Nina, non mi fai abboccare. Ti porto oggi stesso.”- conclude lui.

“Dobbiamo litigare veramente su questo?”- gli domando.

“Non stiamo assolutamente litigando perché ti ci porterò e tu ne sarai d’accordo.”- mi dice lui incrociando le braccia al petto. -“Si parla di salute qui, Nina.”

 

E mi chiama Nina solo quando è arrabbiato o tremendamente eccitato. Ovviamente questo è il primo caso.

 

“Ian, ti prego…”- lo supplico.

 

Odio gli ospedali. Odio i medici. Odio tutto quello che è legato ad esso e mi pare quest’anno di esserci stata già parecchio.

 

“Non ci sarà nessun Ian ti prego in grado di farmi cambiare idea.”- mi dice lui. 

“Mamma? Papà?”- ci interrompono i bambini.

 

Ci voltiamo entrambi verso di loro.

 

“Faremo tardi per andare a scuola.”- ci avvisa Stefan guardandoci entrambi, mentre Joseph annuisce.

“Di solito siamo già in macchina a quest’ora.”- continua Joseph.

 

Ian mi lancia un ultimo sguardo poi annuisce ai bambini.

 

“Tu rimani qui.”- dice ovviamente a me. -“Accompagnerò io a scuola i bambini, poi noi due concluderemo quel discorso.

 

Sbuffo irritata da questo suo comportamento. Da una parte ha ragione, non lo nego, ma sto meglio, non ho bisogno di un medico.

Ian va via con i bambini che mi salutano con un bacio sulla guancia, così rimango sola in bagno. Mi passo una mano tra i capelli esausta. 

Potremo litigare su qualsiasi cosa, invece litighiamo su una stupidaggine del genere. Un po’ me ne pento, perché so che non vuole che mi accada qualcosa di male e lo amo ancora di più per questo, ma dall’altra è un po’ troppo tragico.

Sistemo lo spazzolino del bicchierino sul lavandino, poi apro l’armadietto per cercare delle salviette quando il mio sguardo cade sugli assorbenti. 

Le braccia mi ricadono lungo il corpo e l’anta dell’armadietto rimane aperta. Con entrambe le mani mi copro gli occhi e mi lascio cadere a terra sul pavimento.

Sto assimilando una serie di cose.

Cosa?

Il fatto che io sia in ritardo. Sono sempre stata puntualissima, mai un giorno di ritardo. Secondo i miei calcoli avrei dovuto avere le mie cose al primo ottobre, peccato che siamo quasi alla fine di ottobre. 

E se stessi sbagliando? Se avessi un ritardo per il troppo stress dell’ultimo periodo? Ma come posso spiegare le continue nausee, il troppo cibo, la stanchezza e il mal di schiena? 

Questi sintomi conducono ad un’unica cosa.

Ma se mi stessi sbagliando?

Dio, lo stiamo cercando così tanto! Potrebbe esserlo come no. 

Spero con tutto il cuore che sia così perché, se non lo fosse, che altro potrebbe essere? 

Mi porto una mano al ventre piatto e, dopo qualche istante, osservo la mia mano che trema leggermente.

Potrei essere sul serio incinta? Sto davvero aspettando un bambino?

Se non lo fosse io… E’ vero che molte coppie ci provano per anni, ma i sintomi ci sono, eccome se ci sono.

E sono stata una stupida a non pensarlo prima. Ci sono già passata, in modo travagliato, ma l’ho fatto. Perché non ci sono arrivata subito? Non sono una novellina, ho già affrontato una gravidanza. E’ anche vero che l’ultimo periodo è stato veramente molto pieno e che non ho avuto tempo praticamente di pensare a niente, visto la moltitudine di cose da fare. 

Prima ancora che possa fare qualcosa Ian è già di ritorno dalla scuola. 

 

“Che cosa ci fai seduta lì sul pavimento del bagno?”- mi domanda preoccupato abbassandosi alla mia altezza. -“Stai ancora male, non è così?”

 

Alzo lo sguardo su di lui e cerco i suoi occhi tremendamente preoccupati. Se fosse vero, se fossi incinta, sarebbe normale e non ci sarebbe niente di cui preoccuparsi, per quanto riguarda il malessere.

 

Penso di essere incinta.”- gli dico solo. 

 

 

 

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Buona domenica a tutte, eccomi qui con il nuovo capitolo :)

Non ho ritardato poi molto dall’ultimo aggiornamento, ma, come vi avevo avvisato, sono impegnatissima in quest’ultimo periodo e non ho mai avuto tempo per aggiornare!

Prima di perdermi in sproloqui voglio dire una cosa… TORNA NINA! NINA, LA NOSTRA NINA, TORNA IN TVD!

Okay, molto probabilmente lo sapevate già, ma devo condividere la mia gioia con qualcuno *^*

Mi credete che quando ha pubblicato la foto sono scoppiata a piangere per la gioia? Hanno rovinato un po’ l’effetto sorpresa, ma secondo me l’hanno fatto dall’esasperazione visto quanto noi fans abbiamo rotto le scatole (in senso positivo, ovviamente) ahaha

Ora voglio il finale Delena e spero che Julie ce lo dia senza combinare cavolate (anche se i suoi ultimi tweet mi preoccupano assai!), altrimenti vado personalmente in America u__u

Bene, dopo questo attimo di pazzia, possiamo passare al capitolo, perché altrimenti potrei continuare all’infinito.

COMPLEANNO DEI GEMELLI! I nostri mini Somerhalder hanno raggiunto otto anni d’età. E pensare che all’inizio della storia ne avevano ancora sei… Quanto sono cresciuti! Erano così piccolini, senza un papà, con solo la figura materna, ora invece sono cresciuti, hanno un papà che sta insieme alla loro mamma.

Si, oggi sono troppo sdolcinata, ma è “colpa” del ritorno di Nina se sono così, sono euforica da giorni!

Capitolo pressoché tranquillo, ogni tanto intervallato dai problemi di salute di Nina e con Klaus che combina disastri in ogni angolo della casa, mentre Ian e i bambini cercano di difenderlo. 

L’ultima parte racchiude un po’ lo scorso capitolo e tutto questo… Nina continua a sentirsi male e… Sarà perché sia incinta?

Non posso svelarvi nulla, scoprirete tutto con il prossimo capitolo!

Ringrazio le fantastiche quattro ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo, alla prossima <3

  
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